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    Predefinito Valori spirituali e vocazione dell’Europa nella Comunità dei popoli

    Valori spirituali e vocazione dell’Europa nella Comunità dei popoli



    1979
    05.aprile.1979

    Conferenza tenuta dal Card. Giuseppe Siri il 5 aprile 1979 all’Angelicum di Roma a conclusione del ciclo di conferenze promosso dalla Facoltà di Scienze Sociali della Pontificia Università di San Tommaso.


    Il mio assunto comprende una domanda ed una risposta. La domanda “Quale la vocazione dell’Europa nella Comunità dei popoli?” La risposta è: “Valori spirituali”.
    Va da sé che qui la parola “spirituale” è presa nel senso più largo e comprende pertanto tutte le manifestazioni che l’uomo non può dare senza l’uso dell’intelligenza, della volontà e di tutti i meravigliosi istinti dei quali è dotata la intelligenza.
    La risposta alla domanda la può dare la storia: essa ha già cribrato situazioni, soluzioni, difficoltà, fallimenti, trionfi. E’ una valida testimone. Sentiamola.

    Lo scenario geografico
    L’Europa sono i suoi popoli. Ma questi hanno anche un supporto geografico. Sotto questo punto di vista l’Europa non può vantare una grande unità geografica, data la disposizione dei grandi bacini fluviali e le catene di montagne che la tagliano e talvolta la serrano per ogni verso, se si eccettua in questo la fascia settentrionale che va dagli Urali all’Atlantico.
    Essa, l’Europa, ha una notevolissima dimensione che attraverso molti paralleli va da regioni fredde a temperature mediterranee moderate ed anche tiepide.
    Questo dato è il principio della sua dinamica storica perché le grandi migrazioni nel senso nord-sud sono dovute alla ricerca di regioni più calde, più agiatamente abitabili e più fertili.
    La dinamica di queste migrazioni si è sviluppata prima in un momento preistorico od antichissimo (Grecia) e si è accompagnata poi in piena luce solare al graduale decadimento ed alla scomparsa dell’Impero Romano. Si è trattato di ondate successive, di invasioni, di sovrapposizioni violente, di distruzioni. Se vogliamo valutare l’importanza di queste migrazioni “barbariche”, ed il nome non stona con quelle avutesi in paesi dell’oriente asiatico - vedi India -, dobbiamo dire che esse non hanno fatto l’Europa. Hanno offerto soltanto il sedimento umano con le loro infinite mescolanze. Se prendiamo a paragone quello che è capitato dello splendido impero arabico del IX e X secolo, quello che lo ha fiaccato in una certa migrazione sopravvenuta ad esso dal centro dell’Asia ed estesasi fino a minacciare l’Europa, dobbiamo trarre la stessa conclusione.

    La funzione del diritto
    L’antichità non ha avute troppe leggi scritte. Le migrazioni dell’Europa portarono con sé solamente delle prassi.
    Le costumanze strutturali giuridiche servono a fare dei popoli e non solo degli agglomerati. Vediamo che cosa possiamo sapere di quello che è accaduto all'Europa.
    Essa nella sua romanità possedeva i codici Giustinianei con quel patrimonio di Roma, madre del diritto, che Giustiniano supponeva o che il suo codice incorporava. Ma i codici rimasero assai nelle biblioteche pochissime sopravvissute. Se vogliamo parlare di un diritto costituzionale che avesse influsso nelle popolazioni europee tra il V l’XI secolo, noi vediamo oscurarsi il concetto di “res publica” e prevalere il concetto di dominio, poi di beni delle varie corone, di signoria locale
    Solo al principio del sec XIV, riprendendo il lavoro di Sinibaldo Fieschi, a Bologna si cominciò a teorizzare sullo Stato. Il costume barbarico stabiliva duri rapporti tra potere e sudditi, stretti legami tra terra e uomini che la lavoravano, il diritto feudale. Questo mirava a sminuzzare l’Europa, non a costruirla. Non si può dimenticare che nel citato periodo vanno in rovina le antiche colonie romane da Colonia Agrippina a Vindobona e cessa, salvo che in Italia, la vita urbana. Tanto è vero che il genio di Carlo Magno si mostrò quando volle fondare una citta ed una università in quella Aquisgrana. Egli aveva capito come poteva le vie della civiltà. Il diritto non bastò a fare l’Europa, anche se certamente vi concorse.

    La prima Europa
    Fissiamoci all'anno 800, coronazione in Roma di Carlo Magno. Si trovarono di fronte e si capirono due grandi uomini, Leone III e Carlo Magno, e vollero l’Europa.
    E’ grande l’intuizione di quel gesto che non può certo ridursi ad una piatta nostalgia del defunto impero romano, ma alla visione che una unità poteva rassicurare verso le voglie aggressive dell'impero islamico. Decisero l’Europa.. Ma la fecero? E’ forse meglio dire che la disegnarono, le diedero un certo supporto politico, ma dovevano attendere ben altri rinforzi. Certo segnarono la via per quasi mille anni.
    Che accadde allora? Questo al Mille: la organizzazione ecclesiastica colle Diocesi e colle Abbazie aveva raggiunto ed oltrepassato il Baltico. Quando gli Ottoni s’accorsero che, mancando la vita urbana, di vera organizzazione civile non esisteva che quella ecclesiastica, diedero alla medesima poteri civili. Si ebbero Vescovi ed Abati Principi, Conti, ecc. Per la Chiesa fu un danno immenso, ma la organizzazione rimase ed avviò tempi di vita migliore. Si ebbe il primo campione della costruzione di Europa.
    E la tessitura che doveva unirla per secoli? Avvenne così. Ad Aquisgrana aveva cominciato per tramontare subito la filosofia scolastica. Si riaccese altrove, nelle grandi Abbazie del nord, nelle scuole episcopali, soprattutto nella Università di Parigi. Per cinque secoli durò la elaborazione del pensiero nel silenzio segnato dalla preghiera. Cinque secoli, che portarono al massimo fastigio, ci vollero per creare la base alle letterature, le quali cominciarono a nascere allora ed in Italia vigoreggiarono. Ci voi però altri tre secoli perché col pensiero e la letteratura si cominciasse nel fine Quattrocento a volgersi verso le scoperte scientifiche. Tutta questa sequenza dimostra come i fatti collettivi facciano la storia e come senza uomini grandi non esistano i fatti collettivi. Fu l’adolescenza dell'Europa.
    A questo punto è possibile vedere il più importante tessuto unitivo e connettivo che alimentò pensiero e arte. Bisogna volgersi a Cluny. Questa grande Abbazia per opera di una serie di grandi capi estese la sua ramificazione per tutta l’Europa. L’XI e il XII secolo furono i secoli d’oro di Cluny, che ebbe sparsi ovunque 3000 priorati ed abbazie. Segue Citeaux con Clairveau, più rigorosa e più decisa. Tanto Corrado II quanto Papa Eugenio andarono a Citeaux. A Cluny era stato prima Leone IX, portandosi via il Priore, che avrebbe sostenuto quattro Papi per succedere, costretto, con il nome di Gregorio VII.
    A questo punto, e cioè al 1198, ci si incontra con Innocenzo III. Dovette accettare la Protezione o Reggenza dell Impero nella fanciullezza di Federico II, dovette accettare sottomissioni feudali di quasi tutta l’Europa. Non credo potesse gloriarsene perche c’era altro da fare (e a ricordarlo a tutti ci pensarono proprio sotto Innocenzo III San Francesco e San Domenico). Fu l’Europa.
    La lingua latina, lingua di tutti gli studentati, fu la lingua unica ed aiutò la formazione delle lingue nazionali man mano che vi si acconciavano le sequenze dei domini politici. Era un tempo in cui un professore universitario parlando sempre e solo la stessa lingua, quella latina, poteva insegnare indifferentemente a Colonia, a Parigi, a Pisa, a Salerno, a Napoli. Questo professare si poteva chiamare per esempio Tommaso d’Aquino!
    I banchieri di Siena prima, poi di Firenze e di Genova potevano stendere i loro affari tranquillamente in tutta l’Europa diventando quasi favolosi creditori di mezzo mondo. Ma l’oro camminò per le vie aperte da un’organizzazione che tutto aveva preceduto. L’Europa fu punteggiata dalle guglie delle cattedrali, sorte nello stesso tempo, per lo stesso spirito, nella stessa Fede. Esse formano i nodi di uno stesso tessuto e restano testimoni di una stessa causa.
    Dopo tutto questo esplode finalmente il Rinascimento e si apre l’epoca moderna. Ma esplode sulle basi preparate da secoli.
    Credo che una conclusione sia ovvia: molti elementi hanno concorso a fare l’Europa, ma uno è fondamentale, costante, onnipresente: la Fede cristiana. Si tratta di un fatto spirituale sul quale hanno fiorito le più grandi e rivelatrici opere dello spirito umano. Tuttavia dietro a questa vicenda della quale mi è stato possibile rilevare il carattere dominante, giustizia vuole si rilevino altri fattori il cui valore è dimostrato dai medesimi.

    Filoni della cultura europea
    Mentre invasioni barbariche rimescolano gli elementi etnici, culturali, giuridici, un’altra realtà si insinua e vigoreggia su di essi: l’assorbimento del meglio che aveva lasciato la cultura greca e quella romana. Se questa tradizione cristiana non avesse funzionato da catalizzatore che cosa sarebbe rimasto?
    All’inizio del secolo VII Omar distrusse la celebre Biblioteca di Alessandria. Noi non sappiamo quello che è successo della grande biblioteca di Eusebio di Cesarea. Il movimento che aveva portato Omar ad Alessandria lo avrebbe portato, lui o gli altri non importa, a radere tutto al suolo finché una barriera o la stanchezza non lo avrebbe fermato.
    La cultura e la esperienza greco-romana non trovarono subito il terreno adatto per far riaprire ginnasi ed accademie, ma sottilmente poterono permeare e continuare ad esistere in attesa di migliori e più arditi sfruttamenti. Fu un lungo inverno, ma che conservava tutti i semi nel seno della terra. E la conservazione si dovette allo stesso filone spirituale per cui non si interruppe sul nascere e restò libero il crescere della storia d’Europa.
    Ma al di là della storia appariscente sta la continuità di un altro fatto che ha avuto in tutto il costume un potere determinante. Parlo della ascesi cristiana, della mistica cristiana, delle opere innumerevoli cha sono fiorite in questo terreno e senza delle quali sarebbe difficile concepire storicamente quello che abbiamo visto.
    Si tratta della storia sotterranea dell’Europa. La liturgica risonanza monastica, che si rinnovò sempre in successive riforme ed in nuove fondazioni, poi il sorgere degli Ordini mendicanti che costituirono una sorta di trapianto o rifacimento dello slancio spirituale cristiano dettero il respiro e la colorazione a manifestazioni delle quali si maturarono eventi. Fu come un respiro di massa. Quando divennero maggiormente popolate le campagne ed accennò a diminuire l’efficacia monastica, gli Ordini mendicanti intrupparono falangi di uomini e donne viventi fuori dei chiostri, ma legati ad una regola mediante la istituzione dei Terzi Ordini. Quando cominciò a baluginare l’alba di un nuovo giorno - quello che più tardi sarebbe stato chiamato Rinascimento -, nel secolo XIII esplosero ovunque e si fortificarono le Confraternite.
    La penetrazione cristiana era arrivata al punto di fare delle aggregazioni di mestiere - forse sbaglierei a chiamarle col loro nome “Corporazioni” - delle istituzioni religiose.
    La vita interiore portata dal cristianesimo e senza soste sostenuta trovò secondo i tempi la sua espressione, rivelando le capacità di intendere sempre i segni dei tempi, ed animò la massa. Anche quando ricreato un benessere dal fiorire dei Comuni in Italia e dal fiorire in tutta Europa di libertà nelle nuove città, specialmente di origine artigianale, si camminò verso più splendide e agiate esperienza della migliorata vita e c’era il pericolo di uno svuotamento nella devozione e nella spiritualità, si ebbe uno dei secoli più stupendi: il Cinquecento. Una orditura di uomini eccezionali nella santità, come se fossero guidati da una superna regia, si costituì scrivendo ed agendo in modo da arginare il più grande pericolo mai affrontato in seno al cristianesimo.
    E’ il secolo di Santa Teresa e di San Giovanni della Croce, ma bisogna pure osservare che, come in tono diverso era accaduto nel fiorire della mistica tedesca al secolo XIII, si ebbe in Ispagna una fiori tura di opere, di riforme, di pensatori, di capolavori per la teologia mistica da farne uno dei momenti più interessanti della storia d’Europa.
    Sono convinto che la storia non si possa scrivere e non la si possa valutare se non si tien conto di questa fisiologia continuamente rinnovatrice che sta al fondo della pratica cristiana.
    E’ il momento in cui la morale non trionfa davvero nella corti, il momento in cui scrittori mantenuti per lo più dalle medesime non potevano troppo differirne; resta vero però che tali espressioni storiche, se non vanno disattese, non indicano la vera situazione del popolo, dal quale usciva silenziosamente la vera e genuina espressione di una Fede vissuta. La vera storia è quella che si attua entro le anime; è troppo pericoloso disattenderla. Al contrario la spiritualità di questo tormentato, ma grande tempo emerge nell’arco di secoli che hanno preceduto e di secoli che hanno seguito. In superficie non tutto è stato puro e limpido; è cominciata la colonizzazione non molto disinteressata, talvolta crudele. Ma accanto al filone delle acque inquinate colava pur sempre un altro filone, quello delle acque limpide

    La tragedia delle guerre
    Le grandi tragedie di Europa esplosero anzitutto e soprattutto sul limite delle cose spirituali. Le idee appartengono allo spirito. Dopo la caduta dell’Impero romano ci fu la rottura con l’Oriente. Per la Chiesa questa rottura si chiamò scisma. Per l’Europa fu pericolo di invasioni ottomane. La martoriarono sostanzialmente fino al 1684. Era un’idea che voleva sopprimere un’altra idea. Bisanzio resa molliccia e dissoluta non fu una diga. Divampò la tragedia del Cinquecento con la cosiddetta Riforma. Non avrebbe attecchito se le distrazioni del primo Rinascimento non avessero spento molte risorse spirituali. Il tentativo riformatore deciso e saggio del Cardinale Nicolò di Cusa, Legato di Nicolò V, fa interrotto dalla morte di questo grande e preveggente Pontefice. Ma anche qui il dissesto corse sul filo dell eresia. La vita spirituale non reggeva lassù.
    Il nostro secolo ha conosciuto due guerre mondiali; esse hanno stretti legami causali con ideologie che fluirono ancora dal dramma del Cinquecento. L’Europa non fu più unita per questo trauma. I cosiddetti “filosofi” hanno la loro parte negli avveramenti quando ad essi si fa un credito immeritato e imprudente.
    Tutto questo conferma che la spiritualità resta tuttavia al centro di ogni speranza per il domani. Gli interessi legano finché utili alle parti, dividono con fulminea rapidità quando gli interessi si disgiungono e tutti sanno che l’economia, che pure ha le sue leggi, deve fare i conti con gli interessi umani, perchè non è solo una teoria e neppure una astrazione.
    Ho l’impressione che la storia abbia data una risposta alla domanda posta all’inizio.

    La missione specifica
    Ma resta un punto: quale la missione dell’Europa nella Comunità dei Popoli?
    Per tentare una risposta bisogna fare alcune considerazioni assai gravi, premettendo che di fatto oggi l’Europa è in fase di nuovo recupero, ma unita non è.
    Voi sapete che sopravvivono dei confini difficilmente valicabili. Può sembrare orgoglio continentale affermare una missione rispetto ad altri popoli. Tra le miserie umane c’è anche quella di non accettare gli aiuti e magari la elemosina altrui.
    Vediamo dunque come stanno te cose
    Bisogna discorrere di civiltà. Essa è una maturazione dell’uomo singolo e della collettività, che avviene attraverso molti e svariati strumenti, assorbimenti, vicende interrompenti di fatti esteriori, chiedendo lungo tempo e lunga meditata esperienza. Per tale motivo le civiltà non si improvvisano. Parlo di maturazione spirituale in senso lato. La intelligenza e tutte le sue doti vi tengono ovviamente la parte maggiore.
    C’è un fatto di storia mondiale che dovrebbe essere chiaro davanti a tutti e per il quale la vicenda dell’umanità si divide nettamente in due parti.
    Fino a Cristo abbiamo civiltà che nascono e muoiono, civiltà che si mantengono, ma ad un certo punto si addormentano, ed il loro sonno dura millenni, abbiamo civiltà che hanno una bassissima quota di permeabilità tra loro e rimangono tra loro essenzialmente estranee. Nessuna copre tutto il campo delle possibilità umane e quelle che possono venire sottoposte ad una seria indagine storica sono largamente settoriali e. unilaterali. Non per nulla in talune coi loro monumenti tuttavia morti, ma imponenti ripetono all’infinito lo stesso modulo architettonico ed ornamentale.
    Dopo Cristo tutto cambia. Le espressioni greche e romane sì tra montano, ma c’è chi le raccoglie e le salva per i futuri sicché non si ha più l’interrompimento netto di civiltà. Momenti oscuri, rallentamenti profondi sì, tagli definitivi no. Il filone che ha permesso questo è il filone cristiano; nessuno lo può ragionevolmente negare. Noi usufruiamo tuttavia di questa singolare eppure forte sopravvivenza.
    Durata di millenni e assorbimento di altri millenni formano una singolare ed unica consistenza. In questa singolare ed unica consistenza sta la missione d’Europa.

    La “humanitas” e i valori spirituali
    Bisogna fare un’altra considerazione. La civiltà non può fare a meno dalle risorse umanistiche perché queste non toccano le cose, toccano l’uomo, ed è l’uomo la vera sede della civiltà. L’uomo che continua nelle successive generazioni lo si “tratta col tempo”, anzi “col lungo tempo”.
    E’ facile in pochi anni assorbire le tecniche, riprodurle, anzi perfezionarle oltre quegli stessi dai quali sono state mutuate. Ma la vera “humanitas”, per cui uomo e società diventano civili in senso pieno, ha bisogno di tempo e di secoli.
    L’Europa anche ridotta ad una parte di se stessa per il momento, ha i secoli; molti altri non hanno i secoli. Qui sta la differenza, qui si delinea la valle che deve colmarsi per la pace del mondo e per la sua giustizia. In questa differenza si ha la legittima missione ed è indicato il punto nel quale soprattutto l’Europa, vecchia terra piena di amore per tutte le cose grandi che vi hanno giocato sopra, può farsi prodiga benefattrice rispetto agli altri.
    Ciò può esser chiaro, ma bisogna avvistare il pericolo: noi siamo sul punto di dimenticare che è per una carica spirituale che siamo cresciuti e diventati principio talvolta infangato di civiltà per altri. Siamo cioè sul punto di dare a quello che è materiale la ragione di unica sopravvivenza e di essere. Di quello soprattutto l’Europa si preoccupa. Non nego affatto che anche quello ha la sua importanza nel ruolo proprio dell'Europa, dico solo che l’Europa ha dalla sua lunga storia la indicazione di non sottovalutare mai né posporre quello per cui resta ancora “una” e grande.
    Ho parlato a lungo della vicenda spirituale d'Europa, vera trama del suo divenire. E’ in questa vicenda ulteriore che essa ha per tanto tempo ascoltato un insegnamento, anche se molte volte da sorda ed oggi da contestatrice, per il quale si dà il giudizio sulle cose umane in modo da spianare la via e l’adattamento ai popoli che salgono verso i loro diritti. Essa ha ascoltato un insegnamento che tempera le cose umane con quelle divine, che metta in guardia contro le esagerazioni del piacere sensibile, che insegna la discrezione nell’uso delle cose, tesaurizzando il sacrificio.
    L’avvenire, che prevede la partecipazione mondiale alle risorse e che tenta di domandare a teorie impossibili come risolvere problemi di vita, pare levarsi per chiedere all'Europa di ricordarsi la vecchia saggezza imparata in due millenni di cristianesimo. Questa saggezza va dunque se non riscoperta, riascoltata e meditata con rispetto. Tra le due strade, o la fame o la distruzione, resta la saggezza della giustizia, ma la giustizia non la si può attuare senza il convincimento dei volontari sacrifici e della intelligente sobrietà. L’Europa, con successivi progressi e traumatiche vicende, ascolta il Vangelo da duemila anni.
    Non è sufficiente che i problemi dell’avvenire si pongano solo in termini economici; l’economia è fatta di matematica e di psicologia, ma la psicologia non la si sistematizza come se il mondo fosse solo un alveare a reazioni fisse e ad atti istintivi per nulla regolati dalla libertà. Essa deve contemperarsi con gli elementi di costume che ho or ora ricordati. Essi non si sostituiscono con il gridio di cose inutili e di teorie morte ormai nella esperienza storica.
    L’Europa ha la missione di scavare nel suo patrimonio cristiano per trarne gli elementi di saggezza che mutano non solo la materia trattabile, ma mutano gli uomini e li educano alla libertà. Ad essi bisogna fare l’onore di considerarli quali sono e non semplicemente numeri di una immensa burocrazia.
    I popoli, anche quando sembrano dimenticare, nel loro profondo conservano; sono essi che, non disturbati da poteri insipienti o da folate mitiche, possono presentare l’antica e sempre salutifera speranza.
    Si può inventare qualcosa di nuovo, ma è un errore grave trascurare quanto l’esperienza storica ha dimostrato valevole ed utile.
    Non dimentichiamo che l'Europa ha prodotto le più grandi espressioni dell’arte e del pensiero che si possono annoverare tra i popoli. E’ anche vero che molti europei e molti dei loro tesori sono sciamati in tutte le direzioni; per questo oggi la vera Europa è più grande dell'Europa. L’aria di Europa respira sempre sulle sue grandi figure dei suoi monumenti, delle sue grandi espressioni di pensiero. E l’aria la si respira anche senza pensarci. Ed è un fatto che l’Europa mantiene ancor oggi le grandi espressioni di pensiero, del gusto, della cultura, della raffinatezza, anche se ha ceduto ad altri qualche primato nel campo scientifico e in quello delle applicazioni tecniche. La vecchia Europa tiene e, nonostante le sue dolorose divisioni nel campo politico e in quello religioso, è ancora in grado di dare.

    La via dell'Europa
    Certo essa sta per la iniziativi di alcuni uomini memorabili avviandosi - non tutta - ad una unità politica e questa (è da sperarsi) le permetterà di avere maggiore tranquillità per ripensare quanto ha accumulato nella sua anima per venti secoli. Si redime col sacrificio non col disordine, si illumina col pensiero non con le menzogne ideologiche. I popoli aspettano la guida, non il campo di concentramento. La natura si vendica.
    Questo ho voluto dire: la missione dell Europa nella comunità dei popoli non consiste solo nella esportazione di modelli artificiali di uomo e di società oppure di modelli di buon gusto e di intelligenze, talvolta obbligate a cercare altrove comprensione ed aiuto, consiste nel far brillare a tutti la saggezza e l’equilibrio assimilato dalla sua storia, nonché le cause vere e meritorie di tale equilibrio.
    Quando nel finire del Quattrocento si apri l’America all’Europa, la verità detta subito a mantenuta solo imperfettamente fu quella di portare il Vangelo agli Indigeni. Tale nobile traguardo non restò ben presto il solo.
    Quando nel Settecento e soprattutto nell’Ottocento si ebbe l’espansionismo coloniale e l’Europa diventò padrona di una gran parte del mondo, arrivò a costruire quanto essa stessa dovette nel nostro secolo distruggere. Non senza sangue. Il colonialismo sarebbe in ogni modo finito. Ma finì non sempre con gloria perchè l’Europa non ricordava più la sostanza e l’anima della sua missione nella comunità dei popoli, anche se i gloriosi missionari di quel tempo a prezzo della loro vita intera supplirono quanto l’indirizzo agnostico era incapace di forgiare sapientemente.
    Il colonialismo in questo senso è la controprova della vera missione d’Europa. Del resto il colonialismo e qualcosa di peggio del colonialismo proprio per la ragione detta vive tuttavia e tenta audaci rivalse.
    L’Europa ha conservato il Vangelo, il senso del diritto, il senso della intelligenza, la pienezza della vita umanistica. Sono altrettante indicazioni della sua via.
    In Europa anche sotto i barbari la libertà fu difesa dalla Religione.
    Fino a questo punto io non ho pronunciato un nome che in tutta questa storia e in questo coagmentarsi dei popoli europei ebbe parte di protagonista: la Chiesa.
    Vi prego di non dimenticare questo.

    (da L’Osservatore Romano, 25 aprile 1979, pag. 6)

    Valori spirituali e vocazione dell’Europa nella Comunità dei popoli | Cardinal Giuseppe Siri

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    Predefinito Rif: Valori spirituali e vocazione dell’Europa nella Comunità dei popoli

    Citazione Originariamente Scritto da Giò91 Visualizza Messaggio
    (...)
    La via dell'Europa
    Certo essa sta per l'iniziativa di alcuni uomini memorabili avviandosi - non tutta - ad una unità politica e questa (è da sperarsi) le permetterà di avere maggiore tranquillità per ripensare quanto ha accumulato nella sua anima per venti secoli.
    .
    Diciamo basta alla sinistra dei colpi di Stato e delle menzogne!

 

 

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