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    Predefinito TEOLOGIA - Il Katéchon

    3D di sola lettura

    per la discussione qui:

    https://forum.termometropolitico.it/...scussione.html





    "Verrà nella potenza di Satana"... San Paolo, l'Anticristo e il misterioso katéchon


    ESEGESI BIBLICA DI 2 TESSALONICESI 2, 3-11

    [3] Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti dovrà avvenire l'apostasia e dovrà esser rivelato l'uomo iniquo, il figlio della perdizione,

    [4] colui che si contrappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio.

    [5] Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, venivo dicendo queste cose?

    [6] E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione, che avverrà nella sua ora.

    [7] Il mistero dell'iniquità è gia in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene.

    [8] Solo allora sarà rivelato l'empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all'apparire della sua venuta, l'iniquo,

    [9] la cui venuta avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri,

    [10] e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l'amore della verità per essere salvi.

    [11] E per questo Dio invia loro una potenza d'inganno perché essi credano alla menzogna

    [12] e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all'iniquità.



    Il passo 3-11 è uno dei più oscuri e difficili di tutta la Scrittura, non solo perchè in esso si tratta di avvenimenti futuri tracciati solo a larghissime linee, ma anche perchè S. Paolo avendo istruito abbondantemente a voce i Tessalonicesi su questo argomento, parecchie volte si contenta senz'altro di semplici allusioni e di richiami a quanto essi non potevano ignorare, ma che per noi è al tutto ignoto. Comincia col mostrare (3-5) che non verrà il gran giorno se prima non si compiono due altri grandi avvenimenti già spiegati a voce, e a cui ora si contenta di fare un piccolo accenno.


    Vers. 3. Nessuno vi seduca, ossia state in guardia affinchè nessuno vi tragga in inganno facendovi credere prossimo il giudizio universale.

    Perchè se prima, ecc. La proposizione, che si continua per tutto il versetto 4 e 5, è rimasta incompiuta e sospesa. E' facile però supplire le parole ciò non sarà, ossia il giorno del Signore non verrà.

    Se prima, ecc. Ecco il primo dei due grandi avvenimenti che deve compiersi avanti la Parusia.

    La ribellione, ossia l'apostasia. L'articolo determinativo mostra che qui si tratta di quell'apostasia, intorno alla quale S. Paolo aveva già istruito i Tessalonicesi (v. 5). S. Giov. Cris. e Sant'Agostino pensano che apostasia valga qui lo stesso che apostata, e con questo nome intendono l'Anticristo. Ma si fa giustamente osservare che S. Paolo distingue assai nettamente l'Anticristo dall'apostasia, e parla di essi come di due avvenimenti distinti. Tertulliano, S. Gerolamo, Sant'Ambrogio, ecc., per questa apostasia intendono la defezione dei popoli o dei Giudei dall'impero romano, ma questa interpretazione è contraddetta dal fatto che lo stesso impero romano ha cessato di esistere senza che sia ancora venuto l'Anticristo. Col nome di apostasia si deve quindi intendere la defezione religiosa, ossia l'apostasia dalla fede (Atti XXI, 21; 1 Tim. IV, 1), come con S. Tommaso ritengono tutti i moderni. Di questa apostasia parlò anche Gesù Cristo, quando disse (Matt. XXIV, 11-13): Usciranno fuori molti falsi profeti e sedurranno molti. E per il sovrabbondare dell'iniquità si raffredderà la carità di molti, e (vv. 22, 25) se non fossero accorciati quei giorni non sarebbe salvo nessuno che è carne, ma saranno accorciati quei giorni in grazia degli eletti... usciranno fuori falsi cristi e falsi profeti, e faranno miracoli grandi, da fare che siano ingannati (se è possibile) gli stessi eletti (Ved. anche Luc. XVIII, 8; XXI,28).

    Non sia manifestato, ecc. Il secondo avvenimento, che deve precedere il grande giorno, è la manifestazione, ossia l'apparizione dell'Anticristo, caratterizzato in vari modi da S. Paolo in questo e nel seguente versetto. Dapprima viene chiamato l'uomo del peccato, espressione equivalente a uomo che è come l'incarnazione o la personificazione del peccato (Ved. S. Tommaso, h. 1.). I codici greci presentano però due lezioni diverse, e mentre gli uni (A D E F, ecc.) si accordano colla nostra Volgata, invece gli altri "l'uomo che è contrario ad ogni legge", vale a dire che calpesterà ogni legge di Dio. Per il senso le due lezioni non differiscono gran che. Da tutto il contesto appare chiaro che l'Anticristo sarà un vero uomo come pensano i Padri Ireneo, Tertulliano, Origene, Crisostomo, Cirillo, Gerolamo, ecc., e non già un demonio incarnato, come sognarono alcuni, e neppure un essere collettivo o una serie di diversi uomini. San Paolo lo caratterizza ancora coll'espressipne il figliuolo della perdizione, ebraismo equivalente a uomo destinato per le sue colpe a essere colpito dal peso della divina vendetta e dell'eterna dannazione (Cf. Giov. XVII, 12).


    Vers. 4. Il quale si oppone. Quest'uomo di perdizione e di peccato è ancora per eccellenza l'avversario o l'oppositore di Gesù Cristo e del suo regno, e perciò S. Giovanni nella sua prima lettera (II, 18, 22; IV, 3) gli dà il nome di Anticristo. In lui l'opposizione e la guerra che le potestà infernali muovono a Gesù Cristo e alla sua Chiesa, toccheranno il sommo grado. Egli sarà inoltre colui che si innalza sopra tutto quel che si dice Dio o si adora, ossia non riconoscerà alcun Dio sopra di sé, né il vero Dio che negherà, né i falsi dei che distruggerà. Per conseguenza egli muoverà guerra a tutti i culti, e pretenderà solo per sé gli onori divini, come Antioco Epifane presso Daniele (XI, 36-37), il principe di Tiro presso Ezechiele (XXVIII, 2) e il re di Babilonia presso Isaia (XIV, 13-14).

    Nel tempio di Dio. Questa espressione non significa già il tempio di Gerusalemme, ma va interpretata o in senso metaforico per la Chiesa cristiana (II Cor. VI, 16; Efes. Il, 21), come pensano San Giov. Cris., Teodoreto, S. Gerol., ecc., oppure va presa in senso generale e indeterminato per indicare qualsiasi tempio dedicato al vero Dio. L'Anticristo giungerà al colmo della malizia facendosi proclamare e adorare Dio.


    Vers. 5. S. Paolo si interrompe bruscamente, e volgendosi direttamente ai suoi lettori domanda loro: Non vi ricordate che quando io ero ancora presso di voi a predicare vi diceva tali cose, che cioè il giorno del Signore non sarebbe venuto se prima non avveniva la grande apostasia e la manifestazione, ossia l'apparizione dell'Anticristo? Perchè dunque, sapendo tali cose, vi spaventate, come se fosse imminente la venuta del Signore?


    Vers. 6. Nei vv. 6-7 spiega che cosa sia ciò che ritarda l'apparizione dell'Anticristo, e quindi la venuta del gran giorno. Anche su questo punto San Paolo aveva istruito i Tessalonicesi, ed ora senza spiegarsi più chiaramente suppone che essi non abbiano dimenticato i suoi insegnamenti. Per questo motivo i versetti 6, 7 sono oscurissimi, e hanno dato luogo a pressoché infinite interpretazioni, tanto che ogni esegeta deve dire con Sant'Agostino: Io confesso di ignorare ciò che ha voluto dire S. Paolo (De Civ. Dei, XX, 19, 3).

    Ora, che ho richiamato alla vostra mente quanto vi ho detto a voce, sapete, ecc. Altri spiegano: voi sapete ciò che trattiene ora, ecc.

    Ciò che lo trattiene (tò katechon), ossia ciò che impedisce attualmente, oppure ritarda, l'apparizione dell'Anticristo. S. Paolo vuol dire: Voi sapete ciò che deve prima accadere affinchè poi a suo tempo sìa manifestato l'Anticristo. Tale è la spiegazione più comune dì questo versetto. Alcuni altri però riferiscono il versetto alla venuta di Gesù Cristo, come se l'Apostolo volesse dire: Voi sapete ciò che ritarda la venuta di nostro Signore, affinchè non giunga se non al tempo stabilito. La prima spiegazione risponde meglio al contesto.


    Vers. 7. Il mistero dell'iniquità è la ribellione contro Dio (v. 3), che toccherà il colmo nella grande apostasia e nell'apparizione dell'Anticristo. Questa ribellione viene chiamata "mistero" per opposizione a sia manifestato del versetto precedente; perchè mentre al tempo dell'Anticristo spiegherà pubblicamente e senza ritegno tutta la sua influenza, adesso non si fa sentire che in modo occulto e parziale. San Paolo vuol dire: Benché non sia ancora venuto il tempo dell'apparizione dell'Anticristo, tuttavia l'iniquità già fin d'ora opera, ossia fa sentire la sua influenza, oppure esercita la sua azione per mezzo degli errori, delle eresie, delle persecuzioni, ecc., che sono come la preparazione e il cominciamento del regno dell'Anticristo.

    Solamente, ecc. Stando al testo della Volgata, S. Paolo, secondo gli uni interromperebbe la sua descrizione per fare una raccomandazione ai suoi lettori: Che colui il quale trattiene, ossia possiede, Gesù Cristo e la sua fede, trattenga, ossia vi stia attaccato fermamente, finché la grande apostasia sia tolta di mezzo alla Chiesa. Si potrebbe anche spiegare: che Dio, il quale trattiene l'Anticristo impedendogli di manifestarsi, seguiti a trattenerlo, sinché, compiuti i disegni divini verso gli eletti, sia distrutto il mistero dell'iniquità (Martini, h. 1.). Nel greco mancano però le parole ut e teneat, e si legge semplicemente: tantum qui tenet nunc de medio fiat (= solamente sinché chi lo trattiene sia levato di mezzo). L'iniquità opera già fin d'ora occultamente, ma solo finché colui, che trattiene l'Anticristo impedendogli di manifestarsi, sia levato di mezzo, poiché allora l'Anticristo sarà manifestato, ecc.

    Chi lo trattiene è quasi identico a ciò che lo trattiene del versetto 6, colla sola differenza che il primo, essendo maschile, deve riferirsi a una persona, mentre il secondo, essendo neutro, va riferito a una cosa in generale. Non è possibile determinare chi sia questa persona o questa cosa che pone ostacolo all'apparizione dell'Anticristo.

    Innumerevoli sono le opinioni emesse in proposito dai vari autori. Alcuni antichi, al dire di Sant'Agostino (De Civ. Dei, lib. XX, 19), dando credito ad alcune voci riferite da Svetonio (Nero, LXVII) secondo le quali Nerone non sarebbe stato ucciso, pensarono che il crudele imperatore dovesse essere l'Anticristo, e dovesse tentare un giorno di ripigliare l'impero. In conseguenza costoro spiegavano le parole dell'Apostolo: solamente che colui il quale ora tiene l'impero, lo tenga finche Nerone sia morto. E cosa inutile confutare tale spiegazione.

    Numerosi Padri (S. Giov. Cris., Sant'Ambr., Sant'Agost., S. Gerol., S. Cirillo G., ecc.) ritengono che questa forza la quale impedisce il prorompere aperto dell'iniquità, e quindi ritarda la venuta dell'Anticristo, sia l'impero romano, concretizzato poi nell'imperatore.
    Siccome però l'impero romano già da tempo è scomparso senza che sia ancora venuto l'Anticristo, altri con S. Tommaso pensano che per impero romano si debba intendere non solo l'impero materiale, ma ancora quello spirituale proveniente dalla fede, per modo che come Gesù venne al mondo quando l'impero romano dominava tutto, così l'Anticristo verrà quando i popoli cesseranno di star soggetti all'autorità spirituale di Roma.

    Altri interpreti (Bisping, Fillion, ecc.) son di parere che S. Paolo abbia parlato dell'impero romano solo in quanto era una forma di ordinata e potente istituzione civile e sociale, per modo che abbia voluto dire che l'Anticristo non verrà finché sia fermo l'ordinamento sociale basato in gran parte sui principii del diritto romano, ossia finché vi sia un'autorità, che sappia prevenire e punire il male.

    Secondo altri quest'ostacolo che impedisce la venuta dell'Anticristo, sarebbe la predicazione del Vangelo, che deve essere portata a tutto il mondo prima della fine del tempo, oppure la Chiesa, o Gesù Cristo stesso, oppure lo spirito cristiano, oppure, come pensa Prat (La Théol. de St-P., t. I, p. 117), l'Arcangelo S. Michele, il capo delle milizie celesti, che combatte di continuo contro Satana, del quale l'Anticristo non sarà che un emissario o uno strumento (...).

    In tanta varietà di opinioni non è possibile determinare quale fosse veramente il pensiero di S. Paolo, benché tutto considerato la spiegazione di S. Tommaso sia forse ancora la più probabile.


    Verss. 8-11. S. Paolo passa ora a parlare della venuta dell'Anticristo, della sua azione malvagia, e del motivo, per cui Dio gli permetterà di fare sì gran male. E allora, quando sarà tolto di mezzo l'ostacolo, che impediva il prorompere dell'iniquità, sarà manifestato (lo stesso verbo come al V. 6 e al v. 3), quell'iniquo ossia colui nel quale sarà come personificata l'opposizione e la ribellione alla legge di Dio (V. n. 3). S. Paolo invece di continuare a descrivere l'Anticristo, si interrompe per accennare subito alla sua disfatta e al trionfo di Gesù Cristo. Col fiato della sua bocca, cioè con una sua parola, con un suo comando. Vi ha qui un'allusione alle parole di Isaia (XI, 4) « percuoterà la terra colla verga della sua bocca e col fiato delle sue labbra darà morte all'empio ». Benché l'Anticristo possa sembrare forte e invincibile, Gesù Cristo lo sterminerà con un semplice cenno, col semplice splendore della sua venuta, e così ridurrà al nulla il regno da lui fondato. Qui si parla della parusia, vale a dire della seconda venuta di Gesù Cristo (Cf. I Tess. II, 19, ecc.).


    Vers. 9. L'Apostolo torna a parlare della venuta dell'Anticristo aggiungendo nuovi particolari. L'arrivo, ossia la venuta, del quale Anticristo è per operazione di Satana. Come i profeti S. Paolo usa qui il presente di anticipazione, presentando come se si compisse attualmente ciò che non avverrà se non in futuro. L'Anticristo sarà uno strumento di Satana, e quindi verrà secondo la potenza di Satana che lo aiuterà a compiere ogni sorta di miracoli, di segni e di prodigi, i quali vengono detti bugiardi, sia perchè solo apparenti, e sia perchè ordinati a ingannare gli uomini e ad allontanarli dalla verità dalla fede (Matt. XXIV, 24). Solo Dio può fare veri miracoli. Invece di tradurre in omni virtute, con tutta potenza, ecc., è da preferirsi la traduzione: con ogni sorta di miracoli, di segni, e di prodigi. Le tre espressioni (miracolo) (segni) (prodigi) sono spesso usate nel Vangelo per indicare le varie opere miracolose fatte da Nostro Signore (Cf. anche Atti, II, 22; Rom. XV, 19; II Cor. XII, 12; Eb. II, 4).


    Vers. 10. Egli non si varrà solo di falsi miracoli per attirare gli uomini all'errore, ma darà ancora mano a tutte le seduzioni dell'iniquità, cioè a tutte le arti atte a persuadere l'iniquità e a sedurre gli uomini. Tali mezzi di seduzione otterranno il loro effetto non in tutti, ma solo in coloro che si perdono (Cf. I Cor. I, 18; II Cor. II, 15, ecc.), per non aver abbracciato, ecc., ossia che per loro colpa si sono resi rei di eterna dannazione perchè si rifiutarono di abbracciare l'amore della verità, ossia non vollero amare la verità evangelica. L'amore della verità evangelica importa di credere a tutti gli insegnamenti di Gesù Cristo e di operare in conformità di essi (Cf. I Cor. XIII, 2). E perciò in pena e castigo di aver rigettata la verità del Vangelo, Dio manderà ad essi l'operazione dell'errore, ossia, come spiega S. Tommaso (h. 1.), permetterà che l'Anticristo faccia dei falsi miracoli talmente che credano alla menzogna, ossia prestino fede alla sua falsa dottrina (Ved. n. Rom. I, 24 e IX, 17, 18). Così per un giusto castigo coloro che non hanno voluto credere ai miracoli di Gesù Cristo, presteranno poi fede ai falsi miracoli del demonio.


    Vers. 11. Onde siano giudicati, ecc. Giudicare ha qui il senso di condannare (Cf. Rom. II, I, 2, 3; Coloss. II, 16). Ecco quale sarà il risultato finale a cui arriveranno gli empi. Essi saranno condannati all'eterna rovina. Per meglio far comprendere la giustizia del castigo S. Paolo torna ad accennare alla loro colpa: non hanno creduto alla verità... si sono compiaciuti nell'iniquità. Da questi due ultimi versetti apparisce chiaro che la grande apostasia non sarà universale, ma solo una parte degli uomini resteranno sedotti, questi però lo saranno per loro colpa.

    Riferimento bibliografico

    Padre M. Sales, Il Nuovo Testamento commentato, vol. 2: Le Lettere degli Apostoli e l’Apocalisse, Scuola tipografica salesiana, Milano 1925, pp. 366-369.

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    Ultima modifica di emv; 07-05-20 alle 21:39
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    Predefinito Re: TEOLOGIA - Il Katéchon


    Cultura. Il «katéchon» di Schmitt. L’Anticristo ed il ‘potere che frena’


    di Giovanni Balducci Barbadillo




    Nell’enciclica Spe salvi (2007) il papaemerito Benedetto XVI pur non nominando direttamente l’Anticristo, lo chiama in causa attraverso una citazione di Immanuel Kant, in cui si afferma che: «Se il cristianesimo un giorno dovesse arrivare a non essere più degno di amore allora il pensiero dominante degli uomini douvrebbe diventare quello di un rifiuto e di un’opposizione contro di esso; e l’anticristo inaugurerebbe il suo, pur breve, regime (fondato presumibilmente sulla paura e sull’egoismo). In seguito, però, poiché il cristianesimo, pur essendo stato destinato ad essere la religione universale, di fatto non sarebbe stato aiutato dal destino a diventarlo, potrebbe verificarsi, sotto l’aspetto morale, la fine (perversa) di tutte le cose».
    Ci sentiamo di escludere che il papa, in quel frangente, abbia evocato l’Anticristo e la “fine dell’umanità” a caso, o rifacendosi a tesi millenaristiche, quanto piuttosto per evidenziare la situazione drammatica dei nostri tempi, che potrebbe condurre l’umanità a una sorta di autodistruzione, sia in senso morale che in senso materiale. Tesi non del tutto peregrina, visto e considerato il dilagare di filosofie nichiliste, i cui effetti si fanno sentire anche in ambito etico e sociale. Del resto, negli ultimi tempi, la Chiesa sembra guardare all’Anticristo non come ad una persona storicamente definita, piuttosto come ad un atteggiamento morale, quale è per esempio il relativismo.
    Credo sia il caso di citare a tal proposito il Racconto dell’Anticristo dello scrittore e filosofo russo Vladimir Sergeevic Solov’ëv. In quell’opera l’Anticristo veniva eletto “Presidente degli Stati Uniti d’Europa”, inoltre, si qualificava come pacifista, ecologista, filantropo, convinto spiritualista, credente nel bene e perfino in Dio. E giungeva ad affermare: «Popoli della terra! Io vi ho promesso la pace e io ve l’ho data. Il Cristo ha portato la spada, io porterò la pace». In maniera non dissimile qualcuno ha detto che: «L’Anticristo affascina, soprattutto perché si ‘veste bene’. È l’Epifania di Satana, ma è all’interno della Chiesa; è Colui che riduce la Fede a una forma di umanitarismo…Non è Nietzsche quindi, ma è Tolstoij, in cui Dio è, solo, pura misericordia».

    È interessante ricordare, in questo frangente, quanto affermato da Carl Schmitt circa il cosiddetto katéchon, concetto che il giurista tedesco desume dalla teologia di San Paolo, il quale presenta il katéchon come colui che si oppone all’avvento dell’Anticristo. Schmitt credeva fermamente nella reale esistenza del katéchon. Pensava, altresì, dovesse esserci stato un katéchon per ogni epoca a partire dalla nascita di Cristo, «altrimenti non ci saremmo stati più» affermava. In tal senso Schmitt richiama alcuni esempi di katéchon: come l’Imperatore del Medioevo cristiano e la Chiesa di Roma. Tale fu anche la concezione di esimi Padri della Chiesa, diTertulliano e sant’Agostino, i quali videro questo “potere che frena” nell’Impero romano, e di san Tommaso che lo identificò con la Chiesa Cattolica Romana, istituzione che secondo la visione dell’Aquinate aveva raccolto l’eredità di Roma unendo imperium esacerdotium. Proprio durante il papato di Benedetto XVI – per chi ricorda – durante un’intervista del giornalista Maurizio Blondet a Massimo Cacciari, il filosofo veneziano – non sappiamo se in preda ad un impeto neo-gnostico o forse ad un ben peggiore delirio nichilista – affermò che il papa avrebbe dovuto smetterla di fare il katéchon. Fatto sta che così è stato, non di certo per de-merito di Cacciari, ovviamente.
    È pur vero che senza una fede in qualcosa, o in qualcuno, che trascenda ciò che è soltanto umano, non è possibile indirizzarsi verso il vero Bene, le stesse società crollano, c’è solo la tirannia dei bassi istinti a farla da padrone, la storia, soprattutto recente, e la cronaca, sono lì a dimostrarlo: si pensi solo ai tanti efferati omicidi di questi anni che hanno come sfondo nient’altro che un diabolico cupio dissolvi, all’impressionante numero di aborti praticati annualmente nei paesi occidentali, e alle manipolazioni della scienza sulla vita dei nascituri. Preoccupa anche, per la verità, lo stato di catalessi in cui versano i molti imbambolati dai vari pifferi e pifferai magici del sistema che, come se la devastazione morale della nostra società non fosse ormai totale, continuano a mettere al mondo figli per abitudine o per sfizio, incuranti del fatto che non saranno certamente in grado di fornirgli un’educazione adeguata ed una vita dignitosa e sensata, magari affidandosi alla sorte e sperando nel tanto fantasticato futuro.
    C’è da dire, in ultimo, che solo una società che non riconosce più il Sacro e la sua basilare importanza rispetto a tutti gli altri ambiti dell’esistenza umana può sollevare obiezioni così risibili e banali come quelle addotte dai cosiddetti laici e ridurre il Bene ed il Fine dell’uomo a qualcosa di raggiungibile attraverso utopie politiche o miti economici propagandanti benessere e progresso, non facendo altro invero che spalancare le porte al regno del capitalismo assoluto, laddove tutto è merce e nulla ha senso.



    Giovanni Balducci
    KATECHON E L'ANTICRISTO
    Ultima modifica di emv; 26-04-20 alle 22:29
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    Predefinito Re: TEOLOGIA - Il Katéchon

    San Tommaso e il "katechon", Benedetto XVI e l'Anticristo (...)


    l’attuale papa Benedetto XVI evoca a sorpresa il personaggio inquietante e apocalittico nell'enciclica “Spe salvi”: l’Anticristo. Lo chiama in causa attraverso una citazione di Immanuel Kant che fa una certa impressione rileggere in questi tempi in cui l’Europa sembra in guerra contro la Chiesa, spesso strumentalizzando alcuni gruppi sociali (come gli immigrati musulmani o le donne o gli omosessuali) per sradicare le radici cristiane e per limitare la libertà dei cattolici e della Chiesa.

    Il Papa sottolinea proprio questa possibilità apocalittica che viene affacciata da Kant secondo cui l’abbandono del cristianesimo e la guerra al cristianesimo potrebbero portare a una fine non naturale, “perversa”, dell’umanità, a una sorta di autodistruzione planetaria, sia in senso morale che in senso materiale (e un tale orrore, peraltro, è oggi nelle possibilità tecniche dell’umanità). Essendo l’enciclica un testo molto rigoroso e ponderato, è da escludere che Benedetto XVI abbia evocato l’Anticristo e la “fine dell’umanità” a caso.

    Il suo pensiero peraltro è del tutto lontano da suggestioni millenaristiche, c’è dunque da credere che se richiama questi temi scorga veramente nel nostro tempo un confronto drammatico e mortale fra Bene e Male, come il suo predecessore.

    Si può ricordare a questo proposito gli esercizi spirituali predicati al Papa dal cardinal Biffi qualche anno fa sulla profezia dell’Anticristo. Biffi ha citato infatti il “Racconto dell’Anticristo” di Vladimir Solovev scritto nella primavera 1900. In quelle pagine il personaggio apocalittico veniva eletto “Presidente degli Stati Uniti d’Europa” e poi acclamato imperatore romano.

    L’esposizione di Solovev è sorprendente: non presenta l’anticristo come radicale oppositore e persecutore della Chiesa come i precedenti, provvisori anticristi tipo Napoleone, Hitler, Stalin. No, per lui l’anticristo sarà pacifista, ecologista, ecumenista”. Sarà un campione perfetto del politicamente corretto. Queste sono le sue parole: ”il nuovo padrone della terra era anzitutto un filantropo, pieno di compassione, non solo amico degli uomini, ma anche amico degli animali. Personalmente era vegetariano… Era un convinto spiritualista”, credeva nel bene e perfino in Dio, “ma non amava che se stesso”.

    In sostanza questa figura si presenterebbe, secondo un’antica tradizione, con gli aspetti più seducenti, una contraffazione dei “valori cristiani”, in realtà rovesciati contro Gesù Cristo e contro la Chiesa, giusto quelli che oggi carezzano il senso comune, la mentalità odierna. L’anticristo oggi sarebbe accolto da una società molto scristianizzata, nichilista, politicamente corretta, falsamente libertaria, relativista; insomma, l’anticristo avrebbe un campo favorevolmente e diabolicamente già seminato perfettamente funzionale alla sua venuta e alla predicazione dei biblici 40 mesi, tempo concessogli.

    In questo quadro si deve aggiungere un’aggravante in più: infatti il Papa non stigmatizza solo e semplicemente l’anticristianesimo dilagante a causa del laicismo, sebbene così aggressivo e pericoloso. C’è molto di più nei suoi pensieri. Egli esprime la consapevolezza che il pericolo non viene solo dall’esterno, da una cultura avversa e da forze anticristiane, ma anche dall’interno, da “un pensiero non cattolico” che dilaga nella stessa cristianità, come denunciò con parole drammatiche Paolo VI quando arrivò a parlare del “fumo di Satana” dentro il tempio di Dio, quando i nuovi teologi negli anni ’70 misero in dubbio le verità di fede e quando duecentomila religiosi in un arco di quindici, venti anni nel post-Concilio (un quarto dei religiosi di tutto il mondo) gettarono la tonaca “alle ortiche

    Questi momenti cosi difficili sono stati percepiti anche da personalità laiche credenti e non-credenti. Jean Guitton, filosofo cattolico e accademico di Francia ("Ogni giorno che Dio manda in terra" 1997 Mondadori) facendo un'analisi laica della situazione dell'umanità, perviene a questa conclusione: "Non possiamo nella nostra epoca prevedere il futuro. Ma possiamo supporre che nel prossimo secolo conosceremo eventi, cataclismi, catastrofi quali mai l'umanità ha vissuto nella sua tragica e lunghissima storia. Si avvicina un limite in cui l'umanità dovrà scegliere tra la sovversione e la conversione, non potendo più mantenere l'equilibrio in cui crede di potersi sistemare".

    Era anche l'ossessione del filosofo marxista Louis Althusser. E’, in effetti l'opinione di tutti quelli che, soprattutto oggi, studiano i progressi della biologia, della genetica e aspettano quel quid che connoterà il XXI secolo. Lapidario è Andrè Malraux scrittore e ministro al tempo di De Gaulle, non credente: "Il 21° secolo sarà religioso, altrimenti non sarà".

    Analoga l'analisi del grande antropologo Renè Girard quello del “desiderio mimetico” e del “meccanismo del capro espiatorio”: "l'impressione è che l'intera umanità si stia recando ad una sorta di appuntamento planetario con la propria violenza". Girard vede il dispiegarsi di un "vortice di violenze" che, dalle piccole "violenze che esplodono all'interno della famiglia" fino agli orrori dei tanti scenari bellici del pianeta, comprese le "guerre di sterminio contro le popolazioni civili", si congiungono come affluenti e si sommano in un'unica forza di devastazione che il filosofo definisce con il nome proprio di "Satana".

    Anche il filosofo Nicola Abbagnano conferma: "La nuova Apocalisse, che poi è la sola che oggi temono gli uomini, è un evento tutto terreno. In pratica essa si prospetta come la distruzione dell'umanità da parte degli stessi uomini, i quali hanno strappato alla natura delle forze terribili che rischiano ormai di sfuggire al loro controllo. Sono infatti proprio queste forze che per tanto tempo hanno alimentato e giustificato il mito del progresso, che minacciano di ritorcersi su chi improvvisamente le ha scatenate, illudendosi che non potessero essere apportatrici che di bene. La nuova apocalisse incombe sull'uomo con i bagliori dell'inferno della scienza assolutizzata".

    S. Paolo dopo aver delineato il ritratto dell’Anticristo, spiegò ai Tessalonicesi che un ostacolo ritardava la venuta dell’uomo del peccato: “Voi sapete che sia quello che lo rattiene, affinchè sia manifestato a suo tempo”; poi aggiunge: “Che chi or lo trattiene, lo trattenga, fino che sia tolto di mezzo”.

    S. Tommaso d’Aquino dice che risulta evidente dalle parole di San Paolo che esiste, contro l’apparizione dell’Anticristo, un ostacolo e qualcuno che trattiene l’ostacolo; vi è una barriera e una contro barriera. L’Anticristo non farà la sua apparizione se non quando, rigettato e messo da parte il custode dell’ostacolo, l’ostacolo stesso sarà tolto. Ora qual è quest’ostacolo, qual’è la barriera?

    San Tommaso risponde che è l’unione e la sottomissione alla Chiesa Romana, sede e centro della fede cattolica. Finchè la società rimarrà fedele e sottomessa all’impero spirituale romano, trasformazione dell’antico impero temporale romano, l’Anticristo non potrà comparire. Questa è la barriera, questo è l’ostacolo. Ma, per beneficio di Dio, accanto a questo ostacolo, vi è un custode, incaricato di vegliare, incaricato di custodirlo; e questo custode è il Papa, Vicario di Gesù Cristo.

    Finchè il custode sarà riconosciuto, rispettato, ubbidito, l’ostacolo sussisterà, la società rimarrà fedele all’impero spirituale romano e alla fede cattolica. Ma se questo custode, il Papa, viene ad essere disconosciuto, messo da parte, rigettato, con lui sparirà anche l’ostacolo e l’Anticristo sarà libero di comparire.


    Fonte:

    https://gloria.tv/post/6SGoiUpVhStQDmyqRkYVrVoRk
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    Predefinito Re: TEOLOGIA - Il Katéchon

    Estratto da



    SUL KATECHON – E SU COME FOSSE SERIO IL GOVERNO ROMANO

    Maurizio Blondet 10 Gennaio 2018


    Infinite sono le meditazioni che si sono fatte sul “katechon”, vera impressionante profezia apocalittica. Per san Tommaso d’Aquino, la forza “che trattiene” la manifestazione finale dell’Anticristo è il Romanum Imperium, divenuto da temporale a spirituale nella Chiesa di Roma. Da Dostojevski a Massimo Cacciari fino a Carl Schmitt e il rabbino derisore Jacob Taubes, non c’è stato nessun grande spirito che non abbia tentato di capire: che cos’è il katechon?

    Ricordiamo: San Paolo esorta i fedeli di Tessalonica a non credere che sia imminente la seconda venuta di Cristo in gloria, ossia la fine del mondo e il Giudizio. “Prima infatti dovrà avvenire l’apostasia e dovrà esser rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio.

    Subito dopo aggiunge: Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, venivo dicendo queste cose? E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione, che avverrà nella sua ora. Il mistero dell’iniquità è gia in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. Solo allora sarà rivelato l’empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all’apparire della sua venuta, l’iniquo, la cui venuta avverrà nella potenza di satana.

    Nel testo greco, Paolo usa la parola “katechon” prima nel genere neutro (qualcosa) e poco dopo, nel genere maschile (“uno” che trattiene, e sarà tolto di mezzo). Inoltre, parla per allusioni. Per prudenza, non vuole mettere per iscritto le circostanze che aveva spiegato a voce.
    San Paolo era molto ben introdotto negli ambienti di Corte.

    E’ la prudenza che in quei tempi si doveva usare quando si trattava degli “arcana imperii”. Siamo nel 51 o 52 dopo Cristo: ultimi anni del bonario imperatore Claudio. Ancor due anni, e sarebbe asceso al potere Nerone; che allora era un giovinetto tenuto sotto controllo da un tutore d’eccezione: Lucio Anneo Seneca, il filosofo stoico. In quell’altissima società romana c’erano già dei cristiani, e San Paolo li aveva convertiti: infatti nella lettera ai Romani manda saluti a “quelli della casa di Narcisso”, il principale liberto di Claudio, potentissimo e ricco, praticamente un ministro in carica.

    Ci sono anche solidi indizi che Paolo coltivasse buone relazioni con Seneca – perché era fratello di Seneca quel Gallione governatore di Corinto, che (come si racconta negli Atti degli Apostoli) salva Paolo dal linciaggio degli ebrei spedendolo a Roma, sicuramente con una lettera di raccomandazione al fratello. Ora, anche Seneca era un importante esponente della corte, anzi di fatto sarà ministro nei primi cinque anni del regno di Nerone (54-59), chiamati “il quinquennio felice” perché il giovine, agendo sotto tutela del maestro stoico, governa saggiamente.

    Bisogna anche sapere questo: che la condizione dei cristiani, anche di quelli appartenenti a quell’alta società, era pericolosa e delicata. Vigeva infatti un decreto senatoriale che sanciva: “Non licet esse christianos”. Come mai? Tiberio imperatore, che regnò durante la vita di Cristo (morì nell’anno 37), era stato ben informato degli eventi di Gerusalemme – nel 36, quindi subito dopo l’esecuzione di Gesù, vi aveva inviato un suo plenipotenziario (special envoy, direbbero oggi gli americani) di nome L. Vitellio: costui, sappiamo, congedò bruscamente Pilato e depose il gran sacerdote Caifa – e sui cristiani sapeva quello che interessava: ossia che gli ebrei si stavano tumultuosamente convertendo in massa a una nuova religione, che li rendeva meno sediziosi e rivoltosi, ed era nell’interesse dello Stato favorirla.
    Non licet esse christianos

    Per questo motivo, Tiberio propose al Senato di dichiarare la nuova fede religione riconosciuta (religio licita). Sbagliò, perché il riconoscimento delle religioni straniere spettava al Senato; sentendosi scavalcati, i senatori (che detestavano Tiberio e ne erano ricambiati di cuore) per ripicca silurarono la proposta imperiale, anzi emisero un senatoconsulto: “Non licet esse christianos”, è vietato essere cristiani. Un divieto che aveva forza di legge e ordinava la repressione e persecuzione di chi praticasse quel culto straniero.

    Tiberio non poté far altro che porre il veto (presidenziale, direbbero oggi in Usa), ma il veto imperiale durava fino a che durava l’imperatore. Tiberio era morto da tempo; il successore Claudio non lo applicò, e forse reiterò il suo veto (su consiglio di Narcisso?). Ma i grandi personaggi di corte che Paolo conosceva, e molti dei quali già cristiani o almeno simpatizzanti, sapevano di doversi muovere con estrema discrezione, sotto quella spada di Damocle. Nerone avrebbe potuto “applicare” quel senatoconsulto. Anche perché la sua giovane moglie, la bella Poppea, era circondata da ebrei (c’era la lobby a Palazzo) e ”giudaizzava”, per cui era ostilissima ai cristiani.

    Infatti Nerone scatenò quella prima, enorme persecuzione dentro la quale sparirono migliaia di cristiani, fra cui Pietro, Paolo, Luca, e gli alti personaggi convertiti o simpatizzanti, si ritrassero (e forse molti apostatarono). Sembrò annullato il seme cristiano stesso e la missione di Paolo presso i gentili.

    Quindi ora possiamo meglio capire che Paolo, quando dice “katechon”, intende qualcosa di concreto: il veto imperiale è “ciò che impedisce la manifestazione” dell’uomo di iniquità, e “chi” finora lo trattiene, “fino a che sarà tolto dimezzo”, è l’imperatore. Infatti il povero Claudio fu tolto di mezzo per veleno, nel 54, quasi certamente per volontà di Agrippina madre di Nerone.
    Tiberio

    Immagino che non abbiate mai saputo di questa versione dei fatti. Da chi e come Blondet sa del senatoconsulto fatale e del veto posto da Tiberio contro di esso? Ma da Tertulliano. Questo apologista cristiano, vissuto fra il 155 e il 230, nel 197 scrive una difesa del diritto dei cristiani di professare la fede, e – rivolto alle autorità pagane – racconta letteralmente: “Al tempo in cui il cristianesimo entrò nel mondo, Tiberio sottopose al Senato i fatti annunziatigli dalla Palestina, dove si rivelò la divinità stessa, e votò per primo a favore. Il Senato votò contro, perché quei fatti non aveva esso stesso approvati. Consultate le vostre memorie”, conclude: ossia i vostri archivi, e vedrete che è andata così.

    La storiografia mainstream non ha dato il giusto peso a questa testimonianza di Tertulliano, e perché? Per il pregiudizio anticristiano, che rende gli storiografi assolutamente diffidenti, iper-critici, solo quando si tratta del tema cristiano. Tertulliano è “la sola fonte” che racconta questo fatto, ed era pure un cristiano, quindi si sarà inventato la storia di Tiberio filo-cristiano …. Ciò è semplicemente assurdo. Anzitutto, perché Tertulliano era un grande avvocato di successo; nella sua difesa dei cristiani, si rivolgeva a giuristi pagani competenti come lui, che non gli avrebbero lasciato passar una menzogna di quella fatta. Per di più, se non ci fosse stato quel senatoconsulto, Tertulliano avrebbe impostato la difesa dei cristiani sull’argomento che non esisteva la base giuridica per condannarli. Invece l’avvocato riconosce che la base giuridica c’è. Ma li sfida a “consultare le vostre memorie”, così capirete che fu una ripicca impulsiva dei senatori.
    Acta diurna – il giornale ufficiale era esposto al pubblico.

    Ecco un’altra cosa che lascia increduli il mainstream: poteva un avvocato dell’anno 197 aver consultato i documenti di uno scontro al Senato avvenuto nel 37, ossia un secolo e mezzo prima, fra Tiberio e la Casta? Ebbene sì. Dovevano essere conservati “atti parlamentari” assai dettagliati; specie per i decreti senatori, che erano piuttosto rari (forse meno di uno all’anno) e la cui forza di legge era perpetua, fino a che non fossero abrogati nella forma dovuta dal Senato stesso. E’ chiaro che questi atti erano accessibili sia agli storici (se no come avrebbero fatto Livio o Tacito a rievocare eventi molto antichi?) sia soprattutto ai giuristi e agli avvocati, che avevano esigenza di conoscere la formulazione termino logicamente esatta delle leggi – le quali erano atti pubblici, non esistevano leggi segrete – e come erano state formate.

    Insomma abbiamo qui la conferma che Roma era un governo serio, moderno, che si fondava fortemente sul diritto formale, dove l’esecutivo (imperiale) agiva in una tesa e contenziosa diarchia con il legislativo oligarchico (Senato), e manteneva apparati amministrativi di alto livello, ovviamente aperti al giudiziario (giudici e avvocati) e quindi anche ai cittadini quando dovevano adire ai tribunali. E’ dunque evidente che Tertulliano, per preparare la propria “apologia”, “cerca l’origine delle leggi anti-cristiane” negli archivi antichi di un secolo e mezzo.

    Non c’è nulla di strano in ciò. Anche gli avvocati e giudici inglesi cercano, di fronte a una causa, “i precedenti”, ossia le decisioni di giudici antichi, spesso risalenti a secoli addietro. Lo strano è che questa ricostruzione storica non sia ancora diventata mainstream , né nella storiografia né nella Chiesa. Io la devo agli studi geniali della grande romanista Marta Sordi e del suo gruppo di studio; che essendo italiano e cattolico, è caduto sotto il noto pregiudizio. Se fosse stata una storica di Cambrige o della Texas University, Alberto Angela avrebbe dedicato una trasmissione alla “eccezionale scoperta”.

    (Marta Sordi, I cristiani e l’Impero Romano, Jaca Book 1984).




    Tutto ciò che abbiamo qui ricordato non vuole affatto smentire le interpretazioni spirituali ed attualizzanti del “katechon”, la misteriosa forza che trattiene. Anche per Paolo, il ”katechon” è insieme Tiberio, Claudio, ma anche una realtà pre-apocalittica e meta-storica, perché ogni tempo “è l’ultima ora. Come avete udito che deve venire l’anticristo, di fatto ora molti anticristi sono apparsi”, come attesta Giovanni (2a lettera, 18). E moltissimi anticristi sono all’opera soprattutto oggi, sia nel “totalitarismo della dissoluzione” diventato governo, sia nella neo-chiesa ideologicamente “più buona di Gesù”, nomade, senza storia né cultura, senza comandamenti, senza Vangelo perché allora non c’erano registratori….
    “Colossus Neronis”, la colossale stuata dorata con cui Nerone si fece ritrarrecome dio solare.

    Quel che mi premeva correggere è l’idea che l’Eucarestia sia, in sé, il katechon. Ossia che sia la Presenza spirituale. Tommaso d’Aquino coglie più nel segno, dicendo che è il potere civile giusto, laico, lo Stato obbediente al diritto naturale, ad essere “la forza che trattiene”. Su questa linea è anche Carl Schmitt: per cui la legittimazione finale di uno Stato è di fare da “katechon”, frenare che il caos morale e l’ingiustizia prendano il potere assoluto e totale – ed oggi ben vediamo come esso sia ampiamente “tolto di mezzo” in Italia ed Europa. Anche Jacob Taubes concorda: deride infatti la Chiesa cattolica perché “prega per la salvaguardia dello Stato perché – Dio ne scampi – se esso non tiene si devono fare i conti col caos, o peggio, ancora, con il Regno di Dio”. Ovviamente Taubes intende per “Regno di Dio”, ebraicamente, la “libertà assoluta dalla Legge” da ogni legge, , quella liberazione per cui (disse un certo tentatore nell’Eden) “voi sarete come dèi” – e coincide col caos, la dissoluzione di ogni ordine, il regno dell’Anomos, il Senza-Legge. Chiunque può constatare chi sta accelerando l’avvento di un tale Regno. Gli anticristi sono molti e scatenati.


    Post Scriptum

    Della missione di L. Vitellio in Medio Oriente come Special Envoy di Tiberio parla anche Giuseppe Flavio (Antichità Giudaiche, XVIII, 82 ; essendo un ebreo, gli storiografi gli credono). Vitellio scrisse anche dei Commentari, un rapporto sulla sua operazione, che Tertulliano conosceva ma non ci sono pervenuti. La sua deposizione di Caifa (il sacerdote che processò Cristo) configura “una protezione, sebbene indiretta, dei cristiani” (Marta Sordi). In base a quale accusa si poté mandar via il gran sacerdote, notevole ingerenza degli affari religiosi interni, senza suscitare la ribellione dei sediziosi ebrei? Si deve sapere che i Romani avocavano a sé le pene capitali nei paesi che occupavano. Sulla crocifissione di Cristo Vitellio non poté recriminare, perché era “legale” dato che era stata comminata da Pilato, il governatore. Ma c’era stata un’altra condanna a morte, questa arbitrariamente comminata secondo il metodo giudaico: la lapidazione di Stefano, il protomartire, nel 36, alla quale partecipò lo studente rabbinico Saulo di Tarso. Essa era “illegale” e violava il diritto romano. Che era una cosa seria.

    https://www.maurizioblondet.it/sul-k...overno-romano/
    Ultima modifica di emv; 26-04-20 alle 22:30
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    Predefinito Re: TEOLOGIA - Il Katéchon

    [td]Cacciari: il nuovo Papa dovrà sfidare l'Anticristo

    di Marco Dotti
    11 marzo 2013

    Per il filosofo «Ratzinger si è dimesso perché non riusciva più a contenere le potenze anticristiche, all’interno della stessa Chiesa». Ora la palla passa al suo sucessore

    Alla vigilia del Conclave Vita.it ha interrogato Il professor Massimo Cacciari (autore del recente "Il potere che frena", Adelphi, 212 pagine, 13 euro) sulle sfide a cui sarà chiamata il nuovo Pontefice. Prima fra tutte «quella di contrastare la vera essenza dell'anticristo».

Professor Cacciari, le pongo una domanda secca e un po' brutale. La Chiesa "ce la fa"? Ce la fa a "tenere ancora"?
La forza simbolica della decisione di Ratzinger ci interroga seriamente su questo punto. La Chiesa si è sempre caratterizzata anche per la sua capacità di "tenere a freno", di arrestare - come si legge in San Paolo - l'avanzata delle forze anticristiche. Bisogna quindi chiedersi se la decisione di Ratzinger non sia una lucida dichiarazione di impotenza a reggere una funzione di "potere che frena" Ratzinger dice: continuerò a essere sulla croce, facendo salva la dimensione religiosa rimane. Ma la dimensione del potere che frena dove va a finire? Simbolo della Chiesa è, assieme, Croce e katéchon ( la figura ben presente nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi di San Paolo: potere che frena l'avanzata dell'Anticristo, ndr). Il segno di queste dimissioni, a saperlo vedere in tutta la sua prospettiva è dunque davvero grandioso.

La Chiesa non trattiene più i nemici della Chiesa, così come lo Stato ha dissolto, oramai, le basi stesse della statualità delegando funzioni sovrane a apparati tecnocratici dislocati in un altrove mai ben definito?
Potremmo ipotizzare che Ratzinger si dimette perché non riesce più a contenere le potenze anticristiche, all’interno della stessa Chiesa. Come diceva Agostino, gli anticristi sono in noi. Questa è una chiave per la decisione di Ratzinger, se vogliamo leggerla in tutta la sua serietà. La sua decisione fa tutt’uno con la crisi del politico, del potere che frena.

Un indizio di questa rottura si ha anche nella tendenza semplificante delle nuove tecnologie. Si parla, con un poco di ingenuità, di “cyberteologia” e di “twitter teologia”… Eppure, non possiamo liquidare banalmente nemmeno le ingenuità di questo tipo, quanto meno per il portato simbolico di cui si fanno involontariamente carico...
Certa “ingenuità” è un segno della più generale tendenza a assecondare le potenze liquido-aeree, aprendo al dominio dell’immateriale. C’è da chiedersi se ci si renda davvero conto della potenza simbolica di questi termini. L’irrompere della modernità nella sua forma liquida ha rappresentato senz’altro uno shock. Ricordiamoci che il fluido è la dimensione anticristica per eccellenza. La figura dell’Anticristo, anche nell’Apocalisse, è imprendibile, è incatturabile. Nell’Apocalisse si dice, a un certo punto, che nella Gerusalemme celeste non ci sarà più il mare. La dimensione teologica dell’Anticristico è ben presente nella figura simbolica del mare, elemento fluido per eccellenza. Non a caso, il Leviatano è un mostro marino. Le potenze anticristiche hanno a che fare con la dimensione fluida e aerea, marina e area. Pensiamo alle grandi potenze, prima marine, poi aeree. Marine e aeree, quindi non catturabili. Le potenze anticristiche vincono il "bastione" – che è terreno, è territorio – perché gli sfuggono.

In che senso?
Oggi, la spersonalizzazione delle figure politiche e, al contempo, l’accresciuta potenza delle figure marino-aeree come l’informazione, la finanza, la smaterializzazione dello stesso capitalismo… Sono potenti immagini anticristiche – in quanto tali, teologicamente – e possono essere comprese soltanto in questa chiave epocale. La Chiesa si trova di fronte, per la prima volta, alla vera essenza dell’anticristo. Prima si era trovata di fronte a degli antagonisti, ovvero a potenze che cercavano di sostituire la Chiesa nella propria funzione anche di potere che frena. Credo che la tragedia della Chiesa sia, in questo momento, proprio questa. Pensiamo all’anno della fede, alla tragedia dell’anno della fede. Che cosa significa? Cosa significa se non c’è più speranza? Se non c’è speranza per il mondo, non c’è speranza per la Chiesa stessa. Il katéchon derivava anche dalla fede. Ma se vien meno la fede, viene meno anche la speranza sulla Chiesa stessa. Era l’unico modo attraverso il quale la Chiesa poteva pensare il potere politico, ma anche se stessa come katéchon. L’unica legittimità della potenza catecontica derivava dal fatto di dare e darci il tempo per la conversione. Ma questa, a sua volta, è una speranza. E la speranza, a sua volta, non può fondarsi che sulla fede, per la Chiesa. E se viene meno la speranza in generale, come può esserci quella speranza che era fondata sulla fede? La Chiesa vive nel mondo, ma se nel mondo viene meno tout court la speranza, se non abbiamo più “speranza nel futuro”, nel suo senso più volgare e brutale? Sono queste le domande che ci si presentano oggi, all'apertura del Conclave. Domande epocali, me ne rendo conto. Ma proprio per questo, come dicevo prima, il gesto di Ratzinger va considerato nella sua grandiosa complessità teologico-politica.


    Cacciari: il nuovo Papa dovrà sfidare l'Anticristo (11/03/2013) - Vita.it


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    INTERVISTA. Cacciari: chi mette il freno all’Apocalisse?


    Alessandro Zaccuri mercoledì 27 febbraio 2013


    Anche i Titani non sono più quelli di una volta. Tramontato il sogno di progresso del quale si era fatto carico l’ambizioso Prometeo, tocca al fratello dello sconfitto, il prudente Epimeteo, governare le sorti degli umani. Il suo incarico sembrerebbe modesto, ma richiede in effetti una grande abilità tecnica: si tratta di impedire l’apertura dei vasi in cui sono contenuti i mali del mondo. Attenzione al verbo. Contenere, trattenere. Frenare, insomma. Il potere che frena (in uscita da Adelphi, pagine 214, euro 13) è il titolo del saggio in cui il filosofo Massimo Cacciari torna su uno dei temi centrali della cosiddetta "teologia politica", ovvero quella corrente di pensiero, teorizzata fin dagli anni Venti da Carl Schmitt, che suggerisce di interpretare il divenire della Storia in prospettiva teologica. «Più andiamo avanti – ribadisce Cacciari – e più mi convinco che non c’è altro modo per cercare di comprendere il nostro tempo».È per questo che bisogna partire da san Paolo?«Dalla Seconda lettera ai Tessalonicesi, per l’esattezza: capitolo 2, versetti 6 e 7. Lì Paolo introduce un concetto del tutto originale, che sta all’origine di una lunga e complessa tradizione esegetica».Stiamo parlando del misterioso "katechon"?«Esatto: quel qualcosa, o qualcuno, che "contiene", trattenendo e rallentando, la venuta dell’Anticristo. Questo framezzo, che si pone tra l’Evento dell’Incarnazione e la battaglia finale contro l’Avversario, è un tempo rilevantissimo. In esso, fa intendere Paolo, agisce un potere che non può essere identificato nell’Anticristo, di cui appunto "trattiene" l’avvento, ma che neppure coincide con la Chiesa, alla quale è affidato il compito di custodire la speranza nel prolungarsi dell’attesa. Su questo Paolo è molto chiaro: il katechonè destinato a essere "spazzato via", proprio perché non partecipa della speranza che deriva dalla fede».Sì, ma allora da che parte sta?«Il katechon esprime una tensione costante. Per sua natura, tiene a entrambe le parti: ha a che vedere con l’Anticristo ("con-tenere" significa "tenere dentro di sé") e nel contempo partecipa alla battaglia contro l’Anticristo. Del resto, nell’evo cristiano ogni potere partecipa di questa contraddizione».Può essere più esplicito?«Certo. Quello sul katechon è, da sempre, un discorso che rifugge dall’astrazione. Già i Padri della Chiesa, quando affrontano l’argomento, sono estremamente concreti, cercano corrispettivi precisi alle figure evocate da Paolo e dall’Apocalisse. Fino a un certo punto, l’interpretazione prevalente è che il katechon sia l’Impero romano. Il problema, però, è che la forma imperiale non si accontenta di esercitare una potestas di tipo pratico-amministrativo. La sua ambizione, al contrario, è di conseguire un’auctoritas spirituale, ma così facendo entra in conflitto con la Chiesa. La quale, a sua volta, non è estranea alla funzione espressa dal katechon. Il ritorno di Cristo non può essere accelerato, i credenti non devono cedere all’impazienza, la loro missione è semmai di vegliare nell’attesa. Anche la Chiesa, dunque, "trattiene", per rendere possibile la conversione e fare in modo che il Figlio dell’Uomo, quando verrà, trovi la fede su questa terra».La soluzione quale sarebbe?«Un’alleanza tra potestas amministrativa e auctoritas della Chiesa. Sembrerebbe uno scenario medievale, ma a ben pensarci è lo stesso obiettivo al quale mirava l’idea di uno Stato moderno perfettamente laico, che lasciasse alla Chiesa il primato in campo spirituale. Il guaio, però, è che la potestas politica non può mai rinunciare alla sua ambizione imperiale, con relativo sconfinamento nell’auctoritas. Il potere, quando si riduce all’ordinaria amministrazione, diventa impotente. E questa è esattamente la situazione in cui ci troviamo".Una situazione apocalittica?«Una potestas ridotta all’impotenza lascia emergere le tendenze dell’Anticristo. Ma non dobbiamo immaginarci una devastazione all’Apocalypse Now. I segni dell’affermarsi dell’Avversario sono molto differenti, già Paolo invita ad allarmarsi nel momento in cui si sente annunciare un tempo di pace e benessere. Il principale attributo dell’Anticristo, infatti, consiste nell’essere Placidus: le guerre contro di lui si sono concluse con la sua vittoria, nessuna forza più gli si oppone, la prosperità può diffondersi indisturbata. Regna l’ordine, e questa è la fine. A patto, si capisce, che si sia compiuto anche l’altro passo decisivo, e cioè l’apostasia della Chiesa, la secessio dei credenti dalla fede. È l’atteggiamento del Grande Inquisitore di Dostoevskij, il cui trionfo coincide, non a caso, con il ritorno di Gesù. Se l’Anticristo ha avuto la meglio, solo Cristo può tornare a dargli battaglia».Ma noi, ora come ora, a che punto siamo?«Che la nostra sia un’epoca apocalittica mi pare indubbio. Viviamo in una dimensione globale che neppure l’Impero romano aveva conosciuto e questo comporta una continua omologazione dei princìpi, dei comportamenti, dell’etica. Ci siamo lasciati alle spalle i totalitarismi, che si presentavano esplicitamente come forze prometeiche, anticristiche e , in quanto tali, chiamavano in causa il katechon, la cui funzione era esercitata da altri poteri, sia politici sia religiosi. Ora è la volta di Epimeteo, l’Anticristo si mostra con il suo volto conciliante e il rischio è che la Chiesa non riesca a presentarsi come segno di contraddizione in un mondo ormai assuefatto all’indifferenza. Nietzsche aveva visto giusto: oggi davvero chi va per strada alla ricerca di Dio viene prima deriso e poi guardato con indifferenza».E la Chiesa come può reagire?«Continuando a pregare perché sia dato il tempo, anzitutto. Ma anche perseverando nella sua azione pedagogica nei confronti di quei figli che ancora non sanno di essere figli. Le conversioni immediate, come quella di Paolo, sono sempre possibili, però la missione della Chiesa appartiene principalmente all’ambito dell’educazione. Dell’attesa, quindi. E della pazienza».

    https://www.avvenire.it/agora/pagine...eno-apocalisse
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