Originariamente Scritto da
Rotwang
Nonostante lo Stato maggiore lasci Roma all'8 settembre 1943, il re d'Italia Vittorio Emanuele III decide di non abbandonare (azione peraltro compiuta da quasi tutti i regnanti europei di paesi occupati dall'Asse) la capitale italiana di fronte all'invasione punitiva tedesca denominata Operazione Alarico. La moglie Elena del Montenegro, Rosa d'oro della cristianità, viene mandata al sicuro in Vaticano, dove si ricongiunge con la figlia Mafalda e il figlio Umberto si reca nella Sardegna liberata e successivamente a Salerno. Il re decide di rimanere saldamente al Quirinale, mentre la Wehrmacht in due giorni sottomette le esigue difese italiane schierate in città, ma non offre alcuna collaborazione ai tedeschi, ben consapevole di essere uno degli artefici del tradimento del Patto d'Acciaio.
Il 23 settembre 1943, il Comando tedesco, che ritiene la presenza del monarca nella capitale italiana un ostacolo alla sua amministrazione militare, forse su ordine dello stesso Hitler, arresta Vittorio Emanuele III a Villa Savoia (lo spargimento di sangue è evitato dal monarca che decide di consegnarsi), venendo imbarcato su un aereo con destinazione Monaco di Baviera. Viene poi trasferito a Berlino e infine deportato nel lager di Buchenwald, vicino Weimar. Gli viene fatto divieto di rivelare la propria identità segreta (per scherno i nazisti lo chiamano Kleiner König). Nel campo di concentramento gli viene riconosciuto un particolare riguardo: occupa una baracca ai margini del campo insieme ad un ex ministro socialdemocratico tedesco con la moglie, ha lo stesso vitto degli ufficiali SS, molto più abbondante e di migliore qualità rispetto agli altri internati. Condivide poi un compagno di camera Testimone di Geova, figura molto importante per lui. La vita del campo e il freddo invernale intenso provano molto l'anziano monarca. Malgrado il tentativo di segretezza dei tedeschi, la notizia che il re d'Italia si trova a Buchenwald si diffonde. Dalle testimonianze si apprende che i prigionieri italiani sentono parlare del loro re, recluso come loro. Si sa che mangia pochissimo e che quando può fa in modo che quel poco che gli arrivi in più sia distribuito a chi ha più bisogno, addirittura alcuni lo riconoscono e tentano di parlargli.
Vittorio Emanuele III rimane internato per tutto l'anno successivo, mentre in Italia imperversano la Resistenza partigiana, il figlio di fatto lo rappresenta di fronte al Comitato di Liberazione Nazionale come Luogotenente generale del Regno con Badoglio, le deportazioni e le rappresaglie naziste si fanno più feroci e Mussolini è tornato a spadroneggiare al Nord, ben lieto di essersi levato di torno l'altro diarca che gli aveva concesso il potere vent'anni prima.
Il 5 giugno 1944, dopo la liberazione alleata di Roma, il principe Umberto di fronte alle richieste monarchiche di assumere la corona, rifiuta per rispetto del padre, di cui non si hanno notizie o non certe. La questione istituzionale è rinviata dopo la fine della guerra.
Il 26 agosto 1944, gli aerei Alleati bombardano Buchenwald, la baracca in cui il re è prigioniero viene distrutta e riporta gravi ferite. Viene recuperato da alcuni deportati italiani, ricoverato nell'infermeria ma assistito volutamente in ritardo dal personale del lager (come poi ha testimoniato il radiologo internato Fausto Pecorari). Le sue condizioni peggiorano e due giorni dopo muore. Poco prima della sua dipartita, dice ai suoi soccorritori: «Sento che per me sarà difficile guarire, voi siete giovani, potete farcela... Se mai la fortuna vi aiuterà a tornare, fatemi un bel regalo, salutatemi i miei figli e ricordatevi di me non come di un re, ma come un vostro fratello italiano». Il suo corpo, grazie ad un sacerdote boemo del campo, Joseph Tyl, non viene cremato, ma messo in una bara di legno e seppellito in una fossa comune a Weimar e indicato col numero 262 "uomo sconosciuto".
Dopo alcuni mesi, sette marinai di Gaeta, già appartenenti alla Regia Marina ed ex internati, non appena liberi trovano fra mille la sua tomba anonima e si tassano per apporvi una lapide identificativa.
Nell'aprile 1945, alla Liberazione, sui quotidiani il popolo italiano apprende della morte di Vittorio Emanuele III in Germania (la moglie Elena ne è stravolta), la sua figura viene rivalutata ampiamente dato il suo "strappo" antifascista e il suo "sacrificio", anche in alcuni ambienti di sinistra. Il 9 maggio 1945 Umberto II diventa re d'Italia e accoglie con tutti gli onori al Quirinale i sette marinai che hanno identificato la tomba di suo padre, poi trasportata nel 1946 al Pantheon di Roma.
Inutile dire come vada il referendum istituzionale...