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    Predefinito 1946: la monarchia vince il referendum in Italia

    25-26 aprile 1945: liberazione e insurrezione antifascista in tutta l’Italia del Nord ad opera dell’esercito Alleato e dei partigiani. Crolla la Repubblica di Salò e le truppe tedesche sconfitte iniziano la ritirata.

    28 aprile 1945: cattura e fucilazione dell’ex Duce Benito Mussolini a Giulino di Mezzegra, in fuga verso la Svizzera travestito da soldato tedesco.

    1° maggio 1945: si può celebrare finalmente dopo più di vent’anni di dittatura la festa del Lavoro in Italia.

    9 maggio 1945: Si tengono la Giornata della Vittoria in Europa, la smobilitazione degli eserciti partigiani e i festeggiamenti della fine della guerra nel continente. Il re d’Italia Vittorio Emanuele III, su pressione degli intellettuali liberali, monarchici e di corte e dello stesso figlio, per salvare le sorti compromesse della monarchia, abdica e decide di partire il giorno dopo da Napoli in esilio volontario con la moglie Elena del Montenegro per Alessandria d’Egitto, sotto protezione alleata. Il figlio Umberto II di Savoia diventa nuovo re d’Italia e con lui la consorte Maria José di Sassonia-Coburgo-Gotha regina d’Italia, il tutto avviene senza incoronazione. Il governo modifica la formula istituzionale con la quale il nuovo re avrebbe siglato i suoi atti: da "Umberto II, per grazia di Dio e per volontà della Nazione, Re d'Italia" a "Umberto II, Re d'Italia". Alcuni partiti antifascisti, tra cui quello comunista e azionista, accusano la famiglia reale di aver violato la tregua istituzionale.

    21 giugno 1945: l’avvento al Ministero della Giustizia del leader comunista Palmiro Togliatti non modifica sostanzialmente i rapporti sociali. Il guardasigilli, anzi, trasmette a tutti i procuratori del Regno di far rispettare l’ordine e la proprietà.

    10 marzo 1946: si tengono le prime elezioni amministrative dopo vent’anni di dittatura che sembrano favorire sentimenti anti-monarchici.

    16 marzo 1946: Umberto II firma il regio decreto n. 98 che indice il referendum istituzionale sulla forma dello Stato e le elezioni per l’Assemblea Costituente.

    25 aprile 1946: ad un anno dalla Liberazione, si tiene il I° Congresso della Democrazia Cristiana, in cui Attilio Piccioni rivela che, dopo un'inchiesta interna, l'opinione dei dirigenti di partito risulta così ripartita: 60% a favore della Repubblica. Il leader e presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, lui stesso cattolico repubblicano e moderato, vedendo però che la stragrande maggioranza degli iscritti e degli elettori è di fede monarchica e sostenitrice di Umberto II, vero liberale e campione costituzionalista, decide di schierare il partito per il mantenimento della monarchia. Con la DC si schierano per i Savoia anche il Partito Liberale e l’Uomo Qualunque, sempre per ragioni anticomuniste. La Santa Sede istruisce i vescovi ad indirizzare i propri fedeli a votare per candidati cristiani e a favore della Corona. Gli Alleati invece si dimostrano tiepidi, ma non si esprimono su questioni politiche interne.

    10 maggio 1946: per Umberto II inizia una campagna elettorale a tutti gli effetti, iniziando un viaggio per tutta l’Italia alla ricerca dei consensi perduti o presunti, accompagnato dal ministro della Real Casa Falcone Lucifero. Lo stesso sovrano ha auspicato il superamento del vetusto Statuto Albertino, definendolo pubblicamente “insano” perché ancora in vigore e un “riavvicinamento” all’Europa con cui costruire “ponti comuni” e questo piace a tanti indecisi moderati, specialmente nel ceto medio dell’Italia del Nord. A Venezia e Torino viene applaudito, a Napoli, in Sicilia e in Sardegna viene accolto da folle festanti come un santo, mentre a Milano, Bologna e Genova subisce fischi, schiamazzi, tentativi di aggressioni e nella prima alcuni ex partigiani crivellano di colpi il castello dove risiede.

    2-3 giugno 1946: si tengono il referendum istituzionale e le elezioni dell'Assemblea Costituente a suffragio universale in Italia. Circa 24 milioni di italiani e italiane vengono chiamati al voto dopo gli anni della dittatura fascista e della guerra; lunghe file davanti ai seggi installati nei municipi e nelle scuole senza particolari incidenti.

    4 giugno 1946: il ministro dell'Interno Giuseppe Romita trasmette a De Gasperi i primi dati pervenuti e provenienti soprattutto dal Nord, indicanti la Repubblica in vantaggio. De Gasperi telefona al ministro della Real Casa Falcone Lucifero per comunicargli tali dati, precisando che si tratta di risultati assai parziali che non permettono alcuna conclusione. Papa Pio XII riceve da fonti vicine ai carabinieri una previsione di vittoria della monarchia. La DC ottiene il 35,2%; il Partito Socialista d’Unità Proletaria il 20,7%; il PCI il 18,9%; la coalizione liberal-monarchica Unione Democratica Nazionale il 6,8%; il Fronte dell’Uomo Qualunque il 5,3%; il PRI il 4,4%; il conservatore Blocco Nazionale della Libertà il 2,8%; il Partito d’Azione l’1,4% e altre liste complessivamente il 4,5%.

    5 giugno 1946: a spoglio ormai avanzato, L'Unità esce con un titolo che dà per certa la vittoria della monarchia, parlando di complotto fascista, sia pur con qualche residua cautela. De Gasperi è ricevuto al Quirinale e informa il re del considerevole vantaggio della monarchia, leggendogli i dati ancora provvisori. Il Ministero dell'Interno, sulla base dei dati in suo possesso, annuncia ufficiosamente la vittoria della monarchia.

    7 giugno 1946: un gruppo di professori repubblicani dell'Università di Milano solleva presso la Corte di Cassazione un primo ricorso sull'interpretazione da darsi alla "maggioranza dei voti validi". La prima visita ufficiale “all’estero” del re Umberto II è a Oltretevere da Papa Pio XII. La regina consorte Maria José coi figli si reca poi, momentaneamente, a Napoli a causa dell’atmosfera di “guerra civile” che si respira a Roma.

    8 giugno 1946: Enzo Selvaggi, monarchico eletto nelle liste dell’Uomo Qualunque, scrive a De Gasperi di rigettare i ricorsi milanesi. A lui si uniscono i monarchici Benedetto Croce ed Enrico De Nicola.

    10 giugno 1946: la Corte di Cassazione proclama i risultati del referendum: 12.672.767 voti per la monarchia, e 10.688.905 per la repubblica, riservandosi di rendere pubblici i risultati definitivi e il giudizio definitivo su contestazioni, proteste e reclami. Le manifestazioni repubblicane non sempre pacifiche, specialmente nelle grandi città settentrionali (Milano, Bologna), ma anche a Roma, vengono disperse dalla polizia lasciando anche alcuni morti sul terreno. I Savoia sono stati sostenuti di più nel Sud, nella capitale, nelle Isole e nelle province piemontesi. I repubblicani hanno ottenuto la maggioranza dei voti nelle grandi città e nelle campagne del Nord e nel Centro.

    11 giugno 1946: tutti gli organi d’informazione danno ampiamente notizia della vittoria della monarchia. Il Consiglio dei Ministri delibera di sottoporre a Umberto II un documento con il quale prenda atto della proclamazione favorevole dei risultati referendari.

    12 giugno 1946: il re scrive a De Gasperi di non acconsentire alla sua piena funzione finché non si conosce «...il responso della maggioranza del popolo italiano espresso dagli elettori votanti, quale risulterà dal giudizio definitivo della Corte Suprema di Cassazione», rispettando le contestazioni della validità dei voti. Il ministro della Giustizia Togliatti, in seguito alle migliaia di denunce di brogli che continuano a piovere da parte del Partito repubblicano e del Partito comunista, dichiara che «vi sono ricorsi che possono anche richiedere l'esame delle schede che tra l'altro non sono qui e forse sono distrutte».

    18 giugno 1946: la Corte di Cassazione proclama i voti definitivi al referendum istituzionale: 12.717.284 per la monarchia e 10.717.923 per la repubblica e un milione e mezzo di voti nulli. Tutti i ricorsi sono respinti. L’Unità e altre testate di sinistra escono con titoli molto duri sui risultati, prontamente segnalati e denunciati. Togliatti invita però alla riconciliazione. Dal Quirinale Umberto II rivolge all'Italia un messaggio radiofonico in cui ringrazia la nazione per la fiducia accordata all'istituto monarchico e riafferma la fedeltà alla scelta democratica. La monarchia italiana viene allineata come poteri a quella britannica.
    Si riunisce presso Montecitorio la prima seduta dell'Assemblea Costituente. I delegati votano il presidente nella persona di Giuseppe Saragat, esponente del Partito socialista; la scelta viene motivata dal fatto che era necessario coinvolgere anche quelle forze politiche d’opposizione non chiamate in causa nel governo del paese. Dure le contestazioni di una parte del PCI e dell'Uomo Qualunque che chiede le immediate dimissioni di Saragat poiché essa viene considerata la prova provata del tentativo di “comprare i voti dei socialisti”. Nenni chiude le polemiche confermando la posizione del partito e augurando buon lavoro al “compagno Saragat”.

    22 giugno 1946: nasce ufficialmente la “Commissione dei 40” composta da esponenti della Costituente che dovranno elaborare la prima bozza generale della nuova carta costituzionale. Ne fanno parte tra i più celebri: il democristiano Aldo Moro; l’azionista Giorgio La Pira; i liberali Vittorio Emanuele Orlando, Ivanoe Bonomi, Francesco Saverio Nitti; i socialisti Sandro Pertini e Ignazio Silone; i comunisti Luigi Longo e Umberto Terracini, e tanti altri.
    Entra in vigore contemporaneamente l’“amnistia Togliatti” dal nome del suo ideatore che libera migliaia di ex fascisti dalle prigioni e criminali comuni (mentre molti partigiani restano dietro le sbarre).

    1° luglio 1946: si dimette lo statista trentino De Gasperi per formare un nuovo governo rispettoso delle recenti consultazioni. Il nuovo governo di De Gasperi giura nelle mani di re Umberto nel Salone degli Arazzi al Quirinale. I ministri sono tutti democristiani, liberal-moderati e uno qualunquista in seguito all’alleanza di palazzo tra le liste monarchiche e quelle cattoliche. Il giurista napoletano Enrico De Nicola diventa vicepresidente del Consiglio. Avviene la cosiddetta “rottura dell’unità antifascista” stipulata durante la guerra.

    11 agosto 1946: esce in edicola per la prima volta il settimanale Grand Hotel, che racconta storie d'amore disegnate su tavole a colori. La prima edizione del rotocalco ha un reportage fotografico sulla famiglia reale italiana: re Umberto, la regina Maria José e i principi Vittorio Emanuele, Maria Pia, Maria Gabriella e Maria Beatrice nei giardini del Quirinale.

    24 agosto 1946: a Milano si tiene una manifestazione dell'Associazione Nazionale Partigiani, fondata dall'ex-presidente del Consiglio Ferruccio Parri. Durante il discorso conclusivo Parri ricorda che le brigate partigiane hanno concluso la consegna alle forze di polizia dello Stato degli armamenti utilizzati durante la Resistenza. Il deputato comunista Giancarlo Pajetta protesta perché vuole che alcuni gruppi mantengano le armi.

    29 agosto 1946: inizia ufficialmente la discussione generale con la presentazione dei principi generale fondanti della nuova democrazia italiana. Si approva la forma monarchica costituzionale parlamentare (articolo 1) e l'uguaglianza generale di tutti i cittadini (articoli 2 e 3).

    12 ottobre 1946: il governo De Gasperi adotta con regio decreto come inno ufficiale italiano “Fratelli d’Italia” dell’eroe risorgimentale Goffredo Mameli, nonostante la sua provenienza massonica e giacobina, e l’inno sabaudo della Marcia Reale è derubricata a marcia d’ordinanza per eventi regali.

    11 novembre 1946: De Gasperi, che ha anche la carica di ministro degli Esteri, dopo aver avviato una lunga discussione con la Curia romana a nome del governo italiano, firma insieme con il sostituto alla segreteria di Stato del Vaticano, monsignor Giovanni Battista Montini, i nuovi Patti Lateranensi. Essi recepiscono quelli già firmati nel 1929, aggiornando alcune clausole del trattato di reciproco riconoscimento. Due giorno dopo la Costituente può inserire tale nuovo accordo tra nella nuova carta costituzionale (articolo 7), ribadendo la laicità dello Stato, con una preminenza della religione cattolica.

    2 dicembre 1946: il presidente del Consiglio italiano vola negli Stati Uniti per una serie di incontri con esponenti del governo di Washington e con le istituzioni dell'organizzazione delle Nazioni Unite. Presso la Casa Bianca, si tiene il colloquio con il presidente USA, il democratico Harry Truman: viene ratificato un accordo per un'alleanza duratura tra i due paesi; De Gasperi propone a Truman di favorire il ritorno in Italia di molti emigranti, ma il presidente è contrario vista la mole di ricchezza prodotta dagli italoamericani negli States. Gli USA così firmano un assegno di 300 milioni di dollari per la ricostruzione italiana.

    6 dicembre 1946: l’esecutivo entra in crisi a causa delle critiche qualunquiste alla condotta di governo.

    8 dicembre 1946: Papa Pio XII, durante la festa dell'Immacolata Concezione di Maria, depone una corona di fiori sotto la statua della Vergine a Piazza di Spagna a Roma. Diventa una cerimonia fissa di incontro tra il Vescovo di Roma e la sua città.

    26 dicembre 1946: viene ricostituito il primo partito neofascista del dopoguerra: il Movimento Sociale Italiano, che opera in clandestinità. I suoi fondatori sono Giorgio Almirante, Pino Romualdi, Biagio Pace, Arturo Michelini e Junio Valerio Borghese.

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    Predefinito Re: 1946: la monarchia vince il referendum in Italia

    Qualcosa non mi quadra...

 

 

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