Poco dopo la dichiarazione di guerra dell'Italia alla Francia - già invasa in profondità dalle truppe tedesche -, il 10 giugno 1940, gli ordini diramati dal Comando militare italiano furono di non intraprendere alcun'azione oltre confine, ma di mantenere un atteggiamento difensivo: iniziò la battaglia delle Alpi Occidentali, sotto il comando del principe ereditario Umberto di Savoia e dei generali Alfredo Guzzoni e Pietro Pintor. L'obiettivo era conquistare Nizza, Savoia e Corsica, che facevano parte delle aspirazioni irredentistiche italiane.
Le prime operazioni belliche furono attacchi di fortificazioni francesi, contemporaneamente ci furono i primi bombardamenti aerei italiani in Francia meridionale, Tunisia e Corsica: Saint-Raphaël, Fayence, Cuers-Pierrefeu, Cannet-des-Maures, Hyères, Biserta, Calvi, Bastia e, in particolare, la base navale di Tolone. Il 13 giugno l'aviazione francese bombardò Vado Ligure.
Il 15 giugno una squadra navale francese aprì il fuoco su Genova, contro la quale rispose l'artiglieria costiera italiana, inefficacemente. Solo una nave italiana riuscì a silurare più navi francesi. Proprio in questo momento, Mussolini decise di scatenare un'offensiva in territorio francese e contro l'Armée des Alpes, guidata dal generale René Olry (circa 85mila soldati). Lungo le Alpi vennero schierate due armate del Regio Esercito italiano, in tutto 300mila uomini di truppa.
Il Comando italiano sperava di riuscire a spezzare la linea difensiva francese, e di conquistare il forte di Traversette, posto a controllo del colle del Piccolo San Bernardo; l'avanzata italiana venne subito bloccata, anche se alla fine riuscì a penetrare in minima parte nel territorio francese. Già il 16 giugno, intanto, la Francia richiese un armistizio all'Italia e alla Germania.
Il 17 giugno la Regia Aeronautica italiana bombardò il centro di Marsiglia.
Dopo il 22 giugno, gli ordini erano di continuare l'offensiva, nei tratti ritenuti più deboli della linea di difesa francese. Il 23 giugno i combattimenti furono caratterizzati da un violento fuoco di artiglieria; i francesi dovettero sgomberare il forte di Trois Tetes (nel dipartimento francese delle Alte Alpi) mentre le truppe italiane conquistarono il forte dello Chenaillet (sempre Alte Alpi francesi).
Sempre in questi giorni, l'aviazione francese, dall'Africa settentrionale, bombardò Cagliari, Palermo e Trapani.
Gli ultimi giorni di battaglia non furono comunque molto diversi dai precedenti, nonostante la pressione che il Duce fece per ottenere uno sfondamento nel fronte francese su tutto l'arco alpino occidentale. Le avanzate italiane furono contrastate e limitate ad una penetrazione nei passi montani. L'invasione si risolse con un'occupazione di pochi chilometri oltre confine, arrivando a Mentone.
Il 22 giugno l'esercito francese capitolò, firmando l'armistizio con i tedeschi e il 24 giugno con gli italiani (armistizio di Villa Incisa a Roma). Le condizioni imposte prevedevano che il territorio francese raggiunto dalle truppe italiane rimanesse sotto il controllo del Regno d'Italia, mentre doveva essere smilitarizzata, per tutta la durata del conflitto con il Regno Unito, la fascia di territorio francese fino a 50 chilometri in linea d'aria a partire dal nuovo confine; analoghi provvedimenti vennero stabiliti anche per le zone di confine tra Tunisia e Libia, infine le forze armate di terra, aria e mare francesi dovevano essere disarmate, fatta eccezione per quelle necessarie a mantenere l'ordine pubblico.
Da parte italiana ci furono 631 morti, 616 dispersi, 2.631 feriti e 1.141 prigionieri di guerra; da parte francese ci furono 40 morti, 150 dispersi, 84 feriti e solo 155 prigionieri di guerra.
Il presidente USA Roosevelt la definì una «pugnalata alla schiena».