G. K. Chesterton - La vita 1 - L'infanzia
Autore: Platania, Marzia Curatore: Leonardi, Enrico
Fonte: CulturaCattolica.it
Biografia di uno dei più straordinari scrittori del Novecento.
Gilbert Keith Chesterton nacque a Kensington, un quartiere di Londra, il 29 maggio 1874.
Il padre, Edward, si era ritirato per motivi di salute dalla ditta di famiglia, un'agenzia immobiliare, e poté così dedicarsi pienamente ai propri tre figli (la maggiore, Beatrice, morì a soli otto anni). L'infanzia di Chesterton fu particolarmente serena anche grazie a questa presenza paterna. Dotato di un pacato senso dell'umorismo, dilettante felice, il padre coltivava innumerevoli passatempi:
La sua versatilità, in tutte queste cose era sorprendente. La sua spelonca, o studio, era tutta tappezzata con alte stratificazioni di dieci o dodici giochi d'invenzione: pittura ad acquerello, e modellatura, e fotografia, e vetri dipinti, ed intaglio, e lanterne magiche e miniatura medioevale. (GKC, Autobiografia, pag. 43)
Fra le meraviglie dello studio paterno fu il teatrino giocattolo quella che più entusiasmò il giovane Gilbert.
Nella mia famiglia non si trattava di un passatempo, ma di cento passatempi, ammucchiati uno sull'altro. Per un accidente personale o forse per un gusto personale, il passatempo del teatrino è quello che si è attaccato alla mia memoria per tutta la vita. (GKC, Autobiografia, pag. 46). L'immagine del principe con la chiave, personaggio del teatrino paterno, è posta all'inizio dell’autobiografia di Chesterton come primo ricordo infantile e ritorna alla fine della stessa, come immagine del successore di Pietro, a segnare il definitivo approdo al cattolicesimo. La fine si ricollega così idealmente all'inizio. Per Chesterton infatti la sua compiuta filosofia non fu che l'esplicitarsi di una posizione originale, un chiarificarsi sotto l'urto degli avvenimenti e un venire alla luce di quanto già c'era; per questo chiamerà la sua filosofia "la filosofia del giardino delle fate", affermando di averla imparata fin da fanciullo sulle ginocchia della nutrice.
Dalla madre Marie Louise Grosjean, di ascendenza in parte elvetica e in parte scozzese (dal cognome di questo ramo materno scozzese Chesterton prese il suo secondo nome, Keith) egli ereditò piuttosto l'intelligenza che il carattere, che era in lei deciso e quasi autoritario. Entrambi liberali, i genitori di Chesterton propendevano dal punto di vista religioso per un vago Unitarianesimo. I figli furono battezzati nella Chiesa Anglicana. Chesterton ebbe a dire nella sua autobiografia
Lo sfondo generale di tutta la mia giovinezza era agnostico. I miei genitori erano quasi un’eccezione, perché, in mezzo a persone tanto intelligenti, credevano in un Dio personale e nell'immortalità personale. [...]Non propriamente la nostra generazione, ma molto di più la generazione precedente, era stata agnostica alla maniera di Huxley. [...] Il socialismo secondo lo stile di Bernard Shaw e dei Fabiani era una cosa che sorgeva. Ma l'agnosticismo era una cosa stabilita [...] V'era una uniformità di miscredenza, simile alla richiesta elisabettiana per l'uniformità di fede: non fra le persone eccentriche, ma semplicemente fra le persone istruite. (GKC, Autobiografia, pagg. 145-146)
E concludeva
Lo sfondo di tutto quel mondo, non era mero ateismo, ma ortodossia atea, e persino rispettabilità atea. (GKC, Autobiografia, pag. 147)
Facevano eccezione a questo clima, come abbiamo visto, i suoi genitori: scettici nei confronti del sovrannaturale aderirono al culto unitariano, i cui capisaldi erano la credenza nella paternità di Dio, la fratellanza degli uomini, la non eternità del male e la salvezza finale delle anime. Cecil Chesterton descriverà la loro fede come una "vaga ma nobile teo-filantropia". Questo dato biografico è interessante in quanto sottolinea l'originalità del percorso filosofico del nostro autore, il suo pervenire alla religione per una via eminentemente logica, tanto più che ben poco della tradizione religiosa era a lui pervenuto attraverso l’educazione ricevuta
Il membro della famiglia che più influenzò Chesterton fu, alquanto sorprendentemente l’appena citato Cecil, suo fratello, più giovane di cinque anni. Si raccontava in famiglia che Chesterton, il quale fin da piccolo amava recitare versi, all'annuncio di avere un fratello esclamò: "Ottimamente. Ora avrò sempre un pubblico ad ascoltarmi".
Chesterton stesso, riportando l'aneddoto nella sua autobiografia, così commenta:
Se ho parlato veramente così, mi sono sbagliato. Mio fratello non era punto disposto ad essere un semplice ascoltatore, e molte volte forzò me a fare la parte del pubblico. Più spesso ancora, forse, si diede il caso che ci fossero simultaneamente due oratori, senza pubblico. Discutemmo durante tutta la nostra adolescenza e giovinezza, fino a diventare la disperazione di tutti coloro con cui, socialmente, avevamo contatto. Gridavamo l'uno contro l'altro, attraverso la tavola, intorno a Parnell o al puritanesimo o alla testa di Carlo I, finché coloro che ci erano più vicini e più cari, scappavano al nostro avvicinarsi, e intorno a noi si faceva il deserto. [...] Sono piuttosto contento di avere discusso esaurientemente le nostre opinioni, su quasi tutti i problemi del mondo. Sono felice di pensare che, in tutti quegli anni, non abbiamo mai smesso di discutere, e mai, neppure una volta, abbiamo litigato. (GKC, Autobiografia, pagg. 198-199)
Fu alla scuola di questo ininterrotto contraddittorio che Chesterton mise alla prova il rigore del suo pensiero, la solidità delle sue convinzioni, la forza dei suoi argomenti
Ad ogni modo la nostra discussione non veniva interrotta se non quando cominciava a raggiungere debitamente la sua conclusione, che è la convinzione. [...]Penso sia stato un bene, per noi, mettere alla prova ogni anello della logica, martellandoci a vicenda. (GKC, Autobiografia, pag. 199). Cecil, dotato di temperamento più impetuoso e di una indomabile esigenza di chiarezza intellettuale, agì sul fratello Gilbert, sottolinea Yves Denis con un' immagine assai calzante, come un catalizzatore mettendo in moto una ricerca che doveva portarlo per un percorso di maturazione personale a condividere lo stesso approdo.(Y. Denis, Paradoxe et catholicisme. Etude sur la pensée de G. K. Chesterton, Université de Toulose le mirail, 1974, pag. 16).
Anche dal punto di vista biografico, le vicende di Cecil furono fondamentali nella vita del fratello maggiore. Fu Cecil, approdato per primo al cattolicesimo, ad insinuare nella cerchia di amici di Chesterton personalità cattoliche che furono protagonisti nelle vicende della sua conversione, a partire da quel Padre O'Connor che fornì il primo spunto per il suo personaggio più intramontabile e famoso, Padre Brown. Fu il più combattivo Cecil, con il giornale da lui fondato "The Eye-Witness“ ad aprire definitivamente gli occhi del fratello sulla corruzione del potere politico, a proposito del caso Marconi soprattutto, che Chesterton considerava avvenimento più significativo della Grande Guerra stessa, meritevole più di quella di essere considerato uno spartiacque storico. Fu infine la triste realtà della sua morte durante la I guerra mondiale, sul fronte francese, a lasciare sulle spalle del fratello la direzione del giornale. Dovere che Chesterton, per l'ammirazione e l'affetto che lo legavano al fratello, non riuscì a risolversi a rifiutare e che molti, per prima sua moglie stessa giudicarono un peso troppo grande per lui. Il giornale ebbe infatti vita difficile, e rappresentò un drenaggio non solo di tempo e di energie, ma anche di denaro, correndo più volte il rischio della bancarotta. D'altra parte esso rappresentava anche per Chesterton un luogo dove esprimere in piena libertà le sue idee paradossali.
Accontentiamoci però qui di dire che il fratello Cecil fu nei primi anni di vita di Gilbert il pubblico, l'avversario e lo specchio grazie al quale egli affinò le sue capacità.
Link: CulturaCattolica.it - G. K. Chesterton: la vita, le opere, i personaggi