Originariamente Scritto da
Lecca d’Assalvini
Poi c’e l’altro tipo di ateismo, che non trova casse di risonanza nel discorso dei “saputi” di turno, quello che si può definire nicciano, nel senso che Nietzsche (nella sua espressione diretta, non interpretata da chicchessia) ne è stato il miglior descrittore: l’ateismo che accetta la morte di Dio (se non come realtà quantomeno come eventualità), che supera la metafisica tradizionale ma non in direzione dello scientismo bensi’ dell’accettazione della vita nella sua arbitrarietà (“dire sì alla vita”, anche nei suoi aspetti conflittuali, da cui l’addentellato col darwinismo sociale, oggi invece condannato dallo scientismo “ufficiale” in quanto interpretazione eretica rispetto al neo-darwinismo “politicamente corretto” di cui si fanno portatori) e quindi nell’amor fati, nel perspettivismo e nella volontà di potenza, presupposti ontologici dell’Ubermensch. Da tale dicotomia concettuale derivano una serie di conseguenze pratiche, nel senso dello sviluppo (anche psicologico e non solo meramente intellettualistico) degli individui e degli agglomerati sociali che di tali valori (non nel senso del “pensare per valori” o del teleologismo ma di riferimenti all’azione di tipo non-nichilistico) se ne fanno portatori: da una parte una tendenza che ne favorisce l’indifferenziazione (fino ad approdare all’uomo-particella, esito finale del tecnototalitarismo planetario) dall’altra la spinta verso lo sviluppo di individui idealtipicamente sempre più differenziati.