Roma, 11 ott – A giudicare dalle reazioni delle autorità bosniache e albanesi (ma anche dalla stampa “buona” di casa nostra), lo scrittore Peter Handke, vincitore del premio Nobel per la letteratura del 2019, in passato doveva essere stato una sorta di fedelissimo della Tigre Arkan o un sostenitore del massacro di Srebenica. In realtà “le colpe” dello scrittore austriaco, coautore tra le altre cose della sceneggiatura di Il Cielo sopra Berlino, risiederebbero soprattutto nella condanna dei bombardamenti Nato su Belgrado del 1999 e nel discorso funebre tenuto in occasione dei funerali di Slobodan Milosevic nel 2006.

Il “coraggio” dell’Accademia di Svezia
Posizioni sicuramente non banali in tempi di politicamente corretto imperante, tanto che il premio ricevuto ha sorpreso lo stesso Handke, che ha definito il riconoscimento “molto coraggioso” proprio in virtù delle polemiche suscitate dal suo lavoro. Dalle parti dell’Accademia di Svezia si “giustificano” così: “Naturalmente abbiamo discusso della controversia, anche in senso politico, ma abbiamo concluso che non poteva guidare la nostra discussione. È un autore così grande e formidabile”, ha spiegato Anders Olsson, ex segretario permanente dell’istituzione svedese. Per una volta dunque il valore dell’opera non è stato piegato agli schemini del pensiero unico.

L’indignazione della stampa allineata
Eppure anche dalle parti di casa nostra la cosa non sembra andare giù. “Proprio nei mesi in cui Slobodan Milosevic e gli aguzzini serbi si rendevano responsabili nel 1995 dell’orrore di Srebenica in Bosnia”, scrive il Corriere della Sera, “Peter Handke scriveva con il suo Un viaggio d’inverno ai fiumi Danubio, Sava, Morava e Drina l’apologia della Serbia. Non della cultura serba in generale, ma proprio della Serbia aggressiva scaturita dall’esplosione della Jugoslavia, descritta come un idillio di fierezza e di integrità morale“. Più giù nel pezzo l’organo di via Solferino specifica che lo scrittore austriaco, in una intervista di qualche anno fa a Le Monde, rigettò le accuse di “negazionismo” in merito al massacro di Srebenica.

Insomma ad Handke non si perdona di aver tenuto una posizione eterodossa sulla questione jugoslava, non nascondendo le sue simpatie per la causa e l’identità serba. Ma anche di aver contestato l’ingiustizia dei processi farsa al Tribunale dell’Aia. Per una volta però, il politicamente correttissimo premio Nobel non si è fatto condizionare.

Davide Di Stefano

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