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    Fine della sinistra italiana

    di Norberto Natali

    I fatti avvenuti nelle scorse settimana a Roma rappresentano un discrimine fondamentale per la sinistra. Ci sono nella storia dei momenti in cui, anche simbolicamente, si determina un cambiamento. Fu così, ad esempio, per la marcia dei 40 mila a Torino. Quello che è successo a Roma ci costringe ad aprire una riflessione.

    Ringraziamo il compagno Norberto Natali per questo suo contributo di cui pubblichiamo la prima parte.



    Appunti sui fatti di Torre Maura e Casalbruciato.
    Proposte di discussione contro i “monatti” del movimento operaio in Italia.

    1. LA VERITA’ MEDIATICA

    Le forze di sinistra e più conseguentemente antifasciste, la grande stampa e radio tv più democratica (come il gruppo “Repubblica-La Stampa” o “Corsera” o conduttori come Corrado Formigli) mercoledì scorso (10 aprile 2019) si sono scatenati: dure proteste, articoli infuocati e pieni di ardore, cortei e scioperi.

    Tutto ciò era giustificato: un povero operaio di 25 anni -Gabriele Di Guida- era morto schiacciato, in una fabbrica della Brianza per colpa del padronato. Il macchinario al quale era addetto, infatti, era difettoso (quindi non è stata una disgrazia accidentale ed imprevedibile) e si può immaginare la paura e la solitudine di questo ragazzo, poiché il suo ultimo atto è stato un sms alla propria fidanzata: “questa macchina non funziona bene”.

    Per questo il Presidente del Consiglio è andato a visitare quella ragazza rimasta sola prima di avere una propria famiglia (comprensibilmente si è commosso incontrando la mamma di Gabriele) e il ministro dell’Interno ha tuonato sui social: “gli infami che per guadagnare di più uccidono giovani come Di Guida non devono uscire più di galera”.

    Lo sdegno e la mobilitazione della grande stampa e della sinistra -Luca Casarini in testa- per questo fatto sono stati tali che hanno messo in ombra un altro grave avvenimento di quel giorno: a Casalbruciato (Roma) alcune decine di persone, della stessa classe sociale del giovane morto in Brianza, hanno impedito a un rom di accedere ad una casa del comune, sobillati dai fascisti col motivo di voler attribuire quell’alloggio ad una ragazza, madre di un bambino di pochi mesi il cui padre è un operaio precario (forse candidato alla stessa fine orribile che ogni anno tocca a migliaia di lavoratrici e lavoratori).

    Tutti capiscono che quanto scritto qui sopra è solo frutto di amara, quasi rabbiosa ironia: è successo esattamente il contrario.

    Mercoledì scorso sembra non sia morto alcun giovane operaio, lo stesso vale per i giorni e le settimane precedenti, in generale nessun proletario ha subito sofferenze ed umiliazioni. La cosa più grave ed importante capitata in Italia (stando ai media e quindi a certa sinistra) è stato quel gesto di alcune decine di proletari di Casalbruciato: ancor di più, ciò era capitato per un numero poco superiore di proletari di Torre Maura, pochi giorni prima.

    *********

    Un tempo -nella sinistra italiana- si verificava e criticava l’attendibilità e la funzione dei media in rapporto alla verità dei fatti: oggi è il contrario, la verità dei fatti è quella stabilita dal sistema mediatico.

    Un tempo il PCI spingeva le grandi masse proletarie a non credere acriticamente a tutto ciò che propinava l’informazione del capitalismo, sollecitando l’indipendenza critica, a non illudersi sulla presunta “neutralità” della stampa borghese, a scoprire come essa sia suddivisa tra poche fazioni della borghesia imperialista che se ne serve per incrementare i propri profitti. Non solo quelli incassati con le varie aziende editoriali ma quelli garantiti, in altri settori, dalle manipolazioni e dalle pressioni esercitate dalla “propria” stampa.

    Un esempio concreto: avete notato come, da pochi anni, Berlusconi sembra sia diventato una persona seria ed integerrima? Fino agli inizi di questo decennio, è sempre stato indicato (non sarò io a dispiacermene) come un personaggio losco, forse un criminale, dedito a turpi interessi di varia natura ed in vari campi. Dai sospetti di sfruttamento (o di “consumo finale”) della prostituzione minorile fino ad inquietanti e ripetuti rapporti con la mafia, passando per frodi, fondi neri, evasioni fiscali, rapporti delle sue aziende con poco chiare imprese straniere, ecc.

    Un continuo: solo La Repubblica, per una singola questione, ha ripubblicato per mesi, consecutivamente, il noto editoriale “dieci domande a Berlusconi”. Per non parlare del “conflitto di interessi”.

    Due mesi fa è morta -in circostanze “misteriose”- una ragazza che partecipava alle seratine di Arcore con altre coetanee e che era diventata testimone d’accusa contro di lui in un processo ancora in corso. Praticamente, ciò non ha avuto alcuna importanza: pensate sarebbe stato lo stesso fino a sei o sette anni fa?

    Questo piccolo esempio ci ricorda come gli interessi e i circoli borghesi che ruotavano intorno alle attività di De Benedetti (padrone del gruppo “La Repubblica-L’Espresso” e di tanto altro) per due decenni hanno sostenuto un duro scontro (non certo per nobili ideali come l’antirazzismo e simili) con quelli di Berlusconi; ora questo scontro si è ricomposto.

    Le posizioni di certe forze politiche non possono essere comprese se non come riflesso anche di tali scontri e di altri più importanti, ovvero le contraddizioni interimperialistiche. Almeno così, personalmente, avevo imparato a ragionare nel PCI.

    Infatti si è passati, con molta disinvoltura, dall’antiberlusconismo più acceso al patto del Nazareno e ai suoi sviluppi attuali: oltre al contratto di governo, oggi in Italia è in esercizio anche un “contratto di opposizione”.

    Per coprire tutto ciò, diviene necessario dare centralità al razzismo che -all’atto pratico- viene imputato sempre e solo ai proletari e ad altri ceti popolari.

    *********

    I più astuti, anche a sinistra, hanno finalmente denunciato che i fascisti ricevono opportune “soffiate” sulle assegnazioni di case o sugli spostamenti di rifugiati o nomadi. Strano che si fermino qui: ci vuole molto a sviluppare questo ragionamento, concludendo che tutto risulta ben organizzato, preordinato e sincronizzato?

    Il 2 aprile, un particolare atto amministrativo ha provocato l’inizio delle manifestazioni di Torre Maura contro l’improvviso e immotivato trasferimento di 70 rom in un ex presidio sanitario della borgata, evacuati poi il successivo venerdì 5 aprile. Ciò ha consentito di fare di Torre Maura l’argomento principale, dirimente della società e della politica italiana, fino a domenica 7 aprile. In fondo, si trattava, al massimo, di una cinquantina di fascisti venuti da fuori e di circa 200 persone del posto (un centesimo o poco più della popolazione locale) alcune delle quali provenienti da borgate limitrofe.

    Un altro apposito provvedimento, puntuale, proprio lunedì 8 aprile ha assegnato un alloggio ad una famiglia rom con sei figli nelle case popolari di Casalbruciato, consentendo la riapertura del medesimo circo mediatico immediatamente spostatosi da Torre Maura. In questo caso, si è trattato di una quindicina di fascisti (forniti di un gazebo ed estranei al quartiere) e una cinquantina, a dir tanto, di residenti del posto.

    Casalbruciato è stato l’argomento numero uno delle polemiche nazionali per “soli” tre giorni. Da giovedì 11 aprile, la “prima pagina” doveva essere dedicata a notizie più importanti che stavano maturando: l’avvicinamento alla Sicilia di un’imbarcazione di una ONG tedesca con alcuni naufraghi provenienti dalla Libia e, soprattutto, la guerra intorno a Tripoli, la quale potrebbe causare un nuovo esodo di massa di poveri disperati verso il nostro paese.

    Allo stesso modo, non si vuole comprendere la “regia” di tutta la questione immigrazione. Dall’inizio dell’anno, con tre imbarcazioni (per ultima quella di Casarini) ciascuna ospitante alcune decine di migranti salvati nelle acque libiche, si è potuto “occupare” tutta l’attenzione mediatica (salvo brevi, opportune, pause tra un caso e l’altro), il tutto alternato con le vicende riguardanti l’incriminazione di Salvini per la nave Diciotti e perfino le polemiche scaturite dal festival di San Remo.

    Così, in definitiva, si è fatto in modo che i primi cento giorni di questo 2019 avessero, quasi tutti, come principali argomenti nazionali “l’immigrazione” e “il razzismo”, quelli che più di tutti gli altri dovevano interessare le grandi masse e sui quali, prima di ogni altra cosa, il popolo deve schierarsi e dividersi.

    ********

    In questo quadro, come si fa a credere ingenuamente che anche la vicenda del giovane e simpatico antirazzista che ha contestato i fascisti a Torre Maura non sia stata strumentalizzata e gestita dalla regia di cui sopra?

    A parte il “caso” che tutto è stato filmato e registrato (a favore di giornali e tv) da questo episodio tutti hanno tratto grandi vantaggi. I fascisti hanno fatto vedere quanto sono democratici, aperti e tolleranti e come sia minoritario (rispetto al resto dei presenti) chi è in disaccordo con loro; gli “antirazzisti” hanno avuto modo di farne un’icona e tutti insieme hanno rimediato alla figuraccia collettiva fatta a Como a fine novembre 2017, quando i fascisti si dimostrarono violenti e minacciosi e gli “antirazzisti” codardi e subalterni.

    Il ragazzo ha esposto una posizione che non è assolutamente espressiva degli abitanti del quartiere né delle forze politiche: nessuno, neanche la sinistra, ha difeso il modo in cui è stata presa ed eseguita quella decisione sui rom. In un’altra trasmissione molto seguita, per esempio, un giovane che aveva partecipato alla manifestazione antifascista di Torre Maura del 6 aprile, ha comunque criticato il trasferimento di quei rom nel suo quartiere. Che si sappia, l’unico che ha difeso quel trasferimento è stato questo giovane, a favore di telecamere e microfoni.

    Inoltre, le sue affermazioni, tanto mitizzate da certa sinistra, sono equivoche e a doppio taglio. A questo giovane, con affetto e spirito fraterno, nessuno ha detto che con i fascisti non si parla ed anche che il suo intervento dimostra, al contrario di quanto sostengono certi suoi “fan” interessati e dai quali farebbe bene a guardarsi, come lui in realtà accetti troppe cose in questa società, altro che “nun me sta bene che no”.

    Se ne riparlerà, ora mi limito ad un solo esempio. Dal suo discorso, consegue che a lui “sta bene” una discriminazione dei rom più duratura ed estesa di quella attribuita alla gente di Torre Maura: essi vengono sistematicamente esclusi dalla possibilità di trovare accoglienza nel 1 e nel 2 Municipio di Roma, ossia le zone centrali e i quartieri più aristocratici e dei più ricchi, guarda caso gli unici amministrati dagli “antirazzisti” del PD. Questo ragazzo deve sapere che in tali Municipi ci sono molti alloggi di proprietà pubblica, alcuni dei quali sono anche a pochi passi da palazzo Grazioli, la residenza di Berlusconi vicino a piazza Venezia. Perché nessuno di questi viene assegnato a un rom o a un profugo?

    Nelle stesse zone ci sono ospedali chiusi ed altri importanti edifici che sono adattissimi ad accogliere confortevolmente povera gente che ne ha bisogno: questo ragazzo di Torre Maura deve riflettere sul fatto che quelli che fingono di approvarlo e di esaltarlo, si guardano bene dal chiedere ai presidenti del 1 e del 2 Municipio di dare un sonoro schiaffo morale alla “canaglia pezzente” di Torre Maura (o Casalbruciato) provvedendo loro ad ospitare i nomadi oggetto di tanta ostilità.

    Purtroppo, molti di quelli che enfatizzano questo simpatico ragazzo di Torre Maura, trascorrono le vacanze a Capalbio, alcuni vi sono residenti ed hanno respinto qualsiasi ipotesi di accogliere nel territorio del loro comune (amministrato dal PD e dalla sinistra) nomadi o profughi.

    Comunque, in questo periodo, le centrali che regolano le “onde” e le suggestioni comunicative hanno deciso di puntare sui quindicenni, come dimostra il caso della ragazza ecologista svedese o di quello che ha chiesto aiuto al telefono mentre era su un pullman (insieme ai suoi compagni di scuola) recentemente sequestrato dall’autista nel cremonese.

    In ogni caso, il sistema mediatico borghese, fingendo spontaneità, seleziona accuratamente le notizie, le idee e le persone di cui si può o non si può parlare, come dimostra l’ignobile caso di quel povero giovane operaio morto lo scorso 10 aprile in Brianza.

    Vale la pena ricordare che ho sfidato i giornalisti ad intervistarmi, sono andato a Casalbruciato proprio nel luogo dove erano tutti, ma si sono ben guardati dal farlo.

    C’è di più. Venerdì 12 (fino a ventiquattro ore prima non si parlava d’altro che di Casalbruciato) l’Associazione Inquilini e Assegnatari ha organizzato un’assemblea degli abitanti delle palazzine che sono proprio al fianco di quelle balzate agli onori della cronaca. C’era più gente di quanta ce ne fosse al presidio “razzista” e con le bandiere rosse: ma questo non lo sa e non lo deve sapere nessuno!

    La stessa cosa è capitata il 21 gennaio dell’anno scorso a Tiburtino III (borgata confinante con Casalbruciato). Per piccoli manipoli di fascisti che erano andati lì, in tv se ne è parlato per ore ed ore ma nessuno sa che circa 150 comunisti del luogo hanno partecipato ad una manifestazione per celebrare l’anniversario della nascita del PCI, malgrado la stampa fosse stata appositamente invitata a partecipare e a riferirne.

    Invece l’intervento di quel ragazzo di Torre Maura è stato trasmesso e ritrasmesso fin da subito. Strano?

    ***********

    I fatti sono questi:

    - dal 1 gennaio scorso sono già morti sul lavoro circa 200 lavoratrici e lavoratori: molti più dei nomadi di cui si è parlato in queste settimane e non meno dei poveri migranti accolti sulle imbarcazioni di cui si è parlato continuamente per tre mesi. Tra queste vittime ci sono delle donne (non sono “femminicidi” questi?), dei ragazzi (come è capitato lo scorso 10 aprile) ed anche degli anziani, tra i 60 e i 65 anni (l. Fornero assassina!). Soprattutto ci sono numerosi proletari stranieri, immigrati che non interessano al signor Casarini: a lui importa solo farli sbarcare, come muoiono sfruttati dopo non gli interessa. Oppure gli importa solo di fare ciò che gli assicura uno spazio mediatico?

    Lo sfruttamento e i morti sui posti di lavoro non esistono nella verità mediatica. Nella maggior parte dei casi, ciò avviene per precisi calcoli dei padroni: esercitare una puntuale e completa manutenzione, adottare le necessarie misure di sicurezza, rispettare le leggi vigenti costerebbe di più che pagare un eventuale risarcimento per un lavoratore morto. Una specie di macabra lotteria criminale.

    La maggior parte dei lavoratori evita di protestare, di segnalare pericoli, di rifiutare prestazioni pericolose o non conformi alla legge per il clima di ricatto e di paura che si estende crescentemente nel mondo del lavoro, dovuto -insieme ad altro- al jobs act e ad altre misure approvate anche da partiti accesamente “antirazzisti”.

    - da alcuni calcoli fatti dall’INPS nei primi mesi di quest’anno, risulta che un lavoratore che può avvalersi delle vecchie norme previdenziali, dopo 41 anni di servizio, può andare in pensione anche a poco più di 60 anni percependo (nel caso di un operaio qualificato) fino a 1.600 euro netti mensili, mentre un lavoratore più giovane -alle stesse condizioni- prenderebbe circa 1.050 euro. La pensione di reversibilità, nel primo caso erogherebbe al superstite poco più di 1.000 euro al mese, mentre questa si ridurrebbe, nel secondo caso, a meno di 600. I giovani avranno pensioni da fame, assai peggiori di quelle attuali.

    Questo bilancio è l’indicatore più generale delle condizioni del trattamento dei lavoratori nell’ultimo quarto di secolo. Grazie anche alla legge Fornero e ad altri provvedimenti decisi insieme da partiti “razzisti” ed “antirazzisti”: quando serve sanno unirsi!

    - due mesi fa, il centro studi di Confindustria ha reso noto che la retribuzione media delle fasce di età più giovani dei lavoratori è di circa 830 euro al mese. Pochi biglietti da dieci sopra la soglia di povertà. Se non ci fossero state le politiche dell’ultimo quarto di secolo, questa cifra dovrebbe essere almeno il triplo. Un tempo si lavorava per vivere, aspirando ad un miglioramento qualitativo onnilaterale, oggi si sopravvive stentatamente solo per lavorare (sempre peggio).

    Fine della sinistra italiana
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  2. #2
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    Predefinito Re: Fine della sinistra italiana

    Fine della sinistra italiana - Seconda parte

    Pubblichiamo la seconda parte dell'interessante contributo di Norberto Natali

    2. TORRE MAURA.

    A Roma esistono due tipi di borgate (tre se consideriamo i vecchi insediamenti di veneti e romagnoli verso il litorale) e designano abitati con precise caratteristiche; non si tratta cioè di un sinonimo intercambiabile di quartiere popolare o periferico.

    Torre Maura appartiene alla categoria largamente maggioritaria di esse, sono più di cinquanta e mediamente hanno oltre 10.000 abitanti ciascuna. Per la gran parte sono sorte lontano dal centro ma all’interno (spesso al confine, come Torre Maura) del GRA, in alcune zone -in particolare la Casilina- invece se ne trovano anche fuori, perfino di molto.


    Nell’ultimo dopoguerra, in particolare dagli inizi degli anni ‘50 e fino ai primi anni ‘60, furono attirati a Roma centinaia di migliaia di meridionali ed anche umbri, marchigiani e residenti di tutte le province del Lazio.

    Vennero abbandonati a se stessi (si trattava soprattutto di braccianti ed edili) e si costruirono da soli le case in cui abitare. Molti “palazzinari” e famiglie aristocratiche fecero affari d’oro perché gli vendettero piccoli lotti di terreno su cui poter costruire (una delle prime associazioni di massa promosse dal PCI si chiamava “unione lottisti”, poi unione borgate) a prezzi esagerati malgrado il piano regolatore non consentisse l’uso di quei terreni per fini residenziali.

    All’interno di molte borgate romane vi sono piccole zone che gli abitanti chiamavano “Corea”: contemporaneamente a quella guerra (1950-1953) vigeva una norma per cui un’abitazione abusiva non poteva essere abbattuta dai vigili urbani se il suo tetto veniva edificato nell’arco di una notte. Così migliaia di persone, ciascuno chiamava parenti, vicini ed amici, si radunavano al tramonto sui diversi lotti e fino all’alba tiravano su quattro mura (o quattro colonne) per appoggiarvi sopra un solaio in muratura come tetto.

    Come detto, sorsero decine di migliaia di abitazioni abusive, grandi centri dormitorio, per depositare i lavoratori necessari per il grande “sacco di Roma” (l’enorme e rapida espansione urbanistica speculativa) nei quali non c’era letteralmente nulla: dai negozi (comprese le farmacie) alle fognature, dall’illuminazione, all’acqua potabile ed ai trasporti pubblici, mancava tutto. Spesso anche la chiesa.

    Come è comprensibile, capita che alcune borgate hanno una propria “specializzazione” regionale o addirittura provinciale: ve ne erano di marchigiani, di ciociari, di calabresi, ecc. oppure determinati comuni e zone di provenienza, vedevano la maggior parte della loro popolazione concentrata tutta in un posto. Questa ondata migratoria massiccia, rapida, comportò delle parallele “specializzazioni” anche in alcuni settori lavorativi: per molto tempo, ad esempio, la gran parte dei garagisti di Roma proveniva dal comune di Schiavi di Abruzzo (CH).

    ********

    La grande forza del PCI si radicò incrollabilmente in tutte le borgate che cingevano la capitale con la lunga e difficile lotta per l’emancipazione, il riscatto e la dignità di questa parte del popolo. Le battaglie contro l’abusivismo speculativo e la voracità dei palazzinari si coniugavano con quelle per l’allacciamento della rete fognaria, della corrente elettrica, dell’acqua potabile a tutte le borgate, per il loro risanamento urbanistico, per il verde pubblico e i servizi.

    Si trattò di una lotta che combinava le rivendicazioni e le battaglie immediate e materiali con quelle per l’emancipazione e l’elevazione della cultura e della coscienza della classe lavoratrice, delle sue donne e della sua gioventù. Una lotta per l’avanzamento delle condizioni materiali di vita strettamente intrecciata a quella per un corrispondente progresso di quelle morali, in un quadro di fondo di prospettiva rivoluzionaria, di lotta per la pace e il socialismo: da tutto ciò discendeva una forte connotazione o identità di classe e -si potrebbe dire- un certo orgoglio di appartenenza ad essa.

    Nelle borgate il PCI prendeva la maggioranza assoluta dei voti oppure ci si avvicinava, risultando sempre il primo partito.

    Questo enorme e rapido fenomeno migratorio (all’epoca molti “borgatari” parlavano veramente lingue incomprensibili ai romani già residenti e viceversa) fu ben “governato” dal PCI e dalle associazioni di massa del movimento operaio, benchè fosse stato provocato dalla DC, dai palazzinari e dai proprietari terrieri.

    In primo luogo, non si consentì che le condizioni materiali e morali di vita dei proletari già residenti a Roma fossero peggiorate a causa di tale fenomeno, tanto più si evitò che strati della borghesia potessero ricavare maggiori profitti sia dall’immigrazione che dallo sfruttamento di questa per intensificare quello dei proletari già abitanti a Roma.

    In secondo luogo, le lotte per l’emancipazione ed il progresso qualitativo ed economico videro unite ed intrecciate le battaglie di tutti i lavoratori e quelle dei quartieri popolari periferici con quelli delle borgate vere e proprie, si trattava anche di insediamenti vicini tra loro.

    Con tali premesse, veramente si potè affrontare qualche disagio, qualche tensione dovuti al veloce aumento della popolazione in termini di “integrazione” ovvero di reciproca conoscenza, comprensione, solidarietà ed unità tra popolazioni di diversa provenienza. C’è sempre una parte arretrata delle masse molto chiusa, reticente nell’affrontare le novità ed anche preda della stupidità e del pregiudizio. In questo senso, capitarono anche problemi tra diverse borgate (cioè abitanti provenienti da regioni diverse) ma furono superati abbastanza presto grazie all’intelligente politica del PCI qui accennata.

    **********

    Oggi, molte delle originarie borgate sono cresciute ospitando grandi insediamenti di case popolari aventi, spesso, più abitanti di quelli dei vecchi edifici autocostruiti 50-60 anni fa. È il caso, per esempio, dell’arcinota Tor Bella Monaca (oltre che della stessa Torre Maura) nella quale gli abitanti della parte composta di vecchie e basse casette del dopoguerra sono una piccola minoranza rispetto alle migliaia di famiglie (giunte circa 35 anni fa) che vivono negli enormi caseggiati popolari teatro di tante notizie di cronaca (soprattutto nera).

    Oltre alle borgate, a Roma esistevano migliaia e migliaia di famiglie che vivevano accampate in grandi e piccole baraccopoli, vere e proprie “favelas” nostrane composte di tuguri variamente arrangiati collocati in zone semiperiferiche, spesso presso le rovine archeologiche, per esempio sotto gli acquedotti. Tali baraccopoli (o “borghetti”) erano nati in epoche diverse ed essenzialmente composti da romani poveri, disoccupati e senza casa e anche da immigrati di identica origine sociale di quelli delle borgate.

    Uno dei più grandi meriti delle giunte comunali dirette dal PCI (con i sindaci Argan e Petroselli) fu quello della definitiva eliminazione di questa vergogna e l’assegnazione ad ogni “baraccato” di una vera casa popolare, in un vero palazzo, sbocco -anche in questo caso- di una lotta pluridecennale condotta dal PCI e dalle consulte popolari, poi divenute UNIA e infine SUNIA.

    Ero presente, quasi 45 anni fa, quando Berlinguer e Petroselli salirono la scalinata del Campidoglio per portare la loro solidarietà a centinaia di famiglie di baraccati che -per protesta- erano andati a vivere sul famoso piazzale, con bambini, brandine, fornelletti e biberon.

    Della lotta per la casa a Roma, purtroppo, ho avuto modo di scrivere sul mio profilo fb il 4 marzo 2019, per ricordare il compagno assessore Giuliano Prasca, uno degli emblemi di quella stagione.

    Gli abitanti dei borghetti si sono insediati in molti complessi di case comunali e popolari sorti, come già detto, vicino alle vecchie borgate: per questo motivo la loro configurazione sociale è cambiata molto poco.

    **********

    Torre Maura sorge a ridosso del GRA, lungo la via Casilina. Anche qui la parte maggiore degli abitanti risiede in grandi caseggiati di case popolari realizzati in periodi successivi. La sezione del PCI è sempre stata centrale e molto forte, lasciando un’incisiva eredità anche dopo la sua soppressione. Solo per dirne una, allorchè D’Alema divenne presidente del Consiglio, la sua guardia del corpo (l’autista) proveniva dalla locale sezione del PDS.

    A Torre Maura c’era uno storico centro sociale anarchico e perfino la sede di cooperative per il reinserimento lavorativo di ex detenuti, per lo più composte da lavoratori che erano stati in passato condannati per appartenenza alle BR ed organizzazioni simili.

    A poche centinaia di metri dal luogo che è stato alla ribalta delle cronache nazionali un paio di settimane fa, c’era anche la sezione di Democrazia Proletaria, abbastanza attiva e che poi divenne la sede del PRC, dotata di un certo seguito. È importante sapere che tale sede (oltre vent’anni fa) divenne poi una delle poche sezioni romane di Iniziativa Comunista. Per fare un solo esempio, IC aveva un suo storico giornale “La Riscossa” e qui se ne diffondevano mediamente 70/80 copie al mese, contando sull’appoggio di una parte della vasta base di massa dell’ex PCI. Ricordo che, alle case cosiddette ISVEUR assegnate in epoca abbastanza recente, avevamo come riferimento il compagno S.P. un ex istruttore di judo di discreta preparazione con il quale anch’io, in tempi lontani, ebbi modo di fare qualche turno di vigilanza di notte presso la federazione comunista romana, in via dei Frentani.

    Per questi motivi, nella vecchia montatura dei ROS contro Iniziativa Comunista non poteva mancare una nostra “vittima” a Torre Maura. Si trattava di un giovanotto -sospetto spacciatore di cocaina- che io mi accingevo ad ammazzare, secondo quelle farneticazioni.

    È molto significativo, fa pensare in particolare oggi, quel che avvenne a quella sede. Usando un copione abbastanza collaudato, personaggi riconducibili agli ambienti del traffico di droga (ma non è detto che lo fossero solo a quelli) fecero occupare la sezione -circa una decina di anni fa- da una donna con un bambino piccolo, proveniente da un quartiere abbastanza distante, Villa Gordiani. Per evitare provocazioni e speculazioni, denunciammo il tutto alla polizia, fornendo riscontri, indicazioni e perfino numeri di targa. Fu tutto insabbiato e oggi si parla dei fascisti.

    *********

    A tale proposito, è bene ricordare che nella zona non abbondano le strutture destinate all’assistenza sanitaria o attività di valore culturale e ricreativo e che l’edificio nel quale sono stati improvvidamente mandati 70 rom potrebbe -in teoria- anche essere destinato ad usi di valore sociale e morale per la borgata. Quel che viene nascosto al grande pubblico è che Torre Maura si è trovata in mezzo ai due campi rom forse più grandi d’Europa. Uno proprio in via Casilina e l’altro in via di Salone.

    Da quest’ultimo -senz’altro abitato nella maggioranza da persone per bene che hanno diritto a miglior tutela- escono ogni giorno (ed ogni notte) centinaia di infami e farabutti i quali, nel raggio di chilometri, depredano, vessano, stuprano e spaventano decine di migliaia di proletari, di lavoratori e di loro familiari e figli. Non si contano gli episodi di brutalità, per esempio contro gli anziani o per la loro guida criminale.

    Pochi anni fa, solo per dirne una, un paio di diciottenni di questi trassero in inganno una ragazza, la portarono in un prato, la legarono ad una sorta di palizzata, la stuprarono malvagiamente e la lasciarono lì e i giorni successivi la cercarono ancora, utilizzando minacce e ricatti. Se qualcuno pensa sia di sinistra difendere questa gente e mantenere questo stato di cose, la maggioranza di Torre Maura…. è di destra!

    Quasi tutti nella zona, piaccia o non piaccia, disapprovano la scelta (nel merito e nel metodo) di trasferire lì i nomadi in questione e molti hanno paura (a torto o a ragione) che tale trasferimento aggravi la situazione sopra descritta. Solo una minoranza di tutti questi ha partecipato, però, ai presidi ed alle manifestazioni a tutti note.

    Tuttavia, quando in quella borgata si muovono cento o duecento persone, è molto alta la probabilità che buona parte di loro provenga da famiglie di militanti ed elettori del PCI o che lo siano stati essi stessi (magari anche qualcuno riconducibile alla guardia del corpo di D’Alema). Può anche darsi che vi siano, in proporzioni più limitate, ex iscritti o simpatizzanti di DP, del PRC e perfino…. anarchici o di Iniziativa Comunista!

    Fine della sinistra italiana - Seconda parte
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    Predefinito Re: Fine della sinistra italiana

    Fine della sinistra italiana - Terza parte

    Continua la pubblicazione delle proposte di dibattito del compagno Natali (“FINE DELLA SINISTRA ITALIANA”). Qui sotto la terza parte: “CASALBRUCIATO”.

    La prima (“LA VERITA’ MEDIATICA”) è stata pubblicata il 15 aprile e la seconda (“TORRE MAURA”) il 18 successivo.


    3. CASALBRUCIATO.

    Dopo la seconda guerra mondiale, Roma finiva a San Lorenzo per quanto riguarda il suo lato orientale, quello proiettato verso la Sabina e l’Abruzzo. Immediatamente dopo, c’era il grande cimitero del Verano e poi quasi 5 km di campagna, dopodichè sorgeva isolata la borgata di Tiburtino III, dove i fascisti avevano deportato i popolani romani che risiedevano in pieno centro (per esempio dove il regime aveva costruito la via dei Fori Imperiali o quella della Conciliazione). Perciò Tiburtino III è la più rappresentativa dell’altro tipo di borgate romane, diverso da quello cui appartiene Torre Maura.


    Ancora quando ero ragazzo, la domenica pomeriggio, uscendo con i coetanei, si diceva “andiamo a Roma?” per intendere il centro. Il quartiere di Casalbruciato è la zona che precede Tiburtino III, sullo stesso lato della via Tiburtina ed è formato da diversi insediamenti (tutti molto numerosi) di epoche diverse.

    Il primo risale ad oltre sessant’anni fa ed è la zona detta INA-CASA ossia case popolari (a riscatto) assegnate prevalentemente ad edili, operai delle vicine fabbriche ed artigiani.

    Prima della metà degli anni ‘60 ci fu l’arrivo degli alluvionati di Prima Porta; per effetto del malgoverno, gli abitanti di quella borgata persero tutto durante uno straripamento del Tevere, condussero una lotta sostenuta dal PCI (quando c’era il PCI i fascisti non avevano nulla da fare con questa parte della società) occupando anche la Fiera di Roma fino ad ottenere queste case, appositamente acquistate dal comune e dove -pochi anni dopo- fu condotta una lunga autoriduzione dell’affitto, alla fine vittoriosa. Si tratta delle circa 400 famiglie della “famigerata” via Satta, di cui tutti hanno sentito recentemente parlare.

    Nel 1970, nella continuazione di via Satta (cioè a via Diego Angeli) giunsero alcune centinaia di famiglie prevalentemente di Pietralata, protagoniste anche loro di tante lotte per la casa. Fu qui che nella primavera 1971, occupammo un locale e fondammo la sezione Moranino del PCI, per opera essenzialmente dei compagni dell’INA-CASA, degli edili di via Satta e degli altri lavoratori appena arrivati lì; prima la nostra sezione era la Gramsci di via Tiburtina. Il compagno Moranino, eroe della Resistenza e del dopoguerra, era scomparso da poche settimane e la sezione fu inaugurata dal compagno Arturo Colombi, prestigioso capo della Resistenza ed amico di Pietro Secchia, all’epoca presidente della Commissione Centrale di Controllo del PCI. In quell’occasione conobbi Bianca Moranino e la rividi anche in seguito.

    Successivamente si unirono in sezione i compagni che via via arrivavano nei nuovi insediamenti del quartiere. La sezione Moranino è stata centrale nella storia di Casalbruciato e molto radicata tra la sua gente.

    Nel 1974, giunsero centinaia di famiglie che avevano condotto una dura occupazione a San Basilio, nel corso della quale il giovane Fabrizio Ceruso cadde in uno scontro con la polizia. In quell’occasione, proprio in via Casalbruciato 27, fu aperta una sezione di Lotta Continua.

    Pochi anni dopo arrivarono 600/700 famiglie del borghetto Prenestino (ex “baraccati”) le quali, dopo decenni di lotte, ottennero finalmente una casa dignitosa dalla giunta di sinistra del sindaco Argan. Sono quelle sull’altro lato di via Satta.

    Infine, si insediarono -dopo una occupazione- le famiglie che abitano proprio nella via Facchinetti, mostrata da tutta la tv nelle scorse settimane, per dare risalto a un piccolo gruppo di Casapound venuto da fuori.

    A tutto ciò si aggiunge qualche “scampolo” di edilizia privata (per impiegati, piccoli commercianti, ecc.) sorta nel frattempo.

    *********

    Ora Casabruciato ha oltre 20.000 abitanti ed è cambiato molto poco, soprattutto nel senso che le famiglie residenti sono quasi sempre le stesse, trasferimenti e cambiamenti sono molto limitati ed in questo è simile a Tiburtino III, Pietralata, ecc.

    Un quartiere così ha avuto sempre enormi problemi, anche di adattamento e rapporto tra i grossi gruppi di diversa provenienza che via via si insediavano. Un ruolo molto importante per la convivenza, la coesione, la crescita civile e culturale, le lotte per lo sviluppo del quartiere lo ebbe la sezione Moranino del PCI come alcune altre forze.

    Ciononostante, Casalbruciato è sempre stato protagonista della cronaca nera. Gli omicidi sono stati numerosi, anche quelli compiuti dalla cosiddetta “banda della Magliana” come nel caso Leccese oppure Pino Pelosi, noto alle cronache come assassino di Pasolini, era di Casalbruciato. Non mancarono, successivamente i protagonisti “tecnologici” dei primi colpi alle banche con la lancia termica; anche negli ultimi anni si sono registrati diversi omicidi.

    Perfino le indagini sulla strage fascista del 1974 su un treno poco prima di Bologna lambirono il quartiere, per non parlare di altri casi o inchieste di rilievo nazionale (senza tacere quella su Iniziativa Comunista e le farneticazioni del ROS sul sottoscritto e il fatto che un furgone utilizzato per uccidere D’Antona fu rubato in via Giuseppe Donati, una via del quartiere).

    Ci furono anche fatti accidentali, come quello in cui un componente della famiglia Horvath (credo sia di origine rom, da sempre residente in via Satta) fu assassinato in un litigio stradale mentre rientrava una sera dal mare.

    Questo quartiere ha suscitato l’interesse anche di altri mondi. Per esempio qui veniva Pasolini e fu girato uno sceneggiato televisivo, trasmesso in più puntate su RAI 1 e che ebbe molto successo; si tratta di “Diario di un maestro”, ispirato all’autobiografia di A. Bernardini e avente come protagonista il noto attore Bruno Cirino (la sua riduzione cinematografica fa parte della lista dei cento film da salvare).

    È la storia dei ragazzi di una quinta elementare e dell’abbandono scolastico di molti di loro, la quale mette in evidenza le condizioni di disagio socioculturale e di povertà di molte famiglie; protagonisti furono alcuni ragazzini di via Diego Angeli e di Tiburtino III e chi scrive appare fugacemente come comparsa.

    Più tardi, un altro film vi fu girato, “Pugni di rabbia” il quale, salvo errori, fu il primo a lanciare l’attore Ricky Memphis; fu ambientato per gran parte in via Satta e ricordo che una scena fu girata anche dal balcone di casa mia. Si tratta della storia -ideata dal compianto compagno G. Prasca- che riguarda un giovane di età maggiore di quella dei ragazzini di “Diario di un maestro” il quale, nel contesto di povertà e disagio del quartiere, cerca la strada della propria emancipazione impegnandosi come pugile.

    La storia ha dei tratti veri, perché noi della sezione Moranino occupammo un grande garage che divenne la Polisportiva Carlo Levi (tutt’ora esistente) che è stata punto di riferimento, di aggregazione (e riparo dai pericoli della criminalità e della droga) per tante generazioni di giovani e giovanissimi del quartiere. Aveva ed ha un’ottima palestra di pugilato che ha sfornato anche qualche campioncino di un certo valore.

    Si tratta di un quartiere combattivo, abituato alle lotte, con un PCI molto forte ma anche con la presenza, a suo tempo, della Lista di Lotta (e poi delle RDB) nonché di una forte sezione socialista, con la presenza limitata di esponenti della sinistra DC e del cattolicesimo democratico-progressista di una delle due parrocchie (l’altra è legata all’Opus Dei).

    Ogni anno c’era una Festa dell’Unità molto affollata e nel 1985 si svolse addirittura la Festa Nazionale dell’Unità dedicata alla cultura a villa Fassini: così vennero alcuni tra i più famosi cantanti e complessi musicali dell’epoca (ed io salvai una Gianna Nannini ubriaca fradicia da un capitombolo dal palco).

    Anche il movimento cooperativo aveva una certa presenza, per esempio erano molti gli edili soci della grande cooperativa NOVA e nella sezione Moranino nacque anche un’altra cooperativa edile, la CLC, composta quasi completamente da operai di Casalbruciato (circa 120).

    La sezione Moranino ha avuto tra i 200 e i 300 iscritti, mediamente, ed in genere a Casalbruciato il PCI prendeva oltre 5.000 voti, all’incirca il 40%, mentre la DC si attestava intorno al 25% e il PSI aveva una percentuale superiore alla media romana. È importante notare che -essendoci in una parte del quartiere anche edilizia privata per commercianti, impiegati e piccoli imprenditori- il MSI ha sempre preso molte centinaia di voti, mediamente oltre il 10%: è significativo che nonostante ciò non ci sia mai stata alcuna attività o presenza organizzata di fascisti nel quartiere, salvo una sezione (la Ugo Venturini) che ebbe una vita incerta e stentata per pochi anni ma al confine di Casalbruciato, senza mai entrarvi. Ricordo che qualche primo manifesto del MSI (o forse di Alleanza Nazionale) si cominciò a vedere qualche anno dopo lo scioglimento del Partito.

    Occorre sapere che nel cortile di via Facchinetti mostrato da tutte le tv per alcuni giorni il mese scorso, il PCI aveva la maggioranza assoluta dei voti e 30-40 iscritti ma diversi punti percentuali li riscuoteva anche Lista di Lotta. In uno di quei palazzi, tra l’altro, viveva un compagno sardo il quale, da giovane, era stato in carcere insieme al compagno Enrico Berlinguer, a Sassari nel dopoguerra.

    Nella via Satta nota e “disprezzata” in tutt’Italia la settimana scorsa, il PCI ha sempre riscosso tra i 58 e il 68% dei voti, il PSI aveva una media superiore a quella nazionale e qualche voto (nel tempo) lo hanno avuto il PDUP, Democrazia Proletaria o Lista di Lotta.

    Almeno l’80% di quelle 400 famiglie era saldamente di sinistra e il PCI ha avuto tra i 50 e gli 80 iscritti. Mio padre fu eletto consigliere circoscrizionale comunista con circa 800 voti di preferenza, almeno la metà dei quali provenienti proprio da via Satta. In seguito, per qualche anno, Rifondazione fu il terzo partito della zona.

    Era di via Satta anche il fondatore della sezione Moranino, di cui rimase segretario per oltre dieci anni, l’indimenticabile compagno “Brignoletto”, operaio edile, ai cui funerali parteciparono centinaia di abitanti della via e -nel tenere il discorso commemorativo- ebbi modo di definirlo “il sindaco di Casalbruciato”.

    Ancor più che nel caso di Torre Maura, il semplice calcolo delle probabilità vuole che buona parte di coloro che hanno partecipato alle proteste con i fascisti recentemente, appartengano a famiglie di elettori o militanti comunisti (compresa Lista di Lotta) o lo siano stati essi stessi. Non si tratta solo di probabilità poiché tale ipotesi ha riscontri oggettivi.

    **********

    Quanto sopra dovrebbe suscitare interrogativi che la sinistra attuale, al momento, sembra evitare come la peste. In ogni caso, si dovrebbero sfidare i fascisti a chiedere alla gente che li segue (è comunque una minoranza) di affermare che essere stati comunisti, per esempio, è sbagliato e chi ha partecipato alla sezione Moranino ha fatto male: poi vedremo quanti lo farebbero, ancora oggi e nonostante tutto.

    Ciò vale anche per Torre Maura. Non a caso, nelle loro fugaci apparizioni i 15-20 signori e signorini venuti da fuori, hanno sempre accuratamente evitato qualsiasi riferimento, simbolo o slogan tipicamente fascista, raramente hanno esibito le bandiere di Casapound (che sono rosse) sfoggiando per lo più solo il tricolore. Almeno in questo, direi, perfino loro si sono rivelati più intelligenti di quegli idioti che sventolando la bandiera rom hanno sprezzantemente provocato la gente, spingendola ancor di più verso i fascisti.

    Tornando ai suddetti interrogativi, non si possono trascurare due fatti. Il primo è la fine di qualsiasi azione di propaganda e proselitismo politico o ideologico, di diffusione degli ideali socialisti e comunisti o del movimento operaio: ciò avviene da almeno 30 anni, ossia uno spazio di tempo superiore a quello di una intera generazione. Il secondo è l’influenza su Casalbruciato del “mondo di mezzo”, ossia la sostituzione della lotta ideale e politica con gli intrecci affaristici, gli interessi personali e il carrierismo politico nel quale è sprofondato chi ha tradito il PCI e la sezione Moranino.

    La gentaccia, squallida e opportunista impadronitasi di quella sede, in primo luogo ha cancellato il nome del glorioso comandante Partigiano “Gemisto” (ossia il compagno Moranino) e alla fine l’ha abbandonata: ora ci vive abusivamente un immigrato che ignora la storia del posto in cui abita. L’ultimo segno di vita del PD lo ebbi 7-8 anni fa (forse di più) quando, ad una settimana da una scadenza elettorale amministrativa, girò nei nostri palazzi una candidata di quel partito che chiedeva il voto di preferenza.

    Il “mondo di mezzo”, ossia il risultato delle inchieste sulla cosiddetta mafia romana, ha visto proprio qui il maggior numero di arrestati o inquisiti di parte PD: per esempio l’assessore Ozzimo, il funzionario Mario Schina, ed altri ancora. Qui c’era anche la deputata M. Campana (componente addirittura della segreteria nazionale del PD) la quale chiamava scherzosamente Buzzi “capo”. Tutti questi gravitavano intorno a Casalbruciato. È anche dalla putrefazione PD che sorge la malapianta fascista.

    Inoltre, non si può dimenticare l’attenta regia, certamente ad opera di importanti articolazioni del sistema di potere, tesa a dare un risalto esagerato, artificioso, alla presenza di qualche decina di fascisti per pochi giorni, nonché ai tanti espedienti per favorirli. Per brevità tralascio l’elenco di “favori” che hanno ricevuto -oltre all’abnorme spazio mediatico- limitandomi a due soli esempi: loro sono sempre stati informati tempestivamente (sembrerebbe in anticipo) di queste assegnazioni di appartamenti ai rom ed i componenti della famiglia bosniaca di via Satta sono stati accompagnati nella loro abitazione -anziché in orari e con modi più prudenti- da uno spettacolare schieramento di polizia alle ore 17.45, nel momento di ritorno della maggior parte dei lavoratori e quando nel cortile si era radunato il massimo numero di abitanti intorno al gazebo di Casapound, proprio davanti al portone interessato.

    Quel che si deve sapere è che a Casabruciato c’è una presenza molto ridotta e marginale di immigrati, il quartiere -data la sua configurazione e le sue caratteristiche- non si presta a importanti insediamenti di stranieri: quindi non è l’immigrazione il terreno più favorevole per le speculazioni e le provocazioni dei fascisti e di chi li usa. Ecco dunque, per incanto, che nel giro di un mese scarso, in due complessi posti uno di fronte all’altro sulla piazza centrale del quartiere, le uniche due abitazioni comunali assegnate siano spettate a famiglie rom, una di sette e l’altra di quattordici componenti.

    Casalbruciato è piena di famiglie affamate di case ed è molto diffuso il sovraffollamento degli appartamenti: i figli sono cresciuti, si sono sposati ed hanno prolificato ma sono rimasti (o, peggio, sono stati costretti a tornare) nell’abitazione originaria dei genitori. Perciò si direbbe che le uniche due assegnazioni, fatte entrambe a rom, siano avvenute nel momento e nel posto “giusto”.

    **********

    Il fatto che la presenza di un po’ di fascisti con qualche limitato sostegno locale sia stato strumentalizzato dai media non esclude che ciò sia un fatto gravissimo che dovrebbe scuotere profondamente la sinistra, spingerla rapidamente ad abbandonare luoghi comuni e spiegazioni di comodo ed impegnarsi in autocritiche molto profonde, finalizzate a cambiamenti rapidi e di grande portata. Così farebbero certamente i movimenti di liberazione palestinese se, per esempio, nella striscia di Gaza si presentasse un partito della destra israeliane, riscuotendo anche una certa partecipazione degli abitanti de luogo.

    Altrettanto, si presume, farebbe qualcuno ad Hiroshima, se in quella città ci fosse una manifestazione (per quanto minoritaria) di sostenitori della bomba atomica USA.

    Nel nostro caso, dopo i fatti di Torre Maura, come cinque anni fa dopo quelli di Tor Sapienza e per tanti altri avvenuti nel frattempo, c’è sempre chi se l’è cavata dicendo “la sinistra, da anni, ha abbandonato un determinato quartiere o borgata o gruppo di esse”. Ciò è senz’altro vero e sarebbe, di per sé, sufficiente per l’autocritica ed i cambiamenti auspicati poco sopra, i quali, tuttavia, non ci sono mai stati, come dimostra il ripetersi e l’aggravarsi dei fenomeni in discussione.

    Il sottinteso è: la sinistra non c’è ma se ci fosse….

    Ecco, i fatti di Casalbruciato smentiscono in consolatorio sottinteso. Perché la sinistra, in questo quartiere c’è ed è pure “tanta”, non solo nella sua storia. Qui abbiamo l’ARCI-UISP, una sede della CGIL, un circolo dove si svolgono iniziative di Italia-Cuba, la sezione di Potere al Popolo (proprio in via Satta) e dell’ASIA USB, c’è una forte presenza di Sinistra Italiana ed il più grande centro sociale ad essa collegata, c’è il centro sociale Intifada, collegamenti di Rifondazione, qui è nata e si svolgono le assemblee nazionali del movimento Eurostop (guidato dal compagno Cremaschi), possono agire qui quelli che hanno attaccato al Colosseo lo striscione “Battisti libero” e c’è perfino una presenza del piccolo partito del compagno Rizzo.

    Si tratta di forze e situazioni attualmente presenti ed immediatamente attivabili a Casalbruciato ed inoltre -sebbene non siano di sinistra- si dice che vi sia un circolo del PD (Zingaretti ha dichiarato di voler aprire una sede) e i 5Stelle sono molto forti, per esempio proprio nella famigerata via Satta, nel ballottaggio delle comunali, hanno preso quasi il 70% dei voti (che ora perderanno quasi tutti).

    Peraltro, cortei ed iniziative dei fascisti -del genere di quelle esageratamente enfatizzate dai media da un mese a questa parte- sono in corso da circa un anno.

    Questa sinistra “che c’è”, presente con molte sue sfaccettature, si è fatta sorprendere finora, non è stata capace di dimostrare di saper agire come si deve e cacciare i fascisti. Per questo Casalbruciato è divenuto al tempo stesso un caso limite ed anche un banco di prova di valore generale per la sinistra italiana, nonché un luogo dove si mostra in concreto tutta la profonda crisi dell’antifascismo, che sarà affrontata nel proseguo di queste riflessioni.

    La sinistra ha perso le sue radici ed aperto un varco ai fascisti non solo dove ha abbandonato il terreno ma anche dove c’è: Casalbruciato (tra i circa 200 quartieri e borgate di Roma) è quello dove forse la sinistra è più presente ed articolata di tutti, a prescindere dalla sua forte tradizione ed antico radicamento. Questo prova ancor di più che non basta “ritornare” e neanche limitarsi alla ricerca dell’unità, se fine a se stessa: proprio perché rimane un obiettivo nobile e prioritario, l’eventuale unità non può consumarsi nel ripiegamento, nell’isolamento dalle masse e nell’inferiorità verso i fascisti.

    Occorre prendere coscienza che c’è qualcosa di molto grave che non va nel modo di essere (e non solo in quello di “mancare”) della sinistra, nei suoi caratteri interni (organizzazione), nell’impostazione della sua interazione con la realtà e la classe, nei suoi obiettivi ovvero, in altri termini, nella sua strategia prima ancora che nella sua tattica.

    Non mi sembra che le prime reazioni, teoriche e pratiche, alla realtà che ci viene incontro così cruda ed amara siano all’altezza della situazione e dei compiti che essa ci pone: sembrano piuttosto congiunturali, improvvisate, rivolte a mantenere l’esistente e il “si salvi chi può” nel quale ciascuno è intento solo a curare il proprio particolare. Mi fa impressione l’inerzia, ossia il continuare ad agire come prima, ovvero l’illusione di utilizzare in inverno i criteri e gli strumenti tipici dell’estate e proprio per questo mi spaventa l’immobilismo politico ed il primitivismo organizzativo che ipotecano il futuro della sinistra e soprattutto la lotta contro i fascisti.

    Per tutto questo, oggi, vale la pena precisare che il titolo di queste riflessioni (“FINE DELLA SINISTRA ITALIANA”) è stato ideato tre mesi fa.

    Fine della sinistra italiana - Terza parte
    Venezuela e Zimbabwe nei nostri cuori!

 

 

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