Pd, la proposta del nuovo corso firmata dal tesoriere Zanda: più soldi agli eletti


L’uomo scelto del neo-segretario dem per gestire la cassaforte del partito, una settimana prima che venisse annunciata la sua nomina, ha depositato in Senato una proposta di legge per equiparare i compensi dei parlamentari a quelli degli eurodeputati: arriverebbero così a guadagnare tra i 16mila e i 19mila euro al mese. Nel frattempo ha già rilanciato l’idea di un tesoretto da 90 milioni per i partiti dopo l’addio al finanziamento pubblico.


Due giorni dopo la vittoria alla primarie e il primo discorso verso “un’altra strada” e “un cambiamento“, il nuovo segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti aveva già scelto il primo nome della sua squadra: Luigi Zanda, 76 anni, in politica dagli anni ’70 e già capogruppo dem al Senato, vicino a Paolo Gentiloni. Era il 5 marzo quando Zanda veniva annunciato come nuovo tesoriere del partito, mentre tra i democrati le parole chiave erano tutte rivolte ai delusi, dai “giovani disoccupati” ai 5 milioni di poveri “che lottano contro le ingiustizie”, diceva Zingaretti. Una settimana prima, il 27 febbraio, proprio Luigi Zanda aveva presentato al Senato una nuova proposta di legge per adeguare “il trattamento economico dei membri del Parlamento a quello dei parlamentari europei“. Nulla a che vedere con i poveri, anzi: nella pratica il testo prevede più soldi per deputati e senatori che arriverebbero così a guadagnare tra i 16mila e i 19mila euro al mese.

Non solo, perché il nuovo tesoriere di Zingaretti ha rispolverato negli ultimi giorni anche un’altra proposta, depositato a Palazzo Madama l’estate scorsa, che prevede un tesoretto di 90 milioni a legislatura (18 all’anno) per scardinare l’addio al finanziamento pubblico ai partiti sancito dalla riforma Letta del 2014. “Cosa dice Zingaretti su tutto questo? È d’accordo con le proposte del suo tesoriere? Perché mentre il suo partito vuole dare più soldi ai partiti e ai politici, rigetta un confronto con Di Maio sul salario minimo orario e critica il reddito di cittadinanza?”, chiede ora il capogruppo M5s al Senato Stefano Patuanelli in un post su Facebook rivolto al neo-segretario Pd.

L’ultima proposta in ordine di tempo firmata da Zanda prevede in pratica di sganciare i compensi dei parlamentari da quelli dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione ed equiparate, come previsto attualmente dalla legge 1261 del 1965. I nuovi stipendi verrebbero invece equiparati “all’indennità parlamentare mensile lorda dei membri del Parlamento europeo“. Ma quanto guadagnano gli eurodeputati? Come spiegato nel regolamento, il compenso mensile è di 8mila euro lordi (ovvero 6250 netti) a cui aggiungere 304 euro al giorno di diaria e 4mila 299 euro per le spese generali. Nel complesso, calcolando anche altri vantaggi, un parlamentare europeo guadagna tra i 16mila e i 19mila euro al mese. Molto di più dei 14mila euro circa che percepiscono oggi deputati e senatori calcolando indennità, diaria e rimborso per le spese di mandato.

Le modifiche proposte da Zanda non si fermano qui. La sua proposta di legge, facendosi sempre più complessa, prevede infatti nel nuovo articolo 1 al comma b “un’indennità transitoria a carattere temporaneo determinata nella misura dell’identica indennità corrisposta ai membri del Parlamento europeo” e al comma c “un trattamento differito di natura assicurativa, il cui diritto matura a condizione che sia scaduto il mandato parlamentare e che il beneficiario abbia compiuto il sessantatreesimo anno di età“. “Insomma, si chiamano con altro nome il Tfr e i vitalizi e si aggiunge anche una pensione di invalidità, per non farsi mancare nulla”, attacca il M5s con un post sul Blog delle stelle. Per Patuanelli si tratta semplicemente di “mascherare Tfr e vitalizi cambiandogli nome”.



Nel suo post su Facebook il capogruppo M5s a Palazzo Madama attacca Zingaretti e Zanda anche per la seconda proposta di legge “per istituire un fondo da 90 milioni di euro per coprire le spese dei partiti, comprese quelle per pagare gli affitti degli immobili che lo stesso Partito Democratico possiede in tantissime città italiane”. “Una subdola reintroduzione – aggiunge Patuanelli – di quel finanziamento pubblico ai partiti che gli italiani hanno già bocciato con un referendum e che dopo tanta fatica è stato abolito definitivamente nel 2017″.

La crisi di risorse che toglie il sonno al neo-segretario Zanda è infatti figlia proprio della riforma lettiana, per cui dal 2014 al 2017 i finanziamenti sono stati progressivamente aboliti. I partiti hanno così potuto finanziarsi soltanto attraverso il 2 per mille volontario dei cittadini o per mezzo di donazioni private fino a 100mila euro, consentite in forma anonima prima dell’intervento della Spazzacorrotti. Da qui l’idea di Zanda, ammessa in un’intervista a Repubblica, di ripartire dal testo presentato l’estate scorsa in Senato che prevede un tesoretto di 18 milioni di euro all’anno da spartirsi: un 10% andrebbe in parti uguali a tutte le forze politiche presenti in Parlamento, il resto sarebbe distribuito in base al numero di eletti. È il “nuovo Pd” annunciato da Zingaretti proprio nel giorno in cui l’Assemblea nazionale lo ha proclamato segretario e ha ratificato la nomina di Zanda a tesoriere.