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  1. #1
    Sardista po s'Indipendentzia
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    Predefinito 1989. XXIII° Congresso nazionale del PSd’Az.

    Nei giorni 8-9-10 dicembre del 1989, si svolse a Quartu Sant’Elena il XXIII° Congresso nazionale del Partito Sardo d’Azione.
    Fu un Congresso significativo, preceduto dalla conclusione della IX legislatura e dell’Esecutivo regionale presieduto da Mario Melis, sostenuto da una maggioranza “di sinistra e sardista” come si usava definirla.
    La fine di quella legislatura, in cui i sardisti di allora avevano riposto molte speranze di riscatto per il popolo sardo, lasciò invece delusioni e strascichi amari.
    Si era infatti consumato “l’agguato” teso dal P.C.I. con la bocciatura della Legge sulla cultura e lingua sarda a cui il PSd’az aveva lavorato e dato impulso.
    Alle elezioni regionali dell’11 giugno di quell’anno, il PSd’Az perse due consiglieri, mentre il PCI ne elesse cinque in meno.
    Ovviamente il dibattito congressuale non poteva che risentire di quella esperienza, mettendo in discussione concetti apparentemente consolidati, come l’appartenenza del Partito ad una “sinistra” autoctona, in reazione agli atteggiamenti degli alleati di governo; sicuramente non a quella espressa dai partiti italiani della coalizione.
    Non vado oltre con l’analisi di quel periodo anche perché abbondantemente esaminato altrove, compreso gli stravolgimenti politici degli anni immediatamente successivi.
    Molto più interessante è invece rileggere le mozioni e i contributi alla discussione dei protagonisti di quel dibattito congressuale, pubblicati precedentemente (nel mese di ottobre del 1989) in un opuscoletto di 240 paginette, in cui vennero rappresentati gli umori di gran parte della “base” sardista.
    Della qualità di quegli interventi, oggi, non ne è rimasta traccia e di quei militanti e dirigenti non se ne vede neppure l’ombra…
    Mi accingo pertanto a riportare l’intero documento, considerato il valore storico di quei contenuti.
    Lo farò a più riprese, dato il numero e la lunghezza delle mozioni e contributi, sviluppatisi poi durante il XXIII° Congresso nazionale.

  2. #2
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    Predefinito Re: 1989. XXIII° Congresso nazionale del PSd’Az.

    XXIII° Congresso del Partito Sardo d’Azione.
    Quartu S.E., 8-9-10 dicembre 1989.





    Supplemento a "IL Solco" Organo dei Partito sardo d'azione –
    Iscritto al Trib. di Cagliari col n. 359 del 15.2.1978.
    Stampa Studiostampa srl - Via Ballero 148 - Nuoro
    Finito di stampare nell'ottobre 1989.


    Indice

    Mozioni

    - "Carbonia Sud"
    - Cabras
    - Autonomia sardista
    - Per la rinascita nazionale della Sardegna
    - Primu su Partidu
    - La Sardegna è ancora colonia
    - Raighinas antigas pro tempos noos
    - Da Portotorres a Cagliari per elevare il sardismo
    - Sardegna 2000
    - Democratzia e Indipendèntzia per l'autogoverno perfetto
    - "Dino Giacobbe"
    - Illorai
    - Per il progresso del Partito
    - Avanti sardismo. Autonomia statuale e federalismo per una Sardegna nuova


    Modifiche dello Statuto

    - Sezione 'Businco"
    - Sezione "D. Giacobbe"
    - Statuto Movimento giovanile


    Contributi alla discussione

    - Alcune questioni di teoria del Partito
    - Per un impegno nuovo
    - Piccola antologia del pensiero sardista
    - Contributo per il XXIII Congresso
    - Partito sardo, Partito patriottico
    - Per una tesi congressuale

  3. #3
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    Predefinito Re: 1989. XXIII° Congresso nazionale del PSd’Az.

    Mozione
    Presentata dalla sezione "Carbonia Sud”


    Riteniamo sia stato un grave errore rinviare il Congresso del Partito a dopo le elezioni sopratutto perché i motivi che ne hanno consigliato lo spostamento erano dettati in gran parte da logiche interne di potere e non da motivazioni politiche o strategiche.
    Ci si augura per lo meno chi il voto di Giugno avvii una seria riflessione al nostro interno e porti ad un rinnovamento dei quadri del partito.
    Il giudizio sulla nostra partecipazione al Governo della Regione, almeno in rapporto agli obiettivi e ai programmi che avevano determinato tale scelta, è sostanzialmente negativo. Le attese e le speranze che il cambiamento di quadro politico avevano generato nell'opinione pubblica non sono state mantenute e i segni della forte caratterizzazione sardista della precedente Giunta si sono rivelate più un segno un sogno.
    Le logiche di potere e la normale amministrazione della cosa pubblica hanno finito per prevalere sulle spinte e sulle scelte ideali facendo del nostro un partito pressoché simile alle altre forze politiche nazionali.
    Vorremmo che chi ha gestito il Partito in questi anni, insieme ai nostri ex Assessori e Consiglieri Regionali, smentisse queste nostre affermazioni e dicesse in Congresso che cosa di veramente qualificante e rivoluzionario è stato realizzato del programma sardista.
    Chi afferma che comunque il Partito ha tenuto, non ha il coraggio di analizzare veramente il voto, forse per incapacità, molto più probabilmente per evitare crisi di coscienza o pericolose autocritiche.
    Queste considerazioni ci obbligano a porre come questione primaria la riorganizzazione del Partito, la revisione dello Statuto in chiave più moderna e più funzionale, e la scelta dei nuovi quadri che a questa riorganizzazione, sia interna che esterna, dovranno contribuire. Bisognerà innanzitutto privilegiare le capacità dei singoli ed evitare che chi fa parte del nuovo Consiglio e della Direzione abbia contemporaneamente incarichi di rilievo nelle Istituzioni Pubbliche. Onde consentire infine un naturale ricambio dei quadri potrebbe diventare prassi statutaria che nessun incarico possa essere ricoperto consecutivamente più di due volte.
    Un grave compito attendere inoltre il Partito nei prossimi anni, un compito che riteniamo essenziale per la sua stessa sopravvivenza, e cioè la difesa della lingua, della Storia e della Cultura sarda. Questo perché siamo convinti che la forza di un popolo e di una nazione stiano nella coscienza della propria identità etnica e nazionale, possibile solo attraverso la conoscenza e lo studio della propria lingua, della propria cultura e del proprio passato.
    Sarà nostro dovere lottare perché avvenga quanto prima il loro inserimento nelle strutture della Scuola Pubblica analogamente a quanto è successo in altre Regioni a Statuto Speciale e ad altre minoranze etniche e linguistiche. Sì dovrà altresì lottare per ottenere il riconoscimento della lingua sarda come lingua nazionale della Sardegna e perché venga riconosciuto al sardo lo "Status" di Lingua minoritaria in conformità all'art. 6 della Costituzione della Repubblica Italiana.
    Si dovrà però anche rendere operante l'art. 5 punto a dello Statuto sardo che dà alla Regione “1a facoltà di adattare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle Leggi della Repubblica, emanando non-ne di integrazione ed attuazione" nella “Istruzione di ogni ordine e grado, ordinamento degli studi”. In questo articolo praticamente si da alla Regione la facoltà di introdurre nella scuola gran parte di quelle cose che andiamo chiedendo da anni come Partito, ma che in cinque anni di partecipazione al Governo della Regione abbiamo tentato di attuare per solo scrupolo di coscienza, senza crederci veramente, solo negli ultimi giorni di permanenza in Giunta.
    E' necessario inoltre che l'insegnamento del sardo, nel rispetto delle sue varianti locali, sia riservato a docenti sardi o docenti che possiedono comunque una adeguata conoscenza del sardo.
    In questa ottica si inserisce anche l'impegno del Partito per riuscire ad ottenere l'approvazione della Nostra proposta di Statuto e a lottare perché i suoi principi ispiratori diventino patrimonio comune di tutte le forze politiche.
    Restando fermo quanto detto e riconfermato i tredici punti del Congresso di Carbonia, che rappresentano uno dei momenti più qualificanti del nostro agire politico, il Partito ed il Congresso devono individuare infine alcune tematiche di grosso respiro su cui impostare gran parte della propria azione politica negli anni novanta. Obiettivi e temi, oltre quelli già proposti, che siano capaci di inserire la Sardegna nel nuovo e più vasto contesto economico e politico dell'Europa del 92 e siano contemporaneamente di grande presa sull'opinione pubblica.
    E' necessario che il Partito raccolga la sfida che viene da questa scadenza. La creazione di un Mercato Unico Europeo consentirà il libero trasferimento di Capitali e servizi all'interno della Comunità e la nostra produzione, non solo industriale, dovrà necessariamente essere più competitiva per riuscire a reggere il confronto con le altre industrie europee del settore.
    Dovranno essere fatti grossi investimenti nella ricerca e nell'innovazione tecnologica, così come bisognerà curare le reti di vendita, il marketing e sopratutto la qualità e affidabilità dei nostri prodotti.
    E' inoltre assolutamente necessario raggiungere un soddisfacente livello di autosufficienza economica ed energetica (Pensiamo al grosso deficit nel settore agroalimentare che deve essere superato, e al carbone come fonte energetica primaria), e ridurre il grave problema della occupazione, specie quella giovanile.
    A tal fine bisognerà impegnarsi perché vengano mantenuti, se non potenziati, gli attuali livelli occupativi nel settore dell'Industria primaria, verticalizzando i processi produttivi e privilegiando lo sviluppo del terziario e lo sfruttamento delle risorse locali.
    Vanno individuate nuove fonti di occupazione non solo nel terziario avanzato, nei servizi e in agricoltura, ma anche nel turismo e nella difesa e salvaguardia dei beni ambientali.
    Questi problemi devono essere affrontati e portati a soluzione tenendo conto del gravissimo problema dei trasporti, che è poi uno dei nodi fondamentali del contenzioso con lo Stato Italiano insieme alla Zona Franca Integrale, al problema della lingua e al Credito Senza una rete di trasporti organica ed efficiente il Turismo e l'Agricoltura non potranno mai decollare.
    Un altro elemento è poi fondamentale per lo sviluppo della nostra economia: l'Acqua.
    A questo riguardo il Partito deve far proprio il piano particolareggiato delle acque, apportarvi se necessario le opportune modifiche e impegnare tutte le altre forze sociali perché questo progetto vada in porto quanto prima.
    Il dramma della siccità e degli incendi vissuto in modo tragico e drammatico nel 1989 deve essere per noi un monito e un impegno alla lotta per il raggiungimento di questi obiettivi. Il problema dell'acqua e degli incendi deve essere uno dei punti nodali della nostra attività politica insieme a quello sull'ambiente e all'inquinamento.
    Non va inoltre trascurato il riassetto urbanistico e ambientale del Territorio, sia lungo le fasce costiere che nelle zone interne, problema anche questo strettamente legato a quello del turismo, dell'agricoltura e della pastorizia. Bisogna a questo riguardo avviare una vasta opera di risanamento del nostro patrimonio forestale, faunistico e marino, pensando (sopratutto) che la Sardegna, grazie alla sua insularità può essere concepita come un unico, immenso parco naturale al centro del Mediterraneo insieme alla Corsica. Si pensi solo a quale impatto enorme avrebbe sul Turismo una scelta dei genere.
    Dobbiamo però decidere che tipo di turismo fare e di conseguenza legare a quella scelta anche i grandi progetti edilizi nel settore turistico, ammesso che tali progetti siano poi compatibili con l'ambiente (e quasi mai lo sono, specie i Master Plan e le ville cresciute come funghi lungo le coste).
    Il Turismo sardo deve svilupparsi anche nelle zone interne, dove sarà necessario avviare un altro tipo di progettazione del territorio, teso alla salvaguardia della natura e alla valorizzazione dell'esistente.
    Solo per fare un esempio si pensi ai Medaus e ai Furriadroxius dei Sulcis-Iglesiente ora abbandonati.
    Ma anche la Pastorizia dovrà mutare o comunque adeguare ai tempi moderni il suo modo di produrre e sopratutto dobbiamo capire che l'ambiente, anche nelle zone interne, deve diventare fonte attiva di ricchezza e prodotto fruibile dal cittadino. La potenzialità turistica di questi spazi è enorme, specie se legata all'agriturismo, al treking, al nostro patrimonio archeologico, al nostro artigianato, alle nostre tradizioni anche folcloristiche e alla genuinità e originalità dei nostri prodotti.
    Per sintetizzare possiamo così riassumere gli obiettivi di breve, medio e lungo termine che dovranno divenire parte integrante delle risoluzioni conclusive del XXIII° CONGRESSO:
    1) CONFERMA dei 13 PUNTI del Congresso di Carbonia;
    II) Riconoscimento della LINGUA, della STORIA, e della CULTURA sarda e loro inserimento come materie di studio in ogni ordine e grado della Scuola;
    III) Problema GIOVANI e OCCUPAZIONE;
    IV) Nuova proposta di STATUTO;
    V) TRASPORTI e Costituzione della FLOTTA SARDA;
    VI) AMBIENTE Legato al problema INQUINAMENTO, agli INCENDI e alla salvaguardia del Territorio sia lungo la fascia costiera che nelle zone interne attraverso un razionale piano urbanistico e vaste opere di risanamento del nostro patrimonio forestale, faunistico e marino;
    VII) PIANO ACQUE;
    VIII) Piano organico di sviluppo della AGRICOLTURA, della PASTORIZIA, della PESCA, dell'ARTIGIANATO e conseguente valorizzazione e commercializzazione dei nostri prodotti in Italia e all'Estero;
    IX) TURISMO, BENI AMBIENTALI e ARCHEOLOGICI;
    X) Sviluppo del TERZIARIO AVANZATO, INNOVAZIONE TECNOLOGICA, SERVIZI, VERTICALIZZAZIONE dei PROCESSI PRODUTTIVI e mantenimento degli attuali livelli occupativi nell'Industria primaria ed estrattiva;
    XI) CREDITO;
    XII) Problema ANZIANI (Carenza di strutture ricettive e sanitarie, isolamento, reinserimento come soggetti attivi nel sociale).

  4. #4
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    Predefinito Re: 1989. XXIII° Congresso nazionale del PSd’Az.

    Mozione congressuale.
    Presentata dalla sezione di Cabras


    I successi elettorali conseguiti negli anni decorsi dal Psd'az hanno caricato il Partito di compiti superiori alle sue attuali capacità operative, avendolo portato ad avere gravi responsabilità di governo ed a essere al centro delle aspettative dei cittadini.
    Il Psd'az ha dovuto quindi far fronte ai nuovi compiti con una organizzazione inesistente, con organi incapaci di prendere decisioni e di farle rispettare, facendo i conti con una mancata analisi dei temi amministrativi e delle prospettive di politica economica, in un quadro operativo caratterizzato dalle difficoltà di coagulare intorno ad effettive scelte di politica amministrativa esperienze disparatissime di uomini e gruppi confluiti nel Partito ed intralciato dal nefasto protagonismo ed individualismo, che si risolve nell'ignorare le scelte collegiali degli organi del Partito o nell'impedire la stessa collegialità, di esponenti, pur benemeriti in passato, che non si rendono peraltro conto che oggi non operano più nel deserto ma che hanno intorno un Partito vivo e ricco di fermenti.
    Certo non ha giovato al Psd'az la, peraltro prevedibile, reazione dei partiti italiani che, vistisi smantellare la loro egemonia, ed in qualche caso la loro rendita di posizione, hanno tentato, con indubbio successo quantomeno a livello regionale, di dimostrare, con una azione di opposizione o, più efficacemente, con un sabotaggio all'interno della maggioranza, l'incapacità delle idee sardiste di modificare la realtà sarda e la loro impossibilità di tradursi in realizzazioni concrete.
    A questo aspetto, che ha indubbiamente nuociuto sul piano dell'immagine, il Partito ha dato una seppur tardiva risposta con l'approvazione del progetto di legge sulla zona franca e con l'iniziativa di raccolta delle firme per il nuovo Statuto e per la flotta sarda.
    Tale ultimo fatto ha peraltro dimostrato, insieme ad episodi quali la bocciatura della legge per la cultura, le gravi difficoltà di realizzare un programma, anche minimale, di ispirazione sardista operando solo dentro le istituzioni regionali, anche quando in tali istituzioni si hanno posizioni di preminenza, essendo costretti ad operare, talvolta semplicemente per difendere posizioni di potere puramente di facciata, disastrosi compromessi con le forze politiche maggioritarie profondamente antisardiste.
    Il Psd'az deve quindi convincersi che quale forza politica minoritaria trova la sua naturale collocazione politica all'opposizione. Qualora la lotta politica fra i partiti italiani consenta al Psd'az l'acquisizione di posizioni di governo, il Partito non dovrà in alcun modo privilegiare discorsi di schieramento, data la generale ostilità dei partiti politici italiani alle fondamentali idee sardiste, ma dovrà scegliere le alleanze col solo criterio delle opportunità che consentono per la realizzazione dei programmi sardisti, evitando appiattimenti di immagine e di operatività sui partiti alleati.
    Il Psd'az, ferme le scelte strategiche dell'indipendenza e del socialismo, deve darsi un programma di medio termine, soprattutto per quanto attiene alla politica regionale, da tener costantemente come parametro di riferimento nelle scelte politiche contingenti. Crediamo che tale programma debba basarsi sull'elaborazione compiuta per la predisposizione del testo del nuovo Statuto regionale, occorre cioè un programma operativo che partendo dall'attuale quadro istituzionale, di autonomia speciale, ne sfrutti tutte le possibilità insite, muovendosi però con l'obbiettivo di una autonomia speciale, diversa da quella odierna, che dia effettivi poteri alla Regione, quale espressione della Nazione sarda.
    Occorre quindi dare nuovo impulso nelle sedi istituzionali e fuori di esse, chiamando alla mobilitazione il popolo sardo, alle battaglie per la lingua e la cultura, per l'autonomia finanziaria e la zona franca, per l'attribuzione di competenze alla Regione che si risolvano in effettivi poteri, contro le servitù militari e carcerarie, in tutela dell'ambiente, contro l'isolamento, per lo sviluppo economico e sociale della nostra terra, per essere effettivamente padroni in casa nostra ed artefici del nostro destino.
    Ma anche queste battaglie non avrebbero senso se non operassimo per una nuova Regione in cui l'efficienza si associ alla trasparenza ed alla democraticità, con un effettivo decentramento di compiti, funzioni e risorse agli Enti locali ed in primo luogo ai Comuni, sottraendoli ad ogni ingerenza statale.
    In questo quadro non si possono non vedere con favore l'introduzione a livello regionale di sistemi elettorali basati sul collegio uninominale, e a livello comunale sull'elezione diretta dei sindaci, che ristabilendo un rapporto stretto ed immediato fra eletti ed elettori, non possono che rafforzare una corretta vita democratica ed eliminare l'esigenza di costose campagne elettorali personali.
    Il problema essenziale per condurre una azione politica sardista secondo le linee predette è quello del Partito, che deve costituire argomento essenziale del Congresso.
    Se infatti il Congresso si esaurisse in un puntiglioso e bizantino approfondimento dei fondamenti ideologici sardisti, o in un richiamo ai sentimenti ed all'emotività, il risultato non potrebbe che essere considerato negativo in quanto non rimuoverebbe le cause della attuale stasi del Partito.
    Bisogna amalgamare le diverse esperienze politiche confluite nel Psd'az e ciò è possibile solo rafforzando la democrazia interna, ma allo stesso tempo dando agli organismi direttivi ed esecutivi, a tutti i livelli, effettivi poteri decisionali ed operativi, rafforzando la disciplina di Partito.
    Occorre intraprendere attività per la formazione dei nuovi quadri di Partito, con iniziative di "scuola di Partito" anche modeste, purché decentrate e non episodiche.
    Il Partito deve darsi strutture e mentalità di Partito di massa cancellando, sia nelle norme statutarie che nelle prassi politiche ed organizzative, quelle impostazioni legate alla natura, che il Partito aveva negli anni '60 e '70 di club politico più che di partito.
    A tal fine appaiono opportune modifiche statutarie sui seguenti punti:
    1) Modifica del meccanismo dei congressi nazionali con istituzione dei precongressi distrettuali;
    2) Stabilire la regola generale che si esprime in tutti i congressi voto palese sulle mozioni e voto segreto per la scelta dei componenti degli organismi deliberativi su liste abbinate alle mozioni stesse con abolizione delle attuali liste bloccate;
    3) Elezione diretta dei segretari da parte dei congressi ed assemblee;
    4) Determinazione del numero dei componenti gli organismi direttivi da parte dei congressi e degli esecutivi di sezione da parte delle assemblee, in modo di assicurarne la funzionalità e rappresentatività;
    5) Determinazione del numero dei componenti gli organismi esecutivi nazionali e distrettuali da parte dei corrispondenti organismi direttivi;
    6) Determinazione dei compiti dei gruppi consiliari e dei loro rapporti con gli organismi di partito;
    7) Obbligo di tutti gli eletti e designati a cariche pubbliche di periodiche relazioni al competente organismo di partito sull'attività svolta;
    8) Migliore determinazione dei contributi da versarsi dagli eletti a cariche pubbliche e determinazione di sanzioni in caso di inottemperanza;
    9) Obbligo di versamento di una quota del contributo statale alle federazioni;
    10) Determinazione dei meccanismi di designazione alle candidature elettorali e alle nomine in organismi pubblici, stabilendo la necessità di maggioranza qualificata nel caso di candidatura o nomina di persone aventi procedimenti penali in corso;
    11) Rafforzamento dei poteri della Commissione Nazionale di controllo e del Collegio dei Revisori dei conti;
    12) Nuova normativa, senza facoltà di deroga, delle incompatibilità che tenga conto della opportunità di evitare cumuli di incarichi e che il controllato sia controllante di sè stesso.
    Vanno comunque dichiarate incompatibili le cariche di Sindaco, assessore comunale, e, nei Comuni oltre i 5.000 abitanti, consigliere comunale, con quelle di segretario o vicesegretario di sezione o di componente del Comitato cittadino; di Presidente o assessore provinciale o membro di Assemblee legislative con quelle di segretario o vicesegretario distrettuale o interdistrettuale; di Presidente o assessore regionale con quelle di segretario del Partito o componente la Direzione Nazionale.
    Nessuno dovrà far parte di più organismi esecutivi del Partito. I consiglieri nazionali non potranno far parte degli organismi distrettuali, né potranno ricoprire la carica di segretario di sezione.
    Nessuno potrà ricevere più di un incarico in enti ed amministrazioni pubblici e parapubblici per ciascun livello regionale, provinciale o intercomunale e comunale, fatta esclusione per gli incarichi di diretta elezione popolare o connessi ai medesimi.
    13) Apertura a tutti gli iscritti, salvo decisione contraria dell'organo, valida per una sola seduta, delle sedute degli organi direttivi ad ogni livello, delle assemblee e degli esecutivi di sezione. Diritto di parola dei consiglieri nazionali in tutti gli organi direttivi e nelle assemblee. Diritto di parola dei componenti il comitato distrettuale negli esecutivi e nelle assemblee di sezione dei distretto.
    Tale normativa statutaria, considerate le difficoltà di discuterla con l'ampiezza necessaria in Congresso, può essere demandata, sulla base di principi predeterminati, ad una apposita commissione nominata dal Congresso stesso ed approvata, a maggioranza qualificata, dal Consiglio Nazionale.
    Le vicende storiche in cui operiamo, che vedono il tentativo dello Stato centralista di riassorbimento delle autonomie, limitandone le facoltà giuridiche e le disponibilità finanziarie, esigono da parte del Psd'az un rinnovato e più consapevole impegno in una battaglia per l'avanzamento delle idee di autogoverno dei popoli in un quadro di collaborazione federalistica.
    In tale situazione devono essere ancor di più criticati comportamenti non corretti nei confronti di Partiti alleati, che creeranno solo isolamento del Partito, diminuendone la capacità operativa nel quadro italiano ed europeo.

  5. #5
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    Predefinito Re: 1989. XXIII° Congresso nazionale del PSd’Az.

    Autonomia sardista
    Mozione della sezione "GB Melis" di Iglesias


    IL XXIII CONGRESSO NAZIONALE DEL PARTITO SARDO D'AZIONE

    CONSIDERATO che l'azione del governo regionale, a direzione sardista, ha determinato in senso positivo un'inversione di tendenza dell'economia della Sardegna, come universalmente riconosciuto da organismi competenti - Istat, Svimez, ecc... - e che ciò va scritto a merito essenzialmente del nostro partito, principale protagonista di questo cambiamento positivo, pur in mezzo a mille difficoltà originate in buona misura dal sostanziale servilismo degli altri partiti verso interessi non sardi;

    CONSTATATO che ciononostante il nostro partito è stato penalizzato dagli elettori sardi e che tale penalizzazione configura il pericolo, a breve termine, di un nuovo declino elettorale,

    RITIENE che il Partito sardo d'azione abbia commesso in quest'ultimo decennio nuovi e gravissimi errori di principio che hanno indotto in errore gli elettori sardi e determinato di conseguenza le nostre ultime tre consecutive sconfitte elettorali, con la perdita, nell'arco di un paio d'anni, di circa un terzo della nostra forza elettorale;

    INDIVIDUA tali errori nel presunto e confuso sinistrismo del nostro partito e sopratutto nella sua naturale conseguenza, cioè la 1inea preferenziale di sinistra".

    IL XXIII CONGRESSO NAZIONALE DEL PARTITO SARDO D'AZIONE

    RICONOSCIUTI i propri errori di principio, fatti in buona fede e con nobilissimi intenti

    DICHIARA a scanso di ulteriori equivoci, che il Partito sardo d'azione è i partito di tutti i sardi che si riconoscono nel suo programma e che quindi va concepito come Partito patriottico e popolare

    RIPUDIA la linea preferenziale di sinistra

    RIFIUTA qualsiasi altra eventuale linea preferenziale

    AFFERMA che qualsiasi accordo di maggioranza con altri partiti avverrà unicamente sulla base dei programmi e dell'affidabilità di chi li propone e li accetta, e che quindi la posizione di principio, cioè strategica del Partito sardo d'azione rispetto ai partiti democratici italiani è di equidistanza;

    STABILISCE senza possibilità di equivoci o deroghe che:
    - la competenza per la nostra partecipazione o meno al governo della Regione è del Consiglio Nazionale;
    - la competenza per la nostra partecipazione o meno alle giunte provinciali è esclusivamente dei Consigli di Federazione;
    - la competenza per la nostra partecipazione o meno alle giunte comunali è esclusivamente delle sezioni.
    Tutto ciò, naturalmente, sempre nel più rigoroso rispetto dei principi democratici e delle norme statutarie del partito.

  6. #6
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    Predefinito Re: 1989. XXIII° Congresso nazionale del PSd’Az.

    Per la Rinascita nazionale della Sardegna


    Mozione sottoscritta dalle sezioni di BOLOTANA, "Businco" 4CAGLIARI). ORGOSOLO, TONARA e da Paolo Casti (ALES); Gianfranco Pintus (ASSEMINI); Mario Pisano (BAULADU); Giovannino Sedda (CARLOFORTE); Angelo Aru (CUGLIERI); Lucia Tabasso, Giuseppe Chessa. Sebastiano Floris, Ciriaco Frau, Ottavio Frau (DESULO); Gigí Concas, Generoso Panico, Gianfranco Pintore, Elisco Spiga (DIREZIONE NAZIONALE); Sebastiana Frau. Paolo Pireddu (ESECUFIVO DISTRETTUALE NUORO); Anito Marchi, Antonio Marchi, Carmelo Sedda (GAVOI); Francesco Bussu (LODINE); Bruno Vargiu (NARBOLIA); Pietro Paolo Fenu (NUORO); Antonio Zedde (OLLOLAI); Mario Bande (ORANI); Italo Ortu (ORISTANO "S. MOSSA"); Mario Denti, Francesco Mm a (OTTANA); Antonio Sedda (OVODDA); Virgilio Vardeu, Agostino Satta, Pasqualino Murgia, Francesco Murgia (POSADA); Alberto Pala (QUARTUCCIU); Mario Puddu, Vincenzo Pinna, Giovanni Piu, Franco Serrenti, Antonio Melis (SAN GIOVANNI SUERGIU); Piergiorgio Meli (S. GIUSTA); Antonelìo Chessa (S. VERO MILIS); Mariangela Barca, Alessandro Cheri (SARULE); Salvatore Ortu (SENEGHlE) Antonio Mele, G. Francesco Meloni, Antonio Canu, Salvo Mele (SINISCOLA); Pietro Sanna (TERR ALBA); Giovanni Zedda (TIANA).



    Il XXIII congresso del Partito sardo d'azione
    considera che le prospettive di crescita e di avanzamento della società nazionale sarda sono gravemente condizionate dalla restaurazione di una giunta omologata al governo centrale.
    Quella costituita da Dc e Psi e puntellata da raggruppamenti politicamente irrilevanti ma fortemente
    interessati alla occupazione del potere e alla sua gestione clientelare, è infatti una giunta che tende alla omologazione e alla subordinazione della Regione sarda alle inesauribili pretese centraliste e anti-sarde dei governi dello stato.
    La giunta omologata nasce nel corso dell'attacco concentrico predisposto da tutte le forze politiche italiane, ciascuna con diverso ruolo e convinzione, contro i governi regionali a presidenza e partecipazione sardiste.
    Gli scopi di un tale attacco, inequivocabilmente regressivi e antidemocratici, sono da sempre quelli di vanificare il diritto del popolo sardo alla sua liberazione nazionale e sociale e di liquidare ogni elemento di reale autonomia della Sardegna; di condurre a estinzione la lingua e la cultura nazionali; di bloccare la ripresa dell'economia isolana avviata con iniziative e risorse locali dalle giunte della precedente legislatura di impedire alla Sardegna rapporti internazionali e, soprattutto, il collegamento con i movimenti etnici e nazionalisti avanzanti in tutti i continenti.
    Questo attacco mira, altresì, a ricondurre all'ordine e alla marginalità il Partito sardo e, umiliandolo, a minarne la volontà e capacità di esprimere appieno la irriducibile aspirazione alla indipendenza nazionale; di difendere strenuamente tutte le risorse isolane da espropriazioni, occupazioni e recinzioni; di sollecitare la consapevolezza etnica e la solidarietà per la Rinascita nazionale della Sardegna.
    Va considerato, tuttavia, che quella sorta di comitato di gestione che, al di fuori degli organi statutari, ha retto il Partito negli ultimi anni non è stato in grado, per la sua stessa natura, di resistere all'attacco e di concepire e realizzare un programma di mobilitazione ed espansione del sardismo. Ha, anzi, consentito che il Partito fosse coinvolto in un processo di omologazione e di adeguamento non solo alle pretese egemoniche dei partiti italiani ma anche ai loro metodi di gestione interna e alle loro concezioni della politica come strumento di occupazione del potere. Così che i risultati elettorali rappresentano sì il consolidamento del Psd'a come partito intermedio ma soprattutto una pericolosa battuta d'arresto nel suo processo di trasformazione in partito della maggioranza dei sardi.
    La giunta omologata, nel momento stesso in cui ripiomba tutto in un passato carico di drammi e privo di speranze, rappresenta arretramento e rinuncia della Sardegna di fronte alle sfide dell'Atto unico europeo e alle minacce delle strutture dei dominio mondiale. Alimenta, cioè, la sfiducia e le difficoltà a cogliere sfide e minacce come occasione - sempre negata nell'età moderna - che la Sardegna ha di non dover soltanto subire la propria oggettiva internazionalità, ma di poter dare, senza complessi e sospetti, il contributo della propria identità/diversità alla realizzazione dell'Europa dei popoli e di una comunità mondiale libera dall'incubo dell'inverno nucleare e del collasso ambientale.

    Per queste considerazioni, il XXIII congresso nazionale

    delibera
    a) di ribadire l'inalienabile diritto del popolo sardo all'autodeterminazione, la scelta compiuta dal Partito sardo per l'indipendenza, il socialismo e il federalismo e il suo impegno a fondare da subito elementi di sovranità del popolo sardo e di approfondire il dibattito interno e nell'intera società sullo storico progetto di emancipazione nazionale;
    b) di porre come obiettivo politico principale del Partito sardo, all'interno della prospettiva generale dell'indipendenza e del federalismo, la formazione di un Governo di Rinascita nazionale della Sardegna, impegnato ad aprire nelle istituzioni e nella società la fase costituente della autonomia nazionale fondata sugli indirizzi della proposta sardista di nuovo Statuto e a negoziare con gli organi dello Stato il nuovo patto costituzionale contenuto nel Tacchetto autonomistico";
    c) di impegnare tutto il Partito e il gruppo sardista nel Consiglio regionale ad esprimere nell'Assemblea e nella società la più ampia e radicale opposizione alla giunta omologata, la cui caduta è condizione indispensabile per la ripresa di un dialogo franco e costruttivo e per giungere alla formazione del Governo di Rinascita nazionale o anche di un eventuale giunta regionale di
    preparazione e transizione a tale governo;
    d) di impegnare tutto il Partito ~ reso consapevole del fatto che la scelta tra Pci e Dc risulta, al momento, un falso e fuorviante problema - a promuovere un grande dibattito con i partiti e le rappresentanze sociali finalizzato a fare dell'autonomismo, in quanto principio politico e valore morale, il centro ispiratore di tutta l'attività politica e culturale; a suscitare nelle forze politiche e nelle rappresentanze sociali un profondo rinnovamento in senso neo-autonomista di concezioni, programmi, gruppi dirigenti e metodi operativi; a favorire, con il confronto delle culture sardista, socialista, comunista e cristiana, la crescita di una grande sinistra sarda, etnicista, libera da gravami e illusioni centraliste, realmente e fortemente innovatrice, capace di creare le basi ideali, programmatiche e la coalizione del Governo di Rinascita nazionale;
    e) di impegnare il Partito a condurre la prossima campagna elettorale amministrativa con l'obiettivo di ripetere e superare i successi del 1985 e, quindi, a prendere tutte le misure atte alla formazione, anche attraverso un sistema di elezioni primarie interne, di liste di candidati preparati, convinti, attivi; alla formulazione di un programma elettorale che individui nei Comuni e negli altri Enti locali le cellule di base del regime di nuova autonomia e le fonti di progettazione e produzione di culture ed economie conformi alle prospettive della Rinascita nazionale della Sardegna;
    f) di impegnare tutti i sardisti a sostenere in prima fila una nuova avanzata del Movimento etno-nazionalista sardo, a rafforzarne i collegamenti e le proiezioni internazionali verso il federalismo anche mediante le rappresentanze sardiste nei parlamenti italiano ed europeo; a orientarne le iniziative verso nuovi traguardi autonomisti, la attuazione del bilinguismo, il superamento della divisione storica tra sardi delle pianure e delle montagne e, quindi, verso la soluzione della questione delle “zone internate", epicentro etnico e nucleo essenziale della intera "questione sarda", mediante il prioritario avvio della Confederazione barbaricina; a recuperare la piena unità di prospettive politico-culturali tra i sardi residenti e i sardi dell'emigrazione anche mediante la creazione di strutture istituzionali specifiche;
    g) di impegnare gli organismi del Partito in tutte le sedi a progettare e attuare un cammino politico che porti in prima istanza alla espansione del sardismo fino al 25 per cento dei voti e a 25 mila iscritti, quale condizione per dare basi concrete al processo di transizione verso l'indipendenza e per scansare i pericoli dell'omologazione e totale assimilazione ai miti della "civiltà" della distruzione e dello spreco, dell'economia parossistica, della congestione e violenza metropolitane crescenti, del macchinismo oltranzistico e del capitale transnazionale.
    Questa espansione è possibile, ha significato e valore a condizione:
    - che si assumano, modernamente elaborandoli, le non-ne e i principi della cultura tradizionale sarda quali fondamenti ideologici -culturali del Partito;
    - che si proceda ad eliminare ogni forma di minisardismo e l'idea del Partito sardo come fratello minore e, perciò tenuto al rispetto, dei grandi partiti italiani;
    - che si solleciti l'autodisciplina di ogni iscritto e la libera unità di tutta l'organizzazione per favorire lo sviluppo del dibattito e della democrazia interna, nonché dell'iniziativa politica a tutti i livelli;
    - che sia vanificata ogni velleità intesa a costituire lottizzazioni personali, gruppi di pressione o comitati di gestione più o meno occulti, per tenere sempre lontano dal Partito e dai singoli militanti ogni benché minimo sospetto di affarismo, carrierismo e ambiguità morale;
    - che si realizzi il profondo ricambio di quella parte del gruppo dirigente che ha legato la propria stabilità e conservazione alla piccola politica e ai piccoli numeri, che è incerta e incapace nella gestione dei rapporti alla pari, non subalterni, con gli altri partiti quale che sia il colore della coalizione governante;

    delibera infine
    1) di raccomandare la convocazione entro il mese di febbraio 1990 della Conferenza programmatica per definire e rendere operativi contenuti e iniziative della prospettiva generale di Rinascita nazionale della Sardegna e per definire le linee del programma per le prossime elezioni amministrative;
    2) di far precedere la formazione delle liste per le stesse amministrative dai congressi distrettuali;
    3) di raccomandare a tutti gli organi del Partito il sostegno puntuale e costante a favore dei sardisti impegnati a promuovere e potenziare le organizzazioni sociali neo-autonomiste e in primo luogo la Confederazione Sindicale Sarda in tutti i campi;
    4) di raccomandare la convocazione entro il prossimo anno della Assemblea nazionale dei segretari di sezione per verificare lo stato di attuazione dei deliberati congressuali.

  7. #7
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    Predefinito Re: 1989. XXIII° Congresso nazionale del PSd’Az.

    Primu su Partidu

    Mozione della sezione "4 mori" di Cagliari


    1.1 Il 23° Congresso Nazionale viene celebrato in un momento del tutto particolare per il Partito e per la Sardegna che ha ormai superato il quarantesimo anno dell'autonomia. La fine degli anni Ottanta coincide per altro con la chiusura di un ciclo decennale del sardismo e con il termine del quinquennio di governo regionale a guida sardista. Appare quindi opportuno che vengano proposte alla discussione congressuale, in questa sede, alcune linee di valutazione degli eventi citati.

    1.2 Il compimento del quarantesimo dell'autonomia speciale" della Sardegna è, a nostro avviso, fatto di notevole importanza particolarmente a livello di coscienza, o meglio di autocoscienza, non certo da commemorare in maniera rituale bensì da valutare nel suo pluridecennale bilancio e nelle sue secolari radici, per determinare concrete direttive d'azione autonomistica valide per il prossimo futuro.

    1.3 In tale ottica si può, fin d'ora dare un giudizio positivo dello sforzo compiuto dal Partito negli ultimi anni al fine di varare un'azione concreta e di ampio respiro per la ridefinizione dell'autonomia e il suo concreto potenziamento e rilancio. Di particolare rilievo appare la recente elaborazione di un 'Tacchetto autonomistico" preceduta per altro dalla efficace iniziativa della raccolta di firme per la creazione di una vera flotta sarda e per un nuovo statuto al passo con le più avanzate autonomie d'Europa.

    1.4 La valutazione del quarantennio autonomistico deve essere quindi effettuata, a nostro avviso, con analisi il più possibile scientifiche e cercando di esaminare i dati disponibili piuttosto che adagiarsi negli slogan seppure appartenenti spesso alla più combattiva e sincera tradizione sardista. Pertanto non liquideremo sbrigativamente l'autonomia regionale come "barant'annos de faulas e de traimentos" ma attribuiremo, ad esempio, una valenza positiva all'affermarsi, merito sicuro della nostra modesta Il autonomia reale", del "valore autonomia" un valore diffuso nella coscienza orinai di tutto il popolo sardo con rarissime eccezioni, per lo più individuali.

    1.5 Non ripercorreremo quindi, neppure sommariamente, la storia dell'autonomia e delle idee autonomiste. In merito esiste ormai un'ampia letteratura, che fa parte del patrimonio ideale della Sardegna ed alla quale, senz'altro, rimandiamo. Non ci soffermeremo neppure sul dibattito relativo alle cause della debolezza del nostro Statuto: in proposito riteniamo ancora valido il saggio della studiosa Adriana Carta sulle vicende che portarono al depotenziamento dell'autonomia sarda. Cercheremo invece, a partire dalle analisi largamente note, di svolgere alcune considerazioni in positivo sulle prospettive, concrete ed attuali e gradualmente realizzabili di evoluzione dell'idea indipendentista-autonomista.

    1.6 L'acquisizione di una profonda coscienza popolare autonomista genera la consapevolezza della necessità di un'autonomia ampia ed efficace nonchè una diffusa ed appropriata valutazione delle maggiori carenze degli attuali "poteri". Ciò accredita a sua volta il popolo sardo, le sue istituzioni, il nostro Partito, al di là dei reali meriti operativi, quali punti di riferimento delle più avanzate e democratiche forme consociative ipotizzabili per i popoli d'Europa, in una prospettiva che non potrà che coinvolgere, a tempi non lunghi, il nord ed il sud, l'est e l'ovest del mondo.

    1.7 Il nostro punto d'osservazione gode, d'altra parte, del privilegio di essere al centro dell'universo, fatto dimostrato dall'assioma einsteniano secondo il quale ogni punto dell'universo è anche il centro dello stesso. Per altro la Sardegna si potrebbe definire, per la sua posizione geografica, per la sua conformazione naturale e per la storia dei suoi abitanti come una "terra di frontiera".

    1.8 La connotazione principale della frontiera-Sardegna è forse data dall'essere la nostra una terra ed una nazione di forti contrasti, antinomie e talvolta contraddizioni. La letteratura economica sarda ed italiana definisce per lo più come "sottosviluppata" la nostra isola. Tale affermazione ha ancora un contenuto di veridicità, ed i parametri statistici lo confermano, se l'economia sarda viene considerata nel contesto italiano ovvero in quello europeo. Per un punto d'osservazione ubicato nel terzo mondo invece la nostra povertà appare opulenza. Per tante economie di sopravvivenza anzi l'economia sarda, che soltanto da qualche decennio è uscita dalla medesima situazione, appare un esempio più vicino ed avvicinabile, maggiormente significativo ed interessante e con il quale diventa più agevole lo scambio rispetto alle economie nelle quali un certo tipo di sviluppo si è ormai compiuto e si è alle prese piuttosto con le distorsioni verificatesi nei relativi processi.

    1.9 La Sardegna economica, il cui dinamismo si va accentuando negli ultimi anni, si può quindi meglio considerare come in transizione tra il sottosviluppo e lo sviluppo. Una situazione per certi aspetti positiva che pone tuttavia una serie complessa di problemi di ordini diversi. Abbiamo da affrontare insieme tematiche connesse al superamento di condizioni d'arretratezza ma anche problemi di distorsione dello sviluppo tipici delle società avanzate. Dobbiamo anche valutare il funzionamento del meccanismo classico di sviluppo colonizzante utilizzato nelle economie capitaliste. In base a tale ben noto meccanismo, la crescita di alcune aree è più rapida se avviene tramite sfruttamento anche di risorse aggiuntive, materiali ed umane, prelevate da altre aree. Lo sviluppo diseguale è questione che riguarda insieme alcune zone della Sardegna nei confronti di altre, la Sardegna ed altre regioni del meridione d'Italia come zone sfruttate nell'ambito del sistema italiano e sempre più di quello europeo ma anche la Sardegna come parte dell'Europa capitalista che cresce attingendo risorse (energia, materie prime) prelevate, a basso costo monetario e ad alto costo ambientale, da interi continenti.

    2.1 1 risultati delle elezioni 1989, regionali ed europee, necessitano di una lettura attenta in quanto esprimono, per quanto ci riguarda, dati complessi e suscettibili di interpretazioni contraddittorie. In realtà simili risultati hanno contribuito a generare una situazione non certo negativa ma difficilissima da gestire e tale da richiedere innanzitutto una profonda ricostruzione del Partito.

    2.2 La perdita di qualche migliaio di voti e, anche per il gioco dei resti, il calo da dodici a dieci consiglieri regionali, non costituisce di per sé una dato preoccupante. Ed infatti chi, tra gli attuali dirigenti ha un occhio di particolare riguardo al potere contrattuale del Partito nel più generale contesto politico legge il dato come un consolidamento che sostanzialmente non diminuisce il predetto potere ma che "ben gestito" potrebbe perfino aumentarlo come effetto magari di una "collocazione intermedia" con relativa "rendita di posizione".

    2.3 Se tale linea progredisse all'interno del Partito fino a diventare maggioritaria e vincente nel Congresso, potrebbe dirsi ormai irreversibile quel processo di Il mutazione genetica" del sardismo che coinvolge ormai anche ampi strati della base e di cui si sono colti i segni più evidenti durante l'ultima campagna elettorale per le regionali. Verrebbe anche disinnescata la potenzialità Il eversiva" che per il sistema politico italiano ha fino ad oggi rappresentato il Psd'az. Ciò vorrebbe significare la fine dei progetti di liberazione nazionale del popolo sardo per molti anni.

    2. 4 Questo processo di trasformazione, richiesto ed auspicato da parte delle forze politiche che costituiscono i nostri principali interlocutori, primo fra tutti il Psi, è stato favorito negli ultimi anni, coscientemente o meno, da comportamenti e scelte dei gruppo dirigente. Contrastare la tendenza alla "normalizzazione" diventa quindi prioritario rispetto ad una strategia volta al recupero dei voti persi o, peggio, ad un disegno di mera conservazione di un patrimonio di consenso da gestire a fini utilitaristici. L'unico significato positivo che si può dare al consolidamento è quindi quello di presupposto per costruire su più valide basi organizzative un Partito rinnovato che recuperi l'obiettivo prioritario della liberazione nazionale, da perseguire con nuove strategie, elaborate col contributo di nuovi gruppi dirigenti.

    2.5 Nel sistema politico italiano, sono in atto notevoli mutazioni. A fronte del consolidarsi delle forze storiche di Dc, Pci e Psi e del tentativo di aggregarsi dei partiti laici minori, al fine del garantire la sopravvivenza degli interessi che rappresentano, pare procedere anche la formazione di un nuovo polo che, a partire dalle liste verdi va riunendo importanti settori di provenienza dall'area radicale e libertaria e dall'area della "nuova sinistra". In Sardegna tale processo è stato anticipato di vari anni, fungendo il Partito sardo, ufficialmente a partire dal congresso del 1979, da polo aggregatore di simili istanze con l'ulteriore importante opzione dell'indipendentismo.

    2.6 Negli ultimi dieci anni, le tematiche sardiste hanno assunto nei confronti di quelle sostenute da altre forze politiche una connotazione di '1rasversalità" che va difesa e valorizzata. Abbiamo costretto tutti a misurarsi sui temi della cultura, dell'ambiente, dell'identità e di una nuova autonomia. Dobbiamo conseguentemente sostenere anche una connotazione di trasversalità del Partito rispetto alle altre forze politiche la collaborazione con le quali deve essere vincolata comunque alla realizzazione concreta di ---quote di sardismo".

    2.7 Più in generale, per un autentico rilancio del Partito è necessario difendere il ruolo delle idee e il loro primato logico sulla prassi. L'ideologia del Partito deve essere valutata non come qualcosa di statico e immutabile bensì come ciò che da un tronco ben radicato evolve giornalmente con il contributo del nuovo. Il Congresso deve essere innanzitutto un momento di sintesi di un confronto franco e, se necessario, aspro, di idee che avanzano.

    3.1 Il 21° Congresso straordinario del 1984 a Carbonia ha rappresentato un importante momento del dibattito ideologico sardista. Le scelte, allora effettuate, di apertura politica all'Europa ed all'emigrazione vanno verificate, sostenute e sviluppate. Va fatto un bilancio attento dello stato d'attuazione e dell'attualità dei 13 punti. Tale verifica dovrà avere sbocco in opportune revisioni ed integrazioni senza essere limitata a stanche formulette confermative che apparirebbero semplicemente soluzioni di comodo.

    3.2 Oggetto principale del dibattito del 22° Congresso di Quartu è stata la situazione interna del Partito. Il duro confronto con l'identificazione, per la prima volta nella nostra storia, di differenti linee politiche all'interno del Partito, dopo le premesse maturate in Congresso, non ha avuto coerenti, successivi sviluppi. Sulla battaglia delle idee ha infatti prevalso la guerra tra schieramenti sviluppatisi esclusivamente con motivazioni di mere opportunità individuali. Anche la riorganizzazione del Partito, delle sue strutture e delle organizzazioni collaterali, inattuata o male attuata, è stata fortemente condizionata dagli interessi individuali. E' quindi necessario riprendere anche tali argomenti in sede congressuale.

    3.3 Oltre ad occuparsi dei temi prevalenti nei due ultimi congressi, la 23í, assise sardista dovrà necessariamente fare un bilancio dell'esperienza fatta dal primo governo regionale a guida sardista. Le valutazioni dovranno, a nostro avviso, essere effettuate in tutta serenità dimenticando le attese, quasi messianiche che aveva suscitato l'avvio dello storico evento. I ripetuti tradimenti consumati dai partiti "alleati" e la traumatica, inevitabile "restaurazione" susseguente alle elezioni regionali. Il parametro di valutazione dovrà per noi essere duplice: in termini generali per i contributi dati alla soluzione dei problemi del popolo sardo e della terra sarda ed in termini sardisti in relazione all'ottenimento dei nostri obiettivi di trasformazione della società e per la realizzazione di un ordinamento a misura dei sardi.

    3.4 Il parere che esprimiamo in estrema sintesi in questa sede è che i risultati ottenuti vadano valutati come prevalentemente positivi dal primo punto di vista e prevalentemente insoddisfacenti dal secondo punto di vista. Le ragioni di questo bilancio a due facce veri-anno prevedibilmente approfondite in sede di dibattito congressuale: la stabilità politica da un lato e, d'altro canto, l'atteggiamento negativo degli altri partiti nei confronti delle tematiche sardiste hanno portato a tali, apparentemente contradditori, risultati. Sa di fatto che, a nostro parere, nelle decisioni che contano, la sintesi e l'accorso si sono realizzati quasi sempre sulle posizioni degli altri partiti, in particolare dei socialisti, i quali, anche per questo motivo hanno tratto elettoralmente il massimo di tornaconto.

    4.1 Abbiamo fin qui espresso quelli che secondo noi dovranno essere i temi ineludibili dei Congresso che potrebbero essere così riassunti:
    a) linee di sviluppo dell'ideologia sardista;
    b) valutazione dell'operato delle Amministrazioni a guida o partecipazione sardista;
    c) rilancio e riorganizzazione del Partito attraverso anche un ampio ricambio del gruppo dirigente.

    4.2 Sarà quindi necessario chiarire quale deve essere l'insostituibile funzione dello strumento -partito. Il sardismo, forza di trasformazione della società, deve penetrare attraverso canali diversificati. E' indispensabile favorire la circolazione delle nostre idee attraverso l'informazione. Così come la penetrazione nel tessuto sociale non può fare a meno di forze sindacali autonome ma con comuni matrici. In proposito, stante la conclamata incapacità dei sindacati tradizionali di recepire le tematiche etniche, deve essere formulata una chiara opzione dei sardisti a favore della Confederazione sindicale sarda. Va infine incentivata la costituzione di associazioni di categoria, gruppi culturali e sportivi, cooperative di produzione e lavoro, società collegate operanti in tutti i campi.

    4.3 L'organizzazione del sardismo non deve però ridurre o sminuire bensì esaltare e potenziare il ruolo del Partito. Così come non è accettabile che questo ruolo venga compresso dall'essere alcune istanze decisionali tipiche della forma-partito trasferite di fatto ad amministratori pubblici sardisti, seppure i migliori ed ì più qualificati.

    4.4 Va combattuta e rovesciata una logica affermatasi all'interno del Partito da quando questo è divenuto forza di governo. Secondo tale tendenza il Partito vive e si misura esclusivamente in funzione delle tornate elettorali. Ciò favorisce, tra l'altro, l'affermarsi di coloro che entrano nel Partito in tale logica e compiono, più o meno agevolmente, vantaggiosi percorsi politici personali l'utilità dei quali per il sardismo e per la Sardegna, rimane tutta da dimostrare. Un serio ma flessibile sistema di incompatibilità potrebbe non poco contribuire al rilancio del Partito.

    4.5 Lo strumento Partito, con tutte le opportune trasformazioni che esso stesso subisce per adeguarsi, rimane a nostro avviso essenziale nella lotta per la libertà e l'indipendenza della Sardegna. Altri movimenti, rappresentanti nuove istanze in altre parti del mondo stanno arrivando a simili determinazioni. Noi dobbiamo oltre che difendere e rivalutare lo straordinario patrimonio d'idee che abbiamo ereditato, aggiornare ed adeguare la forma organizzata del Partito alle esigenze del mondo contemporaneo. La difesa e la valorizzazione del ruolo del Partito costituiscono la prima strada tracciata nel futuro del popolo sardo.


    MOZIONE

    Il Popolo Sardo, organizzato nel proprio Partito nazionale, nell'occasione del 23' Congresso,

    - nel 70° anniversario dal primo organizzarsi in forma politica dei reduci della I Guerra mondiale che avevano realizzato nelle trincee l'alleanza tra i contadini, i pastori e gli intellettuali sardi della Brigata Sassari;

    - ad oltre 40 anni dal riconoscimento con legge costituzionale del diritto all'autonomia della Sardegna;

    - a oltre dieci anni dal 19' congresso di Oristano che sanciva l'adesione del Partito rinascente all'idea indipendentista ponendo le basi per la crescita ed il radicamento delle idee sardiste nella nazione,

    CONFERMATE
    le scelte di fondo del 19° congresso, sviluppate tramite il 20' congresso di Porto Torres, il 21° di Carbonia ed il 22° di Quartu,
    RIAFFERMATE QUINDI
    - l'opzione indipendentista;
    - la scelta federalista come fon-na organizzativa della nazione sarda al suo interno e nei rapporti con gli altri popoli;
    - la collocazione del Partito nell'ambito della nuova sinistra europea ecologista, pacifista, socialista,
    DICHIARA
    che lo specifico e peculiare patrimonio ideologico del Partito discende direttamente dai principi generali del nuovo umanesimo e dal diritto naturale dei popoli e che pertanto si pongono come obiettivi fondamentali della propria azione:
    - il recupero ambientale del pianeta;
    - il disarmo universale;
    - l'ottenimento di condizioni di completa uguaglianza tra etnie e tra individui, donne e uomini senza distinzioni basate su ideologie, religioni, età o condizioni sociali;
    - il diritto alla vita ed alla salute e alla libertà per tutti gli uomini e per le specie animali.

    Il 23° Congresso del Partito Sardo

    RICHIAMA
    come punti irrinunciabili del proprio programma politico:
    - la difesa ed il recupero ambientale della Sardegna;
    - la difesa ed il recupero della lingua e della cultura sarda;
    - la valorizzazione delle risorse umane dei sardi residenti ed emigrati;
    - la progressiva e totale smilitarizzazione della Sardegna;
    - la realizzazione di una zona franca integrale;
    - l'istituzione di una flotta sarda;
    - l'ottenimento immediato d'un nuovo Statuto d'autonomia.

    Il 23° Congresso del Partito Sardo

    VALUTATA
    complessivamente sufficiente l'azione del Partito dal precedente congresso ad oggi in relazione ai fini perseguiti e tenuto conto della scarsità dei mezzi a disposizione.

    VALUTATA
    in maniera complessivamente positiva l'azione degli amministratori sardisti in relazione alle difficoltà oggettive incontrate ed a quelle frapposte dalle altre forze politiche

    DICHIARA
    irrinunciabile la salvaguardia e lo sviluppo delle specificità ideologiche e della identità del sardismo, necessario ed urgente il rilancio del ruolo del Partito attraverso una profonda riorganizzazione ed un ampio ricambio del gruppo dirigente.

  8. #8
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    Predefinito Re: 1989. XXIII° Congresso nazionale del PSd’Az.

    La Sardegna è ancora colonia
    Mozione delle sezioni "Simon Mossa" e "San Michele" di Cagliari


    " La condizione della Sardegna è condizione di barbarie che è vergogna al governo". (Thouvenel)

    In questi ultimi anni si è avuta una forte crescita del Partito Sardo d'Azione, ma ad essa non è corrisposto un affievolimento della condizione coloniale della società sarda: l'economia è ancora (anzi lo è sempre di più) un'economia squilibrata, priva com'è di strutture per la produzione di beni, e per la lavorazione delle materie prime; la disoccupazione ha raggiunto livelli elevatissimi a causa del fallimento del processo di industrializzazione e della crisi dei settori tradizionalmente forti dell'economia sarda come la pastorizia e l'agricoltura; l'insularità è accentuata dall'inefficienza dei trasporti; la progressiva assimilazione della cultura sarda da parte della cultura dominante. La crisi economica della Sardegna non è un fatto isolato, ma rientra nel più ampio contesto dell'andamento delle economie occidentali, tra loro interdipendenti. Ma sarebbe estremamente riduttivo, antistorico, e poco realistico non riconoscere la specificità della crisi economica sarda; così come sarebbe riduttivo, antistorico e poco realistico ricondurre la crisi della Sardegna al quadro più generale dei problema del mezzogiorno italiano della "questione meridionale".
    Avvalorare analisi di questo tipo significa nascondere il vero problema e, in definitiva, condividere e favorire il progetto politico di assimilazione. Né bisogna dimenticare quale rilevanza abbiano il problema della giustizia, dell'ambiente, delle servitù militari.
    L'atteggiamento dello Stato italiano e dei Partiti italiani che pure operano in Sardegna, verso questo problemi, è tipico del rapporto colonizzatore-colonia.

    SARDEGNA E STATO

    Il rapporto tra la Sardegna e lo Stato italiano è pertanto tale da configurare per la nostra Isola una vera e propria società coloniale. Forse vale la pena ricordare, per i corti di memoria, le reazioni di Partiti italiani al profilarsi della formazione del primo governo a direzione sardista.
    Il Partito Sardo d'Azione è entrato a governare la Sardegna, forte della sua opzione indipendentista, che, se per alcuni è da considerarsi chimera o, peggio ancora, vessillo elettorale, è in realtà, come le reazioni ora ricordate dimostrano, un preciso progetto politico, una scelta strategica fondata su una seria analisi della realtà sarda. Crediamo che questo congresso debba ribadire, con forza rinnovata, il concetto di indipendenza, affinché mai più a nessuno sia consentito dire, come è avvenuto dopo le elezioni politiche del 1987, che i sardisti hanno messo l'indipendentismo in soffitta".
    L'indipendenza non è soltanto prospettiva di lungo termine, ma diritto inalienabile del popolo sardo, derivante dall'essere i sardi un popolo e la Sardegna una nazione. Sarà la storia futura ad indicarci il momento in cui ci saranno le condizioni politiche per rivendicare questo diritto. Da più parti si sente obiettare che il mondo va verso un superamento del concetto di nazione; chi fa simili affermazioni mente sapendo di mentire perché, mai come in questi ultimi tempi le spinte nazionalistiche hanno trovato rinnovato vigore in ogni parte del mondo, in Europa come in Asia, ad Est come ad Ovest, nel mondo occidentale come nei paesi socialisti.
    Il treno della storia viaggia velocemente verso il riconoscimento delle nazionalità e del loro diritto fondamentale: l'autodeterminazione.
    La battaglia indipendentista, la lotta per la liberazione della Sardegna, non è quindi una lotta di retroguardia, come alcuni vogliono far credere, ma è invece una lotta per il progresso sociale della comunità degli uomini.

    LA SARDEGNA NELL'EUROPA

    Spesso sentiamo dotte disquisizioni sul concetto di indipendenza, che tentano di esorcizzare il contenuto separatista. Non si deve aver paura delle parole, quando sono correttamente usate, nel significato letterale dei termini, non si può essere indipendentisti senza essere separatisti, se separatismo significa volontà di riappropriarsi dei canali attraverso i quali si formano le decisioni che governano il destino di un popolo. Non significa però come alcuni, strumentalmente o per ignoranza, vogliono far credere, chiudersi al mondo esterno, negare i legami di interdipendenza fra gli Stati, aspirare a società autarchiche. Anzi, è proprio attraverso la liberazione che si riconquista il diritto a stabilire relazioni pacifiche tra i popoli. Per questo il Partito Sardo d'Azione ha, da tempo, scelto il federalismo delle nazioni, come forma ottimale di legami sovranazionali. Il federalismo sardista non è, però, quello realizzato fino ad oggi nel mondo, cioè il federalismo degli Stati; questo modello nega ai popoli federati il diritto di rappresentanza internazionale, col risultato che la federazione si trasforma in una struttura che ha come obiettivo quello di aumentare il proprio potere e quindi accentuare le spinte centraliste. Né essere indipendentisti significa negare i legami storici, culturali, economici che ci legano all'Italia, legami ben più antichi e saldi di quanto lo sia lo Stato italiano, per il quale la Sardegna è sempre stata, sin dai tempi di Cavour "un appendice dell'Italia". Per questi motivi l'indipendentismo non può far paura più di tanto, né deve far pensare a chissà quali sconvolgimenti politici. Il fatto è che, lo Stato italiano ed i Partiti che lo governano, hanno sempre rifiutato un dibattito sereno ed obiettivo, forse nella consapevolezza di non poter sostenere con argomenti validi il loro progetto di società coloniale per la Sardegna.
    Il cammino verso l'indipendenza è nella concezione sardista, fondato sulla lotta democratica e pacifica, e rifugge da qualunque tipo di violenza, non soltanto fisica. Quella stessa violenza, subdola e perciò più pericolosa di quella fisica, che esercita lo Stato italiano quando, in nome di una solidarietà a senso unico, ci impone di accogliere sul nostro territorio l'addestramento alla violenza fisica o i rifiuti delle altre regioni italiane.
    La via pacifica del sardismo verso l'indipendenza trae origine da dati oggettivi, ina anche dalla volontà del Partito Sardo di conquistarla insieme ai sardi per tutti i sardi, quando sarà chiaro a tutti, come già è per i sardisti, che non esiste speranza di sviluppo senza l'indipendenza.


    UN PARTITO DI SINISTRA

    Per alcuni, forse per molti, non è ancora chiaro il significato dell’“essere di sinistra" del Partito Sardo d'Azione. Il fatto è che, a tale collocazione, viene riconosciuto un significato analogo di quello che colloca a sinistra i Partiti italiani. Di qui, l'incomprensione, nel migliore dei casi, o lo stravolgimento del significato delle scelte di alleanze fatte dal Partito.
    Per il Partito Sardo d'Azione, per i sardisti, essere un Partito di sinistra non significa nel modo più assoluto uniformarsi ai comportamenti politici dei Partiti italiani tradizionalmente definiti di sinistra. Se così fosse, significherebbe avallare le scelte economiche che hanno determinato il sottosviluppo dell'Isola e la sua dipendenza. Ed in queste scelte la sinistra italiana ha una gran parte di (forse non la maggiore) responsabilità.
    E' inconcepibile che il nostro essere a sinistra significhi processo di omologazione a visioni antinazionaliste del problema sardo, a espressioni di autonomia motivate da contestazione del centralismo statale e non come espressione del diritto dei sardi ad essere popolo, nazione e Stato.
    Sotto questo punto di vista, le nostre alleanze non devono essere interpretate di sinistra se fatte a sinistra dello schieramento politico italiano, o moderate se fatte in altra direzione. Essere a sinistra significa, per il Partito Sardo d'Azione, consapevolezza della necessità di liberazione come premessa del progresso del popolo sardo, progresso che deve essere non solo economico ma anche sociale per la sopravvivenza dell'identità nazionale.


    IL RUOLO DEL PARTITO NELLA PRASSI POLITICA

    Se i punti precedenti riescono a chiarire la posizione ideologica del Partito nei confronti dei tre principi fondamentali: indipendenza, socialismo, federalismo, altrettanta chiarezza deve essere fatta nella prassi politica.
    E' assolutamente indispensabile, pena confusioni ed ambiguità, che la linea politica del Partito sia perfettamente conseguente alle sue scelte ideologiche. Sembrerebbe, a prima vista, che una prassi politica coerente con le opzioni ideologiche, debba relegarci al ruolo di oppositori permanenti, almeno fino a quando non sia possibile creare schieramenti tutti indirizzati nella direzione indipendentista, così come oggi tutti sono convinti assertori di un'autonomia non da sempre voluta e talvolta anche osteggiata.
    Sarebbe puerile collocarsi nell'opposizione permanente, almeno quanto lo sarebbe quella del governare ad ogni costo, anche quando non vi sia la possibilità di conquistare quote di autonomia sempre più importanti.
    L'indipendenza, infatti, non è una conquista globale, ma la logica conclusione di un continuo processo di riappropriazione delle nostre capacità decisionali, e, in quanto tale, va costruita giorno per giorno attraverso il consolidamento delle "sovranità" già conquistate e l'acquisizione di altre più vaste ed importanti è possibile creare le premesse per raggiungere, in modo pacifico, l'obiettivo strategico: l'indipendenza.
    Per questo possiamo e dobbiamo essere presenti, quando possibile, nelle istituzioni con i nostri migliori rappresentanti. Ma, se è vero come è vero, che chiarezza di impostazione ideologica richiama altrettanta chiarezza di prassi politica, adeguata vigilanza il Partito deve esercitare per impedire comportamenti mascheranti e talvolta devianti rispetto alla ideologia ed alla linea politica. Non deve assolutamente essere permesso a nessuno, neppure in nome di "governabilità" mai promesse né dichiarate, annacquare o distorcere concetti troppo chiari per poter essere messi in discussione senza collocarli su posizioni non condivise dal Partito.
    Le decisioni democraticamente e collegialmente concordate devono trovare, insomma, puntuale riscontro nel comportamento dei singoli in tutte le circostanze dell'attività politica. Questo può essere ottenuto solo attraverso strutture organizzative efficienti ed una formazione di quadri dirigenti capaci, impegnati ed idonei al ruolo che devono ricoprire.
    Bisogna avere il coraggio, se necessario, di fare anche scelte impopolari purché utili al raggiungimento degli obiettivi statutari. La supremazia del Partito può essere esercitata solo da una dirigenza autorevole senza essere autoritaria, decisa senza essere decisionista, capace di mediazione ma anche di valutare l'opportunità della mediazione. Se è vero infatti che la radicalizzazione delle posizioni conduce all'ingovernabilità ed alla conflittualità sistematica, è altrettanto vero che la continua mediazione impoverisce i contenuti e determina disaffezione ed incomprensione nella base del Partito.


    ORGANIZZAZIONE E DEMOCRAZIA DI BASE

    Il Partito Sardo d'Azione, strumento dei sardi per il conseguimento della liberazione nazionale non può esimersi dal darsi un'organizzazione efficiente, posto che deve essere il Partito ad adeguarsi all'evoluzione della società e non viceversa.
    Ora, sotto l'aspetto organizzativo, i partiti politici possono dividersi in due grandi categorie:
    a) i piccoli partiti, definiti anche i partiti dei notabili, in cui le decisioni e le impostazioni di linee politiche avvengono a cura di una "oligarchia carismatica" e non risentono di spinte dalla base verso posizioni differenziate rispetto a quelle espresse dalla dirigenza.
    La dirigenza viene espressa non tanto come aggregazione di consensi degli iscritti, quanto per caratteristiche personali ed individuali; questi partiti necessitano di strutture organizzative elementari, realizzano un rapporto quasi diretto tra il vertice e la base, raccolgono i loro consensi solitamente in fasce definite e stabili dell'elettorato; per loro natura, sono fortemente centralisti e generalmente partecipano ad alleanze che privilegino interessi limitati e non di grosso respiro. Hanno una importante funzione nell'vitare la radicalizzazione di polarismi limitati e limitanti, anche se determinano la polverizzazione dei consensi.
    b) i grandi partiti, o partiti di massa, che nascono da vaste aggregazioni di elementi della società in cui operano e, in quanto tali, devono fare i conti con una maggior volontà di partecipazione della base alla formazione delle decisioni, e rappresentano interessi generali coincidenti, ma talvolta si trovano nella necessità di mediare interessi particolari divergenti, o addirittura contrastanti.
    Questi partiti hanno assoluta necessità di una struttura organizzativa articolata, di elementi intermedi di filtro e mediazione tra le varie istanze di base e la prassi del vertice. Il rischio di tali strutture è, come ovvio, quello di una burocratizzazione delle strutture, con limitazione della rapidità e snellezza delle decisioni.
    Il Partito Sardo d'Azione sta attraversando un momento di transizione dalla gestione oligarchica a quella democratica; non ha ancora perso, in una parte della sua dirigenza, l'abitudine ad identificare il singolo col partito, ma questo modo di porsi di fronte al problema gestionale non è più condiviso da larghi strati della base, né è in grado di rispondere con efficacia alle esigenze di una struttura moderna. A ciò deve aggiungere che la società sarda è profondamente mutata, ma il Partito stenta a riconoscere l'esistenza (in alcuni casi, la prevalenza) di istanze diverse da quelle che abitualmente doveva prendere in considerazione.
    E' pur vero che il processo di industrializzazione ha creato ulteriori gravi ed ancora irrisolti problemi per la nostra isola; ma, tra i tanti demeriti, ha avuto il merito di creare operatori dell'industria (ai più vari livelli). Non è un caso che il Partito Sardo d'Azione abbia raccolto nelle consultazioni elettorali degli ultimi cinque anni, i maggiori consensi nelle aree urbane ed industrializzate; ciò significa che le speranze ed i bisogni di tali categorie di lavoratori si sono indirizzate verso il Partito Sardo d'Azione, e che il Partito Sardo d'Azione non può ignorarli senza relegarsi ad un ruolo marginale nella moderna società sarda.
    La logica conclusione di questa analisi è che il Partito, se vuole veramente rappresentare le istanze della maggioranza dei sardi, deve darsi strutture di base ed intermedie efficienti e razionali, capaci di stabilire solidi legami con la realtà sociale del territorio in cui operano.


    LO STATUTO

    Elemento fondamentale per la definizione delle linee ideologiche e politiche e per delineare il progetto organizzativo e lo Statuto del Partito. Nel congresso di Quartu è stato troppo frettolosamente affrontato il problema della revisione statutaria, senza che questa revisione fosse preceduta da un ampio dibattito nelle sezioni; il risultato é uno statuto che nella sua applicazione ha trovato tante e tali difficoltà da rendere pressoché impossibile rispettarlo nella lettera e nello spirito. Non si deve cadere nello stesso errore dello scorso congresso, per cui la revisione dello Statuto deve essere oggetto di un Congresso Straordinario tempestivamente convocato ed adeguatamente preparato per consentire che siano gli iscritti a darsi le regole che preferiscono, evitando le imposizioni dall'alto. Tuttavia questo Congresso deve approvare alcune modifiche statutarie necessarie per un migliore funzionamento del Partito;
    A) Allargamento a 20 del numero dei componenti la Direzione Nazionale.
    B) Formazione di una segreteria composta, oltre che dal Segretario generale, dal Segretario aggiunto e da cinque vice Segretari dipartimentali (di cui uno per l'amministrazione). La Segreteria, nel suo complesso deve essere eletta dalla Direzione Nazionale.
    C) Eliminazione dei membri di diritto nella composizione dei Consigli Distrettuali.
    D) Portare a 100 il numero dei componenti il Consiglio Nazionale eletti dal Congresso, al fine di ridurre il peso percentuale dei membri di diritto.
    E' indispensabile inoltre che si ricostituisca in maniera più efficiente la Commissione Nazionale di Controllo, e che questa venga coadiuvata da analoghe strutture periferiche (ad esempio provinciali).
    Queste poche modifiche statutarie non risolvono certo il problema dell'adeguamento funzionale del nostro Statuto, ma sono un primo passo verso la democratizzazione delle strutture del Partito, in attesa che il Congresso Straordinario proposto revisioni "in toto" l'attuale Statuto.


    IL SUPERAMENTO DEL MOMENTO ATTUALE

    Sarebbe nascondersi dietro un dito, e perciò delittuoso per chi si sente dirigente responsabile del Partito, fingere che l'attuale momento del Partito sia ancora percorso dal vento inarrestabile.
    E' un momento di affievolimento che però non dobbiamo permettere si tramuti in bonaccia. Quali le cause?

    A) Una accentuata confusione tra il ruolo del Partito e quello delle sue rappresentanze nelle istituzioni, con conseguente abbassamento del livello del dibattito politico e razionalizzazione dei compromessi inevitabili in situazioni di alleanze;
    B) Adesioni non sempre disinteressate e filtro inefficace tra opportunismo e coscienza sardista. La ricerca di personaggi rappresentanti anche quote rilevanti dell'elettorato e la loro cooptazione nei quadri dirigenti del Partito ha avuto come conseguenza una diminuzione del grado di compattezza del Partito e della sua capacità di elaborazione di una strategia indipendentista;
    C) Organizzazione del Partito carente ed inefficiente;
    D) Il timore eccessivo, da parte di alcuni gruppi, che l'affermazione puntuale e frequente dei nostri principi potesse turbare i rapporti di alleanza.
    Per superare l'attuale momento occorre la lotta politica in un quadro più consono ai principi enunciati, riconquistando capacità progettuale e realizzatrice, ma soprattutto riproponendosi, nell'enunciazione e nella prassi, come convinti assertori di nonne etiche politiche e non politiche, norme non scritte ma non per questo meno valide.

    Il XXIII Congresso Nazionale del Partito Sardo d'Azione impegna il Consiglio Nazionale e le strutture dirigenti che ne scaturiranno:
    a) A rilanciare l'opzione indipendentista sia nel chiarimento del suo significato politico, sia nella gestione di una prassi politica che abbia tale opzione come principale riferimento.
    b) A rinvigorire la progettualità politica, onde consentire il recupero di un'iniziativa decisamente affievolita e talvolta mortificata da ingiustificati ed ingiustificabili attendismi.
    c) A ridisegnare la struttura organizzativa del Partito in termini moderni e funzionali, tali da evitare il rischio della burocratizzazione, sia la tentazione di gestioni feudali.

  9. #9
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    Predefinito Re: 1989. XXIII° Congresso nazionale del PSd’Az.

    Raighinas antigas pro tempos noos

    Franco Masu (ALGHERO); Giovanni Carta ("C. Bellieni" SASSARI); Antonello Bella, Sergio Bitti, Alberto Ciccotti, Simonetta Ciccotti, Carlo Cossa, Fabio Dessena, Mauro Gaspa, Innocenzo Giannasi, G. Francesco Giannasi, Mario Manca, Mario Ravotti, Giacomo Sanna, Armando Strusi, Costantino Tatti ('N. Serra" SASSARI); Gavino Busia (PALMADULA); Gavino Acciaro (PORTO TORRES); Antonio Arcadu, Giovanni Brozzu, Antonio Bullugiu, Bartolomeo Campus, Michelina Capitta, Andrea Costa, Stefano Derudas, Bruno Dessena, Antonio Maria Fadda, Angelo Mannu, Vanna Marras, Piera Marras, Cesare Marras, Franco Meloni, Costanzo Meloni, Carlo Mura, Caterina Orecchioni, Pino Ortu, Mario Palmas, Roberto Petretto, Mariano Piga, Gavina Maria Pinna, Antonio Pinna, Giovanni Pinna, Angelo Pinna, Costantino Piras, Mario Franco Pirisi, Patrizia Pirisi, Antonello Pirisi, A. Giuseppe Pirisi, Leonardo Pirisi, Graziella Pirisi, Efisio Planetta, Maria Luisa Planetta, Carla Puligheddu, Luisa Saba, Gavina Sanna, Luciano Sanna, Maria Senes, Mauro Tanda, Matteo Tanda, Rita Vallebella, Caterina Virdis, Quinto Zedda ("S. Mossa" SASSARI)



    Le risposte che il XXIII Congresso del Psd'az dovrà dare all'intemo e all'esterno dei partito sono molteplici e di tale rilevanza che la sua portata per l'avvenire della Sardegna può già definirsi storica.
    I cinque anni di governo regionale dell'isola con presidenza sardista e con una giunta di sinistra e laica con forti connotazioni innovative rispetto al passato, i risultati delle recenti consultazioni elettorali e le ormai imminenti amministrative, impongono profonde riflessioni politiche sul divenire e sull'evolversi del ruolo futuro del Partito Sardo d'Azione.
    Le radicali differenze socio-politiche in cui si svolge il Congresso necessitano di un approfondimento sulle cause che hanno ribaltato la conduzione di governo della Sardegna a favore di un quadro di giunta analogo al pentapartito romano.
    Le stesse condizioni politico-organizzative del Psd'az in questo XXIII Congresso risultano profondamente mutate rispetto al Congresso di Quartu e ancora di più riguardo a quello di Carbonia.
    Nell'84 esplodevano, a livello elettorale, le istanze di cambiamento nei confronti di un sistema, identificato nella D.C. e nel pentapartito, dimostratosi totalmente incapace di risolvere i problemi della Sardegna.
    Il Psd'az seppe rendersi interprete sagace di quella voglia di cambiamento che percorreva l'isola.
    1 tredici punti programmatici del Congresso di Carbonia altro non erano infatti che il sostanziarsi di quelle istanze di cambiamento che affondano le proprie radici in grossa parte del tessuto di quel popolo sardo che aspirava ad una vera e autonoma rinascita economica sociale e politica.
    Il nodo centrale che il XXIII Congresso del Psd'az deve sciogliere è se la delega di quella parte di elettori sardisti dell'84 è stata messa del tutto a frutto dai propri rappresentanti in tutti gli organismi di partito e specialmente nella partecipazione al governo della Sardegna nei vari livelli di responsabilità regionale, provinciale e comunale, nonché nei vari enti di primo e secondo grado.
    L'essere allora passati da 3 a 12 consiglieri regionali fece tanto scalpore quanto spavento sia in Sardegna che nella penisola sì da creare una attenzione nuova e favorevole per il Psd'az anche a livello europeo specialmente in quelle realtà etniche che presentavano similitudini geo-politiche e/o amministrative con la Sardegna.
    L'avere accettato inoltre una sfida clamorosa quale era quella di una guida di una Giunta di sinistra portando il P.C.I. al governo dell'isola, in aperto antagonismo con lo strapotere italiano della Dc, mise senza dubbio il Psd'az sotto i riflettori del successo d'opinione in tutto lo Stato.
    L'ultimo balzo in avanti delle amministrative dell'85 confermò e ribadì, in situazioni comunali e provinciali anomale ma eclatanti, che l'onda lunga della simpatia per il partito dei quattro mori era sempre in crescita.
    In questo contesto che segnò senza ombra di dubbio alcuno il punto più alto della crescita e della popolarità del Psd'az, si svolse a Quartu l'ultimo congresso dell'86 che fu caratterizzato probabilmente da un clima troppo euforico e irriflessivo sui gravi problemi e sulle enormi responsabilità organizzative che il Psd'az si era assunto di fronte non soltanto al proprio elettorato ma all'intero popolo sardo. Fu questo, a nostro sommesso giudizio, il momento di maggior forza e maggior debolezza dei partito che non seppe, per mancanza di lungimiranza, di uomini ed esperienze di governo, differenziare gli schemi organizzativi della sua struttura partitica dall'azione di governo dei propri rappresentanti nell'assise regionale.
    L'enfasi e l'entusiasmo con cui allora vennero ribadite le tesi di Carbonia non fece progredire di un passo l'elaborazione pratica di tali enunciazioni politiche e programmatiche che avrebbero peraltro avuto bisogno di un differente contesto del partito e di un più forte tessuto organizzativo.
    La stessa difficile disponibilità temporale e fisica di gran parte dei leader carismatici delle diverse aree dell'isola agli impegni di partecipazione attiva alla vita interna del partito rivelava in modo palese e talvolta drammatico i limiti organizzativi e purtroppo la stasi della elaborazione ideologica interna dei punti cardine del programma sardista.
    Con ciò non si vuole sostenere peraltro la totale inadeguatezza delle varie segreterie, nei diversi livelli e gradi di responsabilità.
    Tuttaltro; ma un esempio per tutti, sembra doveroso osservarlo, è stato l'ingresso in giunta del Segretario Nazionale cosa che produsse dannose conseguenze sui tempi e sugli schemi organizzativi del partito aggravati inoltre dalla approvazione di uno statuto di complessa interpretazione pratica.

    Tutto ciò, unito nel contempo ad una forte rivalsa del D.C. nell'isola, portò i primi frutti negativi nelle politiche dell'87 la dove i due deputati ed un senatore eletti non soddisfecero certo le ben maggiori aspettative Sardiste:
    Le conseguenti difficoltà del partito ebbero però un effetto salutare nel rinnovo della segreteria nazionale dagli inizi dell'88 e nella presa di maggior coscienza della non sotterranea lotta che gli stessi alleati di giunta facevano ai punti forti del programma Sardista.
    L'approvazione della legge sulla Zona Franca ne è un esempio lampante così come quello sulla proposta di legge sul Piano di Rinascita:
    Dopo una serie di prevaricazioni ed arroganti atteggiamenti (vedasi la nomina del presidente della commissione speciale per la revisione dello Statuto) il P.C.I. così come altri partiti della coalizione davano il colpo di grazia alle ragioni della alleanza con la clamorosa e vergognosa bocciatura in aula della legge sulla cultura Sarda.
    La dirigenza nel frattempo elaborava, con il concorso entusiasta e prezioso di studiosi ed esperti il testo della proposta di legge di iniziativa popolare per la revisione dello Statuto in senso federalista e realisticamente autonomista nonché il referendum per la Flotta Sarda.
    Purtroppo la raccolta delle firme, dopo un inizio promettente, si arenava in difficoltà organizzative e nella emergente mancanza di fondi nonché nella indifferenza di non pochi autorevoli sardisti.
    L'apparato organizzativo del partito che aveva mostrato nella raccolta delle firme per la Flotta sarda e nello stesso referendum di La Maddalena tutti i suoi limiti, dovette registrare nello stesso periodo anche un altro sensibile calo di consensi nel corso delle amministrative in alcuni comuni dell'isola dello scorso anno.
    L'approssimarsi della fine della legislatura regionale ed i rapporti interni dei partiti di Giunta, ormai deteriorati, specialmente col P.C.I., produssero infine una grave situazione di tensione reciproca, sfociata in alcuni episodi già sopra riferiti di intolleranza e di logoramento preelettorale, quali quello gravissimo e mai abbastanza stigmatizzato presso l'opinione pubblica della clamorosa bocciatura in aula della Legge sulla cultura sarda.
    In questo clima non sereno e ormai reso rovente dalla campagna elettorale già avviata da tempo è maturato e si è consumato nello scorso maggio a Sassari il doloroso episodio giudiziario che ha visto uno dei massimi esponenti del partito coinvolto in una serie di indagini ed accertamenti di rilevanza penale sulla sua attività di amministratore.
    La scelta dello stesso leader, accettata dalla Direzione Nazionale, di affrontare il giudizio dell'elettorato, e degli organi di informazione, con una candidatura sottoscritta in condizioni sfavorevoli, e resa precaria da misure restrittive della sua persona, ha prodotto una profonda risonanza negativa sull'opinione pubblica, acclarata dalla mancata elezione.
    Al di là dei giudizi di colpevolezza, infatti, la potenziale base elettorale sardista è rimasta profondamente turbata e sconcertata dall'episodio.
    Se era comprensibile peraltro una doverosa e forte solidarietà sul piano umano e personale, cosa puntualmente e affettuosamente tributata all'esponente del partito, è sembrata quantomeno unica ed anomala la situazione politica di un sardista nel contempo candidato alle regionali e sottoposto a pesanti misure di polizia prima e, dopo, all'umiliazione di una plateale carcerazione.
    Tutto ciò perché non si è voluto, allora, nemmeno per un momento, accettare anche solo l'idea che un responsabile dei Psd'az potesse venire incolpato di comportamenti e di deviazioni tipiche invece che gli altri partiti del continente.
    L'episodio ha inoltre aperto su diversi fronti della città un ampio dibattito sulla stampa locale in merito alla cosiddetta "questione morale, e l'approssimarsi delle amministrative dei 90 pone, in tempi e modi non più differibili, il partito di fronte alla necessità di pronunziarsi una volta per tutte, su analoghe, eventualità che potessero manifestarsi con la candidatura di esponenti del partito coinvolti in vicende giudiziarie.
    Tali pronunciamenti, sembra evidente, debbono maturare alla luce di solidi principi obbiettivi nonché nell'interesse preponderante della buona immagine del partito. A questo proposito in altra della mozione si auspica la attivazione urgente della apposita Commissione Nazionale di Controllo e di Garanzia.
    Sulle risultanze elettorali regionali, infine, che hanno prodotto un consolidamento del consenso sardista seppure mediante una prevedibile flessione, si è convinti debba aprirsi un ampio dibattito congressuale che analizzi specialmente la scelta di campo dei socialisti nel riproporre schemi e logiche di spartizione del potere che la Giunta a guida sardista nella scorsa legislatura sembravano avere consegnato ad un passato ormai remoto.
    Il gravissimo arretramento nel costume politico e nella evidente linea di omologazione col governo di Roma della giunta Floris pone la necessità di accettare con spirito sardista questa nuova sfida.
    Per tali generali premesse questa mozione congressuale si propone di offrire una nuova forma di organizzazione del partito che ne rilanci l'immagine ed il ruolo politico recuperando le antiche radici ideologiche e storiche che ne hanno determinato la nascita. Per tutto ciò si

    DELIBERA
    Linea politica
    1) di riconfermare la validità dei principi ideali sanciti dallo Statuto;
    2) di ribadire l'impegno dei sardisti per l'affermazione dei diritti e dell'autogoverno di tutte le nazionalità oppresse, in una prospettiva federalista;
    3) di promuovere ogni necessaria iniziativa per la piena conoscenza del "pacchetto autonomistico" quale sintesi attuale e matura dei punti programmatici elaborati e affermati nei precedenti congressi;
    4) di impegnare il gruppo consiliare alla Regione Sarda ad operare per la caduta ed il superamento del presente quadro di governo, affinché si realizzino le condizioni politiche per la formazione di una nuova Giunta, avanzata e progressista, realmente e fortemente autonomista, che, prescindendo da pregiudiziali scelte di schieramento, sia fondata sulla proposta sardista dei un nuovo statuto autonomistico e di un forte programma di rinascita e di riscatto della Sardegna;
    5) di impegnare i sardisti presenti nelle istituzioni a diffondere a sostenere la linea politica e le proposte programmatiche del partito.

    Linea organizzativa

    1) di rivedere l'organizzazione del partito sulla base dei seguenti criteri:
    a) garantire il funzionamento di tutti gli organismi di partito prevedendo meccanismi che consentano surroghe, sostituzioni e cooptazioni;
    b) ribadire il dovere di tutti gli iscritti di rimettere il mandato al partito nel caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie o d'altro genere che ne possano comunque compromettere l'immagine ed il prestigio e l'obbligo di attenersi ai provvedimenti che il Comitato Nazionale di Controllo riterrà di emanare secondo la gravità del caso e nel rispetto di norme e principi di carattere generale;
    c) ridefinire i compiti ed i poteri dei segretari distrettuali, interdistrettuali e dei corrispondenti organismi;
    d) attribuire in prima istanza all'Esecutivo Distrettuale i poteri del Comitato Nazionale di Controllo per gli iscritti del Distretto, ad eccezione, del Segretario Nazionale, dei membri della Direzione Nazionale, dei componenti del Consiglio Nazionale, degli appartamenti allo stesso Esecutivo Distrettuale ed infine dei parlamentari eletti in assemblee legislative;
    e) istituire sia a livello nazionale che distrettuale dei Dipartimenti di studio e proposta sui temi più vivi ed attuali delle problematiche dell'isola: (quali autonomia, cultura e bilinguismo, economia e sviluppo trasporti, turismo, sanità e servizi sociali, ecologia e territorio, riforma della Regione).
    Tali organismi dovranno realmente (e non come nel passato), rendere il partito preparato e presente in ogni occasione della vita politica nazionale e territoriale.
    f) promuovere, sollecitare e stimolare la partecipazione attiva di tutti gli iscritti alla vita del Partito, al fine di verificare l'operatività dei vari organismi, a cominciare dalle sezioni.

  10. #10
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    Predefinito Re: 1989. XXIII° Congresso nazionale del PSd’Az.

    Da Porto Torres a Cagliari per elevare il sardismo
    Mozione della Federazione distrettuale di Gallura


    I sardisti della Gallura hanno vissuto tre Congressi con impegno nell'ideologia e nella militanza e si presentano a questo XXIII Congresso fortemente preoccupati per la perdita di quel filo guida e di quella tensione che abbiamo saputo dare al sardismo.
    Le scelte del moderno Partito Sardista imperniate sul riconoscimento storico della Nazionalità Sarda, sull'obiettivo dell'indipendenza e del socialismo, con le sue tappe di sovranità intermedie, sono vanificate da una prassi economicista che si basa su un quadro ideologico autonomistico, ormai accettato da tutti i Partiti e sperimentato in modo fallimentare da diversi decenni.
    La linea qualificante, quel progetto sardista che ha creato aspettative e suscitato consensi, si smarrisce nel contingente, riducendosi ad un intervento semplicemente riformistico e progressista.
    L'esperienza di questa legislatura regionale, nonostante l'impegno profuso e le conquiste ottenute, ci insegna che esistono delle divergenze di fondo con gli altri Partiti italiani che non possono essere facilmente superate; e la partecipazione al Governo regionale, con gli attuali rapporti di forza, agisce a nostro svantaggio.
    I ruoli e le scelte sono vanificati dal fatto che subiamo e ci adeguiamo ad un sistema della politica comune a tutti i Partiti.
    Le stesse nostre funzioni statutarie, la struttura organizzativa che faticosamente abbiamo imposto e realizzato (dalle nuove Sezioni, ai Distretti sino alla stessa Direzione Nazionale) rimangono troppo spesso norme e ruoli che non esprimono un potere reale.

    Le cose che contano si decidono troppe volte al di fuori dei momenti e delle attività di Partito e seguono un percorso estraneo alle sue strutture democratiche.
    La nostra paura è che, nonostante il grado di funzionalità raggiunto dalle strutture dirigenti e la maturità e generosità di tanti sardisti, possano emergere, anche nel nostro Partito, l'appiattimento nelle istituzioni e l'omologazione al sistema della partitocrazia e quindi un processo di conformismo e opportunismo.
    Il nostro bagaglio ideologico, le esigenze del popolo sardo e gli stessi consensi ricevuti, ci impongono una visione ben più alta che va al di là dell'autoconservazione o dell'assestamento in una fascia intermedia.
    Questa dimensione i sardisti l'hanno già fissata nei precedenti Congressi; per questo, sempre convinti della necessità e della attualità della loro applicazione, ripresentiamo a questo XXIII Congresso come proposte integranti di questa Mozione:
    1) La mozione finale del 20' Congresso di Porto Torres;
    2) 1 13 punti approvati al 21' Congresso di Carbonia;
    3) La mozione presentata dalla Federazione Gallura al 22' Congresso di Quartu.
    Con questa premessa chiediamo che il 23' Congresso di Nuoro si impegni e dia mandato alla futura dirigenza su questi punti:

    STRATEGIA
    Riconferma, approfondimento e attuazione degli obiettivi strategici dell'indipendenza e del socialismo e quindi creazione di un disegno progettuale conseguente.

    METODO
    Acquisizione di un metodo di intervento che abbia come fattori centrali: la mobilitazione popolare, la partecipazione della base ai fatti decisionali, il decentramento degli incarichi, la crescita dei quadri amministrativi e dirigenti locali.
    Tutto questo si esplichi tramite la determinazione di regole ben precise (come il regolamento interno da tempo proposto da questo Distretto); una riforma elettorale che dia maggior spazio alle periferie; una volontà di promuovere il recupero di moralità contro le ingerenze dell'attuale sistema dei Partiti.

    ALLEANZE
    Partecipazione a future alleanze nel governo regionale solo se vi sarà la volontà di attuare, con determinazione e in tempi brevi, sulla base del riconoscimento dell'identità etnico-nazionale sarda, la revisione dello Statuto sardo rispettando lo spirito e il contenuto della proposta di legge popolare sardista.

 

 
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