Originariamente Scritto da
trenta81
la storia
Siamo lavoratori di una cooperativa che per oltre 6 anni ha affisso i manifesti del PRC a Roma. Da più di un anno siamo senza salario perché la federazione romana di Rifondazione, nella persona del suo segretario Giuseppe Carroccia, si rifiuta di pagarci le affissioni della campagna elettorale del 2008.
Per mesi e mesi abbiamo fatto decine di telefonate, inviato mail, richiesto incontri… ma niente. Ci siamo scontrati con un vero e proprio muro di gomma fatto di responsabilità rimpallate, di mezze promesse mai mantenute, di incontri rinviati o non rispettati, come nel peggiore degli incubi burocratici.
E nel frattempo, per onorare i nostri impegni nei confronti di chi, pur non essendo socio della cooperativa aveva collaborato con noi, abbiamo dilapidato i nostri risparmi personali ed accumulato migliaia di euro di debiti.
Stiamo parlando, tanto per essere chiari, di rate del mutuo inevase, di bollette non pagate, di continue rinunce… insomma il corollario inevitabile quando intorno al collo di una cooperativa si stringe il cappio di un committente (unico) che non paga.
Più volte ti abbiamo sentito i dirigenti di Rifondazione inveire contro il finto lavoro autonomo, contro e le esternalizzazioni e tutti gli altri trucchi inventati dai padroni per scaricare i costi sui lavoratori.
Solo che è facile parlare quando gli altri sono la FIAT o le fabbrichette del nord-est, meno facile è riuscire ad essere coerenti con quanto si scrive, si dice o si urla da qualche palco quando si deve mettere mano al proprio portafoglio.
Nel dicembre scorso per tutelarci di fronte al rischio sempre più concreto di non essere pagati abbiamo deciso di fare “vertenza”, ed abbiamo fatto un ingiunzione di pagamento nei confronti della federazione, non prima di aver inviato formalmente una richiesta di conciliazione amichevole che è stata ovviamente ignorata.
Il nostro scopo era riuscire a far sedere intorno al “tavolo della trattativa” chi fino a quel momento aveva fatto orecchie da mercante.
Il nostro scopo era e rimane quello di ottenere un piano di rientro serio e con scadenze certe e non quel: “quanno ce l’ho ve li do, mo nun ce l’ho e quindi nun ve pago” che ci siamo sentiti proporre da Carroccia.
Ma anche in questo caso è prevalsa la doppia morale di chi predica da comunista e poi razzola da padroncino.
E già, perché al danno s’è aggiunta la beffa. Nell’unico incontro che siamo riusciti ad ottenere col segretario romano siamo stati minacciati che se avessimo continuato con questa “vertenza” ci sarebbe stata tolta la possibilità di continuare a lavorare. E così è stato, almeno in questo c’è da dire che Carroccia è stato di parola.
Il giorno prima dell’inizio della campagna elettorale, impedendoci così di organizzarci in altro modo, un solerte burocrate del nazionale ci ha freddamente comunicato che il partito non intendeva più avvalersi della nostra collaborazione (tradotto: siete stati licenziati) sostituendoci con una squadretta di crumiri.
E così ci ritroviamo, grazie al Partito della Rifondazione Comunista: senza il salario del 2008, senza i risparmi degli anni precedenti e senza il lavoro per il futuro. Colpiti e affondati da chi i lavoratori dovrebbe difenderli proprio nel momento in cui la crisi economica si fa più minacciosa.
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