Molti dicono, ormai, da tempo, che in molti aspetti l'esperienza fiumana con D'Annunzio abbia avuto delle tinte anarchiche.
Ci sono, in tal senso, due fazioni ideologiche: chi sostiene questo e chi sostiene che vi fu, comunque, una forma di Stato poiché vi era un apparato statale
con una costituzione da egli redatta e i legionari a guardia di cio', e chi, invece, sostiene che i gruppi più "alternativi", con Keller, Comisso, lo Yoga e artisti vari,
proponevano il superamento di quelle istituzioni e l'amore libero e altre esperienze.
Io penso che la verità stia nel mezzo. D'Annunzio non era una certamente un anarchico (nonostante l'intervista rilasciata a Umanità Nova, in cui diceva che la sua formazione era libertaria e per un socialismo senza dittatura) e la costituzione di Fiume, per quanto fosse democratica e libera, non proponeva il superamento dello Stato.
Dunque, Fiume, in quel periodo, fu un libero stato sul modello delle pòlis greche, diversamente dalle proposte anarchiche.
Questo un po' collima col thread proposto da @Blake sul ruolo del postanarchismo. Credo di possa considerare l'esperienza fiumana un'esperienza di TAZ e di post-anarchismo. Uno stato che garantisce i beni e l'ordine essenziale ai cittadini, ma lascia ampie libertà civili e individuali (comprese le autonomie municipali e assembleari).
Insomma, una sorta di "garante" della tranquillità, che non dovrebbe andare oltre tale ruolo. Mentre gli anarchici, invece, vogliono una sua estinzione totale.
Qual è la via giusta? Sappiamo anche che il cosiddetto anarchismo "classico" (quello a cui si rifanno il 95% degli anarchici, dai centri sociali agli antagonisti) rifiuterebbe sia l'assioma Fiume=anarchismo sia l'idea dello stato minimo (più vicino ai libertarians).