Una curiosa appendice della fine della Grande Guerra fu la strana situazione politico-istituzionale in cui andò a finire l’Ungheria. Tutti noi sappiamo che la monarchia asburgica perdette il trono imperiale nel 1918, eppure Karl Franz Josef Ludwig Hubert Georg Maria von Habsburg-Lothringen-Este, ultimo erede del defunto Francesco Giuseppe, salito al trono nel cataclisma del Primo Conflitto Mondiale per tre brevi anni (1916-1918), rimase ancora Re, seppur formalmente, dell’Ungheria.
Questo paese, infatti, fino al 1946 è stato formalmente un Regno – il Magyar Királyság – seppure senza un sovrano effettivo. Di questo assurdo accrocchio istituzionale è stato responsabile Miklós Horthy, contrammiraglio della Kaiserliche und königliche Kriegsmarine durante la Grande Guerra e, dal 1920, Capo supremo del paese dopo aver soppresso nel sangue il governo comunista e repubblicano di Béla Kun nel 1919.
Ristabilita la monarchia, l’unico possibile sovrano rimaneva Carlo d'Asburgo – che sarebbe diventato Karl IV d’Ungheria – ma la delicata situazione politica internazionale, unita alla non grande simpatia della popolazione ungherese verso la Casa d’Austria, portò alla decisione di elevare Horthy al rango di “kormányzó” o “Reggente”.
L’ex ammiraglio di un paese che non aveva più alcuno sbocco al mare si trovò in una situazione politica difficilissima. L’Ungheria era uno Stato orgoglioso, imbevuto di Nazionalismo che si riallacciava alla Grande Ungheria medievale, che si estendeva alla Slovacchia, alla Transilvania, alla Croazia e a buona parte della Bosnia e della Serbia settentrionali.
Eppure era stata dalla parte delle potenze sconfitte, in quanto membro della duplice monarchia asburgica. Per tale motivo, nel 1920, dovette mandar giù il Trattato di Trianon, che come quello di Versailles creava i presupposti perfetti per futuri revanscismi e rivendicazioni.
In pratica la Transilvania finì in mani rumene, la Vojvodina e la Croazia passarono al Regno dei Serbi, Croati e Sloveni e buona parte dell’Alta Ungheria - leggasi Slovacchia - finì nella mani di Praga.
La dottrina revisionista dell’Ungheria venne racchiusa nel motto: “Nem, nem, soha!”, traducibile con: “No, no, mai!”. I suoi obiettivi erano quelli di riottenere i territori perduti e ricostituire così il grande Regno di Santo Stefano, riportando così il paese alle proprie antiche frontiere storiche.
Questo atteggiamento, unito al rischio concreto di una restaurazione effettiva al trono della Casata Habsburg – Karl IV ci provò ben due volte, nel 1921 – portò alla creazione della cosiddetta “Piccola Intesa” tra Cecoslovacchia, Romania e Jugoslavia, volta ad evitare una temuta rinascita dell’odiata monarchia asburgica.
Questa debolezza militare e l'isolamento internazionale determinò un rapido avvicinamento, tra la fine degli anni ’20 e i primi anni '30, dell’Ungheria all’Italia e poi alla Germania, potenze che avevano tutta l’intenzione di rivedere in maniera sostanziale i trattati di pace del 1919-1920. Gyula Gömbös, nuovo Primo Ministro di Horty, non nascondeva le sue simpatie filo-fasciste. Fu forse lui ad utilizzare per la prima volta la parola “Asse” per definire un futuro progetto di alleanza tra Roma, Berlino e Budapest, che invece verrà in seguito utilizzato da Hitler per indicare tutti i paesi a lui alleati o sottomessi.
Questa politica portò in principio buoni frutti. Con il Primo “Arbitrato” – o meglio dire “Diktat” - di Vienna, nel novembre 1938 l’Ungheria ottenne quasi 12.000 km² e oltre un milione di nuovi abitanti da una Cecoslovacchia ridotta in pezzi della Conferenza di Monaco e ormai vittima di rivendicazioni incrociate di Berlino, Budapest e Varsavia.
Nell'agosto 1940, Italia e Germania obbligarono la Romania a cederle una buona fetta della Transilvania Settentrionale, che aggiunse al territorio ungherese altri 43.492 km² e oltre due milioni e mezzo di abitanti. Il prezzo per tali acquisizioni fu l’entrata nell’Asse contro gli Alleati e l’ufficializzazione della politica anti-ebraica, che trovò comunque un buon retroterra nell’antisemitismo di destra magiaro.
L’ultima conquista venne archiviata nel 1941, quando l’Ungheria invase insieme ad italiani e tedeschi il Regno di Jugoslavia, cancellandolo dalle mappe geografiche. Nonostante l’acquisizione di altri territori a meridione, non ottenne il tanto sognato sbocco al mare a causa della nascita dello Stato indipendente ùstascia filo-nazista di Croazia.
Nel giugno 1941 ci fu, infine, la fatale dichiarazione di guerra all’Unione Sovietica. Le armate ungheresi furono fagocitate dalle immensità russe come era accaduto per i francesi di Napoleone I e gli svedesi di Carlo XIII rispettivamente nel XIX e XVIII secolo e, nel 1944, ben poco era rimasto dei sogni di gloria magiari.
Come avevano fatto gli italiani un anno prima, anche gli ungheresi tentarono di prendere contatto con gli anglo-americani per una pace separata, ma vennero anticipati dai tedeschi che occuparono il paese. Questi ultimi insediarono un governo collaborazionista sotto gli ordini di Ferenc Szálasi, Duce del “Nyilaskeresztes Párt” o “Partito delle Croci Frecciate”, una parodia del Partito Nazista, che venne annichilito dall’irresistibile avanzata di oltre 700.000 soldati sovietici e 1.500 carri armati nella terribile Battaglia di Budapest. Il 13 febbraio 1945 gli ultimi tedeschi rimasti nella città si arresero. La capitale era distrutta; si calcola che più dell'80% dei suoi palazzi fu raso al suolo o danneggiato nei giorni dell'assedio. Edifici storici come il Palazzo del Parlamento e il Castello di Buda erano in rovina; tutti e cinque i ponti sul Danubio erano stati distrutti. Le perdite militari tedesche e ungheresi furono altissime.
La monarchia venne abolita formalmente il 1° febbraio 1946, per fare spazio ad un’effimera Repubblica parlamentare Ungherese che perdurò appena tre anni, per poi venire sostituita con la forza dall’unica lista controllata dai comunisti del “Fronte Popolare Indipendente”, che ottenne un plebiscito pilotato del 95% dei voti.
Nell’agosto 1949 la prima Costituzione scritta della storia magiara si basava su quella sovietica del 1936, sancendo la definitiva nascita della Repubblica Popolare d’Ungheria, o Magyar Népköztársaság, di fatto un totalitarismo comunista che amministrò il paese sotto l’orbita di Mosca fino al 1989.