No, dico, qui mi arrivano tutti alla domenica. Ieri saranno state le 11, ti spunta un tizio sui sessanta-sessantacinque anni, forse anche qualcosa di più. Dovevate vederlo, un tizio alto e magro, capelli bianchi lunghi fino alle spalle, giacca di velluto a coste, jeans stinti e Birkenstock ai piedi, che sarebbe niente: erano i calzerotti verde pistacchio che davano l’impronta al tutto. Io già me lo credevo tedesco e mi chiedevo come potevo parlargli, che con le lingue non è che ci vado tanto d’accordo. Così per non sbagliare alzo un po’ la voce e gli faccio:
“Buongiorno. Lei capire italiano?”
E lui, a bassa voce: “ma perché urli, non è che quelli con i capelli bianchi sono sordi per defòl”. Dice proprio così: per defòl. Io faccio finta di capire, tanto poi chiedo alla Rosanna. No, sa, faccio io, è che sulle prime quando è entrato mi sembrava un tùdero, volevo dire un tedes …
Allora il vecchietto si mette a ridere e mi dice, sempre con un tono di voce molto basso, che in realtà il suo è un omaggio alla copertina di un disco dei Beatles, mi chiede se li conosco; certo che li conosco, i Beatles, non è che io sia poi un ragazzino.
Se li conosci, ti racconto una storia, guarda che è vera e non la conosce nessuno, ma prima dimmi se hai qualche bottiglia di vino un po’ particolare, non i soliti bianchi frizzanti dell’Oltrepò o il barbera con le bollicine che solo a pensarci mi viene la nausea.
Guardi, l’estato scorsa, quando ero al mare a Loano, una bella pensioncina non tanto lontana dalla spiaggia …
Conosco, ed evito
… ma guardi che la spiaggia è proprio bella, poi c’è la sabbia, mica come tutti quegli scogli di solito in Liguria … no, dicevo, il padrone della pensione mi ha fatto assaggiare un vino che si chiama Ormeasco, non so se …
… una specie di Dolcetto …
… così ne ho preso una dozzina di cartoni, tanto per provare, sa non è che da queste parti …
… se non c’è nient’altro, proviamo questo
Le taglio due fette di salame?
Assolutamente no. Non mangio animali morti.
Quando uno mi dice così, mi verrebbe da domandargli se per caso li mangia vivi, perché gli piace quando si dibattono mentre li morsica. Ma con i clienti meglio evitare, e allora pane e sottaceti.
È la copertina di Abbey Road, fa lui, mentre spezzetta il pane in tocchetti minuscoli e li mette in bocca uno alla volta. Poi prende il bicchiere di vino, lo alza, lo abbassa, lo fa roteare in modo da agitare il liquido, annusa, appoggia le labbra sul bordo e ne assaggia un sorso talmente piccolo che per me è impossibile che sia riuscito a sentire un qualsiasi sapore. Ma comunque non lo trova dei peggiori, dice, e prosegue: non lo sa nessuno, però originariamente la copertina di quell’album non era come la conosciamo oggi, se te la ricordi, c’erano loro quattro che attraversano sulle strisce pedonali, davanti John vestito di bianco, poi Ringo con la giacca lunga e scura, Paul a piedi nudi e per ultimo George con i jeans. Devi sapere che nella prima versione Paul non era a piedi nudi, ma portava un paio di Birkenstock, con i calzerotti verde pistacchio.
Io lo guardo e penso “ma tutti a me”, però è un cliente, e allora gli chiedo: “ma davvero?”
(à suivre)