10. Referendum di appartenenza alla Nazione sarda.
Appurato in termini incontrovertibili che la Sardegna e il suo Popolo costituiscono una Nazione, dal punto di vista geografico, storico, linguistico, culturale in senso ampio, distinta da quella italiana, resta un solo elemento non definito ma determinante, in grado di affermarne istituzionalmente la sua esistenza: l’esplicitazione della coscienza, consapevolezza, volontà da parte del Popolo sardo, di esserne protagonista ed espressione politica, con tutti gli effetti che ne derivano.
Ma qual è lo strumento attraverso cui dovrebbe essere espressa tale volontà?
Tendiamo ad escludere che un simile riconoscimento possa scaturire dal Parlamento italiano, tramite una eventuale introduzione del concetto di Nazione sarda nella attuale Costituzione; anche ammesso che tutti i parlamentari rappresentanti la Sardegna siano concordi.
Ciò infatti equivarrebbe ad affermare che l’Italia è uno Stato plurinazionale e, pertanto, salterebbe la sovrapposizione Stato – Nazione, la sinonimia e presunto assioma (di cui abbiamo detto in precedenza) contenuti nella Costituzione.
Infatti, una simile eventualità, metterebbe in crisi l’attuale assetto istituzionale in quanto altre “nazionalità” presenti nel territorio dello Stato potrebbero legittimamente avanzare tale riconoscimento.
Neppure l’approvazione unanime di una deliberazione del Consiglio regionale della Sardegna in tal senso, sortirebbe l’effetto di una serena presa d’atto da parte degli Organi dello Stato a tutela della Costituzione. L’esempio che ha fatto scuola, è la bocciatura della Corte Costituzionale che ha negato l’associazione del termine “sovranità” al Popolo sardo.
Così come la sua introduzione in una eventuale riforma dello Statuto della RAS, poco probabile in Consiglio regionale ma anche eventualmente attraverso una Assemblea Costituente, sarebbe sufficiente per scalfire sul piano politico – istituzionale l’attuale condizione subordinata di Regione Autonoma.
A questo punto, va ricordato che non potrà esserci un riconoscimento della Nazione sarda senza una auto-affermazione esplicita e inequivocabile del Popolo sardo.
Dunque, l’unico strumento democratico, capace di certificare e sancire questa volontà, è un REFERENDUM di consultazione popolare.
Per quanto sia stato talvolta abusato in passato come strumento di “democrazia partecipata”, un simile Referendum evidenzierebbe, senza alcuna retorica, una nuova ed esaltante prospettiva per tutti coloro che sono e vogliono sentirsi parte della Comunità sarda. Forse, per la prima volta nella storia millenaria della Sardegna, l’intero Popolo sardo sarebbe chiamato a pronunciarsi sulla propria identità di Nazione.
In sostanza, sarà possibile affermare democraticamente, al cospetto dell’Italia, dell’Europa e del Mondo intero, questa volontà e consapevolezza. Ma l’aspetto politico, sociale e culturale più straordinario sarebbe che i Sardi si riconoscerebbero in un’unica entità collettiva a cui appartenere, per scelta e volontà, oltre che “di fatto”.
Ciascuno avente diritto, avrebbe modo di esprimere la propria identità e quella collettiva, manifestando una nuova consapevolezza, interrogandosi e scegliendo di essere protagonista del proprio avvenire, in quanto Sardo. Avvertire cioè quella particolare coesione, “su sentidu”, che darebbe valore politico di identità, singola e collettiva allo stesso tempo, da sempre negata.
Potrebbe essere anche la prima volta che un popolo è chiamato ad esprimere democraticamente tale volontà; sarebbe l’espressione più eclatante di appartenenza che la storia della Sardegna abbia conosciuto.
L’indizione del REFERENDUM avrebbe un impatto molto significativo in tutto l’iter della sua esplicazione.
Intanto, attraverso la raccolta delle firme si avrebbe modo di svolgere una prima fase di sensibilizzazione e informazione sul significato dell’essere Nazione e di volerlo manifestare, in tutti i suoi risvolti culturali, sociali, politici ed economici.
Nella ipotesi di una significativa adesione già durante la raccolta delle firme e soprattutto della auspicata indizione del REFERENDUM, si aprirebbe la fase importante di dibattito e confronto nella società sarda, tra tutte le sue espressioni culturali, sociali e politiche più o meno organizzate.
L’idea di Nazione sarda, ormai patrimonio acquisito e trasversale pressoché in tutti gli schieramenti politici, da “sinistra” a “destra”, passando per il “centro”, non sarebbe appannaggio di un gruppo di parte, ma avrebbe l’impatto di una corale manifestazione di consapevolezza, maturità ed assunzione di responsabilità di tutta la Comunità sarda nel suo insieme.
Si avrebbe modo, in sostanza, di poter sensibilizzare tutti i sardi, attraverso i mezzi di informazione, su di un concetto ancora adesso sottovalutato, espresso “sottotraccia” ed il cui significato resta precluso ai più o, come tuttora accade, occultato e travisato dalla cultura “italianista”, a cominciare dalla “disin-formazione” operata nella scuola.
Dopodiché, col responso della volontà popolare, si aprirebbe comunque una nuova fase nel rapporto istituzionale tra la Sardegna e lo Stato italiano.
Ma un eventuale consenso attorno all’affermazione dell’idea di Nazione sarda, aprirebbe la porta verso l’agognata autodeterminazione e l’assunzione di responsabilità per costruire, in Sardegna, una società non più oppressa ma finalmente libera di esprimere tutte le sue potenzialità, con l’unico obiettivo di favorire e realizzare il benessere e le aspirazioni dei Sardi.
Naturalmente, ogni componente politica presente in Sardegna avrebbe modo di mostrare tutte le sfumature della propria sensibilità nell’immaginare una Sardegna - Nazione secondo i propri valori e ideali.
Relativamente alla tipologia del REFERENDUM, per quanto l’attuale normativa prevede possa essere solo consultivo, riteniamo che questo sia comunque vincolante per l’Assemblea “Regionale”. Non deve limitarsi cioè ad una semplice consultazione, un auspicio, ma una dichiarazione di volontà.
Nella riscrittura del rapporto istituzionale tra lo Stato e la Sardegna, andrà chiaramente espressa la risoluzione nell’affermare la consistenza della Nazione sarda, non più “Regione Autonoma” ma soggetto istituzionale distinto, con ampie garanzie affinché il Popolo sardo possa gradualmente dotarsi di tutti gli strumenti per la propria autodeterminazione e, se o quando lo riterrà opportuno, del diritto all’indipendenza.
Esiti dell’espletamento del REFERENDUM.
L’impatto ed effetto di questa azione politica avrebbe una forza dirompente nel dibattito politico in Sardegna: “l’uovo di Colombo” sul quale si è girato attorno senza cogliere questo passaggio che, dal nostro punto di vista, riteniamo assolutamente indispensabile e determinante.
Qualora l’esito referendario dovesse sancire la consapevolezza e volontà del Popolo sardo di dichiararsi Nazione, si porrebbero immediatamente alcuni passaggi istituzionali di portata storica.
La Sardegna non sarebbe più una semplice Regione seppure a Statuto speciale, dello Stato italiano, in termini di articolazione amministrativa e territoriale ed emanazione delle sue strutture e apparati.
Si potrà infatti chiedere a ragion veduta di procedere al riconoscimento, all’interno della Costituzione attuale, dell’esistenza della Nazione sarda, ravvisando in tal modo l’attuale natura plurinazionale dello Stato.
Altro esito logico dovrà essere l’approvazione non di una “revisione” dell’attuale Statuto della RAS, quanto piuttosto la stesura di una “Carta costituzionale” della Nazione Sarda, non più quindi “Regione Autonoma”.
L’organismo che dovrà sovrintendere alla scrittura della nuova Costituzione sarda, non potrà che essere una Assemblea costituente. I contenuti dovranno prevedere il trasferimento graduale di tutte le competenze attualmente attribuite allo Stato. Naturalmente tali competenze verrebbero assunte dalla Nazione sarda solo nel momento in cui ci saranno le condizioni strutturali, (normative, finanziarie, umane) per una loro amministrazione completa e indipendente. Nelle more dei passaggi delle consegne istituzionali, verrebbero mantenute tutte le norme vigenti dello Stato italiano.