LA GUERRA DEI TUBI

C’è gente che non capisce un tubo, soprattutto in uno schieramento politico passato repentinamente dal mito del socialismo reale all’intubazione radicalchic e democratica di matrice americana. Vuoi mettere lo shopping in via Condotti con la via rischiosa dei condotti? E pertanto rompono scatole e tubi a chi, in questa difficile fase economica, tenta di liberare l’Italia dal problema degli approvvigionamenti energetici, a chi non è abbastanza dotto sui dotti da opzionare al fine di non creare disordine internazionale e scompiglio nell’area occidentale. Lorsignori, invece, che hanno perfettamente capito come far carriera e salire sui “pozzi” del potere non perdono occasione per tentare di chiudere i rubinetti alle imprese italiane operanti in questo delicato settore, crocevia strategico della politica estera nell’epoca del multipolarismo. L’Italia, grazie all’Eni, una delle sue migliori compagnie di punta, ha avviato importanti joint venture in tutto il mondo per gestire prospezioni e rifornimenti di idrocarburi. La più discussa (ma anche la più valida ed ambiziosa) è sicuramente quella con Gazprom, azienda russa leader mondiale dell’oro blu, con la quale è stato progettato il gasdotto South Stream. Quest’ultimo, eludendo ogni Paese extra-comunitario di transito, porterà direttamente la materia prima dalla Russia all’Unione Europea diramandosi in due tronconi che sbucheranno rispettivamente in Italia e in Austria. C’è poi anche un programma gemello, il North Stream, voluto dai tedeschi sempre in accordo con russi (ed al quale partecipa anche la nostra Saipem per la posatura dei tubi in mare), che allontana definitivamente quei rischi di restare a secco con i quali l’Europa si è già confrontata in passato.
Ma queste iniziative si sono scontrate con i disegni statunitensi orientati ad isolare la Russia dal consesso internazionale per ragioni di preminenza geopolitica e di conservazione della propria egemonia mondiale. L’amministrazione americana si è impegnata, e non per benevolenza, a rendere l’Europa meno dipendente dall’energia di Mosca con un corridoio alternativo di pipelines volto ad aggirare l’ex gigante sovietico, prelevando il gas dal Caucaso ed importandolo nel cuore del Vecchio Continente. Ma c’è un piccolo problema. Il Nabucco, così si chiama il consorzio avversario del South Stream e del North Stream, non sa dove prendere il gas da far passare nelle sue condutture poiché l’area tra Azerbaijan, Turkmenistan e Kazakhstan non contiene che il 2% delle riserve mondiali dello stesso. Per di più le tre Repubbliche caucasiche non hanno ancora deciso dove collocarsi e sono ben felici di essere oggetto di un’ asta tra competitors globali molto facoltosi.
Nonostante ciò a difendere il progetto sponsorizzato dagli Usa, oggettivamente antieconomico, si sono schierati in molti, gli stessi che sbrodolano sulla stampa, alla televisione, nei luoghi istituzionali sull’opportunità di lasciare fare al mercato che deve essere sempre giudice indiscusso del business e del profitto. Così si fa peraltro quando occorre giustificare gli attacchi al mondo del lavoro e allo stato sociale, mentre si è sempre disposti a “sofisticare” i principi del laissez-faire se ci sono in ballo superiori esigenze politiche e di tornaconto personale. In questa schiera di finti liberisti si piazzano governi e banche, interi gruppi di partito e singoli uomini politici. Si va dagli ex satelliti di Mosca come la Polonia, alle classi governative europee legate a Washington, dalle burocrazie comunitarie che tramite la Bei buttano i soldi dei contribuenti (altri 2 mld di euro dopo i primi 250 milioni già stanziati, ai quali vanno adesso ad aggiungersi 1,2 mld promessi dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e ulteriori 800 milioni da parte dell'International finance corporation della Banca mondiale) ai paladini dell’umanitarismo trasversale, di destra e di sinistra, dislocati in ogni nazione ma particolarmente concentrati ed attivi qui in Italia.
Tuttavia, dietro il sipario di questo accaloramento moralistico si nasconde ben altro. Le marionette si muovono solo quando il burattinaio lo vuole. In questa faccenda stanno saltando inesorabilmente quegli schemi economicistici e propagandistici a lungo utilizzati dai padroni del mondo per accrescere la loro penetrazione economica e finanziaria, almeno finché non avevano potenti concorrenti ad insidiarli. Del resto, gli yankees non hanno un granché da lamentarsi visto che sono stati loro ad insegnarci che il mercato è il regno degli animal spirits. Sotto le insegne di questa ideologia perdono ora terreno e vorrebbero modificare il loro approccio. Basterà per questo intento l'imposizione di un riorientamento valoriale sulla democrazia e sui diritti umani? Al momento pare siano in pochi a lasciarsi condizionare, sempre che si escludano i servi sciocchi già menzionati.



LA GUERRA DEI TUBI di G.P. | CONFLITTI E STRATEGIE