Mi permetto alcune considerazioni, a partire da quanto hai affermato circa il buddhismo e la filosofia: sia l'una che l'altra sono esperienze del pensiero che possono fare benissimo a meno del divino, o meglio di una prospettiva cosmoteandrica che preveda un Dio personale
Che il buddhismo abbia a che fare con la sontuosa fede induista dice ben poco: il Buddha predica una via del distacco che può essere sintetizzata come la ricerca della più ampia indipendenza del soggetto pensante nei confronti dell'essere e dell'ente. il buddhismo, almeno in alcune delle sue interpretazioni e sicuramente nelle volgarizzazioni occidentali, può darsi, come pensiero e come etica, anche senza un riferimento programmatico alla figura di Dio.
Lo stesso ovviamente vale per la filosofia che pensa Dio come garante ontologico dell'esistente o impersonalmente come lo stesso ordine del mondo (Spinoza non è l'unico, ma è l'alternativa perfetta e pparadigmatica di un'ontologia alternativa al platonismo, all'aristotelismo e alle filosofie germogliate all'interno del Cristianesimo, imperniate sulla nozione di trascendenza).
A partire da questi orientamenti di fondo, è perfettamente comprensibile che i Vangeli e la figura di Gesù ti appaiono inconsistenti, collocati come sono nel metodico e martellante annuncio del Regno di Dio.
Altrettanto comprensibile che quel rabbino itinerante di duemila anni fa, con il suo seguito si sgangherati seguaci, ti appaia come un illuso nella migliore delle ipotesi o come "un disturbato": il rabbì non è in ricerca, si pone come la Via, fa i miracoli e risorge, almeno secondo i suoi testimoni.
Non si pone come uno che pensa il divino, lo incarna.
E' chiaro, che, per accettare una simile prospettiva di senso, si tratta di concederne almeno la plausibilità ontica.
E questo è un fattore di fede.
Circa la coesistenza tra fede e pensiero scientifico, che, coerentemente con i tuoi presupposti tu inscrivi in una contraddizione e una mancata sintesi, mi permetto di altresì osservare come alcuni filosofi della scienza e scienziati credenti abbiano invece voluto ascrivere tale coesistenza ad un sintesi che armonizzava le differenze.
Da ultimo - anche qui parlo a partire dai miei orientamenti in una prospettiva dialogante e non disputante- credo che la fede, più che inconciliabile o incompatibile con il pensiero raziocinante, sia ulteriore.