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  1. #71
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    Ambientalismo, un’ideologia anti-umana!
    22 Ottobre 2022

    di ROBERTO ENRICO PAOLINI

    L’ambientalismo radicale è il nuovo credo del terzo millennio: ha la sua papessa, Greta (giustamente donna), già santa, i suoi riti (le domeniche a raccogliere immondizia), i suoi templi (le scuole), l’ostia sacra (il compost), i suoi sacerdoti (politici ed intellettuali), le feste annuali (la giornata della Terra).

    I suoi adepti predicavano la decrescita, poi realizzatasi grazie al Covid-19, che ci ha mostrato come sarà il mondo se questi pianificatori invasati riusciranno ad imporre un Governo globale.

    Costoro, ahinoi, grazie al virus hanno anche capito come ottenere il non-dissenso di massa: far leva non su un catastrofico futuro ma sul pericolo della morte qui ed ora: la salute pubblica sarà il cavallo di Troia per imporre la loro agenda.

    Occorre contrapporre a questa ideologia anti-umana, anti-occidentale e anti-capitalista i valori che hanno reso grande e prospero l’Occidente. La libertà, la proprietà, la sacralità della vita umana, il libero mercato. In caso contrario ci aspetta l’Inferno, non quello dantesco, ma nell’Aldiqua!



    https://www.miglioverde.eu/ambiental...ia-anti-umana/
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  2. #72
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  3. #73
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  4. #74
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    Ultima modifica di Eridano; 28-10-22 alle 09:48

  5. #75
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    Predefinito Re: Greta la climatica e Carletto il petaloso.

    In Europa temperature cresciute il doppio delle altre parti del mondo.

    Già. Chissà come mai?

  6. #76
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    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  7. #77
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  8. #78
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    Predefinito Re: Greta la climatica e Carletto il petaloso.

    Il riscaldamento climatico e lo scontro tra Occidente e il resto del mondo
    di Thierry Meyssan

    La teoria della causa antropica del riscaldamento climatico presto sarà al centro dello scontro tra Occidente e Russia. Nessuno contesta che alcune zone del mondo si riscaldino, ma al momento non c’è spiegazione alternativa del fenomeno. Alla COP-28 di Dubai ne verrà illustrata una; guardacaso dai membri dell’Accademia delle Scienze di Russia.

    RETE VOLTAIRE | PARIGI (FRANCIA) | 6 GIUGNO 2023

    La teoria secondo cui il riscaldamento climatico può essere osservato nell’insieme del pianeta e sarebbe provocato dall’attività umana è stata divulgata dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (GIEC), una commissione delle Nazioni Unite.

    Non sono competente in materia e non mi permetto di giudicare la veridicità di questa teoria, però sono esperto di politica internazionale, quindi in grado di valutare l’operato della commissione delle Nazioni Unite.

    Una decina di anni fa scrissi che, come dice la denominazione, il GIEC non è affatto un’accademia di eruditi, ma un gruppo intergovernativo [1]. Le sue conclusioni non sono perciò frutto di ricerca scientifica, ma di dibattito politico.

    Il GIEC fu istituito per iniziativa del primoministro britannico Margareth Thatcher, che aveva bisogno di sostegno alla sua battaglia contro il sindacato dei minatori. Le conclusioni del GIEC non furono quindi una sorpresa: il carbone è dannoso per l’ambiente, il nucleare è invece auspicabile. Non un teorema scientifico, ma una presa di posizione politica.

    Nella stessa inchiesta feci anche notare che i diritti di emissione di gas a effetto serra non furono un’iniziativa intergovernativa, ma nacquero da un’idea della Joyce Foundation, messa in atto da Climate Exchange Ltd. [2]. Ogni Stato redige la propria legislazione e riceve un determinato quantitativo di diritti di emissione, che ripartisce tra le imprese. Le aziende che li sfruttano parzialmente possono vendere quelli non utilizzati alla Borsa per il Clima di Chicago [Chicago Climate Exchange].

    Lo statuto della Chicago Climate Exchange venne redatto da un giurista della Joyce Foundation, all’epoca sconosciuto: un certo Barack Obama, futuro presidente degli Stati Uniti. L’appello agli investitori per il lancio della Borsa fu organizzato da Al Gore, futuro vicepresidente degli Stati Uniti, e da David Blood, ex direttore della banca Goldman Sachs. Possiamo giudicare queste persone militanti ecologisti in buona fede o truffatori di alto bordo, è questione di punti di vista.

    Con il tempo questo strumento politico si è ammantato di veste scientifica e buone intenzioni, sicché è arduo discuterne le affermazioni. Esiste tuttavia una teoria scientifica alternativa che spiega il riscaldamento climatico, enunciata dal geofisico Milutin Milankovic nel periodo tra le due guerre mondiali.

    L’orbita della Terra varia secondo tre cicli naturali: l’eccentricità, l’obliquità e la precessione degli equinozi. Ogni variazione segue un ciclo che dura da 20 mila a 100 mila anni, assolutamente calcolabile. Queste tre variazioni combinate influiscono sull’insolazione della Terra, quindi sul suo clima. La teoria fu confermata nel 1976 dall’analisi dei carotaggi glaciali eseguiti durante la trivellazione di Vostok (Antartico). Però non spiega tutto.

    L’Accademia delle Scienze di Russia ha recentemente enunciato una terza teoria, anch’essa basata sullo studio della natura: «La principale causa delle catastrofi climatiche locali è l’emissione crescente d’idrogeno naturale, causata dalle forze gravitazionali alternate della luna e del sole, che provocano buchi nello strato di ozono. Il conseguente rialzo delle temperature e la mescolanza di ozono e idrogeno sono le principali cause degli incendi di foreste e steppe» [3].

    Dunque l’Accademia delle Scienze russa non solo mette in discussione il dogma del GIEC, contesta anche gli strumenti finalizzati a ridurre i buchi nello strato di ozono: la Convenzione di Vienna e il Protocollo di Montreal, «la cui attuazione ha distrutto intere aziende del settore chimico senza minimamente intaccare l’estensione dei buchi d’ozono, che continuano ad aumentare».

    La teoria dell’Accademia delle Scienze russa si fonda anche sul principio che il riscaldamento climatico è un fenomeno non omogeneo, ossia diverso secondo le regioni del mondo. È stato infatti rilevato che, diversamente da uno stereotipo largamente diffuso, la temperatura dell’oceano Pacifico si abbassa [4].

    I risultati delle ricerche dell’Accademia delle scienze russa saranno presentati alla COP-28, che si terrà a Dubai tra fine novembre e inizio dicembre prossimi. È già in corso una battaglia politica per mettere a tacere gli scienziati russi, imperniata sulla nomina del presidente, figura che potrà concedere oppure no facolta di parola, dunque d’imbavagliare gl’importuni. La nomina spetta al sovrano degli Emirati Arabi Uniti, Mohammed bin Zayed, che ha designato il ministro dell’Industria, Sultan al-Jaber. Parlamentari statunitensi ed europei hanno immediatamente scritto al segretario delle Nazioni Unite, António Guterres, chiedendogli di opporsi alla scelta. Come sempre accade, la motivazione addotta non ha alcun rapporto con il vero scopo. Obiettano infatti che, essendo Sultan al-Jaber oltre che ministro anche presidente dell’Abu Dhabi National Oil Company (Adnoc), non sarebbe giudice super partes; raccomandano quindi la designazione di un lobbysta delle energie non-fossili. Anch’egli non super partes, però schierato dalla parte giusta, la loro.

    Se agli scienziati russi sarà consentito presentare alla COP-28 i loro studi è probabile che l’assemblea si spaccherà. Non già in base a criteri scientifici, ma politici: quelli che stanno dalla parte degli anglosassoni contro quelli che stanno dalla parte della Russia, cioè con il resto del mondo. Indubbiamente il dogma del GIEC non tarderà a diventare il chiodo fisso degli Occidentali e lo zimbello del resto del mondo.

    Thierry Meyssan
    Traduzione
    Rachele Marmetti

    https://www.voltairenet.org/article219432.html
    Assolutamente da riportare, se puoi Eri.

  9. #79
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    Predefinito Re: Greta la climatica e Carletto il petaloso.

    Il campo magnetico terrestre si invertirà: cosa vuol dire e cosa comporta
    5 Giugno 2023 - 20:05

    Secondo gli studiosi un'inversione del campo magnetico terrestre potrebbe essere vicina. Ecco cosa comporterebbe

    Avatar di Federico Garau

    Una nuova inversione del campo magnetico terrestre potrebbe verificarsi in tempi relativamente brevi: gli studiosi, per una serie di motivi, concordano nel ritenere che questo fenomeno sia prossimo al suo compimento.

    Campo magnetico
    La Terra è avvolta da un campo magnetico, che scherma dalle radiazioni solari, anche se le cause della sua origine sono ignote. La teoria della geodinamo è una di quelle proposte per spiegare il fenomeno: alcuni corpi celesti sarebbero in grado di produrre dei campi protettivi grazie al movimento delle sostanze presenti nel loro nucleo, per quanto concerne il nostro Pianeta essenzialmente ferro e nichel (che si trovano in forma liquida nella parte esterna).

    Per quanto si sappia decisamente poco, gli scienziati ritengono che cambiamenti nella geodinamo possano comportare variazioni profonde nel campo magnetico terrestre, a un suo indebolimento e a una sua inversione totale.

    Inversione magnetica
    L’inversione magnetica dei poli presuppone la variazione tra l'attuale positività del Polo Nord e la negatività del Polo Sud: il primo a parlare del fenomeno fu Bernard Brunhes, che nel 1906 studiò il magnetismo delle rocce laviche. Esse contengono minerali magnetici, le cui particelle, al momento del raffreddamento della lava, si distribuiscono seguendo il magnetismo terrestre, restando stabili nel tempo. Grazie all'esame degli strati di lava si possono ottenere pertanto informazioni circa l'andamento del magnetismo terrestre, che può cambiare non solo di declinazione ma anche di intensità: e questa è diminuita costantemente negli uiltimi 2mila anni.

    I tempi
    Tra gli aspetti che tuttora si ignorano anche i tempi in cui l'inversione si verifica: in genere si parla di una cadenza ogni 200/300mila anni, ma anche in questo caso ci troveremmo dinanzi a un'informazione lacunosa, dato che l'ultima volta in cui il fenomeno si è verificato con certezza è 773mila anni fa. Prendendo per buone le medie tradizionali, quindi, ci troveremmo in un evidente ritardo.

    In realtà si possono verificare anche degli eventi di portata inferiore, come quello noto col nome di escursione di Laschamp, che risale a circa 40mila anni fa. L'inversione del campo magnetico durò circa 440 anni all'interno dell'ultima glaciazione, con una transizione a partire dal campo normale che ne richiese circa 250. Tempi "molto brevi", rispetto ai 20/30mila anni di cui in genere le grandi inversioni di campo magnetico hanno bisogno. E non è escluso che, dato il ritardo, si possa andare incontro a una di queste.

    Tra gli elementi che lasciano presagire l'avvicinarsi del fenomeno la diminuzione dell'intensità del campo magnetico di circa il 10% registrata negli ultimi 180 anni. Oltre ciò anche la presenza di una chiara diminuzione di intensità del campo magnetico ancora più accentuata in una zona particolare del nostro pianeta, che include buona parte del Sud America, il Sud Africa e dell'Antartide (Anomalia del Sud Atlantico): zona che ricopre il 20% della superficie terrestre ed è in costante espansione. Impossibile, come detto, prevedere i tempi.

    Conseguenze
    Che conseguenze potrebbe portare questo fenomeno? L'indebolimento del campo magnetico precedente l'inversione provocherebbe una maggiore vulnerabilità alle radiazioni ed esporrebbe gli esseri umani a maggiori rischi di tumori. Oltre ciò si potrebbero registrare malfunzionamenti potenzialmente irreparabili dei mezzi tecnologici sensibili, come satelliti o telescopi, e delle reti elettriche e di telecomunicazione.

    https://www.ilgiornale.it/news/scien...a-2162247.html
    Ultima modifica di Eridano; 10-06-23 alle 14:28

  10. #80
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    Predefinito Re: Greta la climatica e Carletto il petaloso.

    Dall’Asia arriva la tecnologia che spazza via anche l’elettrico | È la fine di un’era
    3 giorni ago Luca Papperini

    Arriverà un momento in cui diremo basta. Perché spendere tempo e denaro per una tecnologia nata vecchia? La risposta del Giappone

    Quanti di noi stanno facendo sacrifici e carte false pur di acquistare un veicolo elettrico? Terrorizzati dal prezzo sempre più alto della benzina e scoraggiati dalle continue limitazioni a cui presto o tardi andranno incontro i motori a combustione, molti automobilisti non vedono l’ora di passare dalla tanica alla batteria.

    Il che poi sarebbe persino molto in linea con i diktat di Bruxelles sulla riduzione delle emissioni di inquinanti e farebbe felici sindaci e giunte, che non dovrebbero più stare a scervellarsi sulle misure da adottare il prossimo inverno per abbattere polveri sottili e NOx.

    Sì, tra l’altro sarebbe anche una vera e propria liberazione dal giogo dei petrolieri e dalle logiche che attanagliano il mercato del greggio. Ma quali potrebbero essere i contraccolpi nella vita di tutti i giorni, se di punto in bianco tutti noi automobilisti iniziassimo fin da ora ad utilizzare auto elettriche? Probabilmente non ce lo siamo mai chiesti, o ci ha fatto comodo non rispondere.

    I problemi rimangono, le auto elettriche aumentano
    L’era tecnologica delle batterie al litio sta volgendo al termine, ma rimangono praticamente invariati i problemi che la transizione all’auto a emissioni zero sta portando con sé dalla sua nascita. Alti costi di produzione, prezzi alle stelle per i consumatori, enormi problemi ambientali dovuti all’estrazione delle terre rare. Potremmo anche già fermarci qui per capire che forse la corsa al futuro della mobilità dovrebbe reindirizzarsi e cambiare un po’ il tiro. Di mezzo ci si mette anche Elon Musk che di recente ha tenuto una conference call con i suoi manager europei dicendo – testuali parole – che Tesla avrebbe “ammazzato” nel giro del prossimo anno il mercato delle auto a combustione.

    Chi vivrà vedrà, intanto sembra sempre più chiaro che ci sono dei problemi strutturali che minacciano l’utilizzo di massa dell’auto elettrica. Primo fra tutti – paradossalmente – quello energetico. Ancora oggi, non solo sono insufficienti le colonnine di ricarica, ma per fare un pieno di elettroni i più fortunati possono sperare minimo in una mezz’ora. Ma anche se volessimo stare le ore in coda, la rete stessa di distribuzione dell’energia collasserebbe. Se tutti attaccassimo le nostre auto alla presa, i blackout sarebbero all’ordine del giorno.

    La tecnologia che batterà l’elettrico
    Insomma, la situazione non sembra migliorare da qui a poco, eppure il mercato europeo inizia ad essere invaso da modelli elettrici che promettono performance sempre migliori e grande autonomia grazie alle batterie allo stato solido. Le nuove auto però sono ultra pesanti, anche due tonnellate, e questo impatta non poco sulla loro maneggevolezza. È giunta forse l’ora di voltare pagina? In Asia qualcuno ci ha già pensato, e al posto di investire su nuove batterie sta immaginando un futuro a idrogeno.

    Il Giappone, ad esempio, sembra fare sul serio. Lì sarà sempre più difficile vedere una Tesla in giro, anche perché i costruttori – Toyota e Hyundai in testa – stanno facendo previsioni diverse. Entro il 2030 si annuncia già la vendita di 800.000 veicoli a idrogeno, mentre la Cina pensa di arrivare a un milione nel 2035. A quell’ora sarà già predisposta una oliata catena di fornitura del nuovo vettore energetico che sarà prodotto da fonti totalmente rinnovabili. Non come l’energia elettrica che produciamo oggi da fonti fossili. L’idea sta piacendo anche a BMW, che sta investendo molto sull’idrogeno attraverso una produzione limitata della iX5 Hydrogen. Stellantis guarda anche lei incuriosita e sperimenterà a breve la produzioni di veicoli commerciali a celle di combustione.

    https://www.giornalemotori.it/2023/0...fine-di-unera/
    Era ora!
    Ma cosa diranno i saccenti della CO2?
    Ultima modifica di Eridano; 10-06-23 alle 14:32

 

 
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