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Discussione: Tradizioni

  1. #81
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    Predefinito Re: Tradizioni

    Non è neanche una coincidenza di fine aprile creata dal Clero, ma un rituale preistorico che con il tempo evolve e diverge in due diverse maniere e in due diversi hinterland, perchè esiste chiaramente una diversa forza etnica, una diversa memoria storica, una diversa mentalità o attività intellettuale collettiva: il nome, la Data e la cavalcata, oltre ai falò, sono il denominatore comune, mentre il majordomo femmina e i covoni di segale, oltre alle nove notti, sono una bella differenza, per millenni e millenni fino all’arrivo della cristianizzazione.

    Dice qualcuno politicamente corretto “fino all’arrivo dei Romani” ma non è vero, chè sappiamo da Macrobio circa 1600 anni orsono come ricorrenze e festività “romane” non siano confondibili con quelle campestri, cioè dei “pagani” nel pagus ovvero nel contado dei contadini, quasi del tutto ignote a chi non vive nei pagi dell’impero d’occidente: rimangono le stesse che i Romani han trovato sul posto al momento dell’invasione.

    Ma per i nuovi Dei sulla Terra è un problema vero: le festività Romane vanno in disuso perchè gli stessi Romani hanno adottato la nuova religione, che rimane però ignota nei pagi, abituati ad altri riti & miti, eterni e impermeabili, per tradizione.

    Proprio all’epoca di Macrobio (anno 399-430) sant Agostino scrive un “catechizandis rudibus” ma vengono anche giustiziati i vescovi che tolleravano i rituali del pagus (come Priscilliano) linciati sacerdoti e sacerdotesse con bibliotecari e bibliotecarie (come Hypazia) ma... duecento anni più tardi l’inerzia contadina rimane sempre un grosso problema,

    lo urla con il “correctione/castigatione rusticorum” il vescovo del concilio di Braga (l’anno 572) diverso tempo dopo l’editto di Teodosio (anno 438) e pure di Giustiniano (anno 535) che han fatto piazza pulita delle tradizioni Romane, abbattendo templi e statue col sangue e la forza delle armi, ma le tradizioni delle Genti ovvero “gentili” e cosidette “pagane” resistono senza alcuno sforzo, ignorando come sempre le religioni altrui.

    Li chiamano “idolatri” come se il festeggiare “al barbeque” gli antichi Totem fosse così diverso dall’addobbare la statua di san Gennaro con gioielli e amuleti. La cristianizzazione era il semplice marketing parallelo al trapasso dei poteri Romani verso i Cristiani (prima) e alla barbarie cristianizzata (poi) ma sortirà l’effetto di “congelare” i rituali pagani così come sono, appiccicando altro nome a Totem & Tabù allo scopo di portare i Cristiani ad appropriarsi delle ricorrenze campestri, occupandole con un vescovo, un chierico o un diacono ...che distribuisca santini e benedica il festoso picnic.

    Non avviene per caso, ma per progetto: o altrimenti, come han fatto a collocare “casualmente” le loro donne sulla Data delle nostre majordomo femmina?
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  2. #82
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    Predefinito Re: Tradizioni

    Come hanno fatto? Nell’ispezionare le tradizioni del nostro hinterland Alpino la rinfusa delle ricorrenze o festività marcate dai cosidetti Totem segnaposto lascia intravedere pochissime donne, probabilmente dodici sul totale dei 15 Totem femminili, ma potrebbero anche essere tutt’e 15 se usassimo la loro etichettatura come fosse nome di donna: la Candelora, colla Minima e l’Ottava, potrebbero anche essere donne, tre Ninfe come la Befana, cioè una giovane e bella donna come le altre dodici.

    Al di là che i Totem femminili son quasi tutti o tutte “majordomo femmina” questi dodici o quindici nomi, cristianizzati pari-pari come quasi tutti i molti nomi maschili, non si distinguerebbero gli uni dagli altri: son tutti classificati dal Clero per essere di terzo e quart’ordine, per lorsignori una schifezza da tenere in disparte.

    Salvo, che alcuni dei 51 Totem, sia maschi che femmine collocati in primavera ...han lo stesso identico azimut di altri Totem collocati in autunno “come allo specchio” cioè creati e misurati guardando alba & tramonto del Sole all’orizzonte, sia sul lato est che sul lato ovest, in due stagioni diverse e contrarie: il che è imponderabile, sia per i vangeli che per la bibbia ed è altrettanto assurdo credere che vescovi o diaconi & papi abbiano misurato l’orizzonte nello scegliere Santi & Madonne da collocare sul (loro) Calendario.

    Per di più, sul loro Calendario coll’intenzione di cristianizzare il nostro ma, casomai, li avrà collocati a questa maniera qualcun altro ...e con un Calendario del tutto diverso da quello Vaticano. Ovunque fosse scritto, ogni Calendario è l’organizzatore della Società: se il Vaticano ci mette i suoi proprii Totem o Santi & Madonne come li vogliamo chiamare, sarà lui che “dà le carte” e che dirige il traffico.

    Sicchè questi presunti “santi” stan lì col nome datogli dalla cristianizzazione, come se si fossero messi d’accordo per farsi martirizzare da Romani & barbari nei giorni misurati reciprocamente in dodicesimi e cinquantaseiesimi, nell’arco di oltre mille anni e pure traguardando gli azimut del Sole all’orizzonte di alba e tramonto. Gliel’ha organizzato il Padreterno, evidentemente, chè il Clero non è all’altezza di una simile matematica.

    La cristianizzazione delle festività Romane la fanno abbattendo templi e statue, ma non ci sono templi nei rituali dei pagi, chè falò e camporelle si fanno all’aria aperta, mentre le nostre “statue” sono simboli intellettuali ...a parte le pietre la fauna le erbe le acque e gli alberi i pochi Totem di sasso, rozzi e antichi, non somigliano proprio alle “moderne” statue dei Fori Romani.

    La cristianizzazione quindi può soltanto plagiare i nomi ed appropriarsi dei riti: basta scegliere tra migliaia di martiri, non ha importanza che siano credibili per i pagani ma che sian credibili per i Cristiani ...o altrimenti non ci vanno ad infognare le festività pagane, che alla fine non verrebbero mai cristianizzate.

    Altrettanto chiaro, che se vai ad un festino a festeggiare un maschio (per esempio un san Pantoforo scelto dal Vaticano) quando nei pagi si festeggia (ohibò!) una donna ...ti guardano storto e corri il rischio di prenderti una coltellata se non un pugno sul muso.

    Non è per essere pignoli ma, per noi fa una bella differenza: in quali altre Lingue del Pianeta puoi trovare il maschile e femminile nei primi tre numeri dell’alfabeto (l'1, il 2, il 3) per non dire della matematica?

    (309)
    Ultima modifica di mailander; 19-04-22 alle 00:58 Motivo: 309 letture
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  3. #83
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    Predefinito Re: Tradizioni

    Giocoforza, la cristianizzazione dei nomi femminili avviene a ragion veduta, non tanto perchè i preti non volessero rischiare un linciaggio quando si presentano ad una scampagnata pretendendo di benedire il falò (ne muore uno ne mandano un altro) ma proprio perchè fallirebbe la stessa cristianizzazione: finquando i “santi” del Clero non sono confondibili coi “totem” del pagus ...esisterà nei pagi un’altro rituale e un’altra religione, in parallelo, per semplice inerzia e tradizione.

    Che scoperta: più che una spina, una coltellata nel fianco. Difatti la confusione “ad arte” col rituale ecclesiastico e la sovrapposizione precisa al rituale campestre serve a identificare un unico “manager” a Roma o Milano oppure Ravenna, che controllerà entrambi i rituali fingendo che fossero uno solo... per patrocinarne uno solo.

    La sovrapposizione con la festività pagana del 25 febbraio non è diversa da tutte le altre cristianizzazioni, il Clero sapeva benissimo che ci si doveva mettere una donna, anche se non ne sapeva il perchè. Mentre sorveglia i rituali degli altri, come vediamo dalla predica di Asterius de Amasea (per san Silvester) non conosce nè i riti nè il criterio del Calendario di campagna: in primis perchè quegli stessi Cristiani che conoscevano i riti li hanno rimossi dalle proprie abitudini ...proprio per diventare Cristiani.

    Senza contare, che il cristianesimo nasce con il Calendario Romano di tipo “nundinale” e cioè per nove, ma se n’è appropriato riducendolo a “domenicale” e cioè per sette (quindi sempre dispari) per cui non è in grado di capirne uno “duodecimale” e cioè per dodici, nè tantomeno può capire i suoi multipli in cinquantaseiesimi, chè quello domenicale è per così dire “addizionale” contrariamente al sistema “nonaddizionale” tipico di quello nundinale e di quello duodecimale. Vuole turlupinare i Totem le ricorrenze e festività del Calendario di campagna, ma praticamente il Clero è cieco.

    Cieco, ma non è stupido, può capire che per turlupinare la Prima Camporella bisogna arraffare la sua majordomo femmina in febbraio, eppoi occupare le festività di fine aprile: o non si capirebbe perchè ha collocato un nome femminile al 25 febbraio eppoi, un secolo più tardi, colloca lo stesso nome al 1° di maggio. Per esempio, quando ha spostato Ambroeus dal 4 aprile al 7 dicembre, non è che lo ha conservato anche al 4 di aprile, ma lo ha eliminato dal 4 aprile... però non ha eliminato Walburg dal 25 febbraio quando ha creato al 1° maggio lo stesso nome: ergo, l’una e l’altra Data fa parte dello stesso rito, da eliminare.

    Gli spostamenti di Ambroeus e Walburg son fatti a ragion veduta, sia pure per ragioni diverse ma tipiche della cristianizzazione. Al 25 febbraio ci han messo anche san Donato, Vittorino, Serapion, Claudiano, Ireneo ed altri “santi” inutilmente, come fan di solito per annacquare una Data, riempiendola d’una mezza dozzina di nomi in concorrenza ma, nei pagi, un posto (una Data sul Calendario) può essere marcato da un solo (Totem) segnaposto.

    La Chiesa però deve fare l’opposto, apposta: più nomi mette sull’istessa Data ...e meno visibile rimarrà un singolo nome, putacaso quello degli altri. Ma comunque, ogni nuovo nome da “cristiani” non dovrebbe apparire in contrasto cogli usi dei pagi o verrebbe rifiutato, deve sembrare addirittura una comodità, praticamente un plagio: si usa lo stesso nome per le due diverse ricorrenze nello stesso giorno, quando la ricorrenza clericale verrà evidenziata dal Clero mentre viene snobbata quella ricordata dal pagus nell’istessa Data.

    Tant’è che le prediche, veri e propri comandi tanto subdoli quanto violenti, sono indirizzate sopratutto all’autorità civile, per farla intervenire colla spada e col patibolo in favore della Chiesa. Non sono mai cessate nemmeno dopo la Rivoluzione Francese, millecinquecento anni più tardi, chè la cristianizzazione delle festività campestri terminerebbe solo con il concilio Vaticano nell’anno 1962 ma, in realtà prosegue tuttora senza alcuno sforzo del Clero...

    bastano i pappagalli che ti ripetono a menadito l’ignorante previsione meteorologica dei 40 giorni di piova (sia in primavera che d’estate, ma anche d’inverna quando casomai nevicherebbe) o l’altrettanto ignorante e tragicomica barzelletta dei merlotti bianchi affumicati a fine gennaio: anche questa, c’è da sospettare che fosse inventata proprio da quei che han terrore della neve e della nebbia, come Totò e Peppino che arrivano alla stazione centrale bardati di colbacco e pelliccia sotto le risate dei passeggeri.

    Appare quindi un nome femminile al 25 febbraio, forse cinquantanni dopo la morte di Walburg (anno 779) ch’era un funzionario di tutto rispetto, a parte le sue qualità personali fisiche ed intellettuali, essendo abbadessa del monastero femminile di Heidenheim al bordo settentrionale delle Alpi nostre, ma anche abate del vicino monastero maschile, dopo la morte di quell’altro abate: per cui, nella classifica degli abati vale praticamente il doppio di san Benedetto o di san Colombano (il triplo de san Tantòni) e pure femmina.



    (325)
    Ultima modifica di mailander; 19-04-22 alle 00:58 Motivo: 325 letture
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  4. #84
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    Predefinito Re: Tradizioni

    Anche per la signorina Walburg la Data di morte nell’anno 779 della nostra Era Volgare è del tutto casuale, ma non è di certo casuale la decisione di mettercela in Calendario: che lo decida un papa a Roma o lo decida un vescovo nella diocesi locale è un nome come un altro per occupare il fastidioso falò (e qualcosa d’altro) che richiama il Volgo, come tutti gli altri falò cerimoniali nel pagus. Così, il 25 febbraio e i nove giorni della Prima Camporella sono collegati fra loro, dal nome femminile del Totem di febbraio con l’istessa presenza femminile nel mito delle nove notti in aprile, ma anche collegati fra loro coi dodicesimi e cinquantaseiesimi nella prammatica dei 2+2 equinozii & solstizii consecutivi a 365/366 giorni.

    Forse il nome Walburg appare la prima volta in Calendario verso l’anno 820 e siccome la cristianizzazionamentatura femminile d’un rituale campestre con lo stesso nome al 1° giorno di maggio venne dichiarata dal Clero solo dopo l’anno 870 (o forse nel 893) chè prima era impossibile, è evidente che tra l’anno 779 e l’893 l’unica possibilità di cristianizzare la Prima Camporella (dal 22 al 29 aprile) risiede nel nome della medesima donna che venne collocata da subito al 25 febbraio ...chè questa Data con questa donna rappresenta (nel nostro mito) il majordomo femmina di quella Camporella di fine aprile, con una prammatica in dodicesimi e cinquantaseiesimi ben sincronizzabile coi due solstizii. Se il Clero ci mette lo stesso nome alle due giornate, distanti fra loro due mesi interi, è ben difficilmente una coincidenza, lo fa a ragion veduta e proprio interesse.

    Figlia di un capitano inglese nei paraggi del Devon, la signorina Walburg ha un nome che stenta ad essere “indovinato” dai monaci amanuensi (quei che scrivono calendari sia per il Clero che per i pagi e per i borghesi) chè per quasi mille anni appare in Calendario con almeno 18 diverse sillabe iniziali, diconsi diciotto, con due diverse vocali intermedie, otto diverse sillabe finali ed anche (ogni tanto) almeno sei diverse abbreviazioni:

    le 18 iniziali,
    Ualp
    Uualp
    Uualtb
    Uualtp
    Valb
    Valp
    Valtp
    Vualb
    Vualdb
    Vualdp
    Vualp
    Vualtp
    Vvalp
    Walb
    Waldp
    Walp
    Waltb
    Waltp;

    le 8 finali,
    lge
    rch
    rg
    rga
    rgae
    rge
    rgh
    rgis;

    le 6 abbreviature,
    walb.gis
    walp.
    walp.ga
    walp.ge
    walt.pge
    waltp;

    le due vocali intermedie, tra la sillaba iniziale e quella finale, sono qualche volta la “o” e qualche volta la “u” ma è probabile che la “u” sia sempre una “o” all’inglesa del sec.VIII e IX quando pronunciata in Britannia, ma una “u” tedesca in tedescheria, mentre “o/u” pari sono sia per il Latino che per la Lingua Volgare ...quattrocento anni prima di Dante, lo sappiamo dal “se pareva boves” il cosidetto indovinello Veronese, trascritto quaggiù al Nord proprio nella stessa epoca medioevale.

    Dall’elenco escludiamo per comodità l’antica pronuncia franzosa, perchè la si trova soltanto sui calendari franzosi ed è altrettanto complicata, può essere anche Falbourg oppure Vaubourg troppo lontana dalle maniere Britons, mentre quella in elenco qui di sopra la si trova anche ad Aquileia ed ovviamente nei calendari Benedettini più ortodossi.

    Un caso tipico o triplico lo troviamo nel cosidetto “psalterio portatile” del sec.XIII oggi a Oxford (codice Bodl.ms.liturg.402 riprodotto qui sotto) dove il nome appare tre volte: Walpurge (a pag.2r in Latino) al 25 di febbraio, Walpurgis (a pag.3v in dialetto) al 1° di maggio, Waltpurga (a pag.150r in Volgare) nella Litania non datata in fondo al messale, e probabilmente con tre calligrafie diverse nello stesso documento (la “pi” e la “erre” non sono le stesse) che proviene dalla diocesi della Città di Regensburg (Regina) oggi Ratisbona, appunto sul bordo settentrionale delle Alpi nostre manco a dirlo.

    Gli austriacanti che latravano l’erronea traduzione italotedesca delle nostre Città Alpine dovrebbero far tesoro di questa Città sul fiume Danuvius: come fatelo a tradurre in “regensburg” ovvero “cittadellapioggia” un nome evidente come “regina” di uso Romano lo sapete solo voi, o forse neanche.

    Chiaramente, Walburg non è un nome che gli amanuensi ricopiano da un Calendario “campione” mandato da Roma (se ognuno lo scrive come caspita gli pare) salvo che tutti, se non lo tirano a sorte (ohibò!) lo scrivano nel proprio dialetto ...eh già, ma allora da dove lo ricopiano?







    (334)
    Ultima modifica di mailander; 19-04-22 alle 00:58 Motivo: 334 letture
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  5. #85
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    Predefinito Re: Tradizioni

    Da qualsiasi parte venga ricopiato, il nome, occorre prima che qualcuno lo scriva da qualche parte, e se non è sul Calendario in vigore, il Volgo non se ne accorge. La cristianizzazione non era un problema dei Romani: anche se non conosciamo chi sia esattamente Macrobio, è un importante funzionario dello Stato che ha vissuto nei cinquantanni dell’epoca di Ambrogio, Agostino, Teodosio, ma le sue opere non mostrano alcuna traccia di cristianesimo. Ne cito soltanto una perchè dà l’idea delle sue capacità intellettuali “de differentiis et societatibus Graeci Latinique verbi” un mattone.

    Nel Codice Teodosio (anno 438) ci sono dodici “macrobii” ma forse son di meno perchè alcuni son nominati più volte, ma il nome si trova anche in altri elenchi e può trattarsi del Vicario delle Hispanie (anno 399) o del Proconsole dell’Africa (anno 410) oppure del Prepositus Sacri Cubiculi (anno 422) comunque indicato come “vir clarissimus et illustris” nei documenti: uno che sapeva come funzionava il sistema. Di conseguenza, al di là di quel che ci raccontano spavaldamente Ambrogio & Agostino nell’istessa epoca di Macrobio, nessuna traccia di cristianesimo.

    Allora, in quell’epoca il cristianesimo è sopratutto una “casta” che sta costruendo il proprio feudo sgomitando aggressivamente colla romanità in disfacimento (lo vediamo quando demoliscono l’altare e la statua della Vittoria) una casta che non teme i Romani e vede come nemico principale quei che sopravvivono alla caduta “dell’impero dei Romani” è ovvio, cioè i disgraziati abitatori dei pagi e che conservano una propria filosofia per semplice inerzia, una Tradizione che non è Romana o cadrebbe con Roma e non costituirebbe un problema per i Cristiani nè nessun altro.

    Per cui vanno cristianizzati, chè cristianizzarli equivale vieppiù a sostenere la presa del potere, trapassando ognicosa dalla romanità alla cristianità: un trapasso che dura 400 anni dalla battaglia di Adrianopoli il 9 agosto dell’anno 378 fino al 25 dicembre dell’anno 800 coll’incoronazione (clericale) di Carlomagno, Re dei Franchi e dei Longobardi. Carlomagno, che ancora oggi nè Francesi nè Tedeschi han capito se fosse francese o tedesco, si fa incoronare (a Roma) da un prete. Tipico dei barbari: andargli a spiegare la rappresentanza etnica è come parlare al muro, eppoi son bravi a venir qui armi e bagagli ad incantare i serpenti.

    Ai fini della acculturazione forzosa è ovvio che i nomi dei Totem cristianizzati resteranno del tutto ignoti al Volgo, che si tiene quelli che ha da secoli, finquando non vengano usati e cioè scritti sul messale clericale e sul Calendario civile, che nel medioevo è la stessa cosa. Ci troviamo prima dell’anno 1098 e nella diocesi locale qualsiasi nome si può sempre aggiungere (lo vedremo dopo) scrivendolo dove occorre sul Calendario allegato al sacramentario, al psalterio, al graduale, collectario, lezionario, evangeliario etc. poi breviario e messale, chè il vescovo vedendone la necessità può sempre farlo. Vale per qualsiasi “santo” clericale e cioè qualsiasi Totem campestre cristianizzabile.

    Se però il nome è già scritto dagli amanuensi in bella calligrafia, come tutti gli altri nomi del Calendario o delle litanie, vuol dire che il nome fa già parte di un uso più generale, ovvero è voluto da Roma per ogni diocesi e gli amanuensi lo sanno, ma in questo caso è a Roma che ne han visto la necessità. La stessa cosa è evidente se è il vescovo della diocesi locale a chiedere di inserire quel nome in Calendario, quando si fa mandare un sacramentario o psalterio o lezionario dagli amanuensi del vicino scriptorium.

    Vale anche per i nomi delle litanie, che si trovano in fondo al sacramentario o messale, ma la regola per le litanie è che si può sempre aggiungere o togliere qualsiasi nome “a voce” senza che stia scritto nell’elenco, allungandolo o accorciandolo a piacimento, vale a dire che se un nome si trova o non si trova nelle litanie è espressamente voluto da chi ha fatto scrivere il messale agli amanuensi ...salvo che il vescovo committente non abbia detto nulla e gli amanuensi abbiano allora scritto quei nomi che son già nell’uso generale.

    Ne consegue un pacchetto di “santi” veri o falsi ma di uso o interesse locale cioè un Calendario parzialmente differente dagli usi generalizzati: e già qui possiamo capire le 18 diverse iniziali del nome Walburg oltre alle 8 diverse finali ed alle 6 diverse abbreviature, più le 2 vocali intermedie. Ergo, si capisce bene come questo sia il “merchandising” d’una religione ansiosa di costituire un proprio Olimpo ...sulle macerie dell’Olimpo altrui.

    A nulla serviranno le grida di allarme di alcuni (pochi) vescovi, chè si arriverà a venerare due teste (due vere craniche) dello stesso “santo” in due diverse cattedrali (Costantinopoli e Amiens) poco dopo l’anno mille, per non parlar della tomba del cane (Guinefort) che faceva “miracoli” nel XIII secolo. Ma era già chiaro, seicento anni addietro, dalle prediche del vescovo Claudius (a Torino) come la venerazione delle reliquie dei presunti “santi” fosse quella stessa “idolatria” che il Clero si affannava a rinfacciare agli “dei” Greci e Latini sbattendo sul rogo i disgraziati: la scelta dei presunti “santi” da mettere in Calendario quindi non è mai stata una decisione “casuale” ma quasi sempre, o meglio sempre, politicamente corretta.

    (293)
    Ultima modifica di mailander; 19-04-22 alle 00:58 Motivo: 293 letture
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  6. #86
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    Predefinito Re: Tradizioni

    Decisione politicamente corretta vuole anche dire che, tra le migliaia di veri martiri, alcuni presunti santi han dovuto inventarli di sana pianta, o non sarebbero mai entrati nella memoria collettiva ...se avessero avuto un altro nome. Nel momento in cui etichettano un Totem del pagus con un nuovo nome che non convince nessuno, hanno fallito. Poi costruiscono anche una chiesetta sul luogo della Camporella e vanno a farci le processioni penitenziali il 25 marzo (cosidette rogazioni) ma se il nome è sbagliato non funzionerà mai.

    Al 25 febbraio ci han messo diversi nomi (san Donato, Nestore, Vittorino, Serapion, Claudiano, Ireneo etc.) ma non potevano mai essere ricordati, perchè il nostro precursore femminile (che deve stare lì) non può avere un nome maschile. Provano a metterci più e più nomi, sperando di trovare quello giusto, ma nel caso della Befana, o dei tre giorni “dla Maerla” non ne hanno azzeccato uno solo: nulla è entrato nella memoria collettiva, e così la menano tutt’ora colla storiella dei merlotti affumicati ...e della strega che vola sulla scopa, che tra l’altro, se si trova all’inizio dell’anno dovrebbe essere una giovinetta e non l’incontrario.

    L’apparente confusione clericale sui Totem del Calendario di campagna non ha mai confuso gli analfabeti che lo usano da millenni e millenni: la Data di tutti i 51 Totem rimane perfettamente sincronizzata l’uno coll’altro e coi 2+2 equinozii & solstizii, in dodicesimi, che ripetono sempre la Data dell’anno precedente coi cinquantaseiesimi del differenziale bisestile.

    Sarà un relitto intellettuale, ma questo è. Lo troviamo nei prowerbis come nei riti e nei miti degli aborigeni, con il conteggio nonaddizionale tipico della preistoria: contiamo per dodici e cioè 12 23 34 45 56 mentre i Romani per nove e cioè 9 17 25 33 41 49 57 con una differenza “pari & dispari” molto significativa perchè il nostro differenziale bisestile conta 1461x3=4383 giorni (dispari) e loro 1096x4=4384 giorni (pari) mentre il Clero che s’impossessa del Calendario Romano fissa il giorno Bis tra 24 e 25 febbraio. Ma non lo capisce, fino a dover intervenire nell’anno 1582 sincronizzando alla bell’e meglio: vuol dire, che fino a quella Data non ha un criterio numerico per collocare i “santi” sul Calendario, non è in grado di interpretare i motivi delle festività campestri e non ne capisce la Data ...ovviamente sincronizzata coi dati orbitali. Gliene aveva parlato Beda il venerabile, alla fine del VII° secolo, ma non gli han dato retta.

    Ora, volendo escludere il 25 febbraio e volendo ammettere che questa ricorrenza/festività campestre sia collocabile soltanto sul 1° di maggio alla maniera tedesca (e quindi cristianizzato soltanto dopo l’anno 893 non prima) rimane da spiegare come mai ...sia prima che dopo l’anno 893 figura la cristianizzazione del 25 febbraio esattamente con l’istesso nome dichiarato per la stessa presunta canonizzazione: o i tedeschi se lo son dimenticato nei milleduecento anni trascorsi fin qui, ma in questo caso non era affatto una loro tradizione, o in mille anni l’avrebbero sublimata in un qualche modo,

    oppure non ne hanno mai avuto sentore, ed in questo caso la loro tradizione sul 1° di maggio è un semplice relitto se non una imitazione delle nostre tradizioni, evidentemente più antiche perchè la imparerebbero da noi, se ne innamorano, ne fanno una propria versione, cancellano le nove notti, ne inventano una sola, nascondono la femmina dalla cavalcata notturna, se ne vantano come fudesse la più antica tradizione ...e mentono a loro stessi.

    Se poi nella (loro) cavalcata diurna o notturna non indicano una sola donna, nemmeno quella che dà il nome alla ricorrenza e festività, mentre la sostituiscono con le “streghe” della fantasia onirica e pseudoerotica per non dire psicopatica, del Clero ...è ovvio che l’imparino dal Clero e non dalla tradizione.

    Senza contare, che se non appare sincronizzazione del loro 1° maggio col 25 febbraio, o coi 2+2 equinozii/solstizii, ci devono anche spiegare come fanno a ripetere ogni anno la stessa Data di questa ricorrenza: vale a dire come fanno, prima d’aver imparato il Calendario Vaticano e prima d’aver imparato il Calendario Romano, come fanno ...a ripetere la stessa Data dell’anno precedente, ovvero con quale matematica lo facevano durante la preistoria.

    Va da sè, che la menata “lunare” del Disco di Nebra, strombazzato a destra e a manca come fanno col Calendario di Coligny, non c’entra un fico: se è “lunare” allora non è in grado di ripetere due solstizii consecutivi alla distanza dei 365/366 giorni, da qui non si scappa, non ripete mai la Data dell’anno precedente nemmeno in un ciclo di trenta o quarant’anni, cioè mai.

    A nulla vale dire che nella preistoria s’incomincia a contare dalla Luna per arrivare poi a contare col Sole, perchè coltivazioni, mandrie, cacciagioni, non alternano il proprio “zero vegetativo” colla Luna una volta al mese ma col Sole una volta all’anno ...e coltivatori, mandriani, cacciatori, analfabeti come noi lo sanno bene, mentre casomai non lo sanno i barbari, che appunto vivono di razzia e saccheggio delle derrate altrui.
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  7. #87
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    Predefinito Re: Tradizioni

    Per “leggere” la cristianizzazione dei Prowerbi e dei Riti & Miti, coi Totem & Tabù, bisogna ispezionare i calendari cristianizzati e cioè medioevali, migliaia, più di quelli elencati da Giacomo Baroffio nel suo “Kalendaria Italica Inventario” che sono 1612 esemplari “italiani” ma dispersi in tutta europa, pubblicato in “Aevum” n.77 del 2003 a pag.449-472 dei quali soltanto 619 calendari ispezionati tra l’anno 700 e l’anno 1399 cioè 2 del sec.VIII, 20 del sec.IX, 7 del sec.X, 49 del sec.XI, 87 del sec.XII, 148 del sec.XIII, 335 del sec.XIV, più altri 964 dal sec.XV in qua. Limitandoli però geograficamente non possono dare l’insieme dei cristianizzatori.

    L’hinterland delle Alpi non lo si può spaccare nei mille interessi di parte, ma comunque visto nel suo insieme, dalle Bocche del Rodano al Reno al Danubio alla Drava e alle isole Adriatiche. Più i calendari spagnoli, francesi, tedeschi, slavi (che stanno nei dintorni) proprio perchè le loro copie son tutto quel che rimane degli originali nostri ...ovviamente distrutti dalla loro barbarie, come dice nel 1929 Walterus Truronensis il vescovo Walter Howard Frere “of the early manuscripts available for this investigation there is hardly any that hails from Italy, let alone Rome itself. This situation is due, no dubt, to the devastation of Italy in the earlier Middle Ages” a pag.35 del suo “Studies in Early Roman Liturgy” by Oxford University Press. Non ha ispezionato soltanto i calendari ma ha cercato anche nei sacramentari, nei lezionari, negli evangeliari e nei graduali, oltre che nei commentatori delle epistole e negli usi musicali della liturgia, prima del sec.VIII nel primo medioevo.

    Ecco allora i barbari, molto facile che questa Walburg nella ricorrenza “alla tedesca” sia il solito “scherzo da prete” della cristianizzazione. Non dimentichiamo che i tedeschi incominciano a scrivere tedesco nel sec.IV quando il vescovo Ulfila traduce la Bibbia, non L’anello dei Nibelunghi. A parte le Rune, certo, ma quelle si trovano già scritte (da noi) sulle pietre della Valtellina e della Valcamonica e di mille altri posti, del tutto ignoti ai galli ai tedeschi agli slavi.

    La scelta del giorno bisestile per il Clero, al 25 febbraio giusto sul Totem di santa Walburg, arriva molto tardi, perchè per semplice inerzia usavano lo stesso giorno del Calendario Romano ...in disuso, dopo che gli hanno sfasciato il differenziale nundinale per fagocitarselo con il conteggio domenicale. Abbastanza assurdo, perchè le domeniche ruotano negli anni, senza inizio e senza fine, senza avere mai un termine, nè son sincronizzabili con equinozii & solstizii o qualsiasi altra Data, ma ruotano all’infinito senza mai ripetere la Data dell’anno precedente.

    La domenica di septuagesima sincronizza tutte le altre, ma quella di septuagesima non ha una Data propria: se quest’anno è al 25 gennaio sarà al 14 febbraio l’anno prossimo, poi al 29 gennaio, 18 febbraio, 10 febbraio, 26 gennaio, 14 febbraio, 6 febbraio, 22 gennaio, 11 febbraio, 2 febbraio e via di seguito. Di conseguenza, non ci sono anni da 365/366 giorni nel Calendario del Vaticano, ma di 350, 385, 348+1, 373, 383+1, 357, 353+1 e via di seguito: a loro lo “zero vegetativo” come lo “zero di longitudine” fà una pippa, ma serve a noi, che dobbiamo lavorare la terra.

    L’usanza di chiamarlo “bisestile” dipende dal fatto che è un duplicato del quinto giorno avanti le calende di marzo, equivalente al 24 febbraio di oggi ...che quando viene duplicato diventa il sesto giorno, col giorno 25 che diventa il 24 Bis, come vediamo qui sotto negli ultimi giorni di febbraio:

    21 IX (21 feb = IX avanti marz)
    22 VIII
    23 VII
    24 VI
    25 V
    26 IV
    27 III
    28 II
    01 I (primo giorno di marzo)

    21 IX (21 feb = IX avanti marz)
    22 VIII
    23 VII
    24 VI
    24 VI Bis

    26 V
    27 IV
    28 III
    29 II
    01 I (primo giorno di marzo)

    Ovviamente, per noi non esiste, chè nei pagi il giorno bisestile appare incorporato nei tre+tre “dla Maerla” in gennaio. Dopo i Romani, il problema bisestile sul 25 febbraio è soltanto clericale, costituisce il loro giorno doppio o giorno Bis, il giorno in più, completamente ignorato nelle nostre campagne quando il Volgo sta festeggiando l’ultimo dodicesimo di Natale, col majordomo femmina precursore della Prima Camporella, che esploderà o meglio zampillerà tra le risorgive in primavera.

    Per neutralizzare il nostro Totem, ci mettono una dozzina di nomi (maschili) finquando si accorgono della differenza ed incominciano a citare una dimenticata santa Walburg nelle litanie in fondo al sacramentario, psalterio, lezionario: nome che viene adottato poi dalla tradizione di campagna perchè è l’unica donna che si trova nel Calendario al 25° giorno di febbraio, insieme a san Vittore, Vittorino, Claudiano, Dioscoro, Nicoforo, la testa di Paul, Donato, Giusto, Serapion, Ireneo, Nestore e qualcun altro.

    Nella litania qua sotto (cod.BSB.Clm.6421) vediamo il nome “vvaldburga” a pag.19r nel sacramentario di Abrahams de Frisinga (vescovo negli anni 950-993) un momento prima dell’anno mille.

    Ultima modifica di mailander; 20-02-22 alle 01:20 Motivo: colore
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  8. #88
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    Predefinito Re: Tradizioni

    A differenza del Calendario (lapide e sentenza inequivocabile) la “litanìa” è un attrezzo di sostegno non da poco: una cantilena ripetuta in coro, sia dal celebrante che dal Volgo in chiesa, ma sopratutto nelle processioni cioè “rogazioni” camminando nei prati, di giorno, verso il luogo (della Camporella) benedicendolo con l’acqua “santa” per purificare quella ...fresca, dei fontanili dichiarati peccaminosi.

    Nel sacramentario di Abrahams de Frisinga, a pag.4r c’è “Vualdburgae” al 25 febbraio e a pag.7r c’è “Vualdburge” al 1° maggio, oltre a “vvaldburga” nella litania a pag.19r come abbiamo visto qui di sopra, pochi anni dopo la canonizzazione dell’anno 893 nel hinterland Alpino, a due passi da Regina, Ulma, Heidenheim, tra il Danubio e le prealpi della Vindelicia e Nòricum: se la cristianizzazione del 1° maggio è (presumibilmente) di sola tradizione tedesca, allora non si capisce cosa c’entri il 25 febbraio coll’istesso nome nell’istesso Calendario ...a Frisinga, chè costoro non dovrebbero saperne nulla.

    Abrahams il vescovo non è un idiota, è tedesco: lo sà cosa festeggiano per tradizione i tedeschi, fin da quand’era bambino. Se nel suo sacramentario c’è anche il 25 febbraio con lo stesso nome del 1° maggio, non è una cosa campata per aria ...sta accogliendo le festività campestri così come esse sono, come di fatto le vede nella sua diocesi e le accoglie per cristianizzarle. Se fosse il tipo che le rifiuta, mandando al rogo i contadini, le avrebbe cancellate dal sacramentario e dalle litanie: è l’epoca dei “vescovi-conti” e nella diocesi non esiste altro potere al di sopra del suo.

    Abrahams è un caso tipico, in tutto l’hinterland Alpino e in qualsiasi altra diocesi dove esistono festività di campagna mai toccate dalla religione cristianizzata di Roma (con esclusione dei vescovi che invece affrontano a muso duro pagani e borghesi) ergo, Abrahams attrorno a sè nella sua diocesi ha un Volgo da cristianizzare anche al 25 febbraio, è un fatto.

    Di conseguenza, se il 1° maggio non ha sincronizzazione alcuna col 25 febbraio o coi 2+2 nodi, non fa parte del medesimo rituale di campagna, ma il medesimo nome gli venne semplicemente appioppato dal Clero, che ha creduto di far d’ogni erba un fascio unificando una cavalcata notturna di nove giorni con una cavalcata d’un giorno solo, per di più senza un majordomo femmina che preceda i cavalcatori. Voglio dire che, se fino all’anno 1098 il Clero di Roma non è in grado di imporre ai vescovi l’uno o l’altro “santo” sul Calendario Romano, di qualsiasi diocesi, è facile che il Vaticano ne abbia messi in Calendario due (2) con l’istesso nome, per assicurarsi di spiazzare sia l’una che l’altra Data ...perchè crede, o indovina, che le due festività sian collegate. Lo sà benissimo che son collegate: glielo dicono i vescovi che hanno il polso della loro diocesi.

    Abbastanza ovvio lo strapotere del Clero, se però il Volgo conserva o non conserva l’uno o l’altro giorno festivo ...dipende soltanto dal Volgo, nient’altro che inerzia, pura e semplice identità: c’è o non c’è. Vale a dire che c’è, oppure non c’è, un profondo “baricentro” intellettuale ovvero tradizione, abbastanza antica da sostenere quel che viene vissuto in superficie. Nella nostra memoria collettiva (memoria storica) esiste l’una e l’altra Data in combinazione con la Prima Camporella e coi 2+2 equinozii & solstizii, in un edificio matematico che facciamo funzionare a menadito per semplice abitudine, pura e semplice tradizione: l’identità.

    Non c’è da chiedersi “come mai” festeggiamo due diverse giornate collegate fra loro a distanza di due mesi l’una dall’altra, casomai c’è da chiedersi il perchè gli altri ne festeggino solo una.

    L’ampia diffusione di entrambe le festività campestri, che troviamo nei calendari medioevali da Gibilterra al Mare del Nord fino a Bobbio ed Aquileia è ovviamente “distinta” dalla diffusione della prima giornata di maggio ...non si tratta di una disattenzione di chi scrive il sacramentario il graduale il salterio o l’abbecedario, di fatto esistono due rituali diversi (nei pagi) e uno dei due esclude il 1° maggio.

    Appare quindi nei calendari medioevali l’una o l’altra identità, comunque storpiata dalla cristianizzazione e cioè storpiata dalla betoniera sociale, che ha interessi diversi dal conservare una Società. Ovvio che nella Società le tre cose devono restare distinte, o affogherebbero triturate dalla pressione sociale, la betoniera.

    Non si tratta di far comparazione tra una tradizione nostra e una di qualcun altro, si tratta di sapere chi la crea ...e a chi appartiene. Poi la possono anche imitare, ma non vengano a dire che gli imitatori siamo noi. L’avevamo capito nel pieno ‘ottocento, che la moda della presunta linguistica “comparata” aveva nient’altro scopo che millantare la nostra discendenza da babilonia e dalle steppe siberiane: praticamente negare che la “nostra” terra sia nostra, mentre noi saremmo i figli degli immigranti kurgòni.

    Non è cambiato niente, nemmeno con la genetica “moderna” perchè quando trovano al microscopio (o con il tellurometro) una sequenza genetica della papuasia in una salma di Casalpusterlengo ci assicurano (gli “scenziati” come quelli del vairus) che i milanesi devono essere stati, in origine, papuanesi. Non è uno scherzo: il prof. Cavalli-Sforza aveva appunto pubblicato le concordanze, ma da lì a tirare le conclusioni ci ha pensato la televisione, col suo codazzo di buffoni e lacchè, daccordo col cinema e colla carta stampata.

    Darei quindi un’occhiata in casa degli altri eppoi vedremo il significato di alcune differenze.
    Ultima modifica di mailander; 24-02-22 alle 01:18 Motivo: virgola
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  9. #89
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    Predefinito Re: Tradizioni

    Conosciamo per ora parzialmente il rituale del nostro Calendario di campagna, che possiamo anche chiamare Villanoviano dalla sua ultima sincronizzazione, e conosciamo lo sforzo cristianizzatore della classe dirigente di ieri e di oggi, ma dovremmo renderci conto delle altre popolazioni che usino in parte le stesse cose, cioè capire se son le stesse cose oppure no.

    Anche se nei calendari in uso tra Carlomagno (anno 781) e Cristoforo Colombo (anno 1492) troviamo la Data del 25 febbraio e del 1° maggio in varie combinazioni, sappiamo che appartengono comunque a due abitudini culture mentalità tradizioni diverse, perchè la loro distanza coi 2+2 equinozii & solstizii non è sincronizzabile nella stessa maniera: in dodicesimi il 25 febbraio ed in altro modo il 1° di maggio.

    Ci sono anche diversità nel mito associato al rituale, come abbiamo visto e rivedremo più volte, ma l’uso dello stesso nome femminile per entrambe le ricorrenze dev’essere per forza spiegato: se non altro, perchè il Totem segnaposto, o personaggio marcatore della Data, appare nel nome del 1° maggio ma non appare nel mito della medesima ricorrenza.

    Di sicuro, il nome Walburg (nelle sue 18+8+6=32 calligrafie) è sconosciuto al mese di maggio prima dell’anno 893 e di conseguenza, se la festività di maggio fosse davvero precedente all’893 deve avere anche un (altro) nome più antico, da qualche parte, diverso da quello cristianizzato nell’893... sia pure sottoforma di relitto, mentre il mito o il rituale deve anche contenere qualcosa di diverso dalle usanze clericali, sia pure sottoforma di relitto, salvo che il Clero dopo l’anno 893 fosse riuscito ad obbligare il nuovo nome ed anche obbligare un nuovo rituale ed un nuovo mito, ipnotizzando i tedeschi.

    Ma anche in questo caso appariranno da qualche parte i relitti della “cosa” precedente: esistono le tradizioni proprio perchè esiste l’inerzia, ancorata ad un profondo baricentro, così che il Volgo impiega alcuni secoli per creare la memoria collettiva di un nuovo nome, nuovo rito, nuovo mito (non può farlo tra l’anno 893 e l’894 in un colpo solo) chè l’etichetta del “si perde nella notte dei tempi” è roba da ignoranti, funzionari del “minculpop” a danaro pubblico.

    Se esiste, la “cosa” precedente và cercata nella stessa epoca di Abrahams de Frisinga, poco prima dell’anno mille, epoca dei Vikinghi norvegesi danesi svedesi ovvero Normanni (appunto “normanni” significava uomini del Nord, tedeschi compresi) che hanno un Calendario altrettanto cristianizzato, confrontabile con quello del sacramentario di Frisinga oppure di Lorsch, Aquileia, Reichenau, Verona oppure Monza o anche Benedettino.

    Vediamo quindi sui “primstaven” e sui “runestav” dei Vikinghi se conoscono il 25 febbraio...



    questa è la stecca runica (primstav) di Gudbrandsdalen, a 230km da Oslo e 60km dopo Lillehammer, che essendo un Calendario cristianizzato ha tutte le “X” piazzate sulle domeniche, qui squadrate e ripetute ogni sette giorni, mentre i simboli verticali sono i Totem, anche precedenti alla religione aliena:

    la “A” del 17 gennaio è il falò al Totem de sant Antoni, mentre il Totem del 25 gennaio (san Paul) dovrebbe essere accompagnato da quello del 23 gennaio (santa Emerenziana) qui però è mancante; poi al 2 febbraio è il Totem della Candelora ultimo dei 3+3 giorni “dla Maerla” ma isolato e quindi incomprensibile (per noi) sia pure in coppia colla crocetta sul 3 febbraio al Totem de san Biaas; il Totem di san Valentino al giorno 14 è quindi l’ultimo di febbraio perchè quello di Walburg al giorno 25 qui è mancante; ovviamente il 22 e 24 febbraio non sono Totem campestri ma due etichette della cristianizzazione, forse come il 5 e 7 febbraio.

    Con diverse differenze, troviamo lo stesso febbraio di Gudbrandsdalen anche attorno alla baia di Oslo sulla stecca di Akershus e Ostfold al 6 13 25 gennaio col 2 3 5 22 24 febbraio, sulla stecca di Helgeland al 6 11 17 19 25 gennaio col 2 9 22 24 febbraio, poi sulla stecca di Valle al 6 11 13 25 gennaio col 2 3 6 22 24 febbraio e sulla stecca di Askvoll al 6 7 11 13 17 20 25 gennaio col 2 3 5 6 22 24 febbraio, oltre che sulla stecca di Stavanger sulla costa Atlantica al 6 11 14 17 20 25 gennaio col 2 3 22 24 febbraio, eppoi sul “dente di balena” disegnato da Ole Worm (nell’anno 1643) oggi scomparso, coi Totem al 17 18 20 25 gennaio e al 2 3 5 6 14 22 24 febbraio.

    Si noterà l’onnipresenza del 24 febbraio e, per quel che ci riguarda, la quasi assenza del Totem di san Valentino al 14 febbraio: dodici giorni dopo il Totem de san Biaas e 12 giorni prima del Totem di santa Walburg pure mancante in tutt’e sette le stecche runiche, comunque 12+12=23 giorni nundinali (non 24) ovvero nonaddizionali. Notevole che al 14 febbraio il Totem di san Valentino appaia soltanto a Gudbrandsdalen e sulla incisione quasi microscopica del “dente di balena” grande come una mano, qua sotto.



    (226)
    Ultima modifica di mailander; 19-04-22 alle 00:57 Motivo: 226 letture
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  10. #90
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    Predefinito Re: Tradizioni

    A differenza del Calendario manoscritto allegato al sacramentario, al salterio o ad altro documento clericale, quello inciso sulla stecca runica non lo usa di certo il Clero ma lo usa il Volgo, il medesimo Volgo che lo usava fino ad un minuto prima della cristianizzazione: per cui il contenuto della stecca “primstaven” conserva (anche) cose che nel sacramentario e nel salterio non ci saranno mai. Semmai, il Clero lo userà per “spiare” le tradizioni del Volgo e prevenirne i rituali, ma questo è un altro paio di maniche.

    Non è comunque una caratteristica dei Vikinghi, ma tipica di tutta la preistoria, chè per ora le rune della Scandinavia non sembrano più antiche di duemila anni, mentre quelle sulle Alpi nostre sono databili almeno quattro o cinque volte più antiche, cioè di epoca Villanoviana, però non nascono come un fulmine a ciel sereno ma devon sempre nascere da una tradizione e progettazione precedente ...necessariamente di epoca Aurignaziana.

    Fino a quando il prezzo della carta o della pergamena e i moderni sistemi di stampa non potevano essere a disposizione di chiunque “verso il basso” e cioè fino alla fine del XVI o XVII secolo, il Volgo usava annotare i contratti le ordinazioni i calendari le cambiali le regole i trapassi di proprietà e i fidanzamenti su una stecca di legno, che poteva esser anche lunga 90cm. o più, incisa con il coltellino, e in alcuni casi duplicando le incisioni spaccandola in due, così che cliente e fornitore potessero sempre ricostituire intiero il medesimo documento, coi due legni.

    A questo modo, la scrittura preistorica cosidetta “runica” attraversa tutto il medioevo fino agli usi della carta, ma continua per altri secoli a sopravvivere dove la carta è un impiccio, com’è ovvio con le pecore e le mu-mù al pascolo, ma anche nella casera lavorando latte e formaggio e nella cantina con il vino, sicuramente nella cascina con il fieno e nella bottega del calzolaio, del fornaio e del mugnaio, ma anche nel castello sforzesco al mestiere delle armi.

    Di fatto, è sempre la “stecca” vantata dai coscritti al termine della ferma militare, la medesima “stecca” che i legionari e anche i gladiatori portavano in congedo all’epoca Romana, per dimostrare gli anni e le campagne di cui eran veterani, sventolandola qualche volta sotto il naso dei borghesi coll’epiteto di “pagani!” ovvero “imboscati” paragonabili ai villici del pagus.

    Proprio l’uso della stecca runica dimostra l’abitudine di scrivere alternativamente da destra verso sinistra e da sinistra verso destra, come abbiam visto sul “dente di balena” per esempio, ma lo vediamo meglio nella incisione sulle mura Romane di Milano, dove il nome della Città è scritto “onaloixem” cioè “mexiolano al rovescio” sulle pietre, non sulla stecca.

    La direzione della scrittura è una convenzione e un’abitudine, che nasce con gli oggetti necessari a scrivere. Sulla stecca è indispensabile scrivere in entrambe le direzioni, molto semplice e intuitivo dopo che l’hai imparato, mentre sulla pietra non è affatto necessario ...onde per cui, il “mexiolano” rovesciato l’ha scritto qualcuno che aveva l’abitudine di scrivere sulla stecca runica in entrambe le direzioni, tanto più che se lo scrive sulle mura “romane” di Milano con vocali e consonanti “latine” sapeva anche scrivere il Latino, necessariamente da sinistra verso destra, epperò lo scrive da destra verso sinistra...

    ergo, se scrive “all’incontrario” è vieppiù evidente che le sue abitudini di scrittura non le impara dai Romani e nemmeno dalla Scandinavia, dalla Spagna, dalla Gallia, dalla Germania o dalla jugoslavia, ma le conosceva bene anzi benissimo fin da prima dei migratori di mestiere.

    L’uso della stecca runica, ma soltanto come Calendario, sopravvive oggi in alcune provincie della Scandinavia, sopratutto come oggetto da collezione, da regalo e per turisti, ma le stecche Vikinghe di mille anni orsono e conservate nei musei portano incise le festività medioevali insieme a quelle più antiche. Una loro importanza, è che documentano le più antiche tradizioni germaniche, tra L’Oder e il Weser al di sopra di Hannover e Dessau, all’interno del hinterland scandinavo, prima della migrazione verso il prodotto interno lordo di Roma o di qualcun altro.

    L’ispezione quindi, dei primstav e dei runestav tra il mar baltico e il mare del nord, illumina i monumenti e i relitti sopravvissuti alla cristianizzazione della Scandinavia e della Germania, meglio di come potrebbero apparire in un sacramentario o in un messale del Clero. Nel nostro caso, possono illuminare la distinzione tra i nostri e i loro Totem segnaposto, come stiamo annotando qui per il 25 febbraio e il 1° di maggio.

    Vale allora la pena di rivedere il “dente di balena” che abbiamo appena dato con una lettura da destra verso sinistra (dal 17 gennaio al 24 febbraio) e rovesciandolo dall’altra parte lo leggiamo da sinistra verso destra col mese di ottobre e novembre...



    se si leggono le lettere domenicali ABCDEFG dell’una e dell’altra stringa vedremo che la loro disposizione corre sempre verso l’apice del “dente” in entrambi i casi, obbligando così una lettura in entrambe le direzioni: dal 14 ottobre al 14 gennaio da sinistra verso destra e dal 15 gennaio al 13 aprile da destra verso sinistra.
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