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    Predefinito DOTTRINA - Eutanasia: Agire sulla prevenzione

    La sfida davanti al “fine vita”: realizzare un «circolo d’amore»

    A San Pio X, dialogo tra l’arcivescovo Paglia e la senatrice Binetti. Agire sulla prevenzione, valorizzando la capacità di «prendersi cura in modo inclusivo»
    di Michela Altoviti pubblicato il 10 Dicembre 2019
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    Sulla «delicata e personale» questione della fine della vita non possono bastare un intervento giuridico e un provvedimento legislativo ma è necessario «un ribaltamento culturale» rispetto al quale i cattolici «hanno una grandissima responsabilità» in termini di «prossimità, solidarietà e bene comune». Questo il cuore delle riflessioni emerse ieri sera, 9 dicembre, nel corso dell’incontro “Fine vita: la domanda dell’uomo e il mistero della vita”, che ha avuto luogo nella chiesa di San Pio X, nel quartiere Trionfale. Il dialogo su «un argomento complesso, molto dibattuto ma ancora insoluto», come è stato sottolineato dal parroco monsignor Andrea Celli, a pochi giorni dalla pubblicazione delle motivazioni della sentenza con cui lo scorso settembre la Consulta ha escluso in determinati casi la punibilità dell’aiuto al suicidio, ha visto la partecipazione dell’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, e della senatrice Paola Binetti, vicepresidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani.

    «È necessario ripartire dal nostro vocabolario – ha detto Paglia in apertura del suo intervento -: il progresso della scienza in ambito medico ha delle ricadute anche sul nostro modo di esprimerci oltre che di pensare ma per un cattolico l’espressione “fine vita” non ha senso, alla luce del Credo che professiamo ogni domenica nella Messa, affermando di credere nella resurrezione dei morti». È proprio «a partire dalla loro fede» che per il presule «i cattolici sono chiamati a diffondere una cultura della solidarietà, basata sulla ineliminabile interdipendenza che ci caratterizza come uomini», a dispetto dell’efficientismo promosso da una società «fondata sull’iper-individualismo», che porta «a esasperare i diritti del singolo a scapito dei doveri collettivi». Ecco allora l’invito a promuovere «una cultura dell’accompagnamento che mira a non abbandonare e a non lasciare solo nessuno, né il malato né la sua famiglia e nemmeno il medico», perché quando «finisce il fare, resta l’esserci» e un «tale circolo di amore da realizzare intorno a chi vive un momento difficile non può essere semplicemente il frutto di una legge».

    Contro la «cultura eutanasica, che ci porta oggi a parlare di diritto alla morte – ha detto ancora Paglia -, come Accademia per la vita abbiamo pubblicato un libro bianco che si rivolge ai diversi soggetti che possono contribuire in questa linea a livello internazionale» e cioè politici, giornalisti ma soprattutto operatori sanitari e università, perché «è cruciale l’impegno formativo in ambito accademico, dove la medicina palliativa viene vista ancora come una soluzione di ripiego, mentre occorrono competenze e capacità molto avanzate e multidisciplinari». Garantire effettivamente l’accesso alle cure palliative «è una condizione importante perché il dibattito su questi temi possa svolgersi in un clima di maggiore serenità e senza la paura di sofferenze che possono invece essere eliminate», ha sottolineato l’arcivescovo. Infine Paglia ha evidenziato l’importanza della Dichiarazione congiunta delle religioni monoteiste abramitiche sulle problematiche del fine-vita, firmata lo scorso ottobre dai rappresentanti ebrei, cattolici e musulmani in Vaticano. «Non è storico il contenuto, ossia aver trovato un accordo sul fine vita – ha affermato -; è storico che le tre religioni monoteiste lo abbiano firmato insieme, e assieme continueremo a proporlo ad altre religioni».

    Da parte sua, Binetti ha osservato come la legge del 2017 sul consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento «è figlia di una cultura individualistica» e si basa «sul modello culturale diffuso il cui principio cardine è quello dell’autodeterminazione, che ha molta presa su ognuno di noi» perché nessuno vuole vedere violata «la propria capacità decisionale». Ma questa legge «pone l’uomo in una innaturale condizione di solitudine» laddove invece «ognuno è al centro di una rete di relazioni che si fondano sul bisogno di solidarietà e di coesione». Ecco allora che per Binetti la Corte Costituzionale, «pur distinguendo tra istigazione al suicidio e accompagnamento al suicidio, rende l’altro di fatto causa materiale della morte di un suo simile» e questo contraddice «completamente il principio di solidarietà che è per esempio alla base del reato di omissione di soccorso». Per la senatrice, in una «evidente e diffusa cultura dello scarto, dobbiamo agire sulla prevenzione» favorendo da un lato l’unione dei nuclei familiari, «valorizzando l’intrinseca capacità di prendersi cura in modo inclusivo», dall’altro «curando la formazione dei medici, a partire dalla terapia del dolore, perché siano davvero solidali nei confronti dei malati».

    10 dicembre 2019

    https://www.romasette.it/la-sfida-da...ircolo-damore/
    Ultima modifica di emv; 02-06-20 alle 13:29 Motivo: Rititolazione a scopo classificazione argomenti
    IN PALESTINA È GENOCIDIO! ROSA E OLINDO LIBERI SUBITO!
    FUORI DALLA NATO! FUORI DALLA UE! BASTA ECOFOLLIE GREEN!


    “Sorgi, Dio, difendi la tua causa.”
    "Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli…"


 

 

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