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Le misure fiscali descritte nell'articolo, al di là della loro esteriore apparenza, si trovano a sostanziare fenomeni tutt'altro che irrazionali o peregrini, limitandosi altresì a rappresentare degli ordinari elementi di una situazione pressoché fatale, data dall'adozione dello "Stato sociale" (o "Stato democratico" che dir si voglia), il quale, in ragione della sua stessa struttura concettuale, brucia molta più ricchezza, rispetto a quanta se ne riesca a produrre e, dunque, per poter sopravvivere, di necessità, deve gradualmente prosciugare le risorse economiche dei privati, ovunque esse esistano.
L'osservazione storica ci indica, poi, come, nel suo stadio definitivo, lo "Stato sociale" riesca a finalmente pervenire al suo dichiarato principale obiettivo: l'attuazione dell' "uguaglianza in senso sostanziale"; questo, ponendo tutti gli individui che gli siano soggetti in una comune situazione di condivisa indigenza.
Dunque, una volta accettata la legittimità dello "Stato sociale" (o "Stato democratico" che dir si voglia), non credo possa più rivestire alcun senso lo stupirsi o lo scandalizzarsi del suo necessitato modo d'operare, nei confronti delle residue ricchezze, grandi o piccole, del comune cittadino: le deve, infatti, continuamente drenare sino a praticamente esaurirle, per poter così rendere tutti assolutamente uguali fra loro, sul piano economico e su quello sociale
Fisco pazzo con nonne, materassi e merendine - La Nuova Bussola Quotidiana