Stati Uniti, dicembre 1972. Mancano due settimane a Natale. Ovunque risuonano i canti tradizionali e nell’aria si sente il profumo di torta di zucca, Christmas pudding e zabaione. Joseph Robinette Biden, Jr. – detto Joe – ha da poco compiuto trent’anni e realizzato il suo sogno, riuscendo a diventare senatore del Partito Democratico in rappresentanza dello Stato del Delaware. La sua vita non potrebbe andare meglio.
Ma tutto cambia quando un ubriaco decide di frapporsi fra quel giovane rampante e la sua felicità, schiantandosi contro l’auto sulla quale viaggiano la moglie Neilia e i tre figli. Lei muore insieme alla figlia più piccola, di soli 13 mesi. Sopravvivono i due maschi, Hunter e Beau. E Joe, che fino a quel momento ha dedicato tutto se stesso alla politica, si trova col cuore spezzato a doverli crescere da solo. Arriva perfino a pensare di rinunciare alla sua carriera. Ma gli amici lo sostengono. E, memore delle parole di suo padre, in qualche modo riesce a rialzarsi. E quei figli li alleva con tutto l’amore che gli resta.
Gli studi e la carriera politica
Joe Biden è nato nel 1942 a Scranton, in Pennsylvania, in una modesta famiglia cattolica. Ha conseguito una laurea in Scienze politiche all’Università del Delaware, a Newark, e un’altra in Giurisprudenza presso la Syracuse University, nello Stato di New York. È stato ammesso all’albo degli avvocati nel 1969, per poi essere eletto senatore tre anni dopo, quand’era appena trentenne.
Durante il suo mandato ha ricoperto incarichi di rilievo: dal 1987 al 1995 è stato presidente della Commissione sulla giurisdizione del Senato federale, nel 2001 ha quindi assunto il prestigioso ruolo di presidente del Comitato per gli affari esteri del Senato e dal 2007 al 2009 ha guidato anche il Comitato di controllo sul narcotraffico internazionale del Congresso.
A quel punto è stato eletto vicepresidente degli Stati Uniti d’America ed è rimasto al fianco di Barack Obama fino al 2017. “Il primo afroamericano che si esprime in modo articolato e brillante, oltre che un bell’uomo”: così l’ha definito Biden, divenuto famoso per le sue dichiarazioni “sgangherate e improvvide” – come sottolinea Francesco Costa, che ha scritto Questa è l’America.
Presidenziali 2020, il programma elettorale di Joe Biden
Due sono le affermazioni dello “zio Joe” che più hanno suscitato scalpore negli ultimi giorni, stavolta in modo positivo: se verrà eletto presidente degli USA, la sua vice sarà una donna; mentre per dirigere la Corte suprema sceglierà un’afroamericana, la prima nella storia dell’istituzione.
In che modo vuole salvare il Pianeta: promuovendo la rivoluzione dell’energia pulita e la giustizia climatica. Secondo lui, sfruttando i talenti che popolano gli Stati Uniti e l’ineguagliabile innovazione americana, si potrà trasformare la minaccia del riscaldamento globale in un’opportunità per rilanciare il settore energetico e dare impulso alla crescita economica. Mira a rendere l’America una “superpotenza energetica”. Sfrutterà il sistema degli appalti pubblici per arrivare ad alimentare la nazione interamente grazie ad energia rinnovabile e per promuovere la diffusione di veicoli elettrici. La transizione partirà dagli uffici governativi.
Imporrà limiti stringenti sulle emissioni di metano, un gas serra che, sebbene venga immesso nell’atmosfera in misura minore, è 86 volte più “potente” della CO₂. Cercherà di ridurre l’inquinamento atmosferico prodotto dal settore dei trasporti assicurandosi che vengano messe in pratica e migliorate le disposizioni contenute nel Clean air act. Lavorerà affinché gli Stati Uniti arrivino a produrre zero emissioni nette entro il 2050. Richiederà alle società pubbliche di rivelare i rischi per il clima e le emissioni di gas climalteranti nelle loro operazioni e catene di approvvigionamento. Proteggerà aree protette che Trump ha messo in pericolo, come l’Arctic national wildlife refuge.
Cosa pensa di armi da fuoco e bombe: la National rifle association è il nemico. Parliamo dell’organizzazione che negli Stati Uniti agisce in favore dei detentori di armi da fuoco. Biden l’ha fronteggiata due volte, uscendone sempre vincitore. Nel 1993 è stato promotore al Congresso del Brady hundgun violence prevention act, una delle più importanti leggi sul controllo delle armi che ha istituito il sistema di background checks, i controlli cui gli acquirenti vengono sottoposti per verificare che siano idonei al possesso di un’arma. Nel 1994 ha garantito, insieme alla senatrice Dianne Feinstein, l’approvazione di un divieto della durata di dieci anni sui fucili d’assalto e sui caricatori ad alta capacità. Promette che da presidente non avrà paura di confrontarsi nuovamente con la NRA.
Nel 2002, tuttavia, era fra i 77 senatori che hanno permesso a George W. Bush di usare la forza in Iraq. Una scelta che sta tuttora tentando di spiegare. Una decisione che dimostrerebbe la sua vera essenza, come scrivono i giornalisti Katie Glueck e Thomas Kaplan del quotidiano New York Times: “Quella del dealmaker, incline al compromesso bipartisan”. Una dote ammirata dai sostenitori, che gli oppositori sostengono abbia invece alterato il suo giudizio in diverse occasioni.
Come vede l’attuale sistema sanitario statunitense: riequilibrato dall’intervento di Barack Obama. Biden ha l’ambizione di partire dall’Obamacare, la più grande riforma della sanità negli Stati Uniti avvenuta nel 2010, per poi aggiungere dei tasselli: dare la possibilità ad ogni cittadino di scegliere un’opzione di assistenza pubblica oltre che privata, e non solo a determinate categorie; aumentare il valore dei crediti d’imposta per abbassare i premi ed estendere la copertura a più lavoratori; concedere alle famiglie della classe media un credito d’imposta premium per aiutarle a pagare la copertura. Infine, ha incluso nel suo programma elettorale un piano per contrastare la violenza sulle donne.
Cosa dice degli immigrati: la maggior parte degli americani può trovare, ripercorrendo la storia della propria famiglia, una scelta. La scelta di lasciare tutto ciò che era familiare per andare alla ricerca di nuove opportunità e di una nuova vita. Per Biden, l’immigrazione è essenziale per definire l’identità degli Stati Uniti, i valori fondamentali del paese e le sue aspirazioni per il futuro. E questo deve riflettersi nelle politiche sull’immigrazione. Per questo il vice di Obama vorrebbe riprendere da dov’è stato interrotto, ripristinando il “rinvio per arrivi in età infantile”: un atto che permetteva di rinviare di due anni o più l’espulsione dei minori entrati negli Usa illegalmente, che Trump ha cancellato.
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