Signore delle terre e dei mari, principe dei divieti, nume tutelare delle famiglie e delle coppie eterosessuali, autorità scientifica per castrazione chimica e cannabis, patriota e difensore delle tradizioni italiche, ministro degli interni e mago dell’ubiquità fisica e mediatica....Facce e ritratti di Salvini si moltiplicano con la velocità dei suoi proclami intercambiabili, il cui dominatore comune sono il “fare cassa” elettorale e mantenere alta l’attenzione/tensione dell’opinione pubblica sul tema del momento, basta che risponda a compiti istituzionali allargati o interpretati a sua misura e discrezione, ovvero sulla base dei sondaggi e della sua personale macchina propagandistica. La comunicazione del ministro non è sintonizzata sulla realtà dei problemi, ma sulla percezione degli stessi e sul modo in cui lui decide di gonfiarli o ridurli a seconda delle soluzioni e delle promesse vendute sui giornali un tanto al chilo. Persino le cifre ufficiali passano in secondo piano rispetto a gesti, parole o parolacce, meriti presunti e meriti vantati, il tutto condito da una sgradevole arroganza di linguaggio, del genere “qui comando io”, “la pacchia è finita”, “marcire in galera”, “professionisti dell’accoglienza” etc..

L’ultima e più sgradevole sparata è la balzana idea della multa a chi soccorre migranti, una sorta di balzello medievale sul diritto alla vita, una totale negazione sia di elementari principi di umanità sia del diritto internazionale sulla navigazione e sul soccorso.

Il corto circuito, di cui i media sono complici più o meno consapevoli, è evidente. Salvini può dire un giorno che clandestini e irregolari sono mezzo milione e il giorno dopo (per merito suo?) soltanto novantamila, ovvero meno del numero reale delle sole badanti e baby sitter in nero. Il ministro propone un nuovo decreto per arginare gli sbarchi, pretendendo così di mettere sotto il controllo del Viminale anche la navigazione e quindi la marina militare (che in qualche caso soccorre migranti e naufraghi), ma nessuno gli dice che gli sbarchi dopo l’emergenza degli ultimi anni si sono ridotti del 90 per cento, circa 150mila per tutta Europa, l’equivalente dello 0,03 per cento della popolazione della Ue. Così come passano invece in secondo piano altri dati non utilizzabili per la campagna elettorale permanente. I dati negativi, quali il numero esiguo di rimpatri rispetto ai proclami, i ritardi nello smaltimento delle domande d’asilo, l’incapacità di difendere una politica dell’immigrazione coerente in sede europea, l’aumento di clandestini sul territorio per effetto della chiusura di centri di prima accoglienza. E persino i dati positivi, quali la diminuzione del numero di reati (secondo il bilancio annuale della polizia) e appunto la diminuzione degli sbarchi, ovvero tutto ciò che contraddice quanto deve continuare ad essere percepito da un’opinione pubblica intossicata dal mantra dell’immigrazione incontrollata, dell’invasione straniera e della criminalità dilagante in attesa del Salvatore.

Per fortuna degli italiani, il gioco comincia ad essere scoperto e i sondaggi lo dimostrano. C’è una parte d’Italia che vuole mantenere le tradizioni, queste si autentiche, di solidarietà, accoglienza, tolleranza e che non tollera - qui si, è davvero intollerante - aggressioni fasciste, relativismo culturale sulla Resistenza, sproloqui antisemiti, atteggiamenti xenofobi. C’è una parte d’Italia del Sud che non vuole essere strumentalizzata da chi un giorno non lontano la disprezzava con il più trito dei luoghi comuni, quello del terrone fannullone.

E c’è una parte d’Italia del Nord che ha sempre creduto in principi di autonomia, giustizia fiscale, buona amministrazione locale, tutela del lavoro e che ora si sente coinvolta suo malgrado nel perseguimento di obiettivi che non le appartengono, nè per interesse, nè per cultura. C’è un Italia che vuole stare in Europa a testa alta, difendere i propri interessi strategici nel Mediterraneo, perseguire una politica estera coerente, non giocare con le strizzate d’occhio a Putin o a Trump a giorni alterni, non flirtare con leader e governi sovranisti, i cui obiettivi e interessi sono specularmente contrari ai nostri. C’è infine una parte d’Italia che mantiene la schiena dritta, che non si spaventa per insulti e minacce più o meno esplicite, che respinge il tentativo di controllare e condizionare i media, che denuncia l’indifferenza, la piaggeria, il conformismo.

Forse, in questa Italia, troverebbe posto anche un Salvini che facesse soltanto il ministro degli interni, con l’intelligenza e la competenza che non gli mancano, con l’energia dell’età e del l’ambizione, con l’umiltà di riscoprire il senso di un progetto per il Paese anzichè un calcolo elettorale SUL Paese. In fondo, anche Salvini si sta rivelando, come l’altro Matteo, un grande spreco.
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