Originariamente Scritto da
Sinistra Anti-PD
Questo si intende oggi con signoraggio: Quando invece è la banca centrale a emettere le banconote (o, più in generale, la base monetaria, che include anche le riserve costituite dalle banche su conti presso la banca centrale), queste non sono spese in beni e servizi ma fornite alle banche commerciali, in forma di prestito, per le esigenze del sistema economico, o utilizzate per l'acquisto di attività finanziarie, come i titoli di Stato o le attività in valuta estera; al valore delle banconote, iscritto al passivo del bilancio della banca centrale, corrisponde quindi l'iscrizione di attività fruttifere nell'attivo del bilancio, che rendono un interesse. Perciò la banca centrale ottiene il signoraggio nel corso del tempo, come flusso di interessi sulle proprie attività fruttifere, al netto del costo di produzione delle banconote. Il valore scontato di tale flusso, che come si è detto è riversato allo Stato, è pari a quello che quest'ultimo avrebbe ottenuto immettendo direttamente la banconota nel circuito economico.
La situazione attuale nell'area dell'euro e la disciplina statutaria della Banca d’Italia
Nel caso specifico dell'area dell'euro l'emissione delle banconote è assegnata alla BCE in concorso con le BCN. Il "reddito monetario" di ogni singola BCN è definito come il reddito annuo che essa ottiene dagli attivi detenuti in contropartita delle banconote in circolazione e dei depositi costituiti dagli enti creditizi. Questo è trasferito alla BCE e da questa ridistribuito alle BCN sulla base della loro partecipazione al capitale della BCE. Le BCN, a loro volta, lo fanno affluire ai rispettivi Stati una volta dedotte le spese di funzionamento ed effettuati i necessari accantonamenti.
La Banca d'Italia, in particolare, fa confluire allo Stato - attraverso le imposte e la distribuzione dell'utile - la sua quota di "reddito monetario" insieme agli altri redditi derivanti dai propri investimenti non connessi con le funzioni di politica monetaria e dalle attività esercitate, al netto dei costi di gestione e degli accantonamenti. Questi ultimi sono finalizzati a preservarne la solidità e l'indipendenza finanziaria, consentendole di fronteggiare autonomamente, e quindi al riparo da possibili condizionamenti esterni, i rischi che scaturiscono dall'esercizio delle funzioni che le sono istituzionalmente assegnate.
Al riguardo, più nel dettaglio, l’art. 38, co. 2, dello Statuto della Banca d’Italia prevede che l’utile netto sia destinato: alla riserva ordinaria fino alla misura massima del 20 per cento; ai partecipanti titolari di quote al termine del quarantesimo giorno precedente alla data dell’assemblea in prima convocazione fino alla misura massima del 6 per cento del capitale; alla riserva straordinaria e a eventuali fondi speciali fino alla misura massima del 20 per cento; allo Stato, per l’ammontare residuo. In particolare, con riferimento agli esercizi 2014 e 2015, a fronte di dividendi corrisposti ai partecipanti al capitale in misura pari a € 340 milioni per ciascun anno (4,5% del capitale), l’ammontare dell’utile netto assegnato allo Stato è stato pari: per il 2014 a 1.909 milioni di euro (in aggiunta a imposte per 1.159 milioni); per il 2015 a 2.157 milioni di euro (oltre a imposte per 1.012 milioni).