Le gare in cui le donne vanno più forte degli uomini
Ci sono diversi tipi di ultramaratone al mondo, che hanno in comune solo il fatto di avere un percorso superiore ai 42,195 chilometri delle classiche maratone. Ce ne sono di diverse lunghezze – anche più di 1000 chilometri – e di diverse durate, in cui bisogna correre il più possibile in un determinato numero di ore o di giorni. Spesso queste corse si svolgono in condizioni climatiche sfavorevoli, al limite della sopportazione fisica, come la Marathon des Sables, dove si corre per 240 chilometri nel deserto del Sahara, e a fare la differenza non sono tanto la forza e la velocità quanto la capacità di resistere alla fatica.
Se nelle maratone le donne continuano a non avere possibilità di vincere, nelle corse di lunga distanza come queste le cose stanno diversamente. Nell’ottobre del 2017 l’atleta Camille Herron ha battuto il record mondiale – sia maschile che femminile – di corsa trail, cioè su strade non asfaltate, su una distanza di 100 miglia (circa 16o chilometri) alla “Tunnel Hill 100” di Vienna, in Illinois. Un mese dopo un’altra donna, Courtney Dewaulter, ha vinto la “Moab 240 race”, una gara che si corre tra montagne e canyon seguendo il percorso del fiume Colorado, nello Utah. Dewaulter ha impiegato 2 giorni, 9 ore e 59 minuti per concluderla, ben 10 ore in meno del secondo classificato, un uomo.
I risultati di Dewaulter e Herron non sono una novità. Da diversi anni infatti le donne stanno facendo prestazioni superiori alle aspettative in queste competizioni, come Pam Reed che nel 2002 vinse l’ultramaratona di “Badwater”, che si corre nella Death Valley, in California, o come Ann Trason, che fin dagli anni Ottanta ha vinto molte corse di lunga distanza, battendo i suoi colleghi maschi. Queste prestazioni non riguardano solo la corsa ma anche altre competizioni di lunga durata, come il ciclismo e il nuoto. Nel 2016 Lael Wilcox è diventata la prima donna a vincere la “Trans Am”, una corsa ciclistica di 4.300 miglia (quasi 7mila chilometri) attraverso gli Stati Uniti d’America, impiegando 18 giorni per finire la gara, e sorpassando il primo in classifica, il greco Steffen Streich, solo l’ultima notte. Streich, nel momento in cui si è visto raggiungere, ha proposto a Wilcox di arrivare al traguardo insieme, al che lei ha risposto: «Non ci penso nemmeno. È una gara».
Il numero sempre maggiore di performance di questo tipo nelle ultramaratone è ancora più sorprendente se si pensa che le donne possono partecipare a queste competizioni solo da pochi anni. Fino al 1972, per esempio, alle donne era vietato correre la maratona di Boston, perché considerate troppo deboli dagli organizzatori per resistere in una corsa così lunga. Alcuni corridori – maschi – sminuiscono i risultati raggiunti dalle donne in queste gare, sostenendo che in alcuni casi non si possa parlare proprio di “gare”: secondo loro, infatti, le corse più lunghe sarebbero più vicine all’escursionismo che alla corsa.
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