Caso Appendino, l’harakiri di Chiara
di Umberto La Rocca
Quello che non era riuscito alla disfatta sulle Olimpiadi e allo scontro sulla Tav riesce al Salone dell’Auto. Che se ne va da Torino e scatena nella giunta a cinque stelle una crisi senza precedenti. Chiara Appendino si dice «furiosa» con la sua maggioranza che, presentando in Consiglio una mozione contro gli eventi fieristici al Valentino, ha fornito ai rapaci organizzatori del Salone l’alibi per potersi chiamare fuori. Non solo. La sindaca bolla come inqualificabili le dichiarazioni del suo vice, Guido Montanari, dando sfogo a un dissenso che da tempo covava sotto la cenere. E si prende infine qualche giorno per valutare il da farsi «senza sottrarsi alle sue responsabilità».
Responsabilità che non vede soltanto chi non ripercorre con sufficiente attenzione le vicende dell’ultimo anno.
A partire da quando Appendino, cedendo alle pressioni dell’ala dura e pura del Movimento, pose tali e tante condizioni alla candidatura di Torino a sede dei Giochi olimpici del 2026 da rendere il compito di chi voleva portarli altrove una passeggiata di salute. Alla sindaca mancò il coraggio di sfidare gli oltranzisti, andare in Consiglio e chiedere un voto trasversale il più ampio possibile su una scelta che vedeva favorevoli la totalità, o quasi, dei cittadini. Rinunciò cioè ad essere la sindaca di tutti i torinesi e all’occasione di ampliare i suoi consensi oltre i confini di quella minoranza, e va sottolineato, minoranza, del 30,9 per cento che l’aveva votata al primo turno delle Comunali. La mancanza di una visione strategica e perfino di prudenza politica è venuta fuori poi in tutta la sua sconcertante evidenza nell’autunno scorso.
Quando Appendino accettò di far passare e forse condivise una mozione che arruolava Torino sotto le bandiere No Tav, incurante del fatto che, ancora una volta, la stragrande maggioranza dei torinesi la pensa in maniera diametralmente opposta.
Con il bel risultato di perdere il consenso degli imprenditori e restare sola ad agitare quel vessillo logoro e sfilacciato quando, è storia di queste ultime settimane, con ben altro realismo i Cinquestelle che governano a Roma hanno chinato la testa e accettato di fatto che la Torino-Lione vada avanti per la sua strada. E per finire, la nuova Ztl, che pure ha dalla sua diverse buone ragioni, è stata studiata e comunicata dalla giunta con tale dilettantismo, approssimazione, incapacità di mediazione politica, da rendere inevitabile lo scontro con i commercianti che sono arrivati a dichiarare la «rottura totale» con l’amministrazione, schierandosi apertamente e platealmente con l’opposizione. Ora Appendino ha deciso di andare allo scontro con la sua maggioranza e reclama la testa di Montanari, lasciando intuire che se la musica non cambiasse sarebbe p ronta anche a dimettersi. Vedremo come finirà il braccio di ferro. Ma la domanda che la sindaca dovrebbe porsi è se non stia cercando di chiudere il cancello quando i buoi sono già scappati. E se davvero basti far rotolare una testa per ricondurre alla ragione un gruppo dirigente tanto rigido e sconclusionato ideologicamente quanto impreparato ed evanescente sul piano pratico. In politica, e nella vita, la scelta dei tempi conta.
E la mancanza di coraggio si paga.