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Un estratto del libro del giornalista e senatore M5s Paragone "La vita a rate": "Nel mondo del neoliberismo nulla è gratis"
Nel mondo neoliberista “nulla è gratis”, lo paghi sempre, “dopo un poco alla volta”. E lentamente, lo paghi con la cessione dei diritti fondamentali. Fino a diventare un prigioniero. È il senso di un estratto del libro di Gianluigi Paragone “La vita a rate”, che pubblichiamo di seguito, e che verte sui danni procurati da un sistema economico neoliberista sulla vita delle persone.
Pubblichiamo di seguito un estratto del libro di Gianluigi Paragone “La Vita a Rate”
(...) Nulla è gratis nel modello neoliberista: lo paghi dopo, poco alla volta. Come l’acqua che cuoce lentamente la rana. Lo paghi concedendo quel che lotte politiche, ideali, avevano conquistato: i diritti fondamentali. Basta cedere poco alla volta e sei fregato; ti ritrovi impigliato in una rete diabolica, intorcinato come fili sottili che non riprendi più.
Tentarti, illuderti, intrappolarti e poi costringerti alla rassegnazione di buttare via tutto per accedere al nuovo, al moderno. Ci prendono con le più belle parole, i più efficaci slogan. Ma non ti raccontano tutta la verità. Anzi, la verità esce poco alla volta e diventa la loro micidiale arma per costringerti alla resa: ti sei indebitato? E perché lo hai fatto? Nessuno ti ha costretto. Ora devi pagare, in qualche modo. Blame the victim, colpevolizza la vittima. Da Noam Chomsky a Joseph Stiglitz, in quanti ci hanno messo in guardia dall’inganno neoliberista.
Sei loro prigioniero perché sei stato cattivo. Sei stato peccatore, hai ceduto alle tentazioni. Hai vissuto sopra le tue possibilità. Dunque vai dietro la lavagna, hai dei debiti, sei un cattivo.
Captivus. In latino la parola “prigioniero” si traduce così, captivus. Non riesci a onorare il mutuo, il prestito? Sei un cattivo pagatore e finisce nel libro nero del peccato originale. Sei uno Stato con debito pubblico alto? Ti rieducano loro, con i compiti da fare, con le privatizzazioni liberatorie, con manovre economiche che devi applicare altrimenti arrivano loro, i Cavalieri della Troika. Come accadde in Grecia, palestra perfetta dove dimostrare la rieducazione rigorista, protestante, calvinista.
Il glossario della crisi economica è diventato il linguaggio comune. Persino a scuola hanno tolto gli esami di riparazione: ora ci sono i debiti formativi da riparare. Ai miei tempi ti dicevano che potevi salvarti dalla bocciatura con gli esami di riparazione. <Mi son beccato gli esami a settembre>, sentivi in cortile davanti ai tabelloni post scrutinio.
Adesso senti genitori e figli affannarsi su come recuperare i debiti formativi. Ma pensateci bene, gli esami servivano per riparare a una impreparazione: <Impreparato> era ciò che ti dicevano i professori. Oggi invece saresti un indebitato formativo, hai un debito di formazione: il che – onestamente – è una frase senza senso (al limite, se proprio piace questo glossario, avrebbe maggior senso parlare di un deficit formativo perché nell’anno il bilancio tra voti positivi e voti negativi è squilibrato sui secondi). Tutto è un debito insomma, tutto è un peccato da espiare. Ed è bene che gli adolescenti si abituino a queste parole di affanno, di corsa al recupero, di dannazione perpetua.
Pensate agli Npl, ai non performing loans. O agli Utp, agli Unlikely To Pay, cioè quei crediti che difficilmente le banche riusciranno a riscuotere (“Improbabile che paghi”). Dentro queste espressioni abbiamo infilato tutti gli incagli, tutte gli affanni, i ritardi. Tutte le sofferenze, insomma. Le sofferenze sono diventate così il tema centrale del dibattito economico, vuoi che si sviluppi politicamente o in generale sulla stampa, in tv, nelle tavole rotonde. La gestione degli npl o degli utp, cioè delle sofferenze, è al centro di trattative che coinvolgono la Commissione europea, i governi, la Bce, le banche nel loro insieme, pezzi di mondo finanziario. Le sofferenze sono divenute così centrali da apparire antropomorfizzate, cioè l’oggetto diventa soggetto; le sofferenze diventano centrali di cure “amorevoli”, di attenzioni sociali indispensabili, altrimenti il sistema finanziario crolla.
In questo processo dialettico ed esecutivo dove il focus mira alle sofferenze, chi viene emarginato è il soggetto sofferente, il cittadino sofferente impigliato senza scampo nel debito che non riesce a onorare o alla morosità che marcisce inevitabilmente. Ne parleremo a lungo ma non si può qui adesso sottacere al pericolo che tale inversione di predicato provoca: se il Sistema mette al centro la sofferenza, l’npl o l’utp da risolvere inevitabilmente altrimenti “viene giù tutto”, si sceglie di sacrificare il cittadino, il sofferente, il quale sentendosi fuori o subordinato rispetto agli incagli, farà montare la propria insofferenza generando attrito sociale e senso di ribellione. (...)