Muriel Spark e il romanzo cattolico postmoderno
di Luca Fumagalli
Durante un’intervista televisiva, il 2 giugno del 1961, Muriel Spark ebbe modo di parlare a Malcolm Muggeridge del suo ingresso nella Chiesa di Roma, avvenuto solo sette anni prima: «Il motivo per cui sono diventata cattolica è perché mi veniva mostrata la mia vera natura. […] Non fui capace di lavorare e di fare qualcosa delle mie qualità letterarie fino a quel momento».
Quest’ultima affermazione, in realtà, è vera solo in parte. Se la scrittrice scozzese (1918-2006) pubblicò i suoi primi romanzi subito dopo la conversione – tutti testi in cui l’elemento religioso gioca un ruolo di primo piano – già godeva di una buona fama come poetessa e autrice di novelle. Per un paio di anni direttrice della «Poetry Review», nel 1951 aveva vinto un concorso poetico indetto dall’«Observer» e l’anno successivo era stato pubblicato il suo primo libro di versi: The Fanfarlo and Other Verse.
Fu solo in seguito ai primi successi editoriali che la Spark iniziò ad avvicinarsi alla religione. Seguendo le orme del suo idolo, T. S. Eliot, nel 1953 venne ricevuta nella comunione anglicana; nonostante ciò il suo animo continuava a rimanere inquieto.
Per lei, fino ad allora, la vita era stata decisamente movimentata: nata da padre ebreo – il suo cognome da nubile era Camberg – in Africa aveva lasciato un marito mentalmente instabile e il suo unico figlio era affidato ai nonni, in Scozia, mentre lei lavorava a Londra. Sperava che la Fede potesse esserle di conforto, sopratutto in un periodo così difficile, ma evidentemente la Chiesa d’Inghilterra non sembrava in grado di darle quelle certezze che stava cercando da tempo.
Fu a quel punto che le capitò tra le mani Apologia pro Vita Sua del cardinale Newman e dalla lettura del libro emerse con il desiderio di convertirsi alla Chiesa di Roma. Così scrisse nella sua autobiografia, Curriculum Vitae, pubblicata nel 1992: «Nel 1953 ero assorbita dagli scritti teologici di John Henry Newman grazie al quale alla fine mi feci cattolica. […] Quando mi chiedono della mia conversione, perché sono diventata cattolica, posso solo dire che la risposta è sia troppo facile che troppo difficile. La spiegazione semplice è che la Fede cattolica corrisponde a tutto quello che ho sempre sentito, conosciuto e creduto; nel mio caso non ci fu una folgorazione improvvisa. La spiegazione più difficile riguarda l’edificarsi, un passo alla volta, di una convinzione».
Amica di Graham Greene, anche lui ispirato nelle sue opere dalla conversione al cattolicesimo, per qualche tempo la Spark ricevette da quest’ultimo aiuti economici. Greene era avvezzo a simili gesti di generosità nei confronti degli scrittori esordienti che più stimava o degli ecclesiastici in difficoltà (durante la Seconda guerra mondiale, ad esempio, inviò al gesuita C. C. Martindale alcune bottiglie di whisky quando questi si trovava in Danimarca, impossibilitato a lasciare il paese).
Il primo romanzo della Spark, I consolatori (1957), ottenne recensioni favorevoli, compresa quella di Evelyn Waugh che nel libro riconosceva diversi punti di contatto con la sua ultima opera, La prova di Gilbert Pinfold. Waugh fu entusiasta anche di Memento Mori (1959), un romanzo che consigliò a tutti i suoi amici. A queste prime prove seguirono altri lavori di successo, i migliori dei quali sono forse Gli scapoli (1960), Gli anni fulgenti di Miss Brodie (1961) e La porta di Mandelbaum (1965).
Nel 1967, a ulteriore testimonianza di come il suo fosse diventato ormai un nome noto, la regina conferì alla Spark il titolo di Dama di Commenda dell’Ordine dell’Impero Britannico.
Al pari di altri scrittori cattolici inglesi suoi contemporanei, su tutti David Lodge, Muriel Spark seppe reinventare il ruolo del narratore onnisciente, collocandolo in un gioco di mise en abyme fatto di relazioni ambigue tra lui e i suoi personaggi, con continui slittamenti in avanti e indietro del piano temporale, dove ogni commento superfluo è assolutamente vietato. Paradossalmente l’onniscienza non offre al lettore alcun chiarimento confortante, anzi, lo confonde ulteriormente, gettandolo nel caos di una moltitudine di significati possibili, in competizione l’un con l’altro. Tuttavia l’esito ultimo di un tale processo di rinnovamento stilistico e di manipolazione delle tecniche narrative tradizionali non è il relativismo: al di là di una coltre di confusione, fatta di dettagli esorbitanti, la verità esiste e si rivela poco alla volta, capitolo dopo capitolo, per esplodere in tutta la sua forza dirompente solo nell’epilogo.
L’elemento cattolico punteggia qua e là le trame, intrecciandosi obliquamente agli eventi principali: ottimo esempio, in tal senso, è quello del personaggio di Ronald Bridges, in Gli scapoli, il quale, seppur non ammesso al sacerdozio per via della sua epilessia, diviene una sorta di “prete laico” per i suoi amici, ascoltando i loro problemi e offrendo saggi consigli.
Nonostante la modernità stilistica, dal punto di vista dei contenuti la Spark mostra una sensibilità vicina a quella dei romanzieri cattolici della generazione precedente, distante quindi anni luce da quella religiosità ambigua e contraddittoria che caratterizzava invece le opere di molti suoi correligionari dell’epoca.
Il male, dipinto come qualcosa di palpabile, fa la sua comparsa in La ballata di Peckham Rye (1960), in cui il protagonista, Dougal Douglas, posseduto da una sinistra forza demoniaca, semina morte e sofferenza al suo passaggio. Anche il peccato originale è uno dei temi che più ricorre nei suoi libri. In un paio di romanzi, La badessa di Crewe (1974) e Diana maligna (1976), vi è persino spazio per la presa in giro del progressismo teologico, una satira, goliardica ma pungente, molto simile a quella che contraddistingue i romanzi di Alice Thomas Ellis.
Sfortunatamente negli ultimi lavori il cattolicesimo è ridotto a un mero orpello decorativo, utile più che altro per insaporire la storia. Ne è un ottimo esempio Il settimo conte di Lucan (2000): tra le molte avventure macabre ed esilaranti di cui è protagonista l’oscuro aristocratico del titolo vi è l’incontro con una falsa stigmatizzata. Il ruolo della donna, più tardi vittima di ricatto da parte di Lord Lucan, rimane comunque confinato a quello di personaggio secondario.
Nonostante questa parentesi finale, poco significativa per il lettore in cerca di romanzi dalla dimensione religiosa più profonda, Muriel Spark rimane una delle scrittrici cattoliche più interessanti del Novecento. Ampiamente tradotta in Italia per merito della casa editrice Adelphi – tra l’altro gli ultimi anni della sua vita li passò ad Oliveto, in provincia di Arezzo – la bibliografia della Spark illustra alla perfezione come sia possibile coniugare efficacemente il gusto artistico postmoderno con l’afflato “papista”, senza per questo dover rinunciare alla qualità letteraria.
Davvero la Spark, come ha sottolineato più di un critico, è una delle ultime voci illustri della lunga tradizione del romanzo cattolico britannico, una tradizione da troppo tempo irrimediabilmente in crisi.