Buonasera a tutti, intervengo a discussione già ampiamente avanzata e me ne scuso. Premetto che conosco e ho letto il libro di Savater e anche quello di Nucci, e insieme a questi parecchi altri testi sulla tauromachia: sì, vado a vedere le corride.
Ma non solo: mangio con gusto carne e pesce, credo che la sperimentazione animale abbia permesso passi giganteschi nella ricerca medica e perciò la benedico, mio nonno allevava animali da cortile che ci davano uova, latte, carni, pelli, e per scelta non possiedo (possedere è il termine giusto, no? d’altronde mica il gattino ha scelto di sua spontanea volontà di vivere in appartamento) animali da compagnia, nel senso che la compagnia me la fanno a sufficienza la mia famiglia e i miei amici.
Alla luce di tutte queste premesse posso avere cittadinanza in questa discussione senza essere immediatamente tacciato di brutalità e efferatezze varie? Mi auguro di sì, e dunque proseguo.
Pensavo di intervenire su un duplice piano, quello del metodo e quello del merito: o, in altri termini, la forma e la sostanza. Alla quale sostanza sono molto interessato, essendo quello dei diritti animali e più in generale quello dell’evoluzione nel rapporto tra uomo e animali un tema che mi appassiona che studio. E sono giustamente molte le voci che invitano la comunità filosofica a trattarlo con sempre maggiore scrupolo e attenzione.


Succede però che, riflettendo su cosa scrivere in questo mio commento, mi sia accorto che il metodo sia tale da prevaricare e rendere impossibile il merito: ovvero, la forma rende impensabile alcun confronto sulla sostanza.


Il problema è davvero serio e preoccupante: è frustrante e pericolosa la sproporzione che nel 99% cento dei casi esiste tra l’innegabile importanza del tema trattato, e con essa certamente la legittimità delle posizioni che si confrontano, e le modalità con cui chi partecipa a queste discussioni perorando la causa antispecista/animalista brutalizza e deprava il confronto.
Leonardo Caffo, le cui idee non condivido ma che trovo evidentemente del tutto meritorie di ascolto, ha pubblicato da qualche parte in internet una interessante e articolata confutazione delle tesi esposte da Savater nel suo libro, confutazione che invita alla riflessione e stimola ad una risposta: benissimo, peccato che poi in questa discussione su minimaetmoralia lo stesso Caffo proprio non resista e oplà che dalle corride si passa a parlare di nazismo (cito: “Ora, la legge e dalla parte dei carnefici, come lo era anticamente in Germania dalla parte dei nazzisti: godetevela!), con un parallelo che lascia senza parole. Ora, i casi sono due: o Caffo non ha studiato la storia e non sa cos’è stato il nazismo, o Caffo lo sa bene e allora è preoccupante e terribile che si applichi a questi paragoni indecenti.


Proseguiamo. In calce a quell’analisi di Caffo pubblicata su Asinus Novus, tra i commenti sta anche quello di tale Claudio, in arte Sdrammaturgo, intervenuto alcune volte anche qui su m&m contro le tesi di Savater e Nucci, qualche commento sopra. Il quale Claudio sul suo blog personale conclude una furiosa reprimenda contro il Palio di Siena con il ripugnante proclama “Ogni cavallo, dieci senesi”, in un post candidamente intitolato “Suggerimento per un pestaggio” (qui: http://sdrammaturgo.wordpress.com/20...-un-pestaggio/).


Ogni cavallo, dieci senesi.
È roba da Fosse Ardeatine, fa venire i brividi. In quello stesso articolo lo stesso Claudio definisce il giornalista autore di un pezzo pro-Palio pubblicato sull’Avanti, “il mai troppo pestato giornalista” (da cui il titolo del post, evidentemente). In un primo momento anzi il prode Claudio pure faceva nome e cognome del giornalista in questione (“il mai troppo pestato XY”), con metodi da lista di proscrizione.
Se ancora non fosse sufficiente posso proseguire.
In questo scambio su m&m è intervenuto, sempre appoggiando la causa antispecista, un tale Massimo che dalle sue pagine personali (così farebbe intendere il link che collega il suo nome su m&m e il sito in questione) ci propone un paragone tra l’Olocausto degli ebrei e un panino col prosciutto (qui: de spin: L'anima al macello.).
6 milioni di ebrei contro una coscia di maiale. Simpatico, no?


In un commento apparso sul sito dello stesso Massimo (cito): “Credo che chi faccia del male meriti del male. Non si parla ovviamente di chi mangia la carne (anche se se lo meriterebbero pure loro) ma di chi macella si. SI, cazzo, meritano di morire perchè sono STRONZI, consapevoli d’esserlo.” (qui: de spin: Carne umana.).


Chi ha voglia di leggersi altre perle visiti quei siti, ne sono pieni zeppi.
Sono tutte provocazioni, direte voi.
Iperboli. Nient’altro, certo. Solo provocazioni.
Io personalmente proverei eterna vergogna a farne di simili, ma questo è affare di ognuno con la sua coscienza.Ma la forma non è distinta dalla sostanza, lo sappiamo, e l’atteggiamento verbalmente violento e squadrista che ha la stragrande maggioranza di chi perora cause antispeciste e più in generale animaliste rende impossibile un vero studio e un vero confronto: fatevi un giro su qualche sito internet, sui blog, leggete qualche volantino, ascoltate qualche intervento, e ve ne farete un’idea.
Pedofili, nazisti, assassini, la corrida è come l’infibulazione, e poi giù a tirare in ballo la segregazione razziale, e ancora chi mangia carne commette un omicidio, eccetera, queste sono le carinerie riservate a chi non condivide il credo antispecista o animalista.
Vomitevole.
Ma il metodo in questione ha anche un’altra falla.
Prendiamo ad esempio la nostra Rita.
Rita, in qualche commento all’inizio, ammette implicitamente di non conoscere nulla della corrida, se non le fantasie ossessive che circolano sui blog animalisti (massacro, sedato, non è una lotta ad armi pari e via dicendo). Bene, questo farebbe di Rita una persona non del tutto titolata a parlare di corrida, e pure Rita si scaglia contro la tauromachia (che definisce pratica barbara e vigliacca), su di essa snocciola verità che però conosce solo lei (il toro è ucciso per biechi scopi ludici), e con ogni probabilità intimamente ne desidera l’abolizione.
Così come Rita, migliaia di attivisti o simpatizzanti dei movimenti animalisti, pur non avendo mai visto né una corrida né un Palio, pur non avendo mai visto da vicino nè un toro da combattimento né un cavallo da corsa, non esitano a battersi furiosamente perché corrida e Palio vengano banditi. C’è qualcosa che scricchiola, ve ne rendete conto.
Leonardo Cafffo ci illumina con una domanda retorica: Forse è troppo chiedere a Savater di andare alle corride senza costruire assurde teorie sopra uno spettacolo impari ed allucinante?” Cos’è, Caffo è depositario di un imprimatur tutto speciale che lo legittima a stabilire chi può pubblicare cosa? Non sarebbe più semplice che Caffo e i suoi, semplicemente, si astenessro dal comprarsi Tauroetica di Savater?
Tutto questo, vi piaccia o no sentirvelo dire, è insieme farneticante e terrificante. È un misto di maccartismo e insieme di acrimonia verso il genere umano che darebbe da lavorare a un esercito di psicanalisti. E in più è cosa, intimamente, fascista. Il punto è proprio questo: nessuno nega, per carità, la possibilità che uomini e donne sviluppino sensibilità animaliste anche particolarmente spiccate, anzi. Nessuno nega il fatto che, per rimanere al tema, la corrida possa suscitare reazioni di repulsione, o di disagio, o di contrarietà: e libero chiunque di esprimere i propri sentimenti. Ma libero io di andare a vedere i tori, perchè io invece credo che la corrida (come ha scritto da questa parti una persona qualche tempo fa) ci dia molto di più di quello che ci toglie, che la corrida veicoli valori altissimi, che nella corrida l’animale sia rispettato e amato enormemente e molto più di ogni singolo gattino castrato che vive con voi in condominio, per dire.


Ora, credere e battersi perché una sensibilità arrivi a prevalere sull’altra (abolire le corride non risparmia certo la vita dei tori, che anzi continuerebbero a morire fino a estinguersi, ma è solo un’azione punitiva verso gli uomini che di corrida si appassionano, scrivono o cantano e in alcuni casi vivono), significa credere intimamente nell’idea fascista del pensiero unico, nell’idea fascista per cui quello che non va bene a me non deve andare bene nemmeno a te. E i paragoni offensivi (non per me, certo, ma per le famiglie delle vittime) con il nazismo non migliorano certo la situazione.


Ecco, la forma è questa.


Come dedicarsi alla sostanza, con queste premesse?


Come provare ad argomentare il proprio pensiero, a spiegare che distruggere due millenni di filosofia sostenendo che il libero arbitrio non esiste è prendersi una bella responsabilità, come contestare che “la vera bestia è l’uomo” oppure “più conosco l’uomo e più amo gli animali” sono aberrazioni pazzesche e che tradiscono magari tristi storie personali mai superate di delusioni amorose o di cattive frequentazioni, come spiegare che l’antispecismo è non solo innaturale ma anche ha delle contraddizioni enormi e insanabili (perché mai l’uomo dovrebbe essere l’unico essere vivente a rispettare regole morali che gli altri – gli animali – ignorano e dunque non possono condividere? questo è specismo al contrario, signori; o come non accorgersi che negare le differenze di specie significa non certo elevare lo statuto dei cagnolini o dei fenicotteri, ma invece retrocere l’uomo ad animale – e il razzismo o lo schiavismo che voi evocate, in realtà, nascono proprio da quello), come denunciare il pericolo di questa ondata di animalismo (consapevole o meno), che sta riducendo tutto il regno animale a un affare di gattini e cagnetti da una parte e di tutto il resto del creato dall’altra, con i gattini e i cagnetti ormai sempre più tristemente umanizzati e snaturati e tutti gli altri (nutrie, tacchini, scarafaggi, rospi) sempre meno visibili e sempre più rimossi e sconosciuti all’uomo?


Come provare a fare ciò con chi paragona la corrida al nazismo? Con chi scrive che per ogni cavallo dieci senesi?


È impossibile, certo, e anche inopportuno: e dunque provarci è tempo perso.


Io adoro gli animali, sul serio, e li adoro in quanto animali: adoro il toro che combatte, e poi adoro il maiale per la sue carni squisite, la fedeltà e intelligenza del cane, la ruota del pavone, la pazzesca resistenza del piccione viaggiatore, la ferocia dell’alligatore, e in ultima istanza ammiro tutto ciò che è animale in quanto animale e non in quanto perversa proiezione dell’uomo.


Provo molta più pena, per dire, per un cagnetto che passeggia al guinzaglio indossando un cappottino che non per il cinghiale cacciato nei boschi.


Adoro gli animali e pure mi sento risolutamente specista: perché molto di più amo l’uomo, e a maggior ragione se questo vostro è il modello di antispecismo a cui fare riferimento.


Il prode Massimo, sedicente vegano e animalista, dalle sue pagine (de spin: Vecchiacci) ci illumina sulla sua concezione dell’uomo in un articolo intitolato “Vecchiacci”: “E invece macchè! Malati, moribondi, bavosi, incontinenti, continuano fino alla tomba a divorare animali.


Mai, in 70, 80, 90 anni e passa di vita, si sono chiesti CON QUALE DIRITTO. Mai, in quasi 100 anni, si sono posti il problema. (…) Posso dirlo, mi fanno schifo.


Davanti alla paura della morte si rincoglioniscono a pregare santini e madonnine. Si rincoglioniscono davanti alla televisione. Si rincoglioniscono nei loro ricordi ossessivi. E nessuna pietà per gli animali. Quanti animali hanno massacrato nell’arco di una vita? Cosa hanno vissuto a fare? Odio i vecchi. Non ho rispetto per i vecchi che mangiano animali. Odio i vecchi più di quanto possa odiare il resto della schifosa razza umana.”


Mio nonno Gino ha combattuto per liberare l’Italia dai fascisti, ha vissuto una vita modesta ma sempre con la schiena dritta, teneva in cortile polli e conigli e noi avevamo uova e carne, e a Natale aiutava mia nonna a cucinare l’arrosto.


Un vecchiaccio.


Cordiali saluti,
Luigi Ronda

Contro l'antispecismo, senza nessuna rogna - minima&moralia : minima&moralia