Originariamente Scritto da
Indra88
Così la "nuova scienza viene ad essere ad un fiato una storia delle idee, costumi e fatti del genere umano". La storia si svolge secondo Vico scandita da una successione di momenti che riproducono le tappe dello sviluppo stesso dell'uomo: come in questo vediamo un succedersi di senso, fantasia e ragione, così nella storia si succedono l'età degli dèi, degli eroi e degli uomini. La prima è l'età in cui gli uomini erano come "bestioni" in una condizione di vita ferina, da cui, lentamente, sotto l'incombente e ostile realtà naturale, uscirono scoprendo la divinità, le leggi morali, e quindi istituendo i primi legami sociali. Inizia così il processo di incivilimento, fino all'età della dispiegata ragione, l'età degli uomini: processo che è guidato dalla provvidenza secondo disegni grandiosi che sovrastano i particolari fini perseguiti dagli uomini; da questo punto di vista la scienza nuova si vuole configurare come "teologia civile ragionata della provvidenza". Particolare importanza assume, nel quadro storico tracciato da V., lo studio delle prime fasi della vita degli uomini dalle quali resta escluso il popolo ebreo quale protagonista della storia sacra, guidato e aiutato da Dio: i primitivi "bestioni" che lentamente, attraverso istituzioni religiose e civili, raggiungono forme di vita sociale, prima di conquistare la ragione "dapprima sentono senza avvertire, poi avvertono con animo perturbato e commosso". V. dà valore e significato positivo a queste prime fasi della storia umana, momenti aurorali, primitivi, barbari, che ricordano la fanciullezza dell'uomo: furono i tempi della nascita del linguaggio, della piena espressione della "fantasia", della creazione dei grandi miti e della poesia. "I primi popoli furono poeti, i quali parlarono per caratteri poetici": il linguaggio, inteso come creazione ed espressione della fantasia (non dunque artificio), è essenzialmente poetico perché quegli antichi uomini si esprimevano con immagini e metafore; ogni espressione della loro vita è poetica, cioè poetica è la teologia, la fisica, la politica degli antichi "barbari", forme di "sapere" intessute di "universali fantastici" o "caratteri poetici" che sono alla base dei grandi miti dei popoli primitivi. L'età eroica, cui soprattutto si riferiscono le considerazioni di Vico sulla fantasia, il linguaggio, la poesia, trovò la sua massima espressione in Omero: i poemi a lui attribuiti, soprattutto l'Iliade (che V. considera anteriore all'Odissea), sono l'espressione del popolo greco che narra la sua storia. All'età degli dèi e all'età degli eroi succede l'età degli uomini, "nella quale tutti si riconobbero essere uguali in natura umana" che si esprime nella "dispiegata ragione". Ma la storia umana non realizza un processo lineare: dalla "dispiegata ragione" gli uomini cadono nella "barbarie della riflessione" fino alla negazione di Dio: così gli uomini ritornano in una nuova barbarie da cui ricomincia un nuovo "corso" della storia. Esempio di questa caduta è il Medioevo, "nuova barbarie", con il suo lento riscoprire linguaggi, miti, organizzazioni civili: di quest'età è massima espressione Dante, il "toscano Omero", che la rispecchia nel suo poema. Si compie così in corsi e ricorsi, che non comportano ripetersi di accadimenti individuali ma ritorno di analoghe forme storiche, la storia delle nazioni in cui sempre "architetto" è la divina provvidenza.
Vico, Giambattista nell'Enciclopedia Treccani