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    Predefinito Guido Ceronetti (1927-2018)




    Apriamo un topic visto che manca, sul più irregolare, cioraniano, vegano, polemico, gnosticheggiante, antipolitico e politicamente scorretto degli scrittori, filosofi e poeti italiani.

    Era gnostico e orientaleggiante, la morte specie alla sua età veneranda la vedeva come un traguardo, eppure sono stato - anche se a volte in disaccordo - profondamente rattristato il giorno in cui morì.


    Alcune delle sue frasi più sconcertanti per i benpensanti, diceva che "era fragile ma sparava poesia"

    Warning: ANIME BELLE E POLITICALLY CORRECT, TERMINATE QUI LA LETTURA.









    L'innocente Priebke L'invasione africana Il male omosessuale (Ceronetti dixit...)


    L'innocente Priebke L'invasione africana Il male omosessuale (Ceronetti dixit...)


    Tutte le prese di posizione estreme di uno spirito libero e sempre "contro"

    Luigi Mascheroni - Ven, 14/09/2018 - 08:15, il Giornale

    Leggere Guido Ceronetti, a volte, fa male. In particolare a certe anime belle, sopratutto su certi temi. Ecco, a futura memoria, uno dei tanti possibili Ipse dixit ceronettiani.




    CONTRO GLI SBARCHI

    «Gli sbarchi in Sicilia hanno ormai un carattere preciso di invasione territoriale, premessa sicura di guerra sociale e religiosa» (Tragico tascabile, 2015)

    ACCOGLIETELI VOI, SE VOLETE

    «Nelle espressioni che implicano aprirsi (a tutte le culture, alle diversità, a tutti i poveri, a tutti quelli che chiedono di entrare, anche a tutte le sofferenze) c'è vocazione e quasi smania di prostituirsi, è buttarsi via su qualsiasi marciapiede» (Insetti senza frontiere, 2009)

    AFRICA PUTTANA

    «L'umanità che incontro nella stazioni mi fa orrore. Puttane a mucchi di tutte le Afriche si spostano come navette, magrebini con facce guaste e inespressive. Il miserabile governo che abbiamo apre larghe tutte le porte all'immigrazione di ogni colore e la perdita di patria si fa più tetra, più disperata. Arrivano da ogni parte e non portano soltanto fame e malattia ma dissolvimento. Questa pacifica invasione è di fatto un acido dissolvente» (Per le strade della Vergine, 2016).

    ANTI PACIFISTA

    «La pace ridotta a ideologia, intesa come rifiuto sistematico del ricorso alla forza anche quando il diritto lo comandi e la necessità lo consigli è soltanto depravazione morale, masochismo infetto, una sozza impostura» (Pensieri del tè, 1987).

    IL SENSO DELL'ARTE

    L'arte è finita da quando gli artisti non hanno più malattie veneree» (Il silenzio del corpo, 2001).

    DALLA PARTE DI PRIEBKE

    L'ergastolo imposto a Rudolf Hess fu «crimine politico», ingiusta è la condanna di Erich Priebke, «creato Mostro delle Ardeatine, vittima di una giustizia dell'odio» (Ti saluto mio secolo crudele, 2011).

    RISPETTO PRIMA DI TUTTO

    «L'intransigenza fa odiare, ma impone il rispetto, l'unica cosa che valga la pena d'imporre, si detenga o no un potere» (La carta è stanca, 2000).

    NO SELFIE, GRAZIE

    «Nei maniaci di fotografare tutto in giro per il mondo e nelle famiglie non c'è nessun occhio che veda: il loro è scatto di ciechi» (Insetti senza frontiere, 2009).

    VOLETE DAVVERO LA DEMOCRAZIA?

    «Si dice il responso delle urne. Come se un popolo di cretini potesse fornire oracoli» (Per le strade della Vergine, 2016).

    MISANTROPIA ESTREMA

    «Salvate il mondo. Mangiate esclusivamente carne umana» (L'occhio del barbagianni, 2014).

    NO OMO/1

    «L'Eros omosessuale era specialmente passione carceraria, di luoghi e società di reclusione. Ma abbiamo fatto dell'universo un luogo di reclusione» (Pensieri del tè, 1987).

    NO OMO/2

    «Hai ragione a vedere nell'omosessualità una parte di male: non solo perché si sottrae alla mizvà procreativa, è un'invasione della Tenebra, hanno un bel volerla normale e alla luce del sole, è pratica ctonia, necrofilia» (Lettera a Sergio Quinzio, 29.9.1986).

    TUTTO, MA NON COMUNISTA

    «Sono sempre stato anticomunista, sempre... Forse, subito dopo la guerra ho avuto una certa simpatia, però non mi sono iscritto al partito il giorno dopo aver visto La corazzata Potemkin, come innumerevoli giovani. Antifascista non è neanche da dire, da quando ci si è risvegliati, l'8 settembre. Di quel periodo non ho voglia di parlarne, ero tra i soliti ragazzini stupidoni che andavano alle adunate, ma non c'è storia di anima o di pensiero o di famiglia che riguardi il fascismo. I miei non erano fascisti né antifascisti, erano bravi cittadini come tanti» (Corriere della sera, 9.5.2011).

    TENEBRE JIHADISTE

    Il Mullah Omar e Osama Bin Laden sono «modi dell'antiumano» che non ispirano nessuna pietà. Dietro di loro si intravede l'ombra di Lenin, «Antiparacleto», «inviato della Tenebra, fondatore imitabile dell'universo concentrazionario», capostipite novecentesco di malvagie «entità che non finiscono di manifestarsi» (Ti saluto mio secolo crudele, 2011).

    SEMPRE A DESTRA

    «Che cos'altro si può essere in un paese come questo se non disperatamente conservatori?» (Un viaggio in Italia, 1983).

    APOCALITTICO

    «Il Terremoto, che non ha cessato di percorrere in tutti i sensi della terra, è una specie di refrigerio (finalmente una paura diversa! una paura senza faccia umana!) per le città malate d'uomo» (Il silenzio del corpo, 1979).

    AI MIEI FUNERALI

    Disposizione da prendere: «Non voglio donne in calzoni ai miei funerali. Cacciatele via. Almeno in questa pur insignificante occasione, ma per amore, siano insottanate come le ho sognate sempre, nella vita» (Per le strade della Vergine, 2016).

    POSTERITÀ

    «Non muori. Entri nella vita profonda della dimenticanza» (Pensieri del tè, 1987).










    https://it.wikipedia.org/wiki/Guido_Ceronetti


    Guido Ceronetti
    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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    Guido Ceronetti (Torino, 24 agosto 1927[1] – Cetona, 13 settembre 2018[2]) è stato un poeta, filosofo, scrittore, traduttore, giornalista, artista di collage, pittore, marionettista e drammaturgo italiano.


    Indice
    1 Biografia
    2 Opere
    2.1 Saggistica e narrativa
    2.2 Poesia
    2.3 Drammaturgia
    2.4 Traduzioni
    2.5 Epistolari
    2.6 Curatele
    3 Spettacoli del Teatro dei Sensibili
    4 Cataloghi di mostre
    5 Opere audiovisive su Guido Ceronetti
    6 Guido Ceronetti nei mass-media
    7 Note
    8 Bibliografia
    9 Voci correlate
    10 Altri progetti
    11 Collegamenti esterni
    Biografia
    «Tutto è dispersione, lacerazione, separazione, rotolare di ruota senza carro, e questo ha nome esilio, o anche mondo»

    (Guido Ceronetti, Tra pensieri[3])
    Guido Ceronetti nacque a Torino, anche se alcune biografie indicano erroneamente Andezeno (paese di origine della famiglia Ceronetti) come luogo di nascita.[4] Uomo di vasta erudizione e di sensibilità umanistica, conoscitori dei classici, di varie tradizioni spirituali (gnosticismo, Bhagavadgītā, buddhismo, la Bibbia), cominciò a collaborare nel 1945 con vari giornali; la sua presenza sul quotidiano La Stampa ebbe inizio nel 1972.

    Tra le sue opere saggistiche più significative vanno ricordate Un viaggio in Italia e le raccolte di aforismi e riflessioni Il silenzio del corpo e Pensieri del tè. Di rilievo la sua attività di traduttore, sia dal latino (Marziale, Catullo, Giovenale, Orazio) sia dall'antico ebraico (Salmi, Qohèlet, Cantico dei Cantici, Libro di Giobbe e Libro di Isaia), nonché di poesia moderna (in particolare Konstantinos Kavafis).

    Nel 1968 sposò Erica Tedeschi, figlia di Giuliana Fiorentino Tedeschi (scrittrice e superstite dell'Olocausto); si separarono nel 1982, pur non divorziando mai.[5] Nel 1970 diede vita al Teatro dei Sensibili, allestendo insieme alla moglie spettacoli di marionette. "Le sue marionette esordivano su un piccolo palcoscenico, nel tinello di casa Ceronetti, ad Albano Laziale. Si consumavano tè, biscottini (i crumiri di Casale) e mele cotte."[6] Nel corso degli anni vi assisterono scrittori quali Eugenio Montale, Guido Piovene, Natalia Ginzburg e cineasti come Luis Buñuel e Federico Fellini. A partire dal 1985, con la rappresentazione de La iena di San Giorgio, il Teatro dei Sensibili è diventato pubblico e itinerante.

    In Difesa della Luna, e altri argomenti di miseria terrestre (1971), suo saggio d'esordio, criticò il programma spaziale americano da prospettive originali e poetiche (nel 2015 analogamente fece con l'astronauta Samantha Cristoforetti, in un breve articolo assai criticato[7]).

    Nel 1981 Ceronetti introdusse in Italia le opere di E.M. Cioran (celebre pensatore nichilista-pessimista), definendo lo scrittore rumeno-francese "squartatore misericordioso"; a sua volta Cioran dedicò a Ceronetti uno dei suoi Esercizi di ammirazione[8].

    Nel 1994 è stato aperto, nell'Archivio Prezzolini della Biblioteca cantonale di Lugano, il fondo Guido Ceronetti, da lui scherzosamente definito "il fondo senza fondo"[9]. Esso raccoglie infatti un materiale ricchissimo e vario: opere edite e inedite, manoscritti, quaderni di poesie e traduzioni, lettere, appunti su svariate discipline, soggetti cinematografici e radiofonici. Vi si trovano, inoltre, numerosi disegni di artisti (anche per il Teatro dei Sensibili), opere grafiche dello stesso Ceronetti, collage e cartoline. Con queste ultime fu allestita, nel 2000, la mostra intitolata Dalla buca del tempo: la cartolina racconta.

    Dal 2009 è stato beneficiario della legge Bacchelli: in quanto cittadino che ha «illustrato la Patria» e «versante in condizioni di necessità economica», gli venne attribuito un vitalizio di 18.000 euro annui, circa 1500 euro mensili.[10][11]

    Era noto per essere un acceso sostenitore del vegetarismo e per una pratica di vita estremamente frugale, quasi da moderno anacoreta.

    «Solo un vero vegetariano è capace di vedere le sardine come cadaveri e la loro scatola come una «bara di latta»; un mangiatore di carne (non mi sento di scrivere «un carnivoro» perché l'uomo non è un carnivoro) neanche se lo chiudono nel frigorifero di una macelleria avrà la sensazione di coabitare con dei cadaveri squartati. C'è come un velo sulla retina dei non vegetariani, quasi un materializzarsi di un velo sull'anima, che gli impedisce di vedere il cadavere, il pezzo di cadavere cotto, nel piatto di carne o di pesce.»

    (da Il silenzio del corpo[12])
    Dagli anni '90 alcuni suoi articoli sull'immigrazione (disse che ha "un carattere preciso di invasione territoriale, premessa sicura di guerra sociale e religiosa") e il Meridione, pubblicati sul quotidiano La Stampa, furono tacciati di razzismo da diversi intellettuali italiani[13][14][15], così come scalpore fecero alcune posizioni da lui espresse sull'omosessualità maschile, accusate di omofobia.[16] In precedenza sull'argomento si era attirato gli strali dei cattolici per aver descritto don Bosco come un omosessuale represso.[17]


    Come articolista, principalmente su La Stampa e il Corriere della Sera, si occupava spesso di letteratura, arte, filosofia, costume e cronaca nera (ad esempio scrivendo sul caso del delitto di Novi Ligure o o su Marta Russo), analizzando il problema del male nel mondo odierno in una prospettiva gnostica; al contrario giudicava "noiosi" i processi di mafia.[18]

    Notevoli discussioni suscitò, altresì, un suo intervento giornalistico a difesa del capitano delle SS Erich Priebke (che visitò in carcere e con cui ebbe uno scambio epistolare), condannato all'ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine ma che secondo Ceronetti fu soltanto un mero funzionario esecutore, colpevole della "miseria di non essere un santo", e «creato Mostro delle Ardeatine, vittima di una giustizia dell'odio».[19][20] Allo stesso modo, pur esprimendo sempre la sua simpatia per gli ebrei e per Israele, per convinzioni personali e la sua parentela acquisita con Giuliana Tedeschi, definì l'ergastolo inflitto a Rudolf Hess, al processo di Norimberga, come un «crimine politico».[16]

    Nel 2012 è stato insignito del premio "Inquieto dell'anno" con una cerimonia avvenuta il 2 giugno 2013 nell'auditorium di santa Caterina a Finale Ligure.

    Ostile al fascismo nella seconda guerra mondiale e al comunismo poi[21], ma anche diffidente delle forme della democrazia[22], non prese mai parte politica attiva fino al 2014, quando è intervenuto al congresso dei Radicali Italiani[23], movimento liberale e libertario, e altre volte intervenne dai microfoni di Radio Radicale (era amico di Marco Pannella), anche se si definiva "conservatore"[16] (descrisse l'Italia come «una democrazia strangolata sul nascere da tre poteri con il verme totalitario, democristiano, comunista e sindacale»), e talvolta fu definito come un "reazionario postmoderno".[24][25]

    Nel 2014 propose in un articolo su la Repubblica, ispirandosi al fenomeno delle assistenti sessuali per disabili, l'istituzione di un "servizio erotico volontario" rivolto agli anziani senza che dovessero rivolgersi a prostitute, per evitare "la barbarie di una vecchiaia senza sesso".[26]

    Durante la sua vita Ceronetti fece uso di vari pseudonimi, tra i quali Mehmet Gayuk, Il Filosofo ignoto (riferimento a Louis Claude de Saint-Martin, filosofo così chiamato), Ugone di Certoit (quasi l'anagramma di Guido Ceronetti) e Geremia Cassandri[27].

    Guido Ceronetti è morto nella sua casa di Cetona (SI) a 91 anni, di broncopolmonite dopo un breve ricovero.[2] Come da disposizione testamentaria, dopo tre giorni e una cerimonia religiosa a Cetona, è stato sepolto sulle colline tra Torino e il Monferrato, in una tomba a terra situata nel cimitero di Andezeno (Torino), il paese di origine dei genitori.

    «Disposizione da prendere: «Non voglio donne in calzoni ai miei funerali. Cacciatele via. Almeno in questa pur insignificante occasione, ma per amore, siano insottanate come le ho sognate sempre, nella vita.»

    (da Per le strade della Vergine, 2016)

    Opere
    Saggistica e narrativa
    Difesa della luna e altri argomenti di miseria terrestre, Rusconi, Milano, 1971
    Aquilegia, illustrazioni di Erica Tedeschi, Rusconi, Milano, 1973; con il titolo Aquilegia. Favola sommersa, Einaudi, Torino, 1988
    La carta è stanca, Adelphi, Milano, 1976; II ed., Adelphi, 2000,
    La musa ulcerosa: scritti vari e inediti, Rusconi, Milano, 1978
    Il silenzio del corpo. Materiali per studio di medicina, Adelphi, Milano, 1979
    La vita apparente, Adelphi, Milano, 1982
    Un viaggio in Italia, 1981-1983, Einaudi, Torino, 1983; nuova ed. con supplementi, Einaudi, 2004; con appendice di testi inediti e una nuova Prefazione dell'Autore, Einaudi, 2014,
    Albergo Italia, Einaudi, Torino, 1985,
    Briciole di colonna. 1975-1987, La Stampa, Torino, 1987,
    Pensieri del tè, Adelphi, Milano, 1987,
    L'occhiale malinconico, Adelphi, Milano, 1988,
    La pazienza dell'arrostito. Giornali e ricordi 1983-1987, Adelphi, Milano, 1990,
    D.D. Deliri Disarmati, Einaudi, Torino, 1993,
    Tra pensieri, Adelphi, Milano, 1994,
    Cara incertezza, Adelphi, Milano, 1997,
    Lo scrittore inesistente, La Stampa, Torino, 1999,
    Briciole di colonna. Inutilità di scrivere, La Stampa, Torino, 1999,
    La fragilità del pensare. Antologia filosofica personale a cura di Emanuela Muratori, BUR, Milano, 2000,
    La vera storia di Rosa Vercesi e della sua amica Vittoria, Einaudi, Torino, 2000,
    N.U.E.D.D. Nuovi Ultimi Esasperati Deliri Disarmati, Einaudi, Torino, 2001,
    Piccolo inferno torinese, Einaudi, Torino, 2003,
    Oltre Chiasso. Collaborazioni ai giornali della Svizzera italiana 1988-2001, Libreria dell'Orso, Pistoia, 2004,
    La lanterna del filosofo, Adelphi, Milano, 2005,
    Centoventuno pensieri del Filosofo Ignoto, La Finestra editrice, Lavis, 2006,
    Insetti senza frontiere, Adelphi, Milano, 2009,
    In un amore felice. Romanzo in lingua italiana, Adelphi, Milano, 2011,
    Ti saluto mio secolo crudele. Mistero e sopravvivenza del XX secolo, illustrazioni a cura di Guido Ceronetti e Laura Fatini, Einaudi, Torino, 2011,
    L'occhio del barbagianni, Adelphi, Milano, 2014,
    Tragico tascabile, Adelphi, Milano, 2015,
    Per le strade della Vergine, Adelphi, Milano, 2016,
    Per non dimenticare la memoria, Adelphi, Milano, 2016,
    Regie immaginarie, Einaudi, Torino, 2018
    Poesia
    Nuovi salmi. Psalterium primum, Pacini Mariotti, Pisa, 1955, 1957
    La ballata dell'infermiere, Tallone, Alpignano, 1965
    Poesie, frammenti, poesie separate, Einaudi, Torino, 1968
    Poesie: 1968-1977, Corbo e Fiore, Venezia, 1978
    Poesie per vivere e per non vivere, Einaudi, Torino, 1979
    Storia d'amore del 1812 ritrovata nella memoria e altri versi, illustrazioni di Mimmo Paladino, Castiglioni & Corubolo, Verona, 1987
    Compassioni e disperazioni. Tutte le poesie 1946-1986, Einaudi, Torino, 1987,
    Disegnare poesia (con Carlo Cattaneo), San Marco dei Giustiniani, Genova, 1991,
    Scavi e segnali. Poesie inedite 1986-1992, Tallone, Alpignano, 1992
    La distanza. Poesie 1946-1996, Edizione riveduta e aggiornata dall'Autore, BUR, Milano, 1996,
    (sotto lo pseudonimo Mehmet Gayuk), Il gineceo, Tallone, Alpignano, 1998; Adelphi, Milano, 1998
    Messia, Tallone, Alpignano, 2002; Adelphi, Milano, 2017, [nella prima parte del libro]
    Tre ballate recuperate dalle carte di Lugano: 1965, Tallone, Alpignano, 2003
    Le ballate dell'angelo ferito, Il Notes magico, Padova, 2009,
    Poemi del Gineceo, Adelphi, Milano, 2012, [riedizione de Il gineceo del 1998 con inediti e nuova prefazione]
    Sono fragile sparo poesia, Einaudi, Torino, 2012,
    Drammaturgia
    Furori e poesia della Rivoluzione francese. 8-18 giugno 1989, Carte Segrete, Roma, 1984
    Mystic Luna Park. Spettacolo per marionette ideofore, ricordi figurativi di Giosetta Fioroni, Becco Giallo, Oderzo, 1988
    Teatro dei sensibili, La rivoluzione sconosciuta. Pensieri in libertà per ricordare 1789. Una scelta di testi a cura di Guido Ceronetti, Tallone, Alpignano, 1989 [raccolta di 44 locandine teatrali a fogli sciolti dalla mostra-spettacolo di Dogliani]
    Viaggia viaggia, Rimbaud!, Il melangolo, Genova, 1992
    La iena di San Giorgio. Tragedia per marionette, Einaudi, Torino, 1994,
    Deliri disarmati. Nella messa in scena di Lorenzo Serveti per l'Associazione nazionale L'Albero, a cura di L. M. Musati e M. Lucidi, Grin, 1996,
    Le marionette del Teatro dei Sensibili, Aragno, Torino, 2004, [contiene: I Misteri di Londra e Mystic Luna Park]
    Rosa Vercesi, illustrazioni di Federico Maggioni, Edizioni Corraini, Mantova, 2005;
    Traduzioni
    Marziale, Epigrammi, introduzione di Concetto Marchesi, Collana I Millenni, Einaudi, Torino, 1964; II ed. riveduta, I Millenni, Einaudi, 1966, ISBN 978-88-06-08524-7; nuova edizione con un saggio di G. Ceronetti, Collana gli Struzzi n.187, Einaudi, 1979; nuova ed. riveduta e nuova prefazione di G. Ceronetti, La Finestra Editrice, Lavis, 2007, ISBN 978-88-88097-55-8.
    I Salmi, Collana I Millenni, Einaudi, Torino, 1967; nuova ed. riveduta, Einaudi, Torino, 1994; col titolo Il Libro dei Salmi, Adelphi, Milano, 1985, 2006
    Catullo, Le poesie, Collana I Millenni, Torino, Einaudi, 1969; Collana gli adelphi, Milano, Adelphi, 2019, ISBN 978-88-4593-351-6.
    Qohelet o l'Ecclesiaste, Einaudi, 1970, 1988, 1997, 2008; Qohelet. Colui che prende la parola, Milano, Adelphi, 2002
    Decimo Giunio Giovenale, Le Satire, Collana I Millenni, Torino, Einaudi, 1971; La Finestra Editrice, Trento, 2008
    Il Libro di Giobbe, Adelphi, Milano, 1972; nuova ed. riveduta, Adelphi, Milano, 1997
    Cantico dei cantici, Adelphi, Milano, 1975; Alberto Tallone Editore, Alpignano, 2011
    Il Libro del Profeta Isaia, Adelphi, Milano, 1981; nuova ed. riveduta e ampliata, Adelphi, Milano, 1992
    Come un talismano. Libro di traduzioni, Adelphi, Milano, 1986, ISBN 978-88-459-0637-4
    Costantino Kavafis, Tombe, Edizioni dell'Elefante, Roma, 1986
    Giovenale, Le donne. Satira sesta, Alberto Tallone Editore, Alpignano, 1987
    Nostradamus: annunciatore nel secolo 16. della Rivoluzione che durerà dal 1789 al 1999 / profezie estratte dalle Centurie di Michel de Nostredame, Alpignano, Alberto Tallone Editore, 1989
    Tango delle capinere, Verona, Castiglioni & Corubolo, 1989
    Due versioni inedite da Shakespeare e da Céline, Pisa, Cursi, 1989
    Sofocle, Edipo Tyrannos. Coro 1186-1222, Roma, Edizioni dell'Elefante, 1990
    (con Cristina Chaumont) Sura 99. Al Zalzala (Il tremito della terra) dal Corano, calligrafia di Mauro Zennaro, Roma, Edizioni dell'Elefante, 1990
    Il Pater noster. Matteo 6, 9-13, calligrafia di Mauro Zennaro, Roma, Edizioni dell'Elefante, 1990
    Giorni di Kavafis. 1899-1928. Poesie di Constantinos Kavafis, Verona, Officina Chimerea, 1995
    Messia, Alpignano, Tallone, 2002; Milano, Adelphi, 2017, ISBN 978-88-4593-197-0. [nella seconda parte del libro]
    Siamo fragili, Spariamo poesia. i poeti delle letture pubbliche del Teatro dei Sensibili , Magnano, Qiqajon, 2003
    Constantinos Kavafis, Un'ombra fuggitiva di piacere, Milano, Adelphi, 2004, ISBN 978-88-459-1876-6.
    Trafitture di tenerezza. Poesia tradotta 1963-2008, Torino, Einaudi, 2008, ISBN 978-88-061-9390-4.
    Orazio, Odi. Scelte e tradotte da Guido Ceronetti, Milano, Adelphi, 2018, ISBN 978-88-459-3283-0.
    Epistolari
    Guido Ceronetti e Giosetta Fioroni, Amor di busta, Milano, Archinto, 1991.
    Due cuori una vigna. Lettere ad Arturo Bersano, Prefazione di Ernesto Ferrero, Padova, Il Notes Magico, 2007.
    Guido Ceronetti e Sergio Quinzio, Un tentativo di colmare l'abisso. Lettere 1968-1996, Milano, Adelphi, 2014.
    Curatele
    La rivoluzione sconosciuta. Una scelta di testi a cura di G. Ceronetti, Collana Piccola Biblioteca n.730, Milano, Adelphi, 2019, ISBN 978-88-459-3340-0.
    Spettacoli del Teatro dei Sensibili
    La Iena di San Giorgio. Tragedia per marionette (anni '70, allestito in appartamento); 1985-87, prodotto dal Teatro Stabile di Torino, con Ariella Beddini, Simonetta Benozzo, Paola Roman e Manuela Tamietti, regia di Egon Paszfory (Guido Ceronetti), scene e costumi di Carlo Cattaneo
    Macbeth (anni '70, spettacolo per marionette allestito in appartamento)
    Lo Smemorato di Collegno (anni '70, spettacolo per marionette allestito in appartamento)
    Diaboliche imprese, trionfi e cadute dell'ultimo Faust (anni '70, spettacolo per marionette allestito in appartamento); nel 1979 fu interpretato al Festival di Spoleto da Piera degli Esposti, Paolo Graziosi e Roberto Herlitzka, con la regia, scene e costumi di Enrico Job
    I misteri di Londra (1978-81, allestito in appartamento); 2009-2010, prodotto dal Teatro Stabile di Torino, regia di Manuela Tamietti, con Patrizia Da Rold (Artemisia), Luca Mauceri (Baruk), Valeria Sacco (Egeria), Erika Borroz (Remedios) e le marionette del Teatro dei Sensibili.
    Furori e poesia della rivoluzione francese. Tragedia per marionette (1978-81, allestito in appartamento); nel 1983 al Teatro Flaiano di Roma con i burattini di Maria Signorelli
    Omaggio a Luis Buñuel (1987, prodotto dal Teatro Stabile di Torino)
    Mystic Luna Park (1988, prodotto dal Teatro Stabile di Torino), spettacolo per marionette ideofore con Armida (Nicoletta Bertorelli), Demetrio (Guido Ceronetti), Irina (Laura Bottacci), Norma (Paola Roman), Yorick (Ciro Buttari)
    La rivoluzione sconosciuta (1989), mostra-spettacolo all'ex-convento dei carmelitani a Dogliani
    Viaggia viaggia, Rimbaud! (1991, prodotto dal Teatro Araldo di Torino, in occasione del centenario della morte di Arthur Rimbaud), regia di Jeremy Cassandri (Guido Ceronetti) con Melissa (Manuela Tamietti), Norma (Paola Roman), Yorik (Ciro Bùttari) e Zelda (Roberta Fornier)
    Per un pugno di yogurt (1996), collage di poesie
    Les papillons névrotiques (1997, al Cafè Procope di Torino) con la partecipazione di Corallina De Maria
    La carcassa circense (1997), spettacolo per marionette, azioni mimiche, cartelli, organo di Barberia con Rosanna Gentili e Bartolo Incoronato
    Il volto (1998), dedicato a Ingmar Bergman in occasione dei suoi ottant'anni
    Ceronetti Circus ovvero Casse da vivo in esposizione pubblica (2001), letture di poesia, azioni sceniche mimiche e intermezzi musicali con Elena Ubertalli e Giorgia Senesi
    M'illumino di tragico (2002), collage di testi e pantomime liriche; in tournée anche con il titolo I colori del tragico
    Rosa Vercesi (2003, prodotto dal Piccolo Teatro di Milano), con Paola Roman, Simonetta Benozzo e Luca Mauceri
    Una mendicante cieca cantava l'amore (2006, prodotto dal Piccolo Teatro di Milano) con Cecilia Broggini, Luca Maceri, Elena Ubertali e Filippo Usellini
    Siamo fragili, spariamo poesia (2008-2010), collage di testi poetici, ballate e canzoni
    Strada Nostro Santuario (2009, prodotto dal Piccolo Teatro di Milano) filastrocche, canzoni, ballate, azioni mimiche, happening e numeri di repertorio popolare
    La pedana impaziente (2010), repertorio di marionette e azioni sceniche mimiche
    Finale di teatro (2011, al Teatro Gobetti di Torino) con Fabio Banfo, Luca Mauceri, Valeria Sacco, Eleni Molos, Filippo Usellini
    Pesciolini fuor d'acqua (2012), con Luca Mauceri e Eleni Molos
    Quando il tiro si alza - Il sangue d'Europa 1914-1918 (2014, prodotto dal Piccolo Teatro di Milano, in occasione del centenario della prima guerra mondiale) con Eleni Molos, Elisa Bartoli, Filippo Usellini, Luca Mauceri e Valeria Sacco
    Non solo Otello (2016, al Teatro della Caduta di Torino)
    Novant'anni di solitudine (2017, in occasione dei novant'anni dell'autore), con Luca Mauceri, Filippo Usellini, Eleni Molos, Valeria Sacco, Fabio Banfo, Salvatore Ragusa e Elisa Bartoli
    Cataloghi di mostre
    L'Atelier dei Sensibili a Dogliani, a cura di Michela Pasquali, Dogliani, Biblioteca civica Einaudi, 1988 (catalogo della mostra nell'ex Convento dei Carmelitani a Dogliani).
    Dalla buca del tempo: la cartolina racconta. I collages di cartoline d'epoca del Fondo Guido Ceronetti, cura di Diana Rüesch e Marco Franciolli, Archivi di cultura contemporanea, Museo Cantonale d'Arte Lugano, 2000.
    Poesia marionette e viaggi di Guido Ceronetti nelle visioni di Carlo Cattaneo, a cura di Paolo Tesi e Maurizio Vivarelli, Comune di Pistoia, 2001.
    Dare gioia è un mestiere duro: trent'anni più due di Teatro dei Sensibili di Guido Ceronetti, a cura di Andrea Busto e Paola Roman, fotografie di Mario Monge, Marcovaldo 2002.
    Nella gola dell'Eone. Ti saluto mio secolo crudele. Immagini del XX secolo. Tutti i collages di immagini dedicati al ventesimo dell'era da Guido Ceronetti, Il melangolo, Genova, 2006.
    "Per le strade" di Guido Ceronetti, Omaggio allo scrittore per i suoi 90 anni (24 agosto 2017), a cura di Diana Rüesch e Karin Stefanski, Cartevive, Anno XXVIII, n. 56, Biblioteca cantonale, Archivio Prezzolini-Fondo Ceronetti, Lugano, 2017[25].
    .

    Opere audiovisive su Guido Ceronetti
    I Misteri di Londra. Tragedia per marionette e attori, regia di Manuela Tamietti, Teatro Stabile di Torino (riprese videografiche dello spettacolo, Torino 2009).
    Sulle rotte del sogno. Parole musiche storie, di Luca Mauceri (cd e vinile EMA Records, Firenze 2010).
    Guido Ceronetti. Il Filosofo Ignoto, film documentario di Francesco Fogliotti e Enrico Pertichini (Italia 2014, 52'), prodotto con la collaborazione del Teatro dei Sensibili di Guido Ceronetti e di CGS - Cinecircoli Giovanili Socioculturali.
    Guido Ceronetti nei mass-media
    Tra il 1973 e il 1975 Guido Ceronetti curò cinque Interviste Impossibili per la seconda rete radiofonica rai, in cui "intervistò" Attila (Carmelo Bene), Auguste e Louis Lumière (Alfredo Bianchini e Mario Scaccia), George Stephenson (Mario Scaccia), Jack Lo Squartatore (Carmelo Bene) e Pellegrino Artusi (Mario Scaccia).
    Il cantautore Vinicio Capossela, nella raccolta di brani dal vivo Nel niente sotto il sole - Grand tour 2006, ha inserito - come incipit della seconda traccia (Non trattare) - una registrazione di Guido Ceronetti che declama i primi versetti del Qoelet.

    Note
    ^ Ha usato per molti anni un sigillo con scritto "In esilio dal 1927" : Capossela intervista Ceronetti. URL consultato il 6 febbraio 2019.
    Morto lo scrittore Guido Ceronetti, in Corriere fiorentino, 13 settembre 2018. URL consultato il 13 settembre 2018 (archiviato il 13 settembre 2018).
    ^ Guido Ceronetti, Tra pensieri, Adelphi, Milano p.11
    ^ Paolo Di Stefano, In morte di Guido Ceronetti
    ^ Guido Ceronetti morto, ripubblichiamo la sua ultima intervista al Fatto: “Sono un patriota orfano di patria. Italia, regno della menzogna”
    ^ Nello Ajello, Ceronetti. Poesia in forma di marionette, La Repubblica, 14 luglio 1996 http://ricerca.repubblica.it/repubbl...arionette.html
    ^ Samantha, lo spazio e il signor Freud
    ^ "Guido Ceronetti. L'inferno del corpo", in E.M.Cioran, Esercizi di ammirazione, Adelphi, Milano, 1988, pp. 199-205
    ^ "Oggi 24 giugno 1994 una quantità delle mie carte è partita per Lugano dove tutto entrerà a far parte degli archivi della Biblioteca Cantonale." Guido Ceronetti, Per le strade della Vergine, Adelphi, Milano, 2016, p. 214.
    ^ Con Decreto del Presidente della Repubblica del 30 dicembre 2008 (pubblicato nella G.U. n. 54 del 6 marzo 2009) gli è stato infatti attribuito un assegno straordinario vitalizio ai sensi della legge 8 agosto 1985, n. 440.
    ^ A Guido Ceronetti l'aiuto della legge Bacchelli - la Repubblica.it, in Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 13 febbraio 2017.
    ^ Edizione 2015, pp. 98-99
    ^ «Sugli sbarchi in Sicilia l'europeista Ceronetti dice, come altri non oserebbero, che “hanno ormai un carattere preciso di invasione territoriale, premessa sicura di guerra sociale e religiosa"» (Ceronetti, nel dolore si nasconde una luce)
    ^ Mario Andrea Rigoni, Ma non bisogna confondere il nichilismo con il razzismo, Corriere della Sera, 31 gennaio 1999
    ^ Guido Almansi, Le leggende di Ceronetti, la Repubblica, 29 novembre 1992
    L'innocente Priebke L'invasione africana Il male omosessuale (Ceronetti dixit...)
    ^ Guido Ceronetti, Albergo Italia (Einaudi, Torino 1985), capitolo "Elementi per una anti-agiografia", pp. 122-133
    ^ Uno, cento, mille Ceronetti…
    ^ Guido Ceronetti, Priebke. Alcune domande intorno a un ergastolo, la Stampa
    ^ Pietrangelo Buttafuoco, La pietas di Ceronetti per Priebke, il Foglio, 27 febbraio 1999
    ^ «Sono sempre stato anticomunista, sempre... Forse, subito dopo la guerra ho avuto una certa simpatia, però non mi sono iscritto al partito il giorno dopo aver visto La corazzata Potëmkin, come innumerevoli giovani. Antifascista non è neanche da dire, da quando ci si è risvegliati, l'8 settembre. Di quel periodo non ho voglia di parlarne, ero tra i soliti ragazzini stupidoni che andavano alle adunate, ma non c'è storia di anima o di pensiero o di famiglia che riguardi il fascismo. I miei non erano fascisti né antifascisti, erano bravi cittadini come tanti.» (Corriere della sera, 9.5.2011)
    ^ «Si dice il responso delle urne. Come se un popolo di cretini potesse fornire oracoli» (Per le strade della Vergine, 2016)
    ^ Guido Ceronetti - XIII Congresso Radicali Italiani
    ^ Chi era Guido Ceronetti, fustigatore dei vizi degli italiani
    Riviste/ Su “Cartevive” omaggio a Ceronetti, reazionario postmoderno
    ^ CERONETTI: ‘METTIAMO FINE ALLA BARBARIE DELLA VECCHIAIA SENZA SESSO: PER DISABILI E CARCERATI QUALCOSA SI È MOSSO MA PER I VECCHI-MASCHI SI MUOVERÀ MAI QUALCUNO? LA PROPOSTA: UN SERVIZIO EROTICO VOLONTARIO PER GLI OVER 70!
    ^ "Abiterò per tre mesi al N. 4 di via Giolitti a Torino, per mettere in scena col Teatro dei Sensibili La Iena di San Giorgio. Sulla porta metto quest'altro mio nome: Geremia Cassandri." Guido Ceronetti, La pazienza dell'arrostito. Giornale e ricordi (1983-1987), Milano, Adelphi, 1990, p. 239.

    Bibliografia
    Alberto Roncaccia, Guido Ceronetti. Critica e poetica (Bulzoni, Roma ,1993)
    Emil Cioran, Esercizi di ammirazione ( Adelphi, Milano, 1988, pp. 199–205,, "Guido Ceronetti. L'inferno del corpo")
    Giosetta Fioroni, Marionettista. Guido Ceronetti e il Teatro dei Sensibili secondo l'alchimia figurativa (Corraini 1993)
    Giovanni Marinangeli, Guido Ceronetti. Il veggente di Cetona (Fondazione Alce Nero, 1997)
    Fabrizio Ceccardi, Il Teatro dei Sensibili di Guido Ceronetti (Corraini 2003)
    Andrea De Alberti, Il Teatro dei Sensibili di Guido Ceronetti (Junior, Bergamo, 2003)
    Marco Albertazzi, Fiorenza Lipparini, La luce nella carne. La poesia di Guido Ceronetti (La Finestra Editrice, Taranto, 2008)
    P. Masetti, A. Scarsella, M. Vercesi (a cura di), Pareti di carta. Scritti su Guido Ceronetti (Tre Lune, Mantova, 2016)
    Anna Maria Ortese, Le piccole persone (Adelphi, Milano, 2016, pp. 119–121, 210-213).
    Alessandro Lattuada, Frammenti di una luce incontaminata in Guido Ceronetti, La Finestra Editrice 2016





    Poesie






    (a cura di) NATÀLIA CASTALDI, POESIA, POESIA CONTEMPORANEA, POETICHE
    Guido Ceronetti: poesie per vivere e non vivere


    4.

    Come un uscio che aspetti e fuori è il male
    Quest’uomo vedi e le staccate mani
    Il tormento vitale senza fine
    E un dolore di vita vesperale
    E il suo languore di vuoto intestino
    Stringere e a piedi e visi s’attaccare
    E una lampada messa sul malore
    Notturno le miserie senza nome
    Tra i segni della camera evocate
    Torcere arroventare dilatare

    Lividezza di grazia lapidata
    E’ dappertutto nell’immaginata
    Violenza dei misteri delle vite
    E la canaglia umana sui teatri
    Del suo a rompere rovine darsi
    Emette una colomba senza ali

    Un bagno vivo di vita distrutta
    Una miseria su tutte affacciata
    Risposte oscure di vita scavata
    Di male proprio nel male di tutti

    Viso illunato in un velo sanguato
    Stringendosi alla bocca di ogni buio
    La luce dentro i corpi torturata
    Disegna un malinconico bel viso
    Col lungo sangue della sua ferita
    E tu eri il suo rantolo infinito
    Un gesto oscuro e vago della vita

    La tortura di essere la vita
    In una carne breve e sciagurata
    Tutto il diabolico viso velato
    In una camera senza uscita
    E i testimoni delle solitudini
    Gli occhi di tutto avulsi e sanguinosi
    E le vesti sporcate e senza vita
    Della bellezza e del terrore umano
    Eccoli grande muta testa farsi
    Il viso triste che patisce sparso

    Tra i sigilli e gli arcani dolorosi
    Col suo sangue alla bocca sempre nuovo
    Per rovesciarlo in quei silenzi un uomo
    Vedi da inutile zelo prostrato;
    Dentro il cuore vivente delle ciglia
    E’ una lettura di come cucite
    Labbra che persero il cielo notturno
    E il loro tendere parola muta
    Tanto è pensiero d’abisso chiuso
    Che lo vedi tramare, essere corpo

    Tra le mute ali del contatto umano
    Il suo letto d’amore e di tortura
    Si disfà si rifà sotto la luna
    E il curvo ho sete del piantato umano
    Grida alla terra sciagura sciagura

    Tu che vortichi vortichi sul piano
    Ahi come dentro a con quanto dolore
    La luce sfanga nel segreto umano
    Vieni al mio espiante anelito creatura o creatura
    Vieni inginòcchiati al mio tormento umano

    10.

    Con quali azioni invece di canzoni
    Chiara faremo la tua notte nera
    Terra che bruci, terra che dolori
    Tristezza d’uomo, malattia d’uomo?
    Fare dolore è tutto il vostro fare:
    Se tu hai guardato in una faccio d’uomo
    Non fare niente; fare bene è non fare

    13.

    La specie umana miserabile è matura
    Da sempre per non essere mai chi suona
    Stanotte nella carne – divino archetto
    Su una schiena di cane ti strofini
    Battuta a morte, magnetico ne sanguini –
    Chi nella casa morta non muore?
    Io, pietà e lutto dell’inconoscibile
    Torso che lotta muto
    Tra una ringhiera e uno steccato stretto
    E ruota in un olivo livido
    Che non ha rive, il cuore.

    39.

    Questo peso implacabile che attrista
    Adorata vergogna di ciascuno
    (La tua essenza nascosta è un lazzaretto
    Una faccia rinchiusa di colpito)
    La piaga sordida dell’io umano,
    Gravezza di voragini in un solo
    Scarso e solitudine di un nome,
    Ricorderai che mai apriva il pugno?

    Il grande orrore della faccia umana
    E’ questa faccia dentro conficcata
    Che con demoni e angeli si bacia;
    L’ulcera lamentosa e sconosciuta
    Nei corpi i cieli della tenerezza
    Incide e slabra, un rigagnolo stinto
    Sulla notte dell’anima sfinita
    Testa le luci sacrificate

    Ricorderai come era stretto il cuore?
    In un’arida gola naufragata
    Dall’alto era gettata una misura
    Di chiaro e crudelmente si rompeva
    Sul fondo che non toccano occhi umani.
    E piangerai sul tuo feroce grumo
    Quando avrai la le dita la strettura
    Che è stato, ombra di un’ombra senza cosa?

    71.

    La porta era chiusa e nera. Dall’interno veniva
    Un affannare d’anime che avvolgeva. Qualcuno apriva.
    – chi vuol piegare alle lacrime, creatura
    Inattesa? Perché ne torchi senza misura
    Dai tuoi più di due occhi per darmi pena
    E sudario, su un lenzuolo muto di cena? –
    Tra un fitto fogliame di vecchie foto, nuda
    La nullità erotica, la nostra vita cruda
    Si spiava come una sete d’amare in un lenzuolo;
    E palpebre fatte mute vidi in un tiepido scolo
    Fare parlante il muro.

    Nacque un dolcissimo benedire furtivo
    Le stanze abitate da tanti accesi
    Movimenti di carne e luce, e sognarli
    Tutti morti non ne calmava il segreto
    Agire di portatori d’impuro
    A tutto, in cui era bello fermarli
    Nella più misteriosa delle pitture.
    E mentre benedicevo mi stupivo
    Della mia voce che su tante nuche cadendo
    Di dolorose bambole era attratta
    In un combattimento senza fine
    Tra gli emblemi del vivere e morire:
    Lamettina di cataclisma sottile
    Una carezza uscita dal grido
    Li scorporava dell’apparire.

    Oh inducible, suscitata
    Da viste pure e impure
    Vertigine rara del chiaroscuro!
    Sul collo dell’anima cade, la testa vola
    Felice, il filo bianco e il filo nero
    Con presa di voragine inflessibile

    Tra le sue labbra. Non era che una lampada
    Su un tavolo, su abisso puro,
    E il niente che chiede pane
    Di nomi ancora alle sfinite mani
    I polsi con più mistero mi succhiava.

    72.

    Vedo un canino stampo di colèra
    Sul viso umano prosciugato, padre
    Contratto che guarda fisso
    Se c’è pietà, e lo sfregio divino
    Brilla sul buio; a quel corpo di vinto
    Portatore e cloaca di misteri
    Una parola dilla, svegliata
    Nelle vie della gola come un medico
    Notturno, una foglia tenera
    Di pianta umida sul passato
    Suo turpe cada.
    Ultima modifica di Dario; 29-03-19 alle 20:58

  2. #2
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    Predefinito Re: Guido Ceronetti (1927-2018)

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    Guido Ceronetti
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    Guido Ceronetti
    Guido Ceronetti (1927 – 2018), poeta, filosofo, scrittore, giornalista e drammaturgo italiano.


    Indice
    1 Citazioni di Guido Ceronetti
    2 Albergo Italia
    3 Il silenzio del corpo
    4 Insetti senza frontiere
    5 La fragilità del pensare
    6 La pazienza dell'arrostito
    7 Meditazione vegetariana
    8 Pensieri del Tè
    8.1 Incipit
    8.2 Citazioni
    9 Rosa Vercesi
    10 Un viaggio in Italia
    11 Note
    12 Bibliografia
    13 Altri progetti
    Citazioni di Guido Ceronetti
    Con troppa musica in corpo, maldigerita, non si cerca il libro. La stampa ha tenuto bene finché non ha passato la linea d'ombra oltre cui cessa di essere una modificazione e una trasposizione della scrittura manuale, mentre ormai promana dalla scrittura elettronica e il libro è figlio del dischetto: la lettura è attirata dalla stampa finché le resta odore di scrittura morta, di manualità viva mutata in segni piombati. Chi visita la stamperia dell'editore Tallone ad Alpignano avrà la percezione immediata di questo: il rapporto con la scrittura manuale, intatto, come condizione essenziale della vita del libro tra mani vive. Allora tu dici: questo è un libro, e palpi la scrittura-madre, come riconosci un una fotografia buia, dove un'immagine dissolvente, mossa, rivela una chioma di Berenice, una donna.
    Voi dite che mancano i lettori: ma queste sono verità falsanti, senza paradosso vivificante. L'editoria è sterminata: è il libro che manca. (Dalla rubrica Lanterna rossa de La Stampa[1])
    Cristina Campo, bagliore letterario, fu ben più che una "donna letterata". O non la sentirei così vicina, così tuttora fraterna...
    Essa invita a meditare non sulla propria soltanto, ma sulla scrittura, sull'ars' dello scrivere, sulla Parola originaria che diventa, in una diaspora stellare illimitata, scrittura alfabetica, stile che afferra, forma metaparlante, pane soprasostanziale: miracolo possibile solo a chi ebbe con gli archetipi un rapporto stretto stretto, a chi fu reso atto a percepire le sonorità misteriose, oscure, che secerne il silenzio prudente delle Madri. (da Agli dei Mani di Cristina[2])
    Da molti anni sono vegetariano e posso dire di averci guadagnato in salute fisica e mentale. Non ho perduto che le macabre catene del conformismo onnivorista.
    Dati i prezzi del mercato delle carni, una famiglia volontariamente vegetariana galleggia meglio, può spendere in raffinatezze quel che risparmia in pezzi di cadavere, ha un bilancio meno pesante e lo stomaco meno guasto. Meglio sia un'intera famiglia a nutrirsi vegetarianamente, e non un solo componente, perché così non c'è separazione a tavola, tutti unisce in un magico circolo l'ideale comune. Siate diversi, sostanzialmente diversi da come vi vogliono, da come vi fanno essere! E per esserlo infallibilmente, bisogna cominciare dal nutrimento, tutto è lì. Il vegetarianismo familiare è un'incrinatura sensibile dell'uniformità sociale, una piccola porta chiusa al male, in questa universale condanna a essere tutti uguali a servirlo. I bambini non sono un problema: quasi tutti sono, spontaneamente, vegetariani, e un vegetariano avveduto non li priva certo di proteina. La carne gli viene imposta dall'idiozia carnivorista degli adulti.[3]
    Dare gioia è un mestiere duro.[4]
    È più che legittimo che il Papa pensi alla sua Polonia. Ma anche un pappagallo è Polonia. Anche un agnello trascinato al mattatoio è disperata Polonia. Anche una piccola foca bianca del Labrador è Polonia, e addirittura più Polonia della patria polacca che anche noi amiamo. E verso le povere bestie, l'uomo è cento volte Unione Sovietica! Guai a esaltarne la sinistra potenza! La compassione non è divisibile.[5]
    L'allevamento industriale, col suo commercio mondiale, è una planetaria camera di tortura: i lunghi viaggi strazianti per mare e ferrovia, le isterectomie per mettere i feti nelle incubatrici, le continue iniezioni, le fecondazioni artificiali, le nutrizioni intensive, impregnate di orrore chimico, nel buio e nella semiparalisi, per fare lombi più grassi e carni più anemiche, i terrori, le catene, le mutilazioni, ne sono i principali strumenti. L'allevamento all'aria aperta è quasi scomparso, e l'animale nasce e muore in una prigione perpetua.[3]
    L'omosessualità è un'invasione della Tenebra, hanno un bel volerla normale e alla luce del sole, è pratica ctonia, necrofilia.[6]
    Ma un uomo al telefono è ancora un uomo?[7]
    Mi sono innamorato di loro per estendere l'amore. Mia moglie ed io avevamo deciso di perfezionare il nostro matrimonio mettendo al mondo delle marionette.[8]
    Per molti anni, non sono uscito di casa senza aver prima verificato se c'era, nelle mie tasche interne, come una chiave o una medicina d'urgenza, una mia minima edizione dell'adorabile Gītā.[9]
    Dall'intervista di Orazio La Rocca, "Più silenzio che assenso così rischiamo l'orrore", Repubblica.it, 3 febbraio 1999
    [Sulla legge italiana dei trapianti d'organo] Il rischio è che funzioni più il silenzio che l'assenso. E quindi, c'è il serio rischio che ci sia l'espianto senza il consenso, senza una qualche forma di consenso, il quale è assolutamente necessario. Del resto io vedo male i trapianti in generale. Li vedo male come un qualche cosa di negativo. [...] Sento che può essere la causa che può attirare una catena senza fine di crimini.
    Ad un certo punto ci si urta sempre in un muro di tragico. E questa dei trapianti è una soluzione tra le più negative del mondo, anche se può presentarsi con qualche forma di bene: del resto, come accade sempre, tutti i mali possono avere anche una parte di bene.
    Toglierei la concupiscenza di vivere dai nostri poveri organi, perché sono concupiti e strappati – e lo saranno sempre più – a dei viventi. Questo è il rischio: col trapianto gli organi vengono espiantati non a quanti sono o non sono morti – questo è un altro problema, e anche molto grave – ma a dei viventi viventi, a dei viventi sani: è questo è il punto tragico.
    [...] certamente il trapianto è una forma di carità; cristiana o no, è sempre una forma bella di donazione. Ma a patto che ci sia una donazione spontanea: solo così io la accetto. Il trapianto come forma di donazione spontanea, volontaria, consapevole, resta il meglio di ogni altra cosa. Il dubbio è sul silenzio-assenso.
    Albergo Italia
    Staglieno! Staglieno! Necropoli senza fine, paradiso del necrofilo mentale, giardino accademico dell'animista ateo! Staglieno, porto sepolto, sotterraneo, alle spalle della città portuale! (da La morte vive a Staglieno, p. 9)
    Staglieno è un'enorme confessione collettiva, uno dei più grandi spettacoli del Teatro della Morte; si possono passare giorni (notti, ancora meglio, nascondendosi in qualche cappella), settimane intere ad ascoltare quelle tirate, quei monologhi, quei battibecchi su chi ebbe più meriti, su chi ha più ammassato patrimoni celesti, e sempre ti direbbero dell'insolito, dell'inaudito sulla nullità, il vuoto, la miseria, la stupidità inarrivabile, l'assurdità rovente, la disperazione infinita che i nostri gusci d'osso nascondono per vomitarli davanti alla faccia del cielo. (da La morte vive a Staglieno, pp. 9-10)
    Staglieno è femmina e orientale, come Genova. Ha il disordine, la smania d'invadere e di straripare con attiva pigrizia, di tutti gli Orienti. I suoi morti sono stati i cittadini orientali di un regno nordico; cessati i doveri verso il re piemontese, si liberavano di ogni freno in morte. (da La morte vive a Staglieno, p. 10)
    Credevo di detestare le cadenze liguri: dopo una settimana di immersione nei superstiti odori delle friggitorie di Genova mi penetrava l'orecchio come una guzla araba, col contrappunto solare di un tamburo semita. In quell'accento che strapiomba sul mare, dove attira e fa precipitare l'idea la funerea sirena della u, che si ripete fino al trionfo del Sonno in cui dolcemente tutto farà naufragio, c'è come una tranquillità di contemplativi, un pessimismo ascetico e lontano. (da La morte vive a Staglieno, pp. 11-12)
    Staglieno affascina squilibrando, ti afferra in tentacoli morbidi di demenza... Mi veniva un pensiero terrificante: se davvero dovessero risorgere, e risorgessero così come appaiono nelle sculture, coi loro angeli custodi, i loro cristi di languore, tra lo sgomento degli ultimi viventi, potrebbe mai la terra sopportare il peso del loro delirio? Per lo più sono morti in pace, confortati dalla Religione, autorizzati dalla Scienza, tra le lacrime dei Congiunti, dopo vite probe, probissime – perché, in morte, sfogarsi in così scomposti deliri? Forse perché Staglieno è femmina, un piagnone, anzi una prèfica, isteria che si scatena al contatto del sepolcro, braccia che brancicano, labbra che succhiano, e ha un'anima di baccante, una febbre dionisiaca nelle vene, proprio lì, a due passi da un Bisagno al di sopra di ogni sospetto. (da La morte vive a Staglieno, p. 12)
    [Sull'Italsider] Chi non abbia visitato questi impianti di Centro Siderurgico a ciclo integrale, isolandosi per un poco nella loro formidabile solitudine, avrà un'immagine ben debole di che cosa sia Potenza, potenza tecnica, potenza oscura. Se l'Altoforno è il tabernacolo della divinità, il Laminatoio è una cattedrale dove le canne d'organo emettono incessantemente lo strano lamento della Materia domata che patisce la costrizione enorme delle manette umane. (da Italsider è bello, pp. 46-47)
    Anche quel che si dice «il posto di lavoro» è un problema di anima: il posto di lavoro non è tanto un posto quanto un bisogno di essere. Se si ha paura di perderlo quando esistono delle salvaguardie e dei ripieghi, e certamente altri modi di inventare una sussistenza, vuol dire che la busta-paga non è l'essenziale, ma una persuasione falsa. (da Italsider è bello, p. 47)
    Il brutto è creato dalla mescolanza, dal suo prevalere sul bello. A Cornigliano ce n'è un punto insigne, la nobile Villa Durazzo-Bombrini, che è inclusa nel Centro, bellezza quando era isolata tra il verde e il mare, bruttezza ora che è, con destinazioni incerte, mescolata a cokerie e altiforni. (da Italsider è bello, pp. 48-49)
    La Vecchia Lanterna del porto è lì nei pressi. Lucciola femmina sperduta, che non salva più, circondata da terreni, scogliere, costruzioni che sembrano in preda a convulsioni ininterrotte, a torsioni di titanio iniettato di stricnina. È conservata, mi dicono, per desiderio degli aspiranti suicidi, che amano spenzolare di là, in faccia al mare [...] (da Italsider è bello, pp. 49-50)
    [Sui genovesi] [...] gente rara e composta, vagabondi che non ne hanno l'aria [...] (da Italsider è bello, p. 50)
    Il silenzio del corpo
    L'ottimismo è come l'ossido di carbonio: uccide lasciando sui cadaveri un'impronta di rosa.
    Una tradizione faceva nascere l'Anticristo da cesareo. Oggi, i nati da cesareo sono innumerevoli. Uno di loro è l'Anticristo, ma il riconoscimento si presenta difficile. E se questo significasse che Anticristo è Tutti?
    Tutto quel che non si mangia, fa bene alla salute.
    Il diluvio di carni macellate che cade ogni giorno sulle città dell'Occidente annuncia stragi, malattia, pazzia collettiva, perdita d'anima, oscuramento e imbrattamento mentale. Più energie malsane per teste da sbatacchiare nel buio. C'è dentro la maledizione delle quaglie[10] alle tombe dell'Ingordigia.
    È meglio morire svuotandosi che riempendosi, e meglio di fame che d'indigestione.
    Quanto più si perfeziona l'asepsi nelle cliniche, tanto più si fa orrendo l'insudiciamento dell'ambiente vitale, dell'acqua che deve togliere dalle case l'impurità.
    Le donne hanno oggi il medico, come ieri avevano il confessore. I disastri che provocheranno questi nuovi confessori non saranno inferiori a quelli che provocavano un tempo quei vecchi medici.
    Oggi un uomo che legga ad alta voce versi o testi spirituali, in solitudine, passa per squilibrato.
    Adolescenti che salvano... A mala pena, tra loro, se ne salverà qualcuno.
    Se un bambino maltratta un animale, anche grosso, bisogna picchiarlo, perché il più forte e il più cattivo è lui.
    A misura che avanziamo nel tragico, il senso del tragico diminuisce.
    Spariti gli animali feroci, sgombrati i terrori del cielo, al confronto piacevoli distrazioni, quale fonte unica di paura non resta che l'uomo.
    Il Terremoto, che non ha cessato di percorrere in tutti i sensi della terra, è una specie di refrigerio (finalmente una paura diversa! una paura senza faccia umana!) per le città malate d'uomo.
    Tutto è fatto banca, museo, archivio; tutto quel che chiamiamo Vita è già nelle teche; visitatori e clienti gli ex vivi, i Refaim letterlai, i Deboli. Avere voglia ancora di questo non-vivere, che per molti è già lo stato normale, è veramente da anime morte, che un filo elettrico fa ballare, perché possano visitare, nelle ore di apertura, il Museo della Vita.
    Cristo, sei la vera droga! Così lo invocano i drogati della Jesus Revolution (movimento californiano); non immaginano quanto sia vero e confermato da duemila anni di storia umana.
    È l'interdetto sacro che protegge la natura, non la buona educazione, non la legge civile. Se l'ulivo è sacro a un Dio, l'ulivo non sarà tagliato. Se il maiale è sacro, nessuno lo mangerà.
    "I crimini dell'estrema civiltà", dice Barbey d'Aurevilly " sono certamente più atroci di quelli dell'estrema barbarie". Eccoli.
    La nostra povera vita di testimoni della fine. Che cosa si può fare? Endura del silenzio, suicidio, o sottomissione.
    Un'assuefazione perfetta alla vita urbana odierna è segno di gravissimo squilibrio. È sano soltanto chi ne soffre.
    Come può una gravida leggere un giornale quotidiano senza abortire subito?
    E dicono di avere abolito i sacrifici animali! Soltanto il rito hanno abolito: li sterminano ininterrottamente, illimitatamente, senza bisogno.
    Con l'espressione Olocausto Nucleare l'intera società umana ha assunto l'idea della propria consumazione sacrificale. (Non per ottenere qualcosa, ma per espiare tutto).
    Il sacro fa paura. Ma anche la sua assenza, anche il mondo dissacrato, senza regole, senza divieti. Liberi, non possiamo esistere. Bisogna eleggere quel che consola di più.
    Il sistema industriale cessa di essere distruttivo, e di ingoiare vite umane nelle sue fornaci, soltanto per distruggerci meglio, con l'approvazione di tutti, per diventare il sistema della Distruzione Universale. In qualche caso, è addirittura liberatore, nutritore, conservatore di beni immateriali mediante denaro largito; elimina piaghe; si fa invocare come un Dio benevolo, come Dio unico. Ora che ci ha convinti ad accettarlo, può precipitarci tutti nel fuoco dell'abisso.
    Chi tollera i rumori è già cadavere.
    La difesa sociale dal crimine comincia a passare per le sale neurochirurgiche. [...] l'estremismo di terapie mostruose.
    I prodotti farmaceutici per cani e gatti dovrebbero essere prima sperimentati sull'uomo, tenuto in appositi stabulari.
    La civiltà ci ha sottratti alle spade, per farci meglio sentire la paura dei chirurghi.
    Come tutti i medici ricchi, Freud era maniaco di collezionismo. La casa in Berggasse era piena di terracotte e bronzetti antichi. Lo studio dove faceva stendere i pazieniti formicolava di questi pezzi da collezione. L'effetto doveva essere deprimente.
    Se l'aborto è omicidio, avrà almeno l'attenuante della legittima difesa.
    Chi tace o non sorride dopo l'amore, degrada Eros.
    L'Industria, [...] un minotauro a cui bisogna sacrificare tutto.
    Differenza tra un santo e un filosofo. Il ragno che cattura mosche affascinava Sant'Agostino; Spinoza gliele metteva apposta.[11]
    Per quanta giustizia possa esserci in una città, basta la presenza del mattatoio a farne una figlia della maledizione. Per quanto nobile possa essere una ricerca di medicina, la sperimentazione su esseri viventi ne farà sempre una figlia della maledizione.
    La relazione midollare tra industria e cancro è forse qui, nella inesorabile rapina di ossigeno fatta dalla fabbrica a danno di chi ci lavora o abita vicino, proliferazione industriale nel mondo.
    La collera, nel civilizzato, rientra quasi sempre. Non viene espulsa, lo attossica (anche nella saliva, secondo Bichat). Siamo tutti botteghe chiuse di collere rientrate (rientrate, non dominate realmente ringoiate sprecando tanta preziosa energia nervosa per soffocarle); le botteghe chiuse sono uno spettacolo triste.
    In questa civiltà di neuropatici c'è chi, senza sporcarsi, arriva a fare il bagno due volte al giorno, e anche di più. [...] L'acqua si vendicherà.
    Alla pena di morte si può sostituire come cerimonia compensatrice finalmente incruenta la maledizione pubblica.
    I giornali sono pieni di sacrifici umani: li inscatolano, li rendono accettabili per i lettori; in un certo senso li ritualizzano. La cronaca è un bollettino di esecuzioni.
    Amore lesbico come umanità e frescura. Zola crea Satin (la divine Satin dice Huysmans) per umanizzare Nanà, quando sta per perdere, presa nel delirio produttore di mostruosi miti del suo autore, la faccia umana.
    Solo un vero vegetariano è capace di vedere le sardine come cadaveri e la loro scatola come una «bara di latta»; un mangiatore di carne (non mi sento di scrivere «un carnivoro» perché l'uomo non è un carnivoro) neanche se lo chiudono nel frigorifero di una macelleria avrà la sensazione di coabitare con dei cadaveri squartati. C'è come un velo sulla retina dei non vegetariani, quasi un materializzarsi di un velo sull'anima, che gli impedisce di vedere il cadavere, il pezzo di cadavere cotto, nel piatto di carne o di pesce. (2015, pp. 98-99)
    Sapere vegetariani Leonardo e Kafka, sopratutto, mi dà frescura: si muovono, nel mondo contaminato, incontaminati, portando una luce non mescolata alle candele piene di lamento, alle lampadine fosche del mattatoio e della stalla sacrificale. (2015, p. 99)
    Figli del cielo sono l'olio d'oliva, il miele, il riso, il tè. Impossibile che da alimenti così luminosi possano nascere cattivi odori. Il fungo è un mistero: impastato di luce e di materia, il metabolismo individuale ne cattura secondo l'inclinazione prevalente materia o luce. (2015, p. 99)
    Fissiamo un attimo l'attenzione su un punto: delle sole pene che costiamo agli animali usati per gli esperimenti si compone una catena di Ibris (che sento esclusivamente come peccato di oltrepassamento della legge morale sovrastante e non rivelata) da coprire di gelido pallore tutte le grecità di questo e di altri mondi. La medicina, in tutto il suo vocabolarificarsi di greco fino all'invasione delle sigle americane, non ha trovato il modo di annettersi Ibris, la sua malattia fondamentale, la sua colpa di potenza che rifiuta il Limite. Quando la terra vomiterà le sue storie tutti quegli occhi di deboli sacrificati li rivedremo. (2015, p. 121)
    Insetti senza frontiere
    Nessuno è perso, nell'infinito. Terribile è perdersi, sentire di essere persi, nel finito. (§ 5)
    «Date a Cesare quel che è di Cesare». «Date a Dio quel che è di Dio»... Non ci resterebbe niente. Proviamo a non dare niente a nessuno dei due. (§ 21)
    Se c'è una parola che non comprendi, che ti sembra oscura, perché rimproverarlo a chi l'ha scritta o pronunciata, perché sforzarti inutilmente di capire e arrabbiarti se non penetri in quella parola? Semplicemente quel messaggio non era destinato a te, ma ad altri. Il messaggio, là dove deve arrivare, arriva. (§ 23)
    Mi stupisco, quando vedo gente giovane mangiare carne. Mi sembra talmente cosa d'altre epoche! La gioventù carnivora non è coi tempi, ha uno stomaco da secolo XIX, che carnivorizzò l'Europa... Cibarsi di pezzi di animali macellati è un'anomalia, fuori della dieta vegetariana non c'è giovinezza vera. La carne è per lo più un'angosciata abitudine dei vecchi. Richiedere piatti di carne, parlarne, ricordarli è cosa da vecchi, e da vecchi incapaci di svecchiarsi con una dieta decisamente alternativa. (§ 34)
    Senza un'idea concreta, per nulla astratta, famigliare, dominante, della Tenebra, non c'è nessuna luce. (§ 37)
    «Guardo la mia luce che muore» dice un personaggio di Beckett. È l'unica risposta giusta e sensata che possiamo dare, in vecchiaia, agli insolenti che ci assillano con i loro petulanti, intollerabili: «che cosa stai facendo», «a cosa stai lavorando», «quali programmi hai», «che cosa farai l'anno prossimo». La luce che muore non fa confidenze e ha altro da pensare. (§ 42)
    Dove tutto è enigma (storia, natura, cosmo) la certezza dell'insolubilità pone un invisibile seme di speranza. (§ 43)
    Le parole degli ottimisti pugnalano nella schiena l'infinità di martirio degli esseri umani sulla terra. (§ 49)
    L'importanza di non aver niente da dire: questo fa inviare una illimitata quantità di messaggi. (§ 52)
    Imparare la bellezza del verbo subire e tenerselo come stella polare. Non servono ribellioni perché tutto è incessante subire e patire violenza. Comprendere l'inevitabilità del subire non è rassegnazione: è attivo conoscere. Di sopruso in sopruso, di violenza in violenza subite, si arriva alla fine della corsa, della strada maestra, della notte. Si può subire disprezzando, respingendo, uccidendo mentalmente chi ci obbliga a subire, naufraghi nella bellezza malinconica e pura dell'accettare. (§ 57)
    Più è forte la consapevolezza di aver sbagliato tutto nella propria vita, più l'anima ne riceve cura di consolazione. Fa bene anche pensare che la vita di tutti non è che una successione di errori e che la storia del mondo non è che apparenza e follia. Fa bene pensare che tutto poteva andare diversamente e che c'è un oscuro peccato d'origine, che la rivoluzione industriale è stata un crimine e che il dominio attuale della tecnica è la perdita di ogni autenticità e sostanza umana, una sottomissione a un potere mostruoso. Fa bene e illumina, fa vivere e morire un po' meglio. (§ 62)
    Se la loro voglia di farsi del male e di procurarne agli altri avesse tregua (pur non cessando i dubbi sul che fare e il rifiuto della famiglia e dell'esistenza così com'è oggi) folle di giovani, invece di intossicarsi orribilmente nei modi che sappiamo, cercassero estasi e oblio, con dosi quotidiane, anche forti, di ragione e di bellezza, le città di notte si riempirebbero di pensatori che bisbigliano, di solitari persi in un libro, di filosofi in agguato dietro un angolo... Qualcuno morrebbe, verso il mattino, per overdose di conoscenza. (§ 75)
    Il sondaggio e le statistiche hanno sostituito gli oroscopi, ma hanno valore e probabilità uguali. (§ 77)
    Il bodhisattva percepisce i suoni della Sofferenza del Mondo, sconfinata... Ma occorre essere bodhisattva? O Arthur Schopenhauer? Io sono uno qualsiasi nel grande mucchio, eppure li ho percepiti e mi hanno fatto da bussola. (§ 98)
    «Abbiamo tutti bastante forza per sopportare i mali d'altri»: una delle più squartanti, tra le massime del duca di La Rochefoucauld (Maximes, XXII, ed. 1665). Possiamo constatare ogni giorno, ogni momento, che la massima è vera: ma se non fosse così chi avrebbe la forza per portare soccorso? E nello stesso tempo la Valle delle Lacrime è anche piena di smentite alla massima, che risulta così acuminata e spuntata insieme, un paradosso psicologico. Molti medici hanno mente e vita funestate, disarticolate dall'ininterrotto contatto coi mali e la morte d'altri. Moltissime donne darebbero senza pensarci troppo la vita per dare sollievo (per non doverli sopportare) ai mali di padri, mariti, amanti, sorelle, o di loro assistiti per obbligo di lavoro. Perché la sofferenza d'altri contagia, in un modo o nell'altro, sempre. (Forse soltanto per i bambini la massima XXII resta del tutto incontestabile: la loro specifica insensibilità naturale li rende invulnerabili al contagio). (§ 133)
    Il secolo XX, con mani prestate dal XIX, non ha ucciso Dio ma – con ben più forte evidenza – ha perso l'uomo. Tra queste immense moltitudini depravate e in perpetua fuga su un'inesorabile pista circolare lo cercheresti invano. (§ 142)
    La storia, nell'Occidente tramontato e nell'Oriente ridotto appendice d'Occidente, sterminatrice, è da un pezzo un disco di vinile a 33 giri (oggetto che vivamente rimpiango, che mi aiutava a pensare e mi dava gioia) con un solco guasto, che ripete senza fine, e non puoi fermarlo, le stesse, stesse note. Solo un Dio ferito ma non morto potrebbe spostare la puntina dal solco dov'è incagliata, ma guarda e sorride. Tutti noi che parliamo siamo quella nota che si ripete, che non può districarsi dal solco guasto. (§ 143)
    Un segno di vecchiaia è l'inettitudine a creare aforismi. A settanta e oltre la natura ti ha già dato per morto, ti dà alle pale e agli angeli della reincarnazione. L'aforisma è un'illuminazione spermatica metafisica, tra i quaranta e i cinquanta è la sua età ideale. Aforismi di un Flaiano ottuagenario sono impensabili. Si ha paura di isolare il proprio pensiero in una riga e mezza come di perdere l'equilibrio e di cadere in strada; venti righe già valgono come un braccio di accompagnatrice, ti senti protetto, c'è qualcuno. (§ 144)
    Trarre da una scrittura sacra filosofia è trasformare una colata incandescente in una azzurrina fiamma di gas da cucina – per riscaldare le nostre anime timide a bagnomaria. (§ 154)
    Voi mangiate il vostro foie gras insieme ai chiodi di Gesù Cristo. (§ 155)
    Spia dell'autenticità della Compassione, la tenerezza ne restringe il campo. La compassione buddhista per tutti gli esseri viventi ne fa una pura dichiarazione di principio, è astratta come l'universale amore cristiano. La tenerezza non va oltre i pochi e qualche animale, si piglia cura di un solo angelo ferito. Non c'è né vera compassione né vera tenerezza senza alimentazione rigorosamente vegetariana: dunque tutti i preti fuori. (§ 161)
    Diceva un astrofisico che dopo avere ininterrottamente esplorato e ascoltato, percorso, calcolato l'inanimato delle galassie mediante i più potenti radiotelescopi d'Europa e d'America, era certo di aver percepito il grande grido emesso dalla totalità dell'Universo, molto simile allo straziante lamento di un ferito moribondo che non riceve soccorso da nessuno – un incessante segnale di S.O.S. di viventi irraggiungibili, come se uno sterminato oceano di entità vocali (bocche temeva di dirlo) di mondo in mondo lo emettesse senza speranza. (§ 167)
    L'uomo che invecchia solo deve togliere dalla sua camera il letto che sia stato della coppia che non c'è più, il letto dei suoi molti amori dove infinite carezze sono state date, scambiate e rese. perché un letto troppo largo che ha cessato di essere condiviso è fatto di chiodi di fachiro, e non essendo un sàdhu avrai soltanto il tormento dei chiodi, nessun pensiero elevato in grado di trascendere la carne orfana verrà a visitarti se ti coricherai tra lenzuola di ricordi. Dormi in un letto dove non potrai starci che tu solo, i lerci mostri dei padri del deserto non oseranno avvicinarsi. (§ 168)
    Un fine autentico può fare a meno di speranze e anche di ogni probabilità di essere raggiunto. (§ 174)
    La Terra non rimpiangerà l'uomo, né l'Uomo la Terra. Una coppia troppo litigiosa, che con le sue urla disturbava gli astri vicini. (§ 176)
    Per luogo comune si fa passare la verità per una nudista. Ma se mai la incontriamo si mostra accollata come una Mantellata o addirittura avvolta in un burqa. (§ 185)
    L'esempio più grandioso di schizofrenia è il Dio di Mosè e dei Profeti, del Vecchio e del Nuovo Testamento, e non c'è psichiatra in grado di prescrivergli una cura. (§ 198)
    L'uomo fa orrore. La donna molto meno, ma soltanto finché non arriverà a somigliargli del tutto. (§ 199)
    Il governo italiano (astuzia o filantropia?) ha imposto la scritta IL FUMO UCCIDE sui pacchetti di sigarette. E anche «Il fumo invecchia la pelle» per distoglierne le donne. [...] Le donne hanno così un'occasione in più per trasgredire. Mettete una fascetta sui libri di filosofia: LA FILOSOFIA UCCIDE. Dopo qualche mese la statistica delle vendite stupirebbe. (§ 200)
    Oh epitaffio di Sicilo! Approdo luminoso, figlio di una Sofia che non mente! Eccolo, a voi che andate per i meandri della vita senza il soccorso delle antiche voci: FINCHÉ SEI VIVO RISPLENDI. NON TI AFFLIGGERE TROPPO. DURA POCO, LA VITA. IL TEMPO BRAMA FINIRE.[12] (§ 213)
    Il latitante non è uno che applica per sé la grande massima di Epicuro «vivi nascosto»? E allora perché gli si dà la caccia per infliggergli una pena? Per farlo vivere più nascosto in una prigione di Stato? Il latitante più imprendibile e famoso è Dio, da migliaia di anni gli diamo la caccia e sappiamo che il suo vivere nascosto – da ben prima di Epicuro – è per sempre. (§ 225)
    Facile è amare insetti che troviamo bellissimi, rari, figli del musicale ronzare lontano dei Tristi Tropici - diffìcile l'amore per mosche, scarafaggi, zanzare. Se li ami, se gli concedi un angolo della tua carne perché si sfamino, sei già rinato Buddha. (§ 230)
    Il monoteismo biblico e islamico, questa decapitazione integrale del Divino policefalo, questa insensata instaurazione (auto crocifissione?) del Divino nello squallore di un po' di sabbia e pietra, domina ancora tutte le nazioni del mondo. (§ 232)
    L'amore è un volo che sfugge ai radar della percezione. (§ 241)
    Non ci sono fiori nelle abitazioni degli assassini. (§ 267)
    Quando si estingueranno i piccoli rapaci notturni, spariranno i filosofi. (§ 280)
    Il più straordinario degli innumerevoli enigmi umani è l'esistenza (certa, dimostrabile, indubitabile, e sempre nuova sotto il sole) – qua e là – dei buoni. (§ 283)
    Alligatore mi sembra indicare, più che un animale, un mestiere. «Mio figlio fa l'alligatore a Bologna. Un altro fa il formichiere a Berlino. Si trovano bene». (§ 298)
    Ilozoismo è bellissimo, è seducente, parola e dottrina - ma va accolto con un certo scetticismo. Una volta l'umanità ridotta al silenzio, quale fremito percorrerà le pareti di roccia? La costellazione del Granchio porterebbe il lutto? Poi guardi una tela di Van Gogh, e la tela stessa, infuriata da quel paesaggio incandescente, s'illumina di Vivente. (§ 299)
    L'uomo che pensa non predica, non ha microfoni, [...] in verità tende a non fare. È già molto non risvegliare credenti, agitare con leggerezza le foglie di tè perché l'acqua bollente ne assuma appena il colore, il tè della verità predestinato a pochissimi. (§ 321)
    Libri. Quanti di noi sarebbero naufraghi senza speranza in una notte atlantica, senza le voci che si levano e ci chiamano dai libri. (§ 322)
    La bellezza è il ponte unico che ci collega con l'infinito. È apparsa per frenare l'intollerabilità del male umano e del suo lamento nella porzione di Essere che ci limita e opprime. (§ 343)
    La fragilità del pensare
    A chiunque s'imbratti nella turpitudine nucleare – anche di lontano, con un consenso, un voto – negate le fessure.
    Dentro la scienza non si rintraccia neanche un aborto di pensiero.
    Dove i galli non cantano, la tenebra resta per ventiquattrore attaccata al giorno.
    I demoni non sono più esclusivi abitatori di rovine. Hanno capito che questa civiltà è tutta un immenso brulicare di rovine, perché riflette l'uomo nella sua integrità di male.
    Il disastro più profondo non è la distruzione delle città con più milioni di abitanti, ma il loro sussistere.
    Infallibile, Leopardi chiama canto la voce notturna della rana[13]; e Leopardi era un angelo disceso, un messaggero.
    La campagna sanguina per i misfatti dell'intelligenza umana.
    La civiltà uccide gli alberi col fiato.
    La grandiosa vampa capace di liquefarci tutti risponde a un antico sogno.
    La misoginia è figlia del mistero. Al contrario, la misantropia è figlia della conoscenza: più si conoscono gli uomini, più si è misantropi. Ma il buon misantropo non fa distinzione di sesso: l'uomo, nelle due versioni proposte dal Creatore, non gli piace.
    L'anima in decomposizione è molto peggiore della carne.
    L'esperienza della società e della storia insegna che l'uomo è, per eccellenza, l'essere non pensante.
    Non capire il senso profondo e la centralità dell'inquinamento è, qualunque sia il sapere ec., una prova di idiozia.
    Sprecate pure le parole e le occasioni, ma non l'acqua.
    Tutta la vita vegetale e animale del fiume lottava contro il veleno, che penetrava dappertutto in quantità mortali, e i pesci soccombevano senza capire perché non fosse un pesce più grosso a farli morire, o uno scimunito armato di lenza a pigliarli all'amo.
    La domanda più indiscreta, più insolente, più insoffribile, e la più comune anche, la più poliglotta, la più persecutoria, al telefono e faccia a faccia, la domanda che mette alla tortura chi ama la verità perché la si formula per avere in risposta una miserabilissima bugia è: "Come stai?"
    La pazienza dell'arrostito
    [Dodes'ka-den] Film di Kurosawa del 1970, mediocre ma con vita: tutto un popolo che vive dei e tra i detriti dell'Acittà industriale, non un filo d'erba, rottami a perdita d'occhio, rottami abitati, rottami di rottami, per cibo avanzi di scatolette, rumori, inutile sopportazione. (p. 47)
    I santi non sono quelli che fa la Chiesa ma quelli che noi eleggiamo tali. Solo questi diventano «protettori». [...] Ci sono anche i santi che ci vengono incontro come ombre anonime, avendo rinunciato al guscio inane dell'Io. (p. 72)
    L'animale torturato, straziato e svaginato del proprio essere naturale, in ogni momento di tutti i secoli del predominio umano.
    Il suo grande urlo dal neolitico attraversa tutto l'arco sgocciolante sangue e lacrime della nostra maledizione in terra... Per chi abbia un cuore che abbia orecchi non è un silenzio, è veramente un urlo spaventoso, che si avvinghia ai lobi, che ci preme il petto con ginocchio di ferro...
    Ogni atto di tenerezza e di pietà, anche minimissimo, è infinitamente prezioso nella straziante giostra cosmica perché la storia non dà primati che alla martellante brutalità della Tenebra, non ha da esibire che strepiti e cori di vigliaccherie di forti calpestanti le debolezze...
    Chi tirerà fuori anche un solo topo da una gabbia sperimentale sarà scritto nei libri delle Sibille angeliche. (pp. 99-100)
    segue
    Ultima modifica di Dario; 29-03-19 alle 21:02

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    Predefinito Re: Guido Ceronetti (1927-2018)

    Non è il congiungimento della luce del cielo e del mare a dare tanta immateriale luminosità, tanta diafanità vetrosa e sepolcrale alla cattedrale di Trani: è la cattedrale a fare luminoso il mare, a fare trasparente il cielo rendendone visibili gli abitatori antichi ed eterni, le animule, gli eroi, gli Dei, gli spiriti malvagi che non osano avvicinarsi alla sua mano alzata. (p. 116)
    Bari, un triste scarafaggiaio di auto e moto, tra ciuffi torvi di canaglie appesi ai muri in vicinanza di bar e pizzerie che al passaggio di una faccia pensosa si esercitano in sghignazzamenti, fischi, rutti, strida, insulti. (p. 118)
    Nessuna musica di grande compositore (salvo l'organo in una chiesa) può avere effetti psicologici così forti e teneri quanto, a volte, la più povera delle canzoni, se c'è la voce, la casa, la strada. (p. 131)
    Non si vive «in attesa di una catastrofe», la catastrofe è vivente dentro l'umanità contemporanea come una divinità terribile nel suo santuario di elezione; e ogni avanzamento conquistatore della Tecnica provoca trambusti catastrofici che dovrebbero gelarci il cuore, se non fosse diventato insensibile. La sensazione di precipitare si annulla per paralisi cardiaca in chi sta precipitando. (p. 134)
    Non mangiare carne è un'etica assoluta: per chi sia cosciente di quel che significa allevare-macellare-trafficare carni, e non è disposto ad approvare tutto, e tuttavia non si astenga, non ci sarà perdono. (p. 138)
    L'utero, come la ruota, è un'invenzione molto semplice e non povera di conseguenze. (p. 139)
    È in uso ormai negli allevamenti l'Ingozzatrice Meccanica (regolata da calcolatore...) che ingozza oche ed anatre [...] attraverso un tubo piantato in permanenza nell'esofago della vittima: gli entra mais cotto e salato tre volte al giorno per tre settimane, in tutto quindici chilogrammi di mais, col martirio supplementare di quattordici ore di bombardamento luminoso ogni giorno, in stabulari stipatissimi. [...] L'unica punizione per chi a sua volta s'ingozzerà di quel fegato, i residui chimici del trattamento... Un sistema naturale è invece di lasciare senza cibo le neonate all'uscita dalle immense covate artificiali: con quel ricordo in corpo l'animale adulto avrà una fame insaziabile e collaborerà con entusiasmo all'industria del foie gras. (p. 179)
    [Gli allevamenti] sono una parte del dolore della storia, eterna crocifissione di un Servo del Signore agli orrori della Materia, e non tenerne conto è da storiografia amputata e complice delle tenebre. (p. 180)
    Passare i cancelli di Rebibbia e trovarsi dentro è un sollievo, tanta è la bruttezza carceraria della Roma di borgata che lo circonda. (p. 181)
    Con la Guinness, nerastra, rigagnolo impuro, ho fornicato per un po' di tempo: mi dicevano che la Guinness è salutare. Non capivo perché, se la birra fa bene, le mie digestioni fossero così piene di chiasso. (pp. 184-185)
    Il tè [...] le poche volte che ho dovuto prenderlo in compagnia [...] è stato una specie di pena, perfino di smarrimento... Qualcosa che ne strangola il piacere, obbligando a scambi futili di parole, e ne annulla l'effetto magico sui nervi e sul pensiero. Gli altri, in quell'attimo d'amore tra uomo e foglia del tè, diventano degli spiacevoli voyeurs... Così, finché potrò, prenderò il tè in solitudine. (p. 185)
    [...] amo tuttora moltissimo il crisantemo, che devo comprarmi, nessuno mi regalerebbe crisantemi perché una fortissima invalsa stupidità li associa vergognosamente alla morte e ai cimiteri. (p. 218)
    Millet, grano di miglio della Sofia divina. (p. 226)
    Si parla dell'acqua, di fra quanti anni cominceranno a diffondersi i tumori e le leucemie di Cernobil. Ma quando questo accadrà l'avremo dimenticato e rubricato come «errore che non si ripeterà». Ci vuole un po' per scuotere l'incubo, farlo uscire dalla stanza. (p. 241)
    Quel che non dimenticherò è l'allegria generale, creata dai giornali e rimbalzata su tutte le facce, dopo la bomba di Hiroshima: «Questo fa finire la guerra: tutte le guerre, per sempre» – «Siamo entrati in un'epoca di prodigi mai visti». Era sbarcato Cortés e gli Indiani poveretti accoglievano come un Dio il loro massacratore. Erano calate dal cielo le quaglie dei Numeri[10] e tutti correvano a farle girare sugli spiedi. (pp. 241-242)
    Poche notizie da quel misterioso rogo, in Ucraina, dove si sono immolati dei pompieri e dei piloti, portati a morire in lontani ospedali. Ancora respirano e penano e già il monumento, per loro, è decretato. Ma fatelo al Tumore trascendente che ci ha intenebrato la testa e gli occhi, il monumento: si terranno per mano, la pietra del monumento e l'incendio innaffiato inutilmente di sangue sacrificale, e che non si riuscirà più a domare (a domare col pensiero, soprattutto). (p. 242)
    Ma sempre sempre preferirò il Vecchio Testamento alla rivelazione coranica. Perché l'uomo là resta presente, e non è mai passivo del tutto di fronte a quell'unica Divinità; l'essenza della Scrittura veterotestamentaria è critica, un messaggio divino passato in un setaccio critico, di rado il raggio cosmico è nudo [...]. (p. 257)
    Ero a Cernobil. C'era una targa blu, con in cirillico: cernobil. Non pianura ucraina, ma collina astigiana, con vigne, coperta di vigne, come sono ora, senza più alberi tra i filari. [...] Dove ci portano i cavalli della notte: a Cernobil, a vedere, a guardare in faccia chi c'era. Ed è Cernobil anche la collina astigiana, certamente, come il bosco carnico, la genzianella del Carso. Qui dove sono, l'acqua che bevi, l'arnia che ti fabbrica il miele, è Cernobil. Non percepimmo invece come tutti i luoghi (fu errore) Hiroshima. (pp. 258-259)
    Un libro che mi fu decisivo [...] fu La Philosophie de la Douleur del grande René Leriche, il chirurgo di Lione. Me ne copiai molti passi, conquistato dalla sua attenzione al vim patior della carne malata, al grido del corpo, alla realtà piena della sofferenza creduta immaginaria. Pessimista e moderno, Leriche non credeva alla bontà del dolore, alla trasformazione della pena fisica in farfalla pneumatica, e lavorò tutta la vita per indebolirlo, per minarne chirurgicamente l'onnipotenza. (p. 278)
    Tracce d'impurità carnivora mi restavano e ogni tanto, ancora, ordinavo della carne con un po' di cipolla, cessai del tutto ogni necrofagia soltanto nel Settanta, mi pare, da allora non ho più toccato nutrimento cadaverico, qualunque fosse la tecnica o il rituale di strage. Se si voglia vivere secondo un codice etico decente non dovrà esserci sulla via che percorriamo nessuna ombra di mattatoio. (p. 280)
    Qohélet è un rotolo orientale in cui ritroviamo un tipico orrore del più moderno Occidente, l'orrore di essere mangiati dal Tempo, di non avere neppure il tempo di finire il boccone. (p. 285)
    Ero solo in casa e Petalo come al solito si era messo a grattare la porta e a gemere nel modo più molesto e inurbano, disturbando indicibilmente la mia concentrazione profonda di filosofo. [...] Con una scopa corsi alla porta e... ma non ricordo di avergli dato un colpo... forse glielo minacciai soltanto, urlandogli istericamente di filare [...]. Quel che ricordo nitidamente, come se guardassi una istantanea di quel momento, è la fuga del maleamato sulla rampa della scala [...]. Su ogni gradino c'erano gocce di sangue. Petalo era ferito. Era venuto a supplicarmi soccorso e si era ricevuto un colpo di scopa.
    Andai su a vedere, temendo di essere stato io il feritore... (Forse glielo diedi, il colpo). Stava leccando del latte, disperatamente. Una zampina era stata portata via di netto da qualcosa di terribile, e sulla schiena aveva uno squarcio, vicino al collo, un cratere di sangue. Non si lamentava più, ogni tanto ci guardava, come fossimo stati i suoi giudici, o i suoi medici.
    Chiamai il veterinario, che aveva il rimedio nella borsa e che consigliò di adoperarlo subito. Era stato un cane a ridurlo in quello stato [...]. Mentre il misericordioso Dottore preparava l'iniezione, [Petalo] mi fissò in modo indimenticabile e volle – proprio così – che la mia mano si posasse dolcemente sulla sua mutilazione, un grumo di dolore che spenzolava. Non so se mai più mi capiterà di supplicare mentalmente, con tanta angoscia e febbrile vergogna, qualcuno, qualche groviglio di visceri viventi, di perdonarmi, sul punto della morte. (pp. 286-288)
    Se Spinoza l'avesse davvero sposata, Clara Maria[14], sarebbe stato un disastro. Ci avrebbe lasciato un mediocre canzoniere in latino, invece dell'astro che mai sarà Buco Nero dell'Ethica. (p. 320)
    [...] Napoli è color ferro rugginoso, Trieste è nocciola chiaro, da gabardine, Lucca è nera e argentea... (p. 336)
    La Vasocostrizione è un cobra che quando non morde finge soltanto di dormire. (p. 312)
    Il giallo è dissolvente: un'umanità gialla è un'umanità spenta. (p. 346)
    Meditazione vegetariana
    La mia grande buonasorte è di essere diventato [...] un avversario dell'alimentazione onnivora, cancro dell'Occidente, vizio di mente. Non sposate una donna onnivora, prima o poi divorerà anche voi, cannibalico è l'onnivorismo. (p. 23)
    Mi è anche difficile comprendere chiunque detesti l'aglio, divino nettare, e la cipolla, avvocata nostra: che cosa diventa una cucina orfana di aglio? La mia origine francamente trovadorica, occitanica, provenzale mi ha reso squisitamente agliofilo, quantunque, dello spaventoso intingolo piemontese detto Bagna Cauda, nemicissimo. (p. 24)
    La patata, grossolano cibo che trattiene lo spirito nella Materia, mi commuove nei Mangiatori di patate di Van Gogh e nell'incantevole, sublime Angelus di François Millet. (p. 24)
    Pensieri del Tè
    Incipit
    Due volte al giorno, verso le sei del mattino e le cinque della sera, tazza ripetuta di Tè verde della Cina arriva con la sua infallibile virtù unitiva, confirmativa, risuscitativa, a disincagliarmi e a preservarmi da ogni specie d'inerzia, d'inebetimento, di abbattimento.

    Citazioni
    Non sono un Orientale. I miei gesti rituali non vengono dai Maestri; somigliano piuttosto ad un'abitudine carceraria, continuata negli anni. In piedi, sempre, vicino ad una finestra con la tendina scostata... Ma di Oriente orientante mi resta la fiducia che nell'uscire in giusta misura da se stessi, e abitualmente, non c'è nulla di pericoloso, e che vedere, sentire e incontrare spiriti non è inquietante. (p. 9)
    L'uomo beve il Tè perché lo angoscia l'uomo.
    Il Tè beve l'uomo, l'erba più amara. (p. 10)
    Tutte le torture, i patimenti, i terrori (per Némesis, imperdonabili) inflitti agli animali appartengono legittimamente al dolore infinito della storia e ne modificano il senso, se ne abbia uno (patire è essere modificati: tutta la storia, da quel patire oscuro, invendicato dalla parola, il più privo di giudici e tribunali, è modificata). (p. 12)
    I corpi li unisce il piacere, le anime la pena. (p. 19)
    A chi non capisce l'allusione è inutile fornire la spiegazione. (p. 21)
    In una chiesa semideserta se ci sono tre o quattro vecchie in preghiera è come nessuno; se c'è un vecchio c'è qualcuno e il Dio non è solo; il vecchio ha un presente da confidare e un passato che gli rimorde. (p. 22)
    Il cremlinologo dev'essere prima di tutto criminologo, essersi bene esercitato in profonda psicologia criminale. (p. 24)
    Strana ricorrenza: alla fine della Grande Guerra, nel 1918, il presidente americano era semidemente; nel 1945, di nuovo il presidente americano, Roosevelt, rincoglionito. Nella prossima guerra lo sarà all'inizio. (p. 24)
    Giù a testa bassa nella Tecnica! Dentro la Tecnica sono dentro il peccato più che Taide nella merda, ed è questo bagno che li perde, prima di ucciderli. (p. 27)
    Mi avvicinai a Spinoza perché mi sembrava che avvicinasse Dio; me ne sono allontanato, scoprendo che lo allontanava. Ora non so più. (p. 34)
    Chi vede, altro non vede che questo: la luce, le tenebre. Anna Caterina Emmerich vedeva la luce e le tenebre come realtà positive, forme viventi, vedeva ogni realtà visibile sotto specie di luce e tenebra e loro emanazioni. Se si costruiva una casa su ossa maledette, Anna Caterina lo vedeva e sentiva. La Russia era vista come un mare di tenebre. Quando luce e tenebre non sono viste che come metafore, perde luce il pensiero. (p. 34)
    L'appuntamento con le esalazioni dal profondo del Male, ci aspetta tutti i giorni dal giornalaio ma «quel che viene dall'alto all'alto ritornerà» (Sirac. 40, 11b). (p. 38)
    Un vecchio che non prega è un puro e semplice rottame muto. (p. 38)
    Ci sforziamo di conservarci in salute per poter morir bene di radiazioni o di aria avvelenata. (p. 41)
    «Tanti muri, perché?».
    E le teste, allora, dove sbatterebbero? (p. 42)
    Una cosa a cui non si pensa: che una grandissima parte delle possibilità di pensiero e del linguaggio umano è già irreparabilmente perduta per la desertificazione tecnica del mondo (e non si pensa a questo, perché è bruciata la libertà di pensarlo, scancellato il sentiero per arrivarci). (p. 42)
    La natura rifiutandosi clamorosamente di servire all'uomo, avendo altri fini, l'uomo sempre più sarà asservito all'uomo. Le conseguenze saranno una schiavitù illimitata universale, sodomia obbligatoria, antropofagia legalizzata. (p. 43)
    Ricevere un saluto da chi resta seduto, uomo o donna, è una delle offese di primo grado di cui pochi si accorgono, abituati come sono alle inciviltà del mondo. Ma salutare rimanendo seduti è saluto di malavita, di ambienti di sottosuolo: diventa normale se il confine si perde. È bello e giusto alzarsi anche per salutare un bambino, un poveraccio, un cane. (p. 51)
    Il simbolismo fallico della bombarda e del cannone si è dissolto. L'artiglieria missilistica riflette l'affievolimento virile e l'abbigliamento unisessuale. Il missile è un phallus, ancora, ma estremamente stilizzato (come in certi vasi greci); incapace di eiaculare, non può far altro che esplodere per disperazione. La forma del suo sadismo è la precisione. (p. 53)
    L'uomo è un'anima che trascina un cadavere. Noi deploriamo come morte il suo stancarsi, alla fine, di fare da spazzino. (p. 55)
    Così impregnati come sono ormai di menzogna umana, come possiamo fidarci degli astri? (p. 61)
    Come può riemergere, in un pensiero contemporaneo, nella sua integrità, il tragico greco? Eppure eccolo, in un pensiero di Artaud: Je représente la fatalité qui m'élit. (p. 61)
    In genere, l'uomo di scienza contemporaneo è un uomo molto ilare. Non si capisce perché. Non ha nessun motivo per esserlo. Tutto quel che conosce, manipola, trasmette, provoca e produce è enormemente deprimente; dopo che uno ha saputo i risultati delle loro ricerche ha bisogno di distrazioni, vorrebbe una donna, un cinema subito... (p. 62)
    C'è la scuola, la scuola come obbligo, come prigione mentale. Basterebbe questo. Come tollerare di mandarci degli esseri indifesi, di saperli chiusi là dentro, la loro mente confusa messa a friggere in quelle sudicie padelle... Perché sappiamo quanto vigliaccamente li corromperebbero quei libri, quelle bocche, quella scienza. E come sottrarli? Dappertutto è scuola, il carcere scolastico ti segue come un agguato in qualunque posto. E poi l'Università, un concentrato di deliri, Zecca di libri falsi, anticamera dell'inferno tecnico, martello di orizzonti ciechi... (pp. 64-65)
    Nel non volere che siano posti limiti alle nascite, la Chiesa mostra che non si è estinta tutta la sua vocazione primitiva alla catastrofe assoluta. (pp. 71-72)
    I papi benedicono lupi e pecore insieme, sgozzatori e sgozzati. (p. 72)
    In un teatro giapponese, nel 1945, gli spettatori entusiasti gridarono ad un attore, per aureolarlo di grandezza: «Sei Mac Arthur!» e provarono la propria grandezza. Il generale nemico, come colui che è stato capace di battere una così invincibile nazione di guerrieri, diventa il paragone di ogni bravura. È così che riaffluisce la forza dopo la sconfitta. (pp. 73-74)
    Dolores Ibarruri era stata pescivendola, e prima di diventare Pasionaria (passiflora, fiore della Passione di Cristo) era nota come la Sardinera, Dolores delle Sardine. Spagna è umorismo stringente e iperbole incalcolabile: mentre la voce della Pasionaria faceva sussultare le bandiere rosse in processione, per molti, anche dei suoi, Dolores restava voce delle sardine, Dolores la Sardinera. (pp. 78-79)
    «La natura non è materiale come la ragione»[15] dice meravigliosamente Leopardi. Di qui l'impossibilità per la ragione, con le sue «operazioni materialissime e matematiche»[15] di penetrarla. (p. 80)
    La terra, fisicamente, si va corrompendo: dunque, Dio ha cessato di respingere certi uomini per mezzo di altri, ha reso questi impotenti e lasciato quelli moltiplicarsi e disfare, disfare tutto. (p. 81)
    Un luogo non può contenere il Luogo. (Il Tempio e il Dio). (p. 81)
    Se si sappia vivere da vinti, lo si è un po' meno. (p. 84)
    Edna, Lita, Oona... forse, Chaplin ha speso tutto il suo genio per comprare sesso [...]. Seppe addirittura fingersi ebreo, cosa difficilissima, per accattivarsi il potere finanziario a Hollywood... Un amabile cinico, creatore di un personaggio umanitario... (p. 85)
    La scienza fa che i cuori battano più a lungo – ma li ha avviliti. Paghiamola, senza ringraziarla. (p. 87)
    La cosa più tranquillizzante che possano dirci chirurghi e cancerologi è: «Troppo tardi!». (p. 95)
    L'ospedale degrada la malattia. La casa esalta il malato. Se il malato è deposto sull'Alef, muore da uomo felice. (p. 95)
    Tutti saremo messi tra gli assassini e i persecutori, anche le vittime, solo per essere vissuti in questo secolo. (p. 95)
    Le foglie stanno volando via dal mondo e sopra c'erano dei messaggi e degli enigmi che non abbiamo decifrato. Anche le mani: lette poco, troppo poco; anche le rughe, i lobi... Non abbiamo letto che dei libri. (p. 99)
    La morte come liberatrice dall'Informazione. (p. 101)
    Noi, i geofagi... – ex italiani, americani, britannici, tedeschi, russi, giapponesi ec. Un solo popolo, nessuna patria. Il puro divorarsi delle giungle e dei fondi marini. Morire d'indigestione della polpetta Terra non è un glorioso morire. (p. 102)
    La parola Dio è scomparsa con la parola pidocchio. Dio è morto insieme al pidocchio e per la stessa causa: uno spruzzo d'insetticida. Per questa Morte del Pidocchio l'umanità sprofonda nell'igiene e nella rovina. (p. 102)
    Geremia si malediceva per essere costretto da Dio a parlare: ma se gli avesse dato la visione costringendolo a restare muto sarebbe scoppiato. E per essere schernito, trattato da pazzo ec. Ma la peggiore umiliazione gli è stata risparmiata: non essere né visto né sentito, e tuttavia richiesto con insistenza, pagato, applaudito. (p. 105)
    Tragici e profeti non immaginavano quanto tragico umano e cosmico avrebbe potuto un giorno essere significato da qualche tronco d'albero abbattuto elettricamente per ordine di un assessore comunale, per fare posto a delle automobili. (p. 106)
    Una via sicura per eliminare ogni ricordo del sacro da un luogo sacro (interni di cattedrale, pronai, sagrati, cripte, colonnati ec.) è di farne risuonatori di concerti di musica sacra, dove i partecipanti diventano un pubblico. (p. 107)
    La maggior parte delle mie paure, circa i mali fisici, riguarda i medici e le loro cure, non la malattia. (p. 111)
    In un Umanismo Integrale, come quello in atto, non c'è posto per chi non sia nato a compiere o a tollerare qualsiasi crimine. (p. 111)
    Rosa Vercesi
    A vita è condannata! | La colpa fu prova! | Da corvo in casa entrata | L'amica ha assassinato | Rosa Vercesi || Con faccia tosta e bianca | Ai giudici ha gridato | Sono innocente tutta | Sono un fiore di prato | Rosa Vercesi.
    Ma i giudici severi | Udendo han sogghignato: | Sei ladra e prostituta | Vittoria hai strangolato | Rosa Vercesi || Tu implori che ti salvi | Maria Ausiliatrice | Ma la Madonna dice | Sei troppo peccatrice | Rosa Vercesi.
    ROSA: Perdonami, Vittoria, perdonami! Perché mi hai fatto impazzire a quel modo? Nessuno lo crederebbe! O sarà stato qualcosa che ho nel sangue, un'eredità schifosa... mio padre... Me la farei tagliare da una sega elettrica questa maledetta mano... Io non lo volevo! No, no, no...

    Un viaggio in Italia
    Bastano le cose viste e udite perché il giorno abbia malitia sua, le simpatie superficiali a rallegrarlo: una profondità umana è subito molestia, poi a poco a poco, dolore. Non voglio offrire il corpo nudo, senza riparo, ai chiodi che volano per l'aria smaniosi di conficcarsi.
    Che cos'altro si può essere in un paese come questo se non disperatamente conservatori? (Ed. Einaudi, Torino, 1983. p. 184)
    È gente impazzita d'automobilismo che usa le strade con inciviltà spaventosa.
    L'Italia è ben poco interessante, il popolo, dopo tanta storia, è più che mai rincretinito.
    È un popolo di presi dallo spirito di vertigine, un gorgogliare di demenze. Non capiscono il male che fanno perché non hanno capito il male che gli hanno fatto. [...] Napoli è uno dei peggiori luoghi d'Italia; ma tutta intera questa nazione non è più che uno sbubbonare di tante Napoli, che se anche non sanguinano, ne riproducono sintomi, crolli, abbrutimento.[16]
    I paesi etnei sono orribili aggressioni di geometri deliranti, incrostazioni di rogna sulle pendici sublimi.
    Rapinarti del silenzio, non è già un crimine?
    Uscire dalla città, a piedi, è faticosissimo. T'investe la lava bollente del brutto, del rumore, strade sopra strade, tremendi ponti di ferro, treni, camion, Tir, corsie con sbarramenti, impraticabili autostrade, un vero teatro di guerra.


    Qua dP irromperebbe con "scribacchino anticomunista"!
    Ultima modifica di Dario; 29-03-19 alle 21:07

  4. #4
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    Predefinito Re: Guido Ceronetti (1927-2018)

    Ultima modifica di Dario; 29-03-19 alle 21:09

  5. #5
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    Predefinito Re: Guido Ceronetti (1927-2018)

    PRIEBKE alcune domande intorno a un ergastolo

    Guido Ceronetti incontra il vecchio condannato negli ultimi giorni di detenzione

    di G. Ceronetti, La Stampa, 23 febbraio 1999


    ROMA LA miseria di non essere (stati dei) santi, puo' portare a un ergastolo? Ci fu un'ora, un momento nella sommersa esistenza di Erich Priebke, in cui la santita' gli era fisicamente a portata di mano: bastava dicesse a Kappler e a Schuez, quel giorno, davanti a testimoni "non sparero', sparatemi". Se anche non l'avessero ucciso, il gesto sarebbe stato riportato, assicurandogli la gloria della disobbedienza all'Iniquo, mentre le due vittime che gli sono imputate avrebbero ugualmente, per mano piu' zelante, perso la vita. Basta davvero niente, al destino, per spingerci o di qua o di la'. Cinquantaquattro anni dopo, un ergastolo ha punito quella sottomissione (con quale certezza che fosse compiaciuta e non costernata?) ad un ordine impartito da una macchina repressiva infuriata, ma per arrivare a punire quell'istante i giudici hanno dovuto annullare o rendere per forza torvo tutto quel che una simile voragine di tempo trascorso puo' significare in un'esistenza umana, dimenticare l'uomo intero per colpirne un segmento morto, assumere un grigio superstite come simbolo da trafiggere, lasciando intravedere il corridoio vuoto di una disperata e inconsistente giustizia. Non c'era altra scelta: volendo processare Priebke bisognava andare a pescare nella Plata e portare fragorosamente in giudizio un simbolo scolorito e malfermo, incolpabile di sola servitu' militare e di "miseria di non essere santi", la parola con cui Leon Bloy si puniva e assolveva - davanti al quale, ragionando umanamente, domandarsi perche' con perplessita' e rimorso. In una diligente sovrabbondanza di giudizi (tre dibattimenti e una Cassazione, e transiti vari dell'accusato, in poco piu' di tre anni, tra detenzione in cella, ospedale, semiliberta') lo abbiamo visto oscillare, Priebke, tra l'una e l'altra delle sue inapparenze forzate, ora metafora di pura tenebra, ora formica elefantizzata di eventi schiaccianti, e ogni tanto qualche brusca schiarita di verita' (le voci di Montanelli, Mellini, Pannella, Romano, Adriana Montezemolo, Annamaria Ortese, Feltri, Toaff) a rammentare che dietro la sagoma in uniforme additata all'odio c'era, ahime', un vecchio in carne e ossa, carico d'anni come Giobbe, ischemico, sradicato incomprensibilmente, che pativa. L'ho avuto per un'ora e mezza davanti a me nel parlatorio del carcere militare romano, pochi giorni prima della sospensione di pena (provvida, appena in tempo per evitare di trasformare la sentenza definitiva in una mera condanna a morte) ed era uno strano confronto - il vecchio scrittore ebraizzante e l'ottantaseienne ufficiale tedesco di via Tasso - da cui le perplessita' che nutrivo sulla legittimita', il senso dei suoi processi sono uscite moltiplicate. Preoccupazioni umanitarie, d'accordo. Ma questo e' secondario, se si vede il diritto trattato come un cane ammaestrato pur di arrivare a una condanna estrema, e se le sventure giudiziarie di questo "ultimo sconfitto" non riaccendessero questioni filosofiche (tempo e prescrittibilita', tempo e memoria, tempo sempre riportato ad un'ora atroce, la guerra prima e dopo il 45) non occorrerebbe essere Dichter in durftiger Zeit (Holderlin), poeti dell'indigenza di un'epoca, e io lo sono.

    Faccio un poco di presa diretta, per dare al vivo il vero parlare di Priebke, un italiano argentinizzato, fuori grammatica ma chiaro, come l'ha riemesso il registratore: (...) "quando io sono venuto al convento Frascati il padre guar diano Andrea, dopo due giorni mi dice: signor Erich, lei e' completamente differente che io lo conosco dalla televisione, io vorrei invitare a Toaff, la Zevi e Rutelli che vengano qui e parlano con lei, io ho detto va bene ma credo che non viene nessuno. E ha voluto telefonare subito, naturalmente non e' venuto nessuno.

    Il caso Priebke comincio' con una grande bugia, nell'accusazione che mi e' venuta dall'Italia e la Argentina si dice che Priebke dal novembre 46 e' irreperibile, dicono che non mi hanno piu' trovato, io nel novembre 46 stavo nel campo dei prigionieri a Rimini, a disposizione del tribunale di Roma... Al campo siamo scappato il 31 di cembre e poi ho vissuto un anno e mezzo a Vipiteno con la mia famiglia, territorio italiano, indirizzo di casa mia era negli acti del tribunale militare di Roma poi arri vati a Buenos Aires subito abbia mo fatto i nostri documenti, nell'anno 50 un giornalista italiano ha scritto nel Tempo di Milano una intervista con me sopra la fuga di Ciano, che io sono stato partecipe di questa faccenda, no? Noi altri eravamo qui a Roma e la signora, la Edda, ha pregato di salvare la famiglia. Ciano stava in arresti domiciliari durante il governo di Badoglio e lei e' venuta pregando di essere portato via e Hitler ha detto il si' ma non per Ciano, digamos, io avevo raccontato questo, migliaia di italiani hanno letto che un capitano Priebke esta en Buenos Aires e fa il cameriere no? Mia moglie io l'ho dovuta lasciare nel 20 novembre 95 e poi non l'ho piu' vista, la povera donna ha avuto un shok molto forte il giorno del mio arresto, sono venuti la sera e quando mi hanno portato via lei ha avuto un shok forte, e un shok piu' forte nel momento che la polizia italiana mi ha portato via per estradizione. Questo fu del governo Berlusconi per pressione del Centro Wiesenthal di Los Angeles e la' si dice, non so che fecha era, il nostro collaboratore Cooper fa pressione sopra il presidente Berlusconi per la extradizione. Questa l'ha firmata il ministro Conso del governo Ciampi pero' dopo pochi giorni se n'e' andato e in Argentina l'ha spedita il ministro Biondi nel giro di 24 ore. Quello che hanno detto al TG1 giorni fa e' che Menem da va Priebke in cambio di lasciare stare coi desaparecidos rivendicati dalle famiglie italiane che dava fastidio ai suoi militari, ha parlato una persona di questo negocio io poi non so...

    Il mio extradizione secondo la legge argentina non era possibile e uno dei migliori penalisti argentini e' venuto da me volontaria mente e mi ha detto tu resta qui a Bariloche la tua extradizione non e' possibile e dopo como era questo che hanno cambiato... Io rido per non piangere, io faccio buena cara... In Argentina li' ho passato 50 anni come un uomo onesto, ho riconosciuto sempre tutto delle leggi, sono stato come presidente della comunita' tedesca della mia citta' molto conosciuto, ho lavorato 40 anni in una scuola tedesca molto grande e ora sono stato espulso, una persona onesta e buona no? Quando qui mi hanno dichiarato uomo libero il ministro interior argentino ha fatto il decreto di persona non grata... Qui sto perfettamente bene, mi trattano con la massima stima e pure a Regina Coeli digamos benche' digamos la prima settimana era molto mala ma il personale era eccellente loro hanno capito subito di che si tratta e in tutte le parti dove io sono arrivato le persone erano gentili sempre... Giornalmente mi controllano la pressione del cuore... Il mangiare e' buono, troppo... Quando sono arrivato nel con vento di Frascati il primo giorno non potevo credere mangiare con le posate non con il plastico, il bicchiere era di vetro, la cucina era eccellente e allora mi e' piaciuto naturalmente mentre tutto e' plastico qui e anche al Celio se le fa un poquito di forza subito si rompe la forchetta... Si' da me sono venuti parenti delle vittime che mi hanno visto come un perseguitato politico io gli ho detto che in pubblico io gli show non li voglio fare gli show li odio io non faccio il pentito come quei mafiosi che prima ammazza no e poi si pentono, questo e' un problema mio personale con chi ha soferto, no? La prima udienza che ho dovuto partecipare davanti ai giudici al Gip il dottor Mazzi c'era presente pure i parenti delle vittime e io ho letto in italiano una lettera di cordoglio a loro ho detto che per me era stato una co sa orribile partecipare, questo che ho spiegato loro non hanno voluto accettarlo...

    Lascio la presa diretta e riporto qualche brano della "Dichiarazione Spontanea", tradotta, che Priebke lesse in tribunale circa un anno fa (marzo 1998) quando furono condannati, lui e Hass, altra bella reliquia, quasi novanta, paralizzato - ormai moribondo - a galera a vita: " Come ho gia' detto molte volte, eseguire quel terribile ordine e' stato per me una cosa orrenda, una tragedia personale. Io non avevo mai ucciso prima di quel giorno e non l'ho, per fortuna, mai piu' dovuto fare... Se avessi potuto evitare quell'orrore lo avrei fatto.. . Questo modo di sentire, il dramma delle Ardeatine, mi ha accompagnato tutta la vita. Proprio per questo non sono mai stato disposto alla pubblica ambigua esibizione di pentiti che barattano la propria intimita' ed ogni pudore per non confrontarsi in modo chiaro con la giustizia e sfuggire quindi alle proprie responsabilita'. Persino su questo mio desiderio di mantenere la mia dignita' c'e' stato chi ha cercato di speculare con delle volgari insinuazioni. Questi sono stati i miei sentimenti nel dover partecipare a quelle atroci esecuzioni: noi come tutti dovemmo ubbidire...". Immagino come sara' stata letta questa confessione, da Priebke: con quel suo volto impassibile... Errore! Ci voleva scena! Ci volevano smorfie! Lacrime! Un bravo istrione avrebbe commosso tutti! Il dire monotono, senza alterazioni, senza sussulti, non cattura ne' la platea ne' i giudici, e ancora meno i giornali! Mi pare di leggerli, i loro titoli: Maschera cinica - Ri fiuto di pentirsi - Non convince i giudici... E sempre quelle finezze di alta civilta': il boia, l'ex boia, il nazista... Almeno, con ex, s'introduce l'attenuante della distanza... Ma ecco, il 9 febbraio, " Il Messaggero" nel dare la notizia della sospensione di pena gli rinnovellava la marchiatura: "il boia delle Ardeatine". (Le virgolette non le ho messe io: chissa', volevano essere, ormai, una sottolineatura ironica? Un effetto di straniamento? Un lo scriviamo ma non lo crediamo? Geniale!). Altro, ancora, dalla mia presa diretta, retroterra biografico: "... la mia moglie Alicia ha tre mesi di piu' che io, ci siamo conosciuti con tredici anni, i due sia mo stati orfani io con sette anni ho perso i genitori e mia moglie ha perso il padre in la guerra e mio fratello e' andato volontario con 17 anni ed e' morto in Fiandra, la grande battaglia dei volontari te deschi, e mia moglie nel 26 e' ve nuta in casa di una mia zia e li' ho conosciuta, non dico che era l'a more a prima vista ma la simpatia e poi lei e' stata fedele tutta la vita e io tutta la mia vita fedele a lei. Mi ha visitato il vescovo nostro di Bariloche e lui dice vedi la tua moglie quando io parlo con lei ri sponde, capisce tutto, ma se io comincio a parlare di te si rinchiude, non vuol sapere piu' niente. Eravamo una pianta insieme, tanto vivere insieme, pochi matrimoni sono cosi'. Puo' essere Alzheimer, io non so, mai mi hanno detto, pure il vescovo non mi dice tutto di lei...".

    Mi piace rincorrere le date. Ci sono dei curiosi riscontri, tra l'affare Dreyfus e l'affare Priebke. Esattamente cento anni prima dell'arresto di Priebke in Argentina, veniva arrestato Dreyfus. Nei giorni in cui a Roma terminava l'ultimo processo a Priebke, cento anni prima aveva luogo il processo a Emile Zola, per le sue violente accuse ai militari antidreyfusardi: 1898-1998... Non c'erano radio e televisione ma c'era una stampa tremenda, antisemita e militarista, a soffiare sul fuoco. Una schiarita d'orizzonte, per Dreyfus, venne finalmente nel 1899: dall'Isola del Diavolo, dov'era deportato, lo rinviarono al consiglio di guerra di Rennes (ancora non era finita). A Roma, oggi, il tribunale di sorveglianza, giudicando "ripugnante ad ogni senso di umanita'" la carcerazione di Priebke, concede la sospensione. Ma la sentenza liberatrice, per Dreyfus, non fu pronunciata che sette anni dopo. Dreyfus era innocente, ma grigio. Il suo salvatore, Zola, stava per abbracciarlo: gli caddero le braccia... Se fosse stato meno gelido, sul povero Dreyfus sarebbero piovute meno disgrazie! Avra' fatto le sue veridiche dichiarazioni con lo stesso tono di Priebke: non per incantare, ma perche' altro non aveva che la sua verita'. Non avere una maschera e' preso per una maschera. I chiodi per inchiodare ad un lignum qualcuno sono sempre belli e pronti, nei paesi cristiani. Riprendo dalla dichiarazione del marzo 98: "... sbeffeggiato dai soliti assetati di vendetta ai quali nessuno osava opporsi. Per loro era chiaro che si trattava di finzione. Persino dalla mia faccia e dal mio modo di camminare si desumeva che ero una specie di incarnazione dello stereotipo del nazista insensibile e votato al crimine, era evidente che non potevo provare sentimenti di cordoglio". Quanti avranno urlato e anche scritto, vedendo quel baccala' di mestizia di Alfred Dreyfus (pace a lui, tra i tanti Dreyfus del cimitero di Montparnasse): - Guarda che faccia! L'ebreo! Lo spione! Mi vien da pensare anche ad un altro processo celebre, e tristissimo, quello ad Aldo Braibanti. Era mirmicologo: perfino nella sua passione per le formiche ci videro l'inclinazione totalitaria, lo sfogo torbido di un criminale nato! Nove anni. Glielo rifecero: nulla. Ma la gogna non si cancella. La fabbrica di reietti mai conosce crisi. Oggi e' facile mondializzarlo, dopo averlo fabbricato, il reietto, circondarlo da tutti i lati, non dargli scampo: como el toro burlado, como el toro. Un'aula di tribunale che si affaccia su una sterminata arena, e il toro stremato, sanguinante, all'ultimo soffio... Ma come, ancora vivo? Scarcerato da Quistelli, Pilato alle strette? Eccoti arrivare un missile barbuto, avvocato, giurista e in quel momento, purtroppo, ministro di Giustizia, a corto di diritto autentico eppure forte di potere di vita e di morte, e l'appena lasciato libero e' subito spedito in isolamento, guardato a vista, a Regina Coeli, alla salute del Diritto! Stesso giorno: espulso dall'Argentina. Germania, suo committente del 1944: incriminazione parallela fino alla condanna italiana. Al convento nei Castelli, lo Stato italiano spedisce a sorvegliare questo pericolosissimo Minotauro qualcosa come duecento carabinieri, neppure ce n'e' tanti per il papa intorno a Castelgandolfo! Una polveriera marziana, questo Priebke! Sicuramente ha gia' pronto tutto per un partito di Rifondazione Nazista! Ottantanni suonati: l'eta' ideale per iscriversi alla Gioventu' hitleriana... Recita l'ultima sentenza: "Il passaggio del tempo dal commesso reato e' un dato processualmente neutro; l'eta' che gli imputati hanno raggiunto... rappresenta un dato pressoche' insignificante ai fini della commisurazione della pena". Stiamo ridiventando cannibali? Negate perfino le attenuanti generiche!! Domande, ancora domande... Porre domande e' la pieta' del pensiero, insegna il filosofo di Friburgo, anche lui dannato in aeternum per il suo discorso di rettorato del 1933: di che tipo e' la " neutralita' del Tempo"? E perche' l'eta' riconosciuta "avanzatissima" non dovrebbe far riflettere quando si commina - discussa pena - un ergastolo? Contro Priebke e Hass - visti al di la' del tempo, sempre verdi e sempre nazi - una fiacca Dike si fa tutta grinta - ma, qualche anno fa, un'altra corte non aveva mandato assolto un Pacciani? Dico e insisto: un Pacciani! E con quale passato, lui! Ma non c'e', se il giudice manca, se il male e' nel "luogo del giudizio" (Qohelet 3, 16), un'implicita salvezza proprio nel riparo sottratto o negato? Dallo sfaldarsi dell'odio che "mai puo' essere buono" (Spinoza, Eth. IV, 45) non emergera', per il reietto Priebke, l'ergastolizzato senza tempo, il riparo, la riparazione inafferrabile di cui ha bisogno?

    Qui dunque lo lascio. George Mosse nel suo bel lavoro su le Guerre Mondiali e il mito dei caduti tratta del mutamento forte avvenuto nel ricordo ai morti di guerra, in Europa, America, Giappone, dopo il 1945: il compianto prevale sulla celebrazione, perche' la vittoria non e' piu' di nessuno. E questo sono, in Italia, le Ardeatine, dove le obbligate visite di Stato sono finzioni stanche, quanto i silenziosi pellegrinaggi individuali un tonico spirituale, una restituzione del dono avuto: solo il compianto le abita. La' mi si e' manifestata la formidabile pietas della parola foscoliana: Proteggete i miei padri. La connessione e' misteriosa, ma chiarissimo l'urto emotivo. Il luogo e' pieno di anima, di presenze - cessato il terribile, spaventoso grido - che la loro calma vogliono sia per un lungo momento indossata da chi legge i nomi e ascolta le grotte, e li accompagni un tratto. Una luce bianca, dal silenzio... Proteggete i miei padri. .. Guido Ceronetti


    Clemenza e' tenere a freno la passione quando si ha il potere di punire. Lucio Anneo Seneca



    @Triangolo nero
    Ultima modifica di Dario; 29-03-19 alle 21:11

  6. #6
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    Predefinito Re: Guido Ceronetti (1927-2018)

    un grande, ignorato o passato per povero demente dalla cultura ufficiale
    «che giova ne la fata dar di cozzo?»

    “Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è ottima”

  7. #7
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    Predefinito Re: Guido Ceronetti (1927-2018)

    Ceronetti era famoso per la sua simpatia anche allo gnosticismo e una specie di filosofia di tenebre e luce, spirito e materia, attingendo da varie tradizioni come faceva E. Cioran (es. Lacrime e santi, Il funesto demiurgo, ecc.)

    Si evince da alcune citazioni. Eccone alcune estratte dalle precedenti per meglio analizzarle. Molte si adatterebbero alle mostruosità polpottiste o maoiste in Tibet, in risposta agli apparenti primitivi. I sacrileghi primitivi erano loro, le guardie rosse.




    *Voi mangiate il vostro foie gras insieme ai chiodi di Gesù Cristo.

    *Spia dell'autenticità della Compassione, la tenerezza ne restringe il campo. La compassione buddhista per tutti gli esseri viventi ne fa una pura dichiarazione di principio, è astratta come l'universale amore cristiano. La tenerezza non va oltre i pochi e qualche animale, si piglia cura di un solo angelo ferito. Non c'è né vera compassione né vera tenerezza senza alimentazione rigorosamente vegetariana: dunque tutti i preti fuori.

    *L'animale torturato, straziato e svaginato del proprio essere naturale, in ogni momento di tutti i secoli del predominio umano.
    Il suo grande urlo dal neolitico attraversa tutto l'arco sgocciolante sangue e lacrime della nostra maledizione in terra... Per chi abbia un cuore che abbia orecchi non è un silenzio, è veramente un urlo spaventoso, che si avvinghia ai lobi, che ci preme il petto con ginocchio di ferro...
    Ogni atto di tenerezza e di pietà, anche minimissimo, è infinitamente prezioso nella straziante giostra cosmica perché la storia non dà primati che alla martellante brutalità della Tenebra, non ha da esibire che strepiti e cori di vigliaccherie di forti calpestanti le debolezze...
    Chi tirerà fuori anche un solo topo da una gabbia sperimentale sarà scritto nei libri delle Sibille angeliche.

    *[Gli allevamenti industriali] sono una parte del dolore della storia, eterna crocifissione di un Servo del Signore agli orrori della Materia, e non tenerne conto è da storiografia amputata e complice delle tenebre

    *Chi vede, altro non vede che questo: la luce, le tenebre. Anna Caterina Emmerich [mistica e religiosa tedesca] vedeva la luce e le tenebre come realtà positive, forme viventi, vedeva ogni realtà visibile sotto specie di luce e tenebra e loro emanazioni. Se si costruiva una casa su ossa maledette, Anna Caterina lo vedeva e sentiva. La Russia era vista come un mare di tenebre. Quando luce e tenebre non sono viste che come metafore, perde luce il pensiero.

  8. #8
    Non dire gatto se...
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    Predefinito Re: Guido Ceronetti (1927-2018)

    io preferisco il ceronetti prosatore al poeta, però alcune sue traduzioni dal latino e dal greco le trovo frizzanti e mi piacciono parecchio, non ho nulla delle sue versioni dei testi biblici purtroppo quindi non saprei dare un parere
    «che giova ne la fata dar di cozzo?»

    “Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è ottima”

  9. #9
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    Predefinito Re: Guido Ceronetti (1927-2018)

    Ma io diffido dell'amore universale, la Repubblica, 18 settembre 2013

    CARO direttore, nel dialogo confidenzialmente pubblico tra papa Francesco e Eugenio Scalfari, mi permetto di intervenire senza imbarazzo, anche se la mia povera opinione può risultare più di disturbo che di plauso. Di applausi tutti ne ricevono troppi. Mi dissuade dall'applaudire l'eccessiva reciproca tolleranza. Il Contrasto (Pólemos) non è "padre di tutte le cose"? Una parola moderna è ancora più forte: "Il combattimento spirituale è altrettanto brutale della battaglia d'uomini" (Arthur Rimbaud). Sulle questioni ultime, bisogna soffrire e far soffrire con le parole.

    Manca il dramma, nel dialogo Papa Scalfari. Ciascuno, nel proprio dogma, si sente al sicuro. Dubito sia così, tra persone di elevata intelligenza, nel loro interno, ma non c'è rumore, nel loro scambio, di spade incrociate all'ultimo sangue. Entrambi gli interlocutori hanno in comune il soffio di una spiritualità morta, perciò il combattimento che impegnano è orfano della brutalità rimbaldiana.

    Ricordo un importante fallimento di Benedetto XVI: cercò di reintrodurre con un Motu proprio la messa tridentina, perché la conciliare è stato un vero assassinio liturgico e, avendo sensibilità musicale, volle eliminare le schitarrate elettriche dai riti superstiti. Ma siamo popoli delatinizzati, urtò con un clero più dotto di informatica che di verbi deponenti. Di America Latina non so niente, ma non credo che i suoi curati e vescovi abbiano familiarità con la latinità immortale di noi rari nantes. Tuttavia la Chiesa ha più bisogno di gregoriano che di esenzione dalle tasse in Italia. E ora tutto il carisma di papa Bergoglio si spende in ciò che sempre più allontana la Chiesa dal suo necessariamente scandaloso radicamento nel Trascendente delle origini.

    Quei rabbiosi straccioni senza pane della Riforma, che straziava e illuminava di grande il problema della Grazia, erano ben più veri cristiani di questi servitori del mondo incapaci di comprenderne il bisogno di assoluto che gli pesa sulla schiena di Cristoforo indicibilmente. "Solo un Dio può salvarci" lasciò detto il bravo filosofo di Friburgo, ma a volerci perdere gli Dei dimenticati sono tanti. E formidabili le ultime righe di Lutero con toda su muerte a cuestas: "Siamo dei mendicanti, la verità è questa". Mendicanti di altro, che non sia questo mondo di perdizione, che moltiplica i nonagenari e sega le ali ai bambini.

    Diffido delle proclamazioni di amore universale; siamo sette miliardi di àntropi su questa nave di pazzi, e amarli, tutti in blocco, è non amare nessuno.

    Del resto, non tutti hanno voglia di essere inclusi nell'abbraccio universale, sebbene tutti siano mendicanti di Lutero. Ma se do amore disperato alle donne che ricevono acido muriatico in faccia, darei tutt'altro a chi le assassina a quel modo: e il Papa se la sentirebbe? Il suo amore cristiano comprende anche i massacratori di cristiani che nel mondo sono un bel numero? Ero in San Giovanni mentre il cardinal Ruini da cento altoparlanti annunciava trionfalmente che la madre di un povero prete massacrato in Anatolia, don Santoro, aveva già perdonato, così in astratto, i suoi anonimi assassini. Mi venne da dubitare che quel suo figlio lei lo amasse poco, o che il perdono le fosse stato estorto da zelatori di amore universale su mandato della Cei... Insomma, all'imitatio Christi dobbiamo, come esseri umani, veramente umani, porre dei limiti.

    Certamente questo papato, non soltanto per modalità di stile più consone ai tempi, ci riserva cose strabilianti. Che una lampada si sia accesa nel grigiore uniforme dell'Oltretevere mentre l'Italia politica sprofonda sempre più in una tenebra vociferante, merita un saluto silenzioso e un'attesa inudibile.

    GUIDO CERONETTI

  10. #10
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    Predefinito Re: Guido Ceronetti (1927-2018)

    “Sono un patriota orfano di patria. Italia, regno della menzogna”, intervista a Silvia Truzzi del Fatto Quotidiano, 2014

    Nell’ultimo capitolo dei Promessi sposi s’incontra il più coraggioso prelato della storia della letteratura: sta tergiversando su un matrimonio che ancora non è sicuro s’abbia da fare, in attesa di esser certo che Don Rodrigo abbia tirato le poco nobili cuoia. Temporeggiando, Don Abbondio si aggrappa a Cicerone: “La patria è dove si sta bene”. E quindi, attraversando la Toscana su un Regionale veloce solo di nome, si cercano tracce del benessere che ha portato un torinese come Guido Ceronetti a scegliere un paesino tra le colline in provincia di Siena. La risposta è lapidaria: “Era destino che ci abitassi”. È una piccola casa, ci sono quasi solo libri e sono dappertutto: dunque meglio dire una biblioteca con camera e cucina. Bisogna fare molta attenzione a come si saluta il poeta, avendo presente una sua celebre affermazione: “La domanda più indiscreta, più insolente, più insoffribile, e la più comune anche, la più poliglotta, la più persecutoria, al telefono e faccia a faccia, la domanda che mette alla tortura chi ama la verità perché la si formula per avere in risposta una miserabilissima bugia è: Come stai?”. Sulla porta, senza domande di circostanza e dopo i saluti, è subito il tempo di un’invettiva sull’età canuta: “Contro la vecchiaia sei impotente, devi solo subire. Vai dal medico, ti dà qualcosa ma non fa quasi nulla. Il Salmo novanta dice: l’uomo vive settant’anni, in qualche caso può arrivare agli ottanta. Ma dopo è catastrofico. Sa, gli uomini soli patiscono la vecchiaia molto di più delle donne: a loro basta la famiglia”. Chiarito questo, si può cominciare.

    In quasi tutte le epoche si è gridato alla decadenza. Un vezzo nostalgico o nel caso della nostra Italia è proprio vero?

    L’Italia mi fa soffrire, per motivi di passione civile. Mi vedo come un patriota vissuto in una ininterrotta perdizione di patria, in una non-patria. L’assenza di patria, scriveva Heidegger nel 1946, sta diventando un destino mondiale. Dappertutto, le patrie stanno scomparendo o s’immaginano di esserci ancora. Migrazioni di popoli e globalizzazione tecnologica abbattono quelle frontiere per le quali abbiamo combattuto e penato tanto. Posso dire come Lucrezio: “In questo tempo di sciagure per la patria”. Ma se ci rifletto, a una patria che c’è ormai così poco non toccano sciagure.

    L’idea di patria ha avuto decisamente più fortuna a destra che a sinistra, forse come retaggio marxiano, “Gli operai non hanno patria”.
    Non si capisce bene perché la destra si sia impadronita di questo concetto, anche se il vecchio dogma operaista certamente dà una spiegazione. Il patriottismo moderno nasce con la Rivoluzione francese, c’è quello del Risorgimento e poi si arriva a quello dei totalitarismi. L’ultra-patriottismo del Fascismo ha dato l’ultimo colpo di piccone al sentimento di patria. Dopo il ’ 45 la parola “patria” era del tutto squalificata: il termine è sparito, ed è stato sostituito da “Paese”, che prima non si era mai sentito in riferimento allo Stato. Tanto è vero che c’era un giornale di sinistra che si chiamava Il Paese. E non avrebbe mai potuto chiamarsi La Patria! Figuriamoci, sarebbe diventato subito uno strumento dei fascismi. In quei primi anni subito dopo la fine della guerra però, anche a destra si andava cauti con la parola “patria”.


    Nel suo “Viaggio in Italia”, dei primi anni Ottanta, lei ha scritto: “L’Italia è ben poco interessante, il popolo, dopo tanta storia, è più che mai rincretinito”. Lo pensa ancora?

    Certo! Tante cose contenute nel Viaggio in Italia sono un travalicamento del senso di patria e nello stesso tempo trasudano una struggente nostalgia. Il termine “Madrepatria” esprime bene una trasposizione vera: la patria è una madre più grande per tutti. E quando manca la madre, il disorientamento è massimo. L’assenza di patria non è sostituita da nient’altro, forse solo, per quelli che ce l’hanno, dalla fede. Tra l’altro, sul tema dello stato confessionale, io voglio dire che è sbagliato pensare che l’Italia sia un Paese cattolico. Abbiamo almeno ottocento gruppi religiosi, la stessa Sicilia va diventando pentecostale: diciamo meglio che l’Italia è un Paese dove c’è anche il Vaticano. Una religione è anche un pensiero, e dov’è un vero pensiero cattolico in Italia, oggi? L’originalità di scrittori cristiani come Sergio Quinzio e Ferdinando Tartaglia resta insuperata. E poi silenzio.

    Questo Papa francescano le piace?

    Così così. Non mi piaceva nemmeno il suo predecessore, il teologo. Direi che tutto il discorso dei papi ha pochissima consistenza. Ascolto sempre l’interessante rassegna della stampa vaticana di Giuseppe Di Leo su Radio Radicale, la domenica. È fatta molto bene, ma quando si evocano le parole del Pontefice in un’occasione o nell’altra, qualcosa che somigli a un pensiero non c’è. Avevano fatto a Pio X, che aveva condannato il Modernismo per eresia, una domanda circa le idee nuove. Lui aveva un calamaio sul suo tavolo. E aveva risposto: “Lo vede questo calamaio? Non è mio, l’ho ricevuto. Quando me ne andrò lo passerò al mio successore: questa è la mia dottrina”. Cioè non avrebbe mai potuto cambiarla, non avrebbe mai speso una goccia di quell’inchiostro per trasformare la dottrina. È mutato lo stile. Papa Francesco potrà essere, nello stile appunto, un grande modernizzatore. Ma niente di più.

    Nei supplementi al “Viaggio in Italia” dedica alcune pagine al Museo delle carrozze dei papi.

    È un luogo affascinante: ci sono delle carrozze che altro che quelle dei Dogi! E poi cominciano le automobili: venivano fabbricate apposta, in modello unico, per donarle al Papa. Quella di Pio XII aveva un microfono con cui lui comunicava con l’autista, perché non poteva parlargli direttamente. Ma lui si muoveva pochissimo. Poi scoprendo una jeeppona per i viaggi africani di Papa Giovanni Paolo II vedi che c’è stato un cambiamento, inaudito e rapidissimo. Con l’inevitabile Papa-mobile si è ristabilita una certa distanza.

    L’obiezione sul pensiero inconsistente dei papi vale anche per la politica?

    Politici che pensano attualmente non ne vedo neppure uno.

    Lo stesso nella Prima Repubblica?

    Questo vorrebbe dire che ce n’è una seconda… Anzi, non so nemmeno se la nostra si possa dire una Repubblica. È nata di provetta e di cesareo: priva di padre e di madre. L’Italia unita è stata fatta da una dinastia celtica poco raccomandabile e finita male. Ricordo il passaggio decisamente traumatico e violento del 25 aprile. Dopo la Liberazione mi appassionava moltissimo tutto quel che era politica. Per slancio, del resto ero talmente giovane… Avevo nelle orecchie i discorsi del duce, quando – lo ricordo come se fosse ieri – andai, con molta speranza e un certo fervore, allo stadio che aveva appena cambiato nome da Stadio Mussolini a Stadio Comunale. Non c’era ancora la Repubblica. Mi trovai ad ascoltare – davanti a una folla oceanica perdutamente bisognosa di essere ingannata, un discorso unitario di Nenni e Togliatti, i due capi dei grandi partiti di massa. Ma era la prosecuzione di quegli altri discorsi, era lo stesso identico vuoto di verità. E quelli sono stati i padri fondatori. Con tutti i suoi difetti di romagnolo – non dimentichiamo che era stato amico e sodale di Mussolini prima del ‘ 15 – Nenni era comunque preferibile a Togliatti, che era un emissario di Stalin e un complice delle sue famose purghe. Ero della generazione delle “conversioni de La corazzata Potëmkin”. Alla domenica il Pci organizzava visioni gratuite del film di Ejzenštejn e il giorno dopo c’era una fila di ragazzi che andava a iscriversi al partito. Io no: avevo una grande diffidenza verso il Pci, e a partire dal ponte aereo di Berlino fui definitivamente anti-comunista. Tanti giovani avevano ancora residui di fascismo nelle vene, e a me era andato via del tutto con l’ 8 settembre. Poi c’erano gli increduli sulle deportazioni: sapesse le discussioni. “Ma come, non è possibile: paralumi fatti con la pelle umana, figuriamoci!”. A Nizza, sulla collina in faccia al mare, c’è un monumento con la scritta: “Qui è sepolto un pezzo di sapone prodotto con grasso umano”. Sventurato chi non piange.

    Primo Levi è stato sempre tormentato dal non essere creduto.

    Sì, è stato così tutti i sopravvissuti. Anche per mia suocera, che era stata a Birkenau. Io sono stato attirato dall’ebraismo per via delle persecuzioni. Un giorno, nel 1946, vidi in una libreria di Torino un libretto di Giuliana Tedeschi, Questo povero corpo. Raccontava le deportazioni al femminile: quel volumetto è stato molto importante per me. Tanti anni dopo, abitavo a Roma, mi chiama una ragazza e mi dice: “Mi chiamo Erica Tedeschi, buongiorno”. Ed era sua figlia. Faceva l’assistente sociale, si occupava dei profughi ebrei della Libia. Dopo la Guerra dei Sei giorni, molti ebrei libici avevano fatto una brutta fine: tanti ebrei nordafricani scampati arrivarono in Italia. La nostra convivenza felice è durata quattordici anni. Separati dall’ 82 e mai divorziati. Con Erica il mio rapporto non si è mai interrotto.

    Le sue posizioni su Erich Priebke – colpevole, lei ha scritto, di eccesso di obbedienza militare e della “miseria di non essere un santo”, di non aver cioè voluto rifiutarsi di partecipare all’eccidio delle Fosse Ardeatine – hanno fatto molto scalpore.

    Ho intervistato Erich Priebke. Per me è sempre stato un essere umano e non un mostro. E penso ancora che sia stato creato “Mostro delle Ardeatine” e “vittima di una giustizia dell’odio”, come ho più volte scritto. Penso poi che la scena della folla che prende a calci la sua bara – una qualunque bara – faccia schifo. Io volevo sottolineare il processo di trasformazione mediatica di una persona in un mostro, al di là delle sue responsabilità. Voglio dire che lui non è mai stato visto come un imputato, ma subito come un mostro. Era la sua caricatura. Detto questo, io ho sempre pensato che le Fosse Ardeatine siano state un crimine commesso da entrambe le parti. Prima della rappresaglia, c’era stato un atto terroristico dei gappisti, voluto dal Pci che voleva indurre i romani a insorgere.

    Su “Repubblica” ha scritto che bisogna assolutamente eliminare l’orripilante parola “femminicidio”, che abbassa le donne “a tutto ciò che, in natura, è di genere femminile, dunque zoologico, col destino comune di figliare e allattare. Ma, per noi, se non siamo bruti, donna significa molto di più. L’etimologia latina ne restringe il ruolo allo spazio domestico (domina); il Medioevo occidentale l’ha inventata (o rivelata) ideale, e su quel trono è rimasta, anche quando trattata a frustate”.

    Ho proposto di sostituire “femminicidio” con “ginecidio”. Non è che sia un neologismo bellissimo, ma appartiene alla schiera dei derivati dal greco classico (giné-gynekòs): gineceo, ginecologia, misoginia. Non pensavo mi toccasse di proporre un termine più accettabile per una cosa tanto ripugnante. Però “femminicidio” è rimasto nel linguaggio. Avevo scritto “Se riuscirò me ne farò un merito”, però le abitudini linguistiche sono dure a morire.


    È stato, è, femminista?

    Non è che mi sia mai interessato molto l’argomento. Cioè m’interessano le donne, ma questa è un’altra faccenda. Sono sempre stato naturalmente dalla parte delle donne, non ho mai visto ragioni di un contrasto “di genere”. Ero attratto dalla differenza, ma mi pare abbastanza ovvio. Ho un bellissimo ricordo parigino, che risale agli anni Settanta. C’era una manifestazione femminista in Saint Germain des Prés, con duecento ragazzine. Una – biondina, con gli occhiali, dall’aria timidissima – mostrava il seguente cartello: “E le clitoris, alors?”. Incantevole!


    Torniamo alle questioni culturali. Legge gli scrittori contemporanei?

    Molto poco.

    Ci fermiamo a?

    Guido Piovene. L’ho anche conosciuto e gli ho voluto bene. Cesare Pavese poi l’ho amato e mi ha interessato. Anche il Pavese poeta ha toccato corde che sono anche mie, come il rapporto città-campagna.

    “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via”.
    La luna e i falò. Quando poi dice “Un paese vuol dire non essere soli”: lo penso anch’io perché abito in un paese. Detto questo, “Il mestiere di vivere” è un capolavoro della letteratura italiana.


    Perché non la attira la narrativa contemporanea?

    Per lo più è roba dettata dal computer…

    Lei è molte cose: poeta, drammaturgo, scrittore, giornalista, latinista e biblista. Cosa si sente di più d’essere?

    Quel che più mi piacerebbe – e ci sono riuscito in buona parte – è di essere un filologo. Il resto è in consonanza. Come biblista era certo un miglior conoscitore dell’ebraico di me il Cardinal Martini. Ma non avrebbe potuto tradurre un salmo in una lingua moderna accettabile. Eravamo insieme in prima elementare a Torino. Ho anche una foto di tutta la classe con la maestra, nel 1934, ma non saprei più dire chi fosse il futuro arcivescovo di Milano in mezzo a quei grembiulini. È certamente singolare che in una stessa classe all’età di sei anni ci fossero due futuri biblisti… A me interessava ricavare dai testi del Vecchio Testamento un po ’ di autentica lingua italiana. Tutto quel che abbiamo di Bibbia tradotta in italiano è veramente roba da buttare.


    Brutte traduzioni?

    Per millenni i Papi hanno impedito che venisse letta, poi all’improvviso hanno cominciato a promuoverne la lettura. Mondadori ha stampato la Bibbia del Diodati addirittura nei Meridiani. Per tantissimo tempo è stata purtroppo la sola versione italiana disponibile. È una cosa che non si può dire. Ha presente l’italiano del Seicento imitato da Manzoni? Ecco, la lingua di Diodati è quella. Con effetti comici. In un verso il salmista si rivolge a Dio e dice: “Tu conosci quando io siedo, quando io cammino”. Diodati traduce: “Tu conosci il mio sedere”. Voglio vedere se uno non si mette a ridere. Per questo gli italiani fuggiranno sempre la lettura della Bibbia. Quando uscì nel Settanta il mio primo Qohelet, mi venne riferito che molti ragazzi dell’estrema sinistra lo tenevano come libro di capezzale. Adesso ho fatto l’edizione definitiva per Adelphi, ma potrei ritradurlo un’altra volta: è inesauribile. Lì non ci sono balle, non c’è politica.

    Ci spiega l’associazione balle-politica?

    Politica è menzogna incarnata, perché surrogato incruento della guerra civile. Là è il viadotto dei messaggeri infernali e ogni tanto di angeli buoni destinati a esserne vittime. Quando Lenin arrivò in Russia nell’aprile 1917 subito si mise a predicare la trasformazione della guerra europea in aperta guerra civile: così la menzogna della guerra attinse apici inauditi nell’hitlerismo, nel leninismo e nel mussolismo. Oggi nel mondo si salvano le perplessità di Obama o quella eccezionale donna birmana… Le menzogne nostre, italofone, sono bugie povere, senza grandezza, spurghi del pensiero unico che si maschera di anglismi, di sondaggi e di paraocchi economicoidi. Nessuna verità, neppure un quartino, mai.


    Che pensa dei quotidiani del 2014?

    Sono in giornalismo da circa settant’anni. I giornali vorrei che si salvassero, però con questi giovani giornalisti che usano una lingua sempre più standard, spersonalizzata, l’uniformità trionfa. Non è che sono scritti male, sono scritti uguale.

    Lei ha tradotto Marziale, Catullo, Giovenale: che pensa della sempre minor fortuna dei licei classici?

    È un disastro identitario e quindi politico. Ecco, se c’è una differenza tra la classe dirigente del secolo scorso e questa, è che l’altra aveva una base di latino. Questa non ha niente e perciò ha le chiappe scoperte. Se non hai come base il latino, quel che dici in italiano difficilmente contiene verità. Alla domanda “a cosa serve il latino?”, posso rispondere che serve a distinguere un uomo che ha studiato il latino da uno che non ne sa niente. Latino è il vero padre della patria. Purtroppo essendo destinato – anche per colpa gravissima della Chiesa che lo ha cancellato dai riti- a sparire del tutto, siamo in piena tragedia identitaria.

    Ai nostri politici invece piace molto usare termini inglesi: si sentono “moderni”.

    Matteo Renzi, sindaco di Firenze, la lingua italiana non l’ha difesa, perciò io lo rifiuto. Le vie di Firenze sono piene di parole inglesi: doveva mettere un argine. Quando l’ho sentito dire invece che “piano per il lavoro”, “job act” ho pensato che fosse come tutti gli altri. Buttare via la lingua è svendita identitaria.

    La grande obiezione che si fa a proposito di Matteo Renzi è “non è di sinistra”. Lei che dice?

    Che l’obiezione è miserimma: sinistra e destra sono vecchi fantasmi arcidefunti. Da segretario ha manovrato così bene da rimettere in sella Berlusconi che pareva finito. Bravo. L’uomo della provvidenza che getta il salvagente al provvidente più furbo: così la trappola si chiude.


    Il Pd è stato al governo con Berlusconi, ha votato insieme al suo partito il Presidente della Repubblica, ora farà con lui le riforme…

    No, non faranno nessuna riforma. Una somma di zeri mentali farà sempre zero. Con Grillo scendiamo ancora.

    Lei è coetaneo del Presidente Napolitano.

    Marameo: lui è più vecchio. È del ‘ 25 e io sono del ‘ 27. Il Papa emerito sì, è mio coetaneo. Fidel Castro, ridotto male anche lui, è dello stesso mese mio, agosto 1927, però Leone.

 

 
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