Nella notte tra l'11 e il 12 novembre 1940, per via della sua importanza strategica e militare, il porto di Taranto subì uno dei più devastanti attacchi aerei della storia. La base navale tarantina era una delle più attrezzate per la riparazione delle unità danneggiate, grazie soprattutto alla disponibilità di grandi bacini di carenaggio, ed alla presenza nel suo arsenale di tutti i pezzi di ricambio per i macchinari e le armi. L’idea degli inglesi – colpire la Marina italiana e fermare gli obiettivi colonialistici di Mussolini – risaliva già alla guerra d’Etiopia: la Royal Navy aveva studiato un piano di attacco aereo notturno nella base navale di Taranto.
Durante quella notte, 21 aerei dotati di siluri e bombe, si alzarono dalla portaerei inglese Illustrious, che si trovava a 170 miglia dalla costa italiana scortata dalle navi da battaglia Malaya, Ramilies, Valiant, Warspite, dagli incrociatori Gloucester, York e da 13 cacciatorpediniere. Al comando vi era l'ammiraglio Andrew Cunningham. Gli aerei britannici partiti in due ondate successive giunsero indisturbati sulla città. Grazie a una precedente ricognizione che non fu contrastata dalla difesa italiana, i piloti conoscevano perfettamente le unità da colpire, che erano tra l'altro dotate di reti parasiluri insufficienti e protette da pochi palloni di sbarramento. Nell'attacco la flotta italiana subì gravi danni. La corazzata Conte di Cavour subì i danni maggiori, venendo parzialmente affondata. Inoltre furono seriamente danneggiati le corazzate Caio Duilio e Littorio e l'incrociatore Trento. Danni vennero riportati anche dai due cacciatorpediniere Libeccio e Pessagno. Furono anche attaccati vari depositi di carburante sulla terraferma. Alla fine il bilancio fu di 85 morti, di cui 55 civili, e di 581 feriti, mentre il Bollettino di Guerra del regime annunciò non ci fosse alcuna vittima. Uno dei tragici ricordi di quella battaglia per gli abitanti, testimoni dell'evento, fu quello di udire dal mare le strazianti urla di sofferenza dei militari italiani imbarcati sulle navi danneggiate, vittime dei siluramenti. La conseguenza principale della cosiddetta “notte di Taranto” fu che la flotta italiana rimasta venne spostata a Napoli e Messina.
L’operazione britannica dimostrò inoltre le carenze e la debolezza della Marina italiana: gli inglesi navigarono indisturbati nel Mediterraneo, rifornendo Grecia e Malta con numerosi convogli e portarono a termine con successo un attacco che compromise seriamente la metà dell’intera flotta italiana.
La dinamica dell'azione fu attentamente studiata dai giapponesi per potersene poi avvalere in previsione dell'attacco alla base statunitense di Pearl Harbor.