Estrapolo questo interessante passaggio dell'ultimo articolo di Francesco Forte per l'Occidentale:
"Gian Franco Fini era il giovane leader del movimento, che Berlusconi sdoganò. Ma esso era costituito, già allora, da una solida elite di politici di destra democratica che si ponevano come espressione di una parte rilevante degli italiani, in particolare, con riguardo ai sentimenti di unità nazionale, di legge ed ordine, di tutela di valori tradizionali della famiglia, del risparmio, della dignità del pubblico impiego, del decoro e del rispetto di chi ha un ruolo superiore.
Rimaneva ancora aperta la questione se la vocazione di questa destra fosse dirigista o liberale, dal punto di vista della concezione dell’economia e dei principi di libertà. Vale a dire garantismo, libertà di stampa, equilibrio dei poteri, principi economici come la libertà e flessibilità nei contratti di lavoro, la concorrenza e la riduzione delle imposte e della dimensione del governo, il federalismo fiscale. E anche questo chiarimento è stato compiuto. Ed è culminato con la fusione fra An e Forza Italia , che non è stata un assorbimento della prima nella seconda, come ora Fini erroneamente afferma, perché An ha portato, nel nuovo partito i propri valori. Questa realtà storica non può essere cancellata.
E’ concepibile che a destra del Pdl ci sia una formazione minoritaria “conservatrice” che non accetta questa svolta liberale, ma non ha alcun senso immaginare che questo percorso non sia esistito. O che possa esistere una destra liberale diversa dalla componente che si è fusa nel Pdl, con la leadership (forse non del tutto convinta) di Fini che ora vorrebbe distruggere questo evento. Come se la storia potesse essere un capriccio di un uomo politico colpito da sindromi di gelosia. Quali principi possa darsi “Futuro e Libertà”, diversi da quelli appena enunciati, rimane un rebus irrisolto, salvo che Fini, dopo avere percorso il cammino dell’unificazione della destra liberale con Forza Italia, che raccoglie in sé le tre tradizioni dei liberali storici, dei democristiani di ispirazione liberale, dei liberal socialisti, intenda compiere un ulteriore passo, verso la sinistra, giungendo a ricongiungersi con gli eredi di coloro che avevano scomunicato i missini, perché erano anti comunisti.
Ma è qui che nasce il secondo errore, quello di immaginare un movimento politico che ha come obiettivo, quello di scegliere il futuro, dapprima come ipotesi da costruire, poi come ipotesi di libertà assoluta. Strade irrequiete, intrise di movimentiamo dannunziano, di rincorsa del nuovo, di sessantottismo romantico fuori tempo."
A Mirabello Fini ha sbandato verso un populismo assistenzialista | l'Occidentale
Ora, Forte ci ha detto 2 cose importanti:
1) che il Pdl è un partito che racchiude i 3 diversi liberalismi della tradizione politica italiana (PLI, DC, PSI);
2) che è concepibile uno spazio a destra del Pdl per quei conservatori che non hanno accettato questa svolta liberale.
Questo indirettamente significa:
a) che i colonnelli di An seguendo Berlusconi hanno accettato di fatto il liberalismo;
b) che oggi i conservatori italiani sono quelli di Storace, mentre Fini scegliendo "strade irrequiete verso una libertà assoluta" si porrebbe paradossalmente a sinistra.
Adesso, se stanno così le cose, ovvero coi conservatori relegati nel ghetto storaciano dell'1,5% noi dobbiamo maledire non solo Fini, che se n'è andato a sinistra, ma anche tutto il resto di An che ha accettato di svoltare in direzione del liberalismo e del moderatismo. Davvero un capolavoro di harakiri politico...