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  1. #1
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    Predefinito La vera storia della copertina di Abbey Road

    No, dico, qui mi arrivano tutti alla domenica. Ieri saranno state le 11, ti spunta un tizio sui sessanta-sessantacinque anni, forse anche qualcosa di più. Dovevate vederlo, un tizio alto e magro, capelli bianchi lunghi fino alle spalle, giacca di velluto a coste, jeans stinti e Birkenstock ai piedi, che sarebbe niente: erano i calzerotti verde pistacchio che davano l’impronta al tutto. Io già me lo credevo tedesco e mi chiedevo come potevo parlargli, che con le lingue non è che ci vado tanto d’accordo. Così per non sbagliare alzo un po’ la voce e gli faccio:
    “Buongiorno. Lei capire italiano?”
    E lui, a bassa voce: “ma perché urli, non è che quelli con i capelli bianchi sono sordi per defòl”. Dice proprio così: per defòl. Io faccio finta di capire, tanto poi chiedo alla Rosanna. No, sa, faccio io, è che sulle prime quando è entrato mi sembrava un tùdero, volevo dire un tedes …
    Allora il vecchietto si mette a ridere e mi dice, sempre con un tono di voce molto basso, che in realtà il suo è un omaggio alla copertina di un disco dei Beatles, mi chiede se li conosco; certo che li conosco, i Beatles, non è che io sia poi un ragazzino.
    Se li conosci, ti racconto una storia, guarda che è vera e non la conosce nessuno, ma prima dimmi se hai qualche bottiglia di vino un po’ particolare, non i soliti bianchi frizzanti dell’Oltrepò o il barbera con le bollicine che solo a pensarci mi viene la nausea.
    Guardi, l’estato scorsa, quando ero al mare a Loano, una bella pensioncina non tanto lontana dalla spiaggia …
    Conosco, ed evito
    … ma guardi che la spiaggia è proprio bella, poi c’è la sabbia, mica come tutti quegli scogli di solito in Liguria … no, dicevo, il padrone della pensione mi ha fatto assaggiare un vino che si chiama Ormeasco, non so se …
    … una specie di Dolcetto …
    … così ne ho preso una dozzina di cartoni, tanto per provare, sa non è che da queste parti …
    … se non c’è nient’altro, proviamo questo
    Le taglio due fette di salame?
    Assolutamente no. Non mangio animali morti.
    Quando uno mi dice così, mi verrebbe da domandargli se per caso li mangia vivi, perché gli piace quando si dibattono mentre li morsica. Ma con i clienti meglio evitare, e allora pane e sottaceti.
    È la copertina di Abbey Road, fa lui, mentre spezzetta il pane in tocchetti minuscoli e li mette in bocca uno alla volta. Poi prende il bicchiere di vino, lo alza, lo abbassa, lo fa roteare in modo da agitare il liquido, annusa, appoggia le labbra sul bordo e ne assaggia un sorso talmente piccolo che per me è impossibile che sia riuscito a sentire un qualsiasi sapore. Ma comunque non lo trova dei peggiori, dice, e prosegue: non lo sa nessuno, però originariamente la copertina di quell’album non era come la conosciamo oggi, se te la ricordi, c’erano loro quattro che attraversano sulle strisce pedonali, davanti John vestito di bianco, poi Ringo con la giacca lunga e scura, Paul a piedi nudi e per ultimo George con i jeans. Devi sapere che nella prima versione Paul non era a piedi nudi, ma portava un paio di Birkenstock, con i calzerotti verde pistacchio.
    Io lo guardo e penso “ma tutti a me”, però è un cliente, e allora gli chiedo: “ma davvero?”

    (à suivre)

  2. #2
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    Predefinito Re: La vera storia della copertina di Abbey Road

    Siediti qui, mi dice indicando la sedia di fronte alla sua al tavolo delle degustazioni, che io parlo a voce bassa. Me ne ero accorto.
    Dunque, prosegue, devi sapere che mentre si registrava l’album, al fotografo gli viene in mente di riprendere i quattro mentre attraversano la strada. Loro erano un po’ dubbiosi, ma dopo le prime prove cambiano quasi tutti idea: trovano che l’idea è geniale, solo che bisogna studiare bene la posizione e l’abbigliamento, insomma c’è da lavorarci un po’ su, ma si può fare. L’unico che manifesta ancora qualche perplessità è John, che dice che per lui andrebbe anche bene, ma vuole sentire cosa ne dice la moglie che, se non lo sapete, è un’artista.
    Ora, gli altri tre si erano un po’ rotti le palle di questa stronzetta giapponese che vuole dire la sua su tutto, ma John è John, e non si può mica mandarlo al diavolo, capace che ti boicotta tutto l’album.
    Mentre racconta queste cose, il “tùdero”, messi da parte i sottaceti, continua a spezzettare il pane, assaggiando ogni tanto un tocchetto microscopico e sorbendo subito dopo una microscopica sorsata di vino.
    E così, dopo averne parlato in casa, John ritorna con una proposta che, a suo dire, avrebbe di molto migliorato la qualità artistica della copertina del futuro album: in mezzo ai quattro avrebbe attraversato la strada anche lei, Yoko Ono, nuda.
    Ragazzi, voi non immaginate cosa è successo quella volta lì: John ha appena finito di parlare e cade un silenzio praticamente tombale, una cosa indimenticabile, mi sembra di essere ancora lì adesso ad ascoltare quel silenzio.
    Di fatto nessuno dice di no, nessuno si oppone apertamente al progetto, ma quel silenzio dura parecchi minuti prima di essere improvvisamente interrotto dai singhiozzi di George, che scoppia in un pianto dirotto. Vedendo l’amico in quelle condizioni, Ringo si attacca alla bottiglia di Johnnie Walker etichetta rossa, fatto estremamente indicativo per chi conosce la sua predilezione per i single malt.
    Paul alza le spalle e se ne va in sala di registrazione, tanto lo sanno tutti che prima di dire qualcosa deve parlare con Linda.
    Il cliente parla a voce bassa, mangia pochissimo e beve ancora meno: in tutto questo tempo il livello del liquido nel bicchiere sarà sceso forse di un paio di millimetri, ma lui continua a dire che gradisce. Io non capisco dove vuole arrivare questo qui, forse era meglio quello di domenica scorsa, quello della zoccola morta ammazzata.
    Ma tutti a me, dico io, però è un cliente, e allora gli chiedo: “e ci ha parlato, poi, con Linda?”


    (à suivre)

  3. #3
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    Predefinito Re: La vera storia della copertina di Abbey Road

    Intanto io mi preoccupo. Questo qui alla fine mi paga quel mezzo bicchiere che gli ho versato e chissà se lo finirà mai, e mi lascia sul groppo la bottiglia di Ormeasco aperta, che qui non la vuole nessuno e me la devo tenere così.
    Ma non le piace il vino, faccio io, vedo che non lo beve
    Io non bevo il vino, risponde, io sorseggio, io gusto, io lascio che il vino penetri in me e mi arricchisca con i suoi sentori e i suoi profumi. Lascio che il vino impregni una minuscola mollica di pane, si diffonda con lei nel mio corpo e diventi tutt’uno con me: il vino e il cibo devono essere esperienze mistiche.
    Io lo guardo a bocca aperta, ma il cliente è lui, e a me tocca starlo a sentire e dargli ragione.
    Poi mi dice che certo che Paul le ha parlato, a Linda, anche se la cosa non era stata facilissima e aveva portato a degli sviluppi imprevedibili.
    Adesso ti riproduco il dialogo, così come lo sono venuto a sapere da un mio amico che all’epoca viveva a Londra e faceva le pulizie a casa loro.
    Vedi, dice mettendosi in bocca l’ennesima minuscola pallina di mollica di pane, devi immaginarti lo scenario.
    Ormai mi sono fatto una certa esperienza per l’immaginazione di scenari.
    Siamo nel 1969, nella cucina di casa McCarney: Paul e Linda seduti a tavola davanti ad un tegame di finocchi gratinati, Paul nasconde uno spinello dietro la schiena e cerca di spegnerlo senza farsi vedere dalla consorte.
    Paul (intavola la conversazione affettando una certa nonchalance) “sai, il nuovo lp, adesso stiamo provando la copertina …”
    (a parte, cercando di spegnere la cicca tra pollice e indice della mano destra per non insospettire la consorte): “sto fot* spinello, ma ti vuoi spegnere o no”
    Poi passa al falsetto per riprodurre la voce di lei
    Linda (guardando da un’altra parte per non far capire che ha capito): “quindi avete deciso: attraverserete la strada ...”
    P (ustionandosi le dita con lo spinello acceso): “porc ...! no, scusa linda, adesso stavo pensando a John ...”
    (a parte tira un sospiro di sollievo lasciando cadere lo spinello ormai spento)
    “… dicevo che allora i miei calzerotti verdi sono stati approvati …”
    L (carezzandogli i capelli) “caro il mio bambinone, ancora con la nostalgia di Amburgo, ma ti rendi conto che a quell’epoca eravate tutti dei morti di fame?”
    P (tromboneggiando) “sì, va bene, ma se siamo diventati quello che siamo diventati, lo dobbiamo anche …”
    L (preoccupata che quando inizia così, è capace di avanti fino al mattino dopo) “ma certo, caro, certo! e lo capisco bene che vuoi che non si perda la memoria di quando suonavate nelle cantine buie per quattro soldi e una pinta di birra calda”
    (a parte “stavolta gliela ho rubata io, la battuta, così la smette subito”)
    P (didascalico) “non era una pinta: era mezzo litro, qualunque cosa voglia dire mezzo litro”
    P (prosegue, quasi come raccontando una banalità) “sai, John ha avuto un’idea …”
    L (allarmata) “John? uhm! non so se la voglio sentire, ma forse è meglio, prima che facciate qualche str …”
    P (simulandosi sempre più distratto) “ma no, una sciocchezza, sai, John vorrebbe che nella copertina ...” (pausa esplorativa)
    L (sempre più agitata, ma affettando calma olimpica) “… nella copertina ... “
    P (ora incerto) “oltre a noi quattro …”
    L (nervosa) “oltre?”
    P (sempre più incerto) “sì, fra noi quattro, al centro della fila, tra il secondo e il terzo, capisci, tra il secondo e il terzo ...”
    L (impaziente) “tra il secondo e il terzo e immagino anche sulle strisce pedonali”
    P (liberandosi) “ci dovrebbe essere anche Yoko” (pausa) “nuda” (Paul chiude gli occhi)
    L (con il sorriso della leonessa quando acchiappa lo gnu) “ma che bella idea, sai che mi piace?”
    P (con lo sguardo speranzoso del bambino che ha appena rotto l’abat-jour con una pallonata e ha capito che forse la mamma non lo prenderà a schiaffoni) “vero? ero sicuro che sarebbe piaciuta anche a te. sai, c’è un significato in tutto questo …”
    Fatevi conto, però, che questo è un attore nato: recita da solo tutto il duetto alternando la voce profonda per la parte di Paul e il falsetto per la parte di Linda e cambiando sempre l’espressione del viso, come ho cercato di rendere nelle varie parentesi.
    Qui il cliente si concede un nuovo assaggino di vino, prima di proseguire. Il livello del liquido nel bicchiere scende di almeno un altro millimetro.


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  4. #4
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    Predefinito Re: La vera storia della copertina di Abbey Road

    Se devo dire la verità, a me questo tizio qui, che mangia pochissimo e beve ancora meno, non mi piace per niente e la storia mi sembra un po’ loffia. Quel disco lì me lo ricordo vagamente, ma non mi sembra che ci fosse una donna nuda in copertina: dovrò andare a vere su internet.
    Il tizio che mangia poco sembra che adesso abbia smesso del tutto, guarda il bicchiere, sorseggia. Un altro millimetro di vino che se ne va. È una storia interessate, dice, perché mette in luce i rapporti che c’erano tra i Beatles e le loro mogli, quelle nuove. Io ho vissuto a Londra qualche anno dopo, nel 1985: facevo le pulizie in casa di Ringo. È proprio per quello che so tutta la storia e mi ricordo quello che non ricorda nessuno. Lo so che adesso non capisci ancora, ma capirai alla fine.
    Ascolta: siamo sempre in cucina, con Paul e Linda McCartney al tavolo davanti a un tegame di finocchi al gratin, che nessuno ha ancora assaggiato.
    E riprende a recitare tutte e due le parti.
    L (sempre con lo sguardo della leonessa che ha afferrato lo gnu): “ma certo tesoro che c’è un significato. io ne sono più che sicura, anche se adesso, così sui due piedi mi sfugge un attimino”
    P (con l’aria del bambino che intravvede la possibilità di sfuggire al battipanni materno): “ma no, guarda, ti spiego ...”
    L (materna, forse): “non c’è bisogno, caro, lo sai che io ti credo sempre. e poi sono sicura che domattina John mi racconterà tutto quanto per filo e per segno, anche se continuerò a dirgli che non mi interessa”
    P (sorpreso): “ma perché? domattina non dovevi portare i bambini ... “
    L (radiosa): “ma caro, non crederai mica anche per un solo istante che io accetti che sulla copertina di Abbey Road ci vada quella tr … giapponese, senza che ci sia anch’io?”
    P (balbettando): “ma ... ma … tu davvero …”
    L (ritornando materna): “ma caro, è per il successo, per i fans: cosa credi che direbbero se vedessero Yoko in copertina senza vedere anche me? e naturalmente io dovrei avere lo stesso rilievo …”
    P (incominciando a capire): “ma tu sul serio ...”
    L (didascalica): “per forza! sai, per me è un sacrificio, ma tu capisci che se tua moglie si trova in una posizione subalterna rispetto a quella della moglie di John ...”
    P (ora inalberandosi): “dì quello che vuoi, ma io non permetterò mai che mia moglie posi nuda sulla copertina di un lp!”
    L (in un soffio di tigre): “e perché? credi forse che le mie tette siano peggio di quelle del vespasiano giapponese?”
    P (conciliante) “ma no, dai cosa dici, io ... le tue tette … e anche il resto ... vuoi mettere”
    (a parte: “azz, ma guarda tu in che casini mi devo andare a cacciare per quella zoccola che vuole farsi fotografare nuda, come se qualcuno avesse voglia di vederla a parte John che da quando ... beh, lasciamo perdere se no finisce male davvero)
    L (in cerca di resa senza condizioni): “ah, e faresti anche dei paragoni?”
    P (sconfitto): “ma no, che paragoni, poi sei stata tu a dire …”
    L (è una donna, quindi) “adesso vorresti anche dare la colpa a me!”
    P (un sussulto di orgoglio) “senti, tutto quello che vuoi, la posizione sarà anche più importante di quella della str ... ma tu in copertina nuda non ci vai!”

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  5. #5
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    Predefinito Re: La vera storia della copertina di Abbey Road

    Fortuna vuole, dice il cliente mettendosi in bocca due palline di pane due, che c’era un altro mio amico che faceva le pulizie in casa Lennon, dì la verità che non ci avresti mai creduto.
    Per la verità continuo a non crederci, ma il Cliente resta il Cliente, anche se questo qui è proprio un Cliente del cavolo. E così mi tocca dargli ragione.
    Poi sorseggia il vino, un altro millimetro, e lo tiene in bocca a lungo, probabilmente per farlo assorbire dalle palline di pane e poi prosegue raccontando che è così che è venuto a sapere anche di quello che succedeva dall’altra parte. E meno male, continua, perché altrimenti non avrei mai capito quello che sarebbe successo sedici anni dopo. Certo che Barbara Bach era una gnocca da paura: Ringo come batterista non era gran che, la suono meglio io la batteria, però quanto a donne ne capiva dieci volte più dei due geni.
    No perché io la suono davvero la batteria, con dei miei amici abbiamo messo su una band, poi ti dico il nome così qualche volta ci vieni a vedere. Guarda che anch’io suono, no per la verità canto nella Tribute Band di Remo Germani, hai presente Remo Germani. No, se non lo conosci, vieni giovedì sera che facciamo tutti i suoi pezzi vedrai che roba. Sì poi vengo anche io a vedere te. Tranky.

    Poi riprende il racconto, e descrive la situazione come gliela ha raccontata quel suo amico.
    Era sera nella cucina di casa Lennon, un locale enorme, con una lunga parete interamente attrezzata di elettrodomestici, piano di lavoro, lavello, luci, tutti di colore bianco abbagliante e tutti in apparenza intonsi. Ai quattro angoli della stanza quattro bracieri nei quali brucia dell’incenso, creando un effetto nebbia. al centro due divani bianchi, l’uno di fronte all’altro, sui quali stanno coricati, completamente nudi, John e Yoko. da un po’ di tempo John cerca senza risultato di afferrare il bocchino del narghilé a fianco del divano. Yoko si alza scuotendo la testa, raccoglie da terra una busta di cuoio e la porge a John, dicendo materna:
    “John, è giusto e bello restare nudi perché ci rende sempre più vicini alla natura, ma devi renderti conto che tu degli occhiali hai bisogno”
    John (sfilando gli occhiali dalla busta e con voce impastata): “Yoko, senza di te …”
    infila gli occhiali, afferra il bocchino del narghilè e tira a pieni polmoni, mentre Yoko torna a coricarsi
    Yoko (subdola): “allora stamattina ….”
    J (perplesso): “ecco, stamattina non è che io …”
    Y (seccata): “adesso non mi dire che non ti ricordi niente di quello che è successo stamattina”
    John si concentra sul narghilè, in silenzio
    Y (ritornando materna): “ma dai, John, sforzati che ce la puoi fare. ti aiuto io: ti ricordi quella storia della copertina di Abbey Road?”
    J (illuminato): “Abbey Road. ah, sì, è lì che andiamo a registrare”
    Y (paziente): “bravo! vedi che piano piano ci stiamo arrivando. ma Abbey Road è anche il titolo …”
    J (sempre più illuminato): “… del disco che stiamo registrando! eh, certo!”
    Y (maieutica): “e, come tutti i dischi, ha una copertina”
    J (a parte, aspirando una boccata dal narghilè): “e questa dove c.. vuole arrivare. che c… vuoi che ne sappia io della copertina, che stavolta non mi hanno fatto fare nemmeno il disegno)
    Y (maieutica impaziente): “e sulla copertina ci dovevate essere voi quattro che attraversavate la strada sulle zebre, e Paul aveva un paio di orribili pedalini verde pistacchio”
    J (di nuovo illuminato): “ah, sì, i calzini di Paul. un ricordo di Amburgo”
    Y (tranchant): “sì, quando eravate tutti dei morti di fame. meno male che sono arrivata io”
    John la guarda perplesso, sente che in quel discorso c’è qualcosa che non torna completamente, ma non riesce a definire esattamente che cosa, e allora si dedica di nuovo al narghilè
    Y (rimaieutica): “e ti ricordi che ti ho detto che volevo esserci anch’io, in mezzo a voi, così come sono adesso”
    J (ora sicuro): “ah, sì. mi era passato di mente: una banalità”
    Y (inalberandosi): “come sarebbe una banalità? io devo assolutamente essere lì, in mezzo a voi quattro, tu non capisci l’arte …”
    J (sorridendo): “ma sì, una banalità. io l’ho detto, tutto a posto: attraverserai la strada anche tu”
    Y (ora melliflua): “quindi hanno accettato! e cosa hanno detto?”
    J (alzando le spalle): “ma niente, cosa vuoi che abbiano detto: George si è messo a piangere e Ringo si è attaccato alla bottiglia. tutto normale.”
    Y (didascalica): “amore, quante volte ti dovrò ancora dire che di George e Ringo non me ne frega una beata cippa e che quei due sono dei poveracci che contano meno di un tafano sulla coda di un elefante. Paul, mi interessa quello che ha detto Paul! ma lo vuoi capire o no?”
    J (olimpico): “ha detto una roba del tipo - fai un po’ come ti pare, cosa c… vuoi che me ne freghi a me – che è un sì”
    Y (preoccupata): “ma sai se ha già parlato con quella str…?”
    J (intuendo la tempesta): “ma, veramente, ha detto che gliene avrebbe parlato stasera, sai, diceva che era meglio così, che poi l’avrebbe convinta sotto le lenzuola …”
    naturalmente non era vero niente, ma anche John aveva un istinto di sopravvivenza.
    Y (feroce): “John! sei un cogl…! quante volte mi sono raccomandata: guarda che quella str… americana farà di tutto per mettermi i bastoni tra le ruote, bisogna che la facciate star zitta una buona volta, e tu? ma cosa ti credi? che domani Paul non arrivi là dicendo che non se ne fa niente perché (esagerando il falsetto) Linda non vuole
    Y (sempre più feroce): “guarda sono talmente inc… che adesso vengo lì e ti levo l’oppio dal narghilè!”

  6. #6
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    Predefinito Re: La vera storia della copertina di Abbey Road

    Adesso il cliente tace, mentre io sono sempre più stupito da come, senza mai alzare il volume della voce, riesca a rendere altri due personaggi in modo che si capisce subito che non sono quelli di prima, anche se alterna sempre il timbro tenorile del maschio a quello in falsetto per la femmina.
    Continua a giocherellare con le palline di mollica di pane e ogni tanto ne mette in bocca due o tre, e sorseggia il vino a millimetri.
    certo che è interessante la storia, gli confermo, e poi lei si ferma sempre sul più bello. Io spero che vada avanti ancora un bel po’, che a forza di millimetri mi arrivi almeno a due bicchieri, altrimenti mi resta quasi tutta la bottiglia sul groppone.
    E poi riprende il racconto, eravamo rimasti nella cucina di casa Lennon, con Yoko che minaccia di togliere l’oppio dal narghilé di John, ma lui … (e ritorna al timbro da tenore)

    J (a parte, volpino): “ma guarda sta str ... meno male che ho nascosto delle pasticche di Lsd sotto i cuscini del divano”
    Y (maestrina): “John, è inutile che sogghigni, che le pastiglie che avevi messo tu le ho sostituite con il Guttalax … ma cosa fai? nooooo! non mandarla giù!”

    Seguono maldestri tentativi di John per rigurgitare la pastiglia: prova a infilarsi due dita in gola, poi a darsi pacche sulle spalle, si mette a testa in giù, saltella a piedi uniti rovesciando la testa all’indietro, prova a ruggire, barrire, scatarrare ...

    Y (comprensiva): “è inutile tesoro, così non ci riuscirai mai. ormai la purga l’hai presa e ti devi rassegnare, ma se mi prometti che adesso farai tutto quello che dico io ...”
    J (risdraiandosi speranzoso): “ma certo, certo che prometto. Yoko, io senza di te …”
    Y (fredda): “sì, sì, lo so, vuoi che non lo sappia? ma adesso mettiamoci al lavoro”
    J (sempre più speranzoso): “e l’oppio?”
    Y (sempre più fredda): “dopo! l’oppio bisogna guadagnarselo. adesso prendi il telefono e chiami Paul”
    J (capriccioso): “ma metti che ... metti che stia convincendo linda sott …”
    Y (accalorandosi): “ma mi prendi per scema? non ci ho creduto nemmeno per un momento a quella balla, al massimo ti avrà detto che non gliene frega un c… di quello che faccio io e tu, da bravo cogl… te ne sei andato bello soddisfatto. telefono!”

    J (capriccioso): “ma perché sempre io devo telefonare a Paul, che non risponde mai, ma manda quel bietolone del maggiordomo …”
    Y (nazista): “telefono!”
    John raccoglie dal pavimento un apparecchio telefonico bianco e apparentemente intonso, e inizia a comporre faticosamente un numero
    “Cavendish House, parla il maggiordomo!”
    John (intimidito): “ehm, è in casa Sua Signoria?”
    (l’ho sempre odiato Paul, quando fa il pagliaccio)
    “Posso andare a vedere, chi devo annunciare, se non le spiace?”
    J (sempre intimidito): “Jo… ehm! Sir John Lennon”

    “è sempre un piacere sentire Vostra Signoria e ... posso permettermi di domandarle come sta Lady Yoko? è tanto tempo che non ci fa l’onore ...”

    J (un po’ seccato): “sta bene, sta bene! ma vediamo di ...”
    (senti, pinguino di m … vedi di alzare le chiappe che ho fretta)
    “Certamente, Vostra Signoria. mi informo subito!”
    (ecco bravo, vedi di levarti dai cogl…. e speriamo che Paul arrivi in fretta)
    Y (insinuante): “ehm, tesoro?”
    J (ormai lucido e scocciato come un bambino al quale hanno sequestrato il pallone): “cosa c’è, adesso?”
    Y (melliflua): “tu lo sai, vero, cosa devi dire?”
    J (più scocciato): “seee! devo chiedergli se ha parlato con Linda!”
    Y (seduttiva): “ma tesoro, no! no! e poi no! non devi essere così diretto ….”
    J (guardandosi il batacchio penzoloni): “con Paul? ma se sapessi le gare di rutti che facevamo ad Amburgo! e adesso non posso parlargli direttamente?”
    Y (guardando il batacchio penzoloni di John con l’espressione che aveva la signorina Rottermeier quando guardava Heidi a tavola): “Amburgo! sempre Amburgo! ma non sapete parlare di altro? tesoro, adesso siete cambiati! non siete più quei quattro morti di fame che si lavavano i pedalini nel lavandino di una pensioncina …”

    John osserva il telefono con aria scocciatissima

    Y (ritornando seduttiva): “tesoro, devi chiedergli cosa ha deciso lui, non vorrai mica che pensi che tu pensi che in casa sua comanda la str… e non lui, vero?”
    J (alzando gli occhi al cielo) “mah …”

    Paul (dal telefono) “allora, John! cosa c’è?”

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    Predefinito Re: La vera storia della copertina di Abbey Road

    Vede quante cose si vengono a sapere, mi dice il cliente, quando si hanno tanti amici in giro per il mondo. E non c’è mica bisogno che siano chissà chi: bastano due ragazzi che all’epoca si pagavano gli studi in Inghilterra facendo le pulizie nelle case dei ricchi. Peccato non avere conosciuto nessuno che lavorava nelle case degli altri due: magari in quel momento c’era Ringo al telefono che cercava di consolare George, cosa ne dice lei? Ah, devo stare attento a non finire il pane, altrimenti non posso più bere il vino.
    Non si preoccupi del pane, faccio io, ci manca solo che deva smettere di bere. Se lo finisce ne porto dell’altro.
    Ma solo un pezzettino, non vorrei esagerare, altrimenti ne risente l’equilibrio dell’Universo. Lei non ci tiene all’equilibrio dell’Universo?
    Figurarsi se non ci tengo all’equilibrio dell’Universo, a parte che il Cliente non bisogna contraddirlo, ma il Guttalax di John, ah lei dice di sì, che è vero, ma è stato tanto tempo fa. ma come diceva di George che consola … no di Ringo che consola George, ma George non stava con qualcuna, all’epoca. Ah, capisco. Con Ringo c’era più confidenza.
    Ma la storia come va a finire? Sì, figuriamoci: io ho tutto il tempo che vuole.

    Dove eravamo rimasti? Ah, sì alla telefonata di John. Ma adesso trasferiamoci dall’altro capo della linea, nella cucina di casa McCartney.

    Paul sullo sgabello con il telefono in mano; Linda, in grembiule davanti al lavello, lava in una conca la teglia che conteneva i finocchi al gratin, usando un sapone autoprodotto; piatti e bicchieri sono già sistemati ad asciugare su un panno steso sul gocciolatoio; guarda torva in direzione di Paul che tiene in mano il telefono.
    Linda “ancora quello squinternato, chissà cosa si è fumato oggi e cosa c… vuole lui e quella zoccola giapponese, vorranno mica rompere i c… con la copertina? io ho detto che ci sarò e ci sarò! dovessi passare sul cadavere della jap, anzi magari lo dovessi proprio fare, che mi divertirei anche!”
    Paul (coprendo la cornetta, impaziente): “un attimo, amore, fammi sentire.” (nella cornetta, ostentando pazienza): “sì, John, cosa c’è? ma ti ho già detto … ma sì, a parte che cosa vuoi che me ne freghi a me se Yoko … e poi l’oppio ti fa male … ma perché non fai come noi, e ti prepari un bello zuppone di carote? che ti fa bene anche all’intestino … vita sana, guarda, poi non ti lamentare ... cosa dici?”
    L (seccata): “allora, cosa vuole l’oppiaceo?”
    P (sospirando): “aspetta un secondo, John, c’è Linda che mi chiede “(coprendo la cornetta) “vuole sapere se è tutto ok per la copertina. gli stavo giusto dicendo …”
    L (con voce da stadio): “tu digli a quell’essere rincogl… che si deve ficcare nella sua zucca imbesuita di droga e anche in quella della sua zoccola giapponese che se entra lei nella copertina di Abbey Road, allora ci devo stare anch’io! dovessi …”
    P (allontanando la cornetta dall’orecchio): “ma no, Yoko! Linda sta proprio dicendo che le va benissimo, ma perché urli?”
    L: “non mi va benissimo nemmeno per il c … pezzo di cretino che mi sembri più rimbambito tu dello strafatto! adesso dammi il telefono che ci parlo io a quella put…”
    P (abbassando in fretta la cornetta): “ehm, è cadut …”
    L (agitando minacciosa la teglia pulita): “adesso ti faccio vedere io cosa è che è caduto. telefona immediatamente a quello stordito!”
    P (ostentando pazienza): “aspetta un attimo, parliamone prima tra di noi, per me va bene che ci sia anche tu sulla copertina, ma nuda no ….”
    L (posando la teglia): “e come ci dovrei stare, secondo te? se quella zoccola vuole apparire nuda, io dovrei essere lì vestita da suora?”
    P (esasperato): “ma i bambini? non ci pensi ai bambini?”
    L: “ma se entrano sempre nella vasca quando faccio il bagno!”
    P: “sì, ma in pubblico … e poi quando vanno a scuola, gli altri bambini”
    L: “e che sarà mai, in pubblico, in privato, sempre io sono … a scuola? Ma pensa te: secondo te la figlia di Mick Jagger avrebbe qualcosa da dire? ma per … cosa dici? e non parlarmi di Lord nonsochecosa, che ha più corna in testa lui di un cesto di lumache, che quella bambina lì sua madre non sa nemmeno di chi è figlia, voglio proprio vedere!”
    P (democristiano): “ma senti, non potremmo pensare a un compromesso, magari solo in topless come al mare …”

  8. #8
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    Predefinito Re: La vera storia della copertina di Abbey Road

    Di millimetro in millimetro il cliente sta quasi riuscendo a svuotare il bicchiere di Ormeasco. Ho capito il tipo: diffidente all’inizio, vuole far vedere di essere più furbo degli altri, ma poi quando inizia a bere un sorso tira l’altro. Dài che se riesco a farlo raccontare un po’, finisce che questo di bicchieri se ne fa almeno due.
    Ma allora Paul sembra che ci riesca, gli faccio, a non far posare nuda la moglie
    Sembra, mi fa lui, ma la cosa non è mica né semplice né immediata: bisogna lottare ancora, perché Linda non la prende mica tanto bene questa storia del topless.
    Intanto - dice - il mio amico si guarda bene dal fare andare l’aspirapolvere, altrimenti non sentirebbe più niente, e si limita a spolverare e spolverare e spolverare. Tanto lo sa che Linda è una stronza che si diverte a passare con il dito sul bordo delle porte per vedere se c’è rimasta della polvere. E quindi si comporta di conseguenza.

    Siamo sempre nella cucina di casa McCartney.
    Stoviglie pulite e messe ad asciugare su un canovaccio: in casa McCartney non si usa la lavastoviglie perché inquina. Nel 1969? Certo! in casa McCartney sono sempre dieci anni avanti a tutti gli altri.

    Paul sullo sgabello ha posato il telefono, Linda davanti a lui con le mani sui fianchi, leggermente feroce.

    L (mantenendo la voce da stadio): “ma allora sei anche uno sporco ipocrita! Nuda no, ma con le tette fuori sì, eh????”
    P (mantenendo l’atteggiamento democristiano): “ma amore, di solito al mare stai così: cosa c’è di male?”
    L (come sopra): “c’è di male che quella zoccola muso giallo sta nuda mentre io devo portare le mutande perché a quell’ipocrita di mio marito dà fastidio che io mi mostri nuda nella copertina del suo disco, ecco cosa c’è di male!”

    E qui Paul capisce di avere fatto un clamoroso autogoal e capisce anche che solo con una trovata geniale può uscire dall’angolo in cui è andato a infilarsi. Chiaro che lui non vuole Linda nuda sulla copertina, chiaro che Linda non vuole fare qualcosa di meno di quello fa la zoccola giapponese, chiaro che bisogna che Linda rappresenti qualcosa di diverso rispetto alla zoccola giapponese nuda: esattamente la zoccola.

    P (con l’aria da Archimede Pitagorico): “aspetta, aspetta: tu vuoi fare tutto questo perché lo fa anche la tr.. ehm, la moglie di John, vero?”
    L (sarcastica): “ma guarda, lo ha capito anche lui ... ma come è che hai avuto questo soprassalto di genialità?”
    P (sopravvolando): “aspetta, ma perché invece di stare sulla copertina come Yoko appare, non pensi di stare sulla copertina come Yoko è veramente?”
    L (sempre più sarcastica): “intendi dire che mi dovrei vestire come una di quelle baldracche da mezza sterlina di Tottenham Court Road?”
    P (con l’aria del gatto che ha mangiato la bistecca): “esattamente. e in questo modo la sput …”
    L (sorpresa e riflessiva): “uhm, non saprei .. ci starebbe sempre che lei è nuda e io sono vestita, e sono anche molto meglio”
    P (ormai all’attacco): “vestita per modo di dire: minigonna, calze a rete, stivale con tacco a spillo e pelliccetta aperta sul davanti ……”
    L (di nuovo inferocita): “pelliccia??????? ma sei impazzito o …”
    P: “sintetica, ma cosa vuoi che una baldracca da mezza sterlina si permetta una pelliccia vera ...”
    L (convinta): “ah già, non ci avevo pensato …. allora: gli telefoni o no alla tr … jap?”
    P alza la cornetta e compone il numero sulla tastiera del telefono.
    Una tastiera nel 1969? Certo! in casa McCartney sono sempre dieci anni avanti a tutti gli altri.

  9. #9
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    Predefinito Re: La vera storia della copertina di Abbey Road

    Un altro millimetro di sorsata e finalmente il cliente può sollevare il bicchiere vuoto, lo guarda con approvazione, me lo porge e mi chiede un altro assaggio insieme ad un pezzettino di mollica di pane. Sicuro che niente salame? Sicuro. I maiali morti non fanno per lui.
    Ma anche l’amico di casa Lennon era estremamente attento, indaffarato con lo straccio in mano a spolverare, ma non aveva bisogno di scuse perché Sir John non tollerava il rumore dell’aspirapolvere, che si poteva utilizzare solo in sua assenza. In compenso sembra che Lady Yoko fosse ancora più stronza di Lady Linda nel pretendere la perfetta pulizia di ogni angolo della casa. E poi con tutto l’arredamento bianco era veramente difficile, ma lei niente. Una volta aveva trovato un capello sul cuscino ed era successo il finimondo: si era salvato unicamente con una fornitura di LSD speciale a Sir John, che aveva interceduto per lui.

    Ritorniamo nella cucina di casa Lennon

    John abbandonato nudo sul divano con aria disperata, cerca invano un fazzoletto per pulire gli occhiali appannati; Yoko, esasperata, si alza e strappa un foglio da un rotolo di scottex, lo tira a John e si risiede con aria di sfida
    Y (sempre con l’aria della signorina Rottermeier): “è inutile: niente copertina, niente oppio”
    J (con voce da Heidi): “ma non hai sentito che Paul ...”
    Y (inalberandosi): “e tu non hai sentito come berciava quella str… yankee?”
    J (sottomesso): “ma vedrai che ... e poi adesso lo so che mi viene l’ansia e mi manca il respiro, ansimo, ho la tos ...”
    Y (sempre più esasperata): “ma smettila e inizia a fare gli esercizi yoga che ti ha insegnato il maha….”

    drììììn. Nel 1969 in casa Lennon non siamo avanti nemmeno di mezza giornata.

    John e Yoko all’unisono: “rispondo io!”

    Y (trionfante con la cornetta in mano): “sì? ah, ciao Paul! quanto tempo che non ci sentiamo! qual buon vento? ma, guarda: John in questo momento ...”
    John guarda Yoko con aria da cocker spaniel al quale hanno appena dato uno schiaffo sul muso.
    Yoko, coprendo la cornetta: “lascia parlare me che quello str … ipocrita prova senz’altro a mettertelo nel didietro un’altra volta”
    John sospira rassegnato e prova ad assumere la posizione shirshasana sul tappeto bianco tra i due divani, appoggia la testa sulla moquette bianca, poi prova ad appoggiarsi al divano per portare le gambe verso l’alto, ma cade rovinosamente perdendo anche gli occhiali, così in ginocchio incomincia a tastare la moquette per ritrovarli.

    Y (di nuovo nella cornetta, sorridendo come un boa constrictor): “ma a proposito di che …”
    (a parte) “lo sapevo, è la copertina. adesso vedrai che si inventa una scusa, ma lo sistemo io, vedrai, dovessi passare sopra al cadavere della str … anzi magari, così almeno mi diverto”
    “come? siete d’accordo? davvero? ah, lo sapevo che c’era un però ... come sarebbe, Linda? vuole comparire anche lei? ma cosa c’entra Linda, io sono un’art … si veste da zoccola? ma non ci posso ... come? è un’idea tua, e lei ha accett … ti passo John”

    Yoko si alza e guarda inorridita John, che continua a tastare la moquette, afferra gli occhiali e glieli mette sul naso. John la guarda con aria da cocker spaniel al quale hanno appena dato la ciotola con il cibo.

    Y (a John): “ma cosa ca ... ?”
    J (heidesco): “eh, mi avevi detto di fare gli esercizi yoga del maharish ...”
    Y (alzando gli occhi al cielo): “ma smettila di fare l’imbecille e torna a sdraiarti sul divano, che c’è Paul che ti deve parlare”
    John cerca faticosamente di riassumere la posizione eretta, ma cade nuovamente a terra; Yoko sorridendo lo aiuta a sistemarsi sul divano.

    J (afferrando la cornetta): “ciao Paul, che mi dovevi dire …”

    Yoko risistema l’oppio nel narghilè
    J (con gli occhi lucidi): “... ah, allora è tutto a posto ... ma sei sicuro che Linda … da zoccola, eh? certo che ... ma sai, proprio sulla destra del passaggio pedonale … sì c’è un lampione ... basta allargare un attimo la prospettiva ... eh, l’ho sempre saputo che sono un genio”

    poi chiude la telefonata aspirando beato dal bocchino del narghilè, mentre Yoko lo osserva con sguardo materno.

  10. #10
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    Predefinito Re: La vera storia della copertina di Abbey Road

    Ma adesso, mi dice il cliente, facciamo un bel salto in avanti, dal 1969 al 1985, nel salotto di casa Starkey.
    Come dicevo poc’anzi, io ero lì che mi guadagnavo da vivere facendo le pulizie e stavo giusto spolverando l’armadietto dei liquori, quando ho visto Lady Barbara che prendeva in mano il telefono con aria meditabonda. L’armadietto dei liquori era la cosa più importante di quella casa e doveva essere pulito e lucidato alla perfezione: al resto della casa i Signori non badavano tanto, ma con quello non si poteva sgarrare.

    Allora, dicevo, c’era Lady Barbara che, con il telefono appoggiato tra orecchio e spalla, osservava perplessa la copertina di Abbey Road: da sinistra a destra appaiono George Harrison in jeans, Paul McCartney in completo grigio con ai piedi un paio di birkenstock aperte e degli improbabili calzerotti verde pistacchio da tedesco a Rimini, Yoko Ono tetramente nuda, Ringo Starr in abito scuro e John Lennon di bianco vestito; al termine delle zebre Linda Eastman in McCartney, con una patetica tenuta da peripatetica, minigonna e calze a rete che mettono in evidenza le gambe storte, appoggiata ad un lampione con una sigaretta in bocca e aria da chi-me-lo-ha-fatto-fare-di-venire-qui.
    “Professor Brown, che piacere sentirla! Come? Ma certo che ci possiamo dare del tu … naturalmente chiamami pure Barbara, lascia stare la Lady: come stai? Sì, sono qui con Ringo, stavamo guardando quella copertina orribile, non so se hai presente: credo anch’io che quel disco ha venduto poco e niente, con quella copertina … va beh, dài, e certo che se al posto di una di quelle due sceme ci fossi stata io, però daì: paragonare me proprio ad una di loro, ti sembra il caso ... (Barbara Bach sorride complice), ma mi dicevi che si può rimediare ... si stringe l’inquadratura per escludere la passeggiatrice, si copre la schifezza giapponese e si tolgono i calzerotti ... ma sei sicuro di riuscire a tornare nel 1969? Allora va bene, però purtroppo non posso venire io, sai ho le riprese del film, però mando il ragazzo qui, quello delle pulizie: non ti preoccupare, è fidatissimo e sarà puntualissimo. Abbey Road domani ore 12:00, ma che automobile? Una De Lorean? No, mai vista. Noi di solito usiamo la Rolls, ma non ti preoccupare: il ragazzo mi fa segno che lui la conosce benissimo.

    E rivolgendosi al marito seduto sul divano con in mano un bicchiere di Caol Ila 15 anni:
    “Tutto a posto Ringo, vedrai domani che bella copertina che avrà questo disco! qualcosa mi dice che anche le vendite avranno avuto un cambiamento e noi ci ritroveremo con qualche soldino in più da investire.”
    poi si siede accavallando le gambe e beve una lunga sorsata dal suo bicchiere di Lagavulin 16 anni pensando a quelle due stupide zoccole che hanno mandato a donne di malaffare uno splendido album, solo per il gusto di farsi un dispetto …

    A questo punto il cliente si interrompe, guarda l’orologio e “porca miseria!” esclama “sono quasi le dodici e io ho un appuntamento. Estrae il portafogli e “dài che ti compro la bottiglia che così almeno non l’hai aperta per niente, no, non me la porto via, tienila lì: una bottiglia sospesa per chi vuole farsi un bicchiere alla mia salute”
    Esce di corsa senza attendere il resto e senza chiudere la porta: lì fuori c’è una automobile stranissima mai vista prima, di colore grigio. Una portiera si apre in un modo ancora più strano, la Rosanna mi dice – affascinata – ad ala di gabbiano, e il cliente sale in auto gridando:
    “Ciao Emmett, puntualissimo come sempre! A quando si va oggi?”

    Sipario

 

 
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