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EFFETTO SERRA
https://it.wikipedia.org/wiki/Gas_serra
Vapore acqueo
Il principale gas a effetto serra è il vapore acqueo (H2O), responsabile per circa due terzi dell'effetto serra naturale anche se non mancano opinioni secondo cui il vapore acqueo sarebbe responsabile fino al 98% dell'effetto serra. Nell'atmosfera, le molecole di acqua catturano il calore irradiato dalla Terra diramandolo in tutte le direzioni, riscaldando così la superficie della Terra prima di essere irradiato nuovamente nello spazio.
Il vapore acqueo atmosferico è parte del ciclo idrologico, un sistema chiuso di circolazione dell'acqua dagli oceani e dai continenti verso l'atmosfera in un ciclo continuo di evaporazione, traspirazione, condensazione e precipitazione. Tuttavia l'aria calda può assorbire molta più umidità e di conseguenza le temperature in aumento intensificano ulteriormente l'aumento di vapore acqueo in atmosfera e quindi il cambiamento climatico.
Esso rappresenta il 70% dei gas a effetto serra che svolgono una vera e propria attività di riflettere di nuovo i raggi sulla Terra, con un'energia radiante di 75 W/m2, ma è anche un fattore di feedback positivo essendo direttamente legato alla temperatura.
Anidride carbonica (CO2)
L'anidride carbonica detta anche CO2 è responsabile per il 5% / 20% (la teoria più accreditata è il 15 %) dell'effetto serra naturale ed interagisce con l'atmosfera per cause naturali e antropiche:
I serbatoi naturali della CO2 sono gli oceani, i sedimenti fossili, la biosfera terrestre, l'atmosfera. Gran parte dell'anidride carbonica degli ecosistemi viene immessa nell'atmosfera. Un certo numero di organismi hanno la capacità di assimilare la CO2 atmosferica. Il carbonio, così, grazie alla fotosintesi delle piante, che combina l'anidride carbonica e l'acqua in presenza dell'energia solare, entra nei composti organici e quindi nella catena alimentare, ritornando infine all'atmosfera attraverso la respirazione.
Si possono individuare delle variazioni annuali della concentrazione di CO2 atmosferica. Durante l'inverno si verifica un aumento della concentrazione dovuto al fatto che nelle piante a foglia caduca prevale la respirazione; mentre durante l'estate la concentrazione di CO2 atmosferica diminuisce per l'aumento totale della fotosintesi.
Gli oceani hanno un ruolo fondamentale nel bilancio del carbonio, costituiscono una vera e propria riserva di carbonio sotto forma di ione bicarbonato e contengono quantità enormi di CO2, fino al 79% di quella naturale: gli oceani possono rilasciare o assorbire CO2 in quanto è solubile in acqua. L'incremento di temperatura dell'acqua diminuisce la solubilità del biossido di carbonio, pertanto l'aumento della temperatura degli oceani sposta CO2 dal mare all'atmosfera, mentre una diminuzione fa avvenire il contrario. Gli oceani assorbendo, così la CO2 atmosferica mantengono bassa la sua concentrazione; se la concentrazione tendesse ad abbassarsi, gli oceani possono liberare anidride carbonica svolgendo un ruolo di equilibratori. Questo bilancio naturale, in assenza di attività antropica, in prima approssimazione, è sempre in pareggio. Esso coinvolge valori di emissioni e assorbimenti maggiori alle emissioni antropiche. Tuttavia, per quanto piccole rispetto al totale, le emissioni antropiche sono sufficienti a squilibrare l'intero sistema.
L'anidride carbonica si va così accumulando nell'atmosfera, in quanto i processi di assorbimento da parte dello strato rimescolato dell'oceano non riescono a compensare del tutto il flusso entrante di carbonio.
Le emissioni legate all'attività umana sono dovute all'uso di energia fossile, ossia petrolio, carbone e gas naturale; e la restante parte dovuta a fenomeni di deforestazione e cambiamenti d'uso delle superfici agricole. Il contributo della deforestazione è peraltro molto incerto, ed oggi al centro di molti dibattiti: le stime indicano valori compresi tra un massimo di 2 ad un minimo di 0.6 GtC/anno.
L'ammontare equivalente di CO2 si ottiene moltiplicando per 44/12. Per quanto concerne la persistenza media in anni della CO2 in atmosfera, l'IPCC considera un intervallo compreso tra i 50 e i 200 anni che, dipende sostanzialmente dal mezzo di assorbimento.
Metano (CH4)
Il metano (CH4) è considerato responsabile per circa 8%. Il metano è il prodotto della degradazione di materiale organico in ambiente anaerobico. La sua capacità nel trattenere il calore è 30 volte maggiore rispetto a quella dell'anidride carbonica.
La sua concentrazione atmosferica media sta aumentando con un tasso medio annuo valutato tra l'1.1% e l'1.4%. Le principali fonti di metano sono i terreni paludosi (25-170 Tg annui; 1 Tg o teragrammo = 1 × 1012 grammi), le risaie (40-179 Tg), la fermentazione del concime organico (40-110 Tg), la degradazione in ambiente riducente della biomassa (30-110 Tg), la produzione e la distribuzione di gas naturale (20-50 Tg), l'estrazione del carbone (10-40 Tg) e le termiti (5-45 Tg), per un incremento dello 0.6% annuo.
È da rilevare il forte aumento delle emissioni di metano da parte delle discariche; inoltre si è avuto un aumento delle emissioni provenienti dal settore energetico, e una diminuzione di quelle del settore agricolo.
Alocarburi
Tra questi gas i più conosciuti sono i clorofluorocarburi (CFC), gli idroclorofluorocarburi (HCFC), e gli idrofluorocarburi (HFC).
La concentrazione di questi gas in atmosfera è molto bassa, ma il loro potenziale di riscaldamento è da 3.000 a 13.000 volte superiore della CO2. Gli alocarburi non derivano da processi naturali; la loro presenza in atmosfera è attribuibile per la maggior parte alle attività umane. Fino alla metà degli anni settanta i CFC erano largamente impiegati come propellenti per le bombolette spray, nei solventi e in alcuni collanti.
Nel 1987, siglando il Protocollo di Montreal, le nazioni del mondo hanno stretto un accordo per ridurre drasticamente l'uso di questi gas perché considerati lesivi dell'ozono atmosferico. I CFC sono stati in gran parte sostituiti dagli HCFC, meno dannosi per l'ozono ma comunque nocivi per l'effetto serra poiché contribuiscono al riscaldamento globale. Così mentre la concentrazione di CFC diminuisce, quella degli altri gas aumenta. Oltre ad essere molto potenti, questi gas permangono in aria per periodi molto lunghi, fino a 400 anni.
Protossido di azoto
Il protossido di azoto costituisce una piccolissima parte dell'atmosfera, ed è mille volte meno presente della CO2 ma quasi 300 volte più potente nel trattenere il calore.
La concentrazione del protossido di azoto è cresciuta moltissimo negli ultimi decenni, passando da 275 ppb del periodo pre-industriale ai 312 ppb del 1994. La maggior parte del protossido di azoto in atmosfera deriva da processi microbiologici. Nei terreni e nelle acque, le maggiori fonti di emissione di N2O sono i processi di nitrificazione e denitrificazione, quest'ultimo è il principale responsabile delle emissioni di N2O in ambienti sotterranei. Si sono osservati anche fenomeni di assorbimento del protossido di azoto da parte degli oceani, ma ad oggi la conoscenza su come il suolo e i sistemi marini fungano da pozzi di assorbimento per questo gas è troppo ridotta per considerare la loro importanza su scala globale.
Ozono
L'ozono è contenuto in minima parte nell'atmosfera ed è concentrato in prevalenza intorno ai 45 km di altezza dove viene formato dalla reazione tra raggi solari UVA e l'ossigeno atmosferico. L'ozono stratosferico funge da filtro verso le radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole, ma nella troposfera si comporta da gas serra sebbene il suo contributo sia minimo.
È un componente essenziale dell'atmosfera, ma se negli strati più alti è utile perché capace di filtrare la radiazione ultravioletta del sole verso la terra, negli strati più bassi, nella troposfera, è da considerasi un inquinante (anche se il suo potenziale come gas serra rispetto alla CO2 non è ancora stato calcolato).
L'ozono è naturalmente creato e distrutto dalle radiazioni ultraviolette: quelle più potenti lo creano a partire dall'ossigeno, mentre le più deboli lo distruggono. Parte dell'ozono è anche prodotta nei processi di inquinamento atmosferico. L'ozono è coinvolto nella formazione delle piogge acide e la sua concentrazione può provocare patologie respiratorie.
In sintesi si può affermare che l’effetto serra, dovuto alla emissione in atmosfera di CO2 da parte dell’uomo a seguito delle sue attività industriali,
difficilmente supererà il 7% del totale.
Se consideriamo però che
l’effetto serra è solo uno degli fattori che determinano il riscaldamento globale, l’azione diretta dell’uomo sul clima è da considerarsi quasi irrilevante.