Bielorussia: luce alla fine del tunnel
È successo esattamente come scritto nella commedia degli “sceneggiatori del Cremlino”. con un ampio margine, il presidente di tutta la Bielorussia ha vinto. L’opposizione cerca con tutte le sue forze di protestare e organizzare una Majdan a Minsk. In questo momento, mentre scrivo [mattina del 10.08.2020], le informazioni online parlano di circa 5000 manifestanti nel centro di Minsk. Ma non per niente l’esercito era nella capitale e ci sarà un intransigente e decisivo ritorno alla situazione della “strada giusta” [aggiornamento: le forze dell’ordine ripristinavano l’ordine in un’ora]. Prevedendo le proteste, Lukashenko fu abbstanza cauto ripetendo che “non permetteremo una Maidan”. È già chiaro che l’elevata disponibilità a reprimere la ribellione garantirà il fallimento dei discorsi pubblici e Majdan non ci sarà a Minsk. Ma l’occidente non ha altra metodologia, e ha disperatamente bisogno di una Majdan. Solo sulla scia delle proteste che diventano rivolte e pestaggi della polizia, “l’intercettazione del potere” si può attuare. E Lukashenko lo sa bene. Il 10.08.2020, i colleghi più ardenti della Tikhanovskaya saranno trascinati in tribunale per ogni sospetto tentativo di screditare l’attuale governo e le elezioni. Oggi si sapva che i corrispondenti di “Dozhd”, “Radio Svoboda”, “Current Time” e altri affidatari del dipartimento di Stato, nonché la banda di Khodorkovskij, come il blogger Pivovarov, erano messi sotto controllo dai servizi di sicurezza competenti della Bielorussia. Dal punto di vista della “giustizia di Lukashenko”, solo i media “corretti” possono seguire gli eventi. Ma il “momento della verità” si avrà in Bielorussia nella prossima settimana, che mostrerà chi ha vinto lo scontro nella lotta per il potere nella Repubblica: il Cremlino e Lukashenko o l’occidente. E questo è il primo intrigo. Il secondo intrigo è “le congratulazioni di Putin per la vittoria elettorale di Lukashenko”. Come possiamo congratularci con Lukashenko che ha rubato il voto al popolo? Molto probabilmente, Putin non sarà il primo a congratularsi col collega, ma qualcuno come Volodin o Marija Zakharova sarà il primo a congratularsi col “nuovo presidente” , che esprimerà anche la speranza del rapido ritorno dei “wagneriani” russi detenuti. Anche per un’affermazione così assoluta, è necessario comprendere tutte le sottigliezze del gioco del Cremlino, che ci sono sconosciute. Dopo tutto, Putin non è una spia? E non esistono ex-spie…
Ora i rapporti tra Mosca e Minsk arrivano al “traguardo”. È estremamente importante per Mosca mantenere Lukashenko al potere, per il momento. Ci sono due ragioni importanti. Sul primo motivo, copierò semplicemente un paragrafo da un articolo precedente. “Il problema è che per molti anni, per proteggersi dall’influenza di Mosca e dalle sue richieste, Lukashenko dovette assumere nella sua squadra professionisti filo-occidentali. Ma ora che sono diventati più forti e hanno iniziato a fare pressione su di lui, non ha dove scappare. Gli fu promesso troppo e non diede nulla a Mosca, troppo è successo alle spalle della Russia, ha flirtato e ha scambiato la generosità della Russia per pochi centesimi… È ora che il Cremlino gli estingua i debiti che deve alla Russia da molti, molti anni. Solo attraverso la vittoria elettorale (di Lukashenko) oggi, Mosca pul cambiare il corso degli eventi e “allontanare” la Bielorussia dall’occidente. E questa è l’opzione più logica e promettente per la Russia”. Mi ripeterò se dico che il Cremlino non distingue affatto Lukashenko dal suo entourage. Ma in realtà, il Cremlino ora aiuta il governo di Lukashenko, che ha “spinto in clandestinità” tutti coloro che hanno una posizione filo-russa. Mosca è costretta a farlo per controllare il cambio di potere nella Repubblica in futuro. Questo è necessario per sostituire non solo Lukashenko, ma tutta la sua squadra “dall’alto in basso”. Il cambio di potere in Bielorussia dovrà avvenire contemporaneamente al cambiamento del corso politico della Repubblica dall’attuale indice occidentale all’aspirazione alla Russia. Pertanto, al fine di “calmare la situazione” in Bielorussia, Mosca può nuovamente concedere a Lukashenko un paio di “vittorie” insignificanti ma rumorose nei rapporti tra lui e la Russia. Ma la gioia di queste vittorie durerà esattamente fino a novembre, nella discussione del nuovo “grande accordo petrolifero” tra i Paesi, che si concluderà alla fine di quest’anno. E qui arriviamo alla seconda ragione del “silenzio” di oggi a Mosca.
Lasciando Lukashenko al potere, Mosca non intende più vendere petrolio alla Bielorussia a prezzi bassi. Lo stesso petrolio che Minsk raffina e vende all’occidente e all’Ucraina oggi almeno in qualche modo recupera il suo budget. Il petrolio molto economico che tiene a galla l’intera economia. Gli stipendi vengono pagati ai dipendenti statali e l’esercito viene mantenuto. Il petrolio molto a buon mercato che tiene a galla l’intera Bielorussia “indipendente e socialista”. La richiesta del “contratto” di Mosca sarà dura. Sceglite: un nuovo contratto petrolifero a prezzi globali o cambiate la legislazione fiscale locale in quella russa. Inoltre, ci sarà una dozzina di passaggi per l’integrazione reale chiaramente dettati dal tempo e, se verranno violati, Mosca potrà modificare il contratto. Non volete? Comprate petrolio ovunque, ma la Russia non sosterrà più i russofobi. Ci sarà la fine alle preferenze economiche per la Bielorussia. Poi, dal nuovo anno, cambierà la politica dei prestiti di Mosca anche nei confronti della “Repubblica senza dazi”. Sarà anche “legata” a vere fasi d’integrazione di Lukashenko, piuttosto che a dichiarazioni. Allo stesso tempo, il background informativo nei notiziari russi, e quindi sui televisori bielorussi, spiegherà che la povertà stabile socialista di oggi in Bielorussia è un merito della Russia. E se la Russia non l’avesse aiutato, la povertà relativa si trasformerebbe all’improvviso in povertà insopportabile. È del tutto possibile che molte imprese bielorusse perderanno privilegi nella vendita delle merci sul territorio della Russia. E l’Europa non ha proprio bisogno delle merci bielorusse: non c’è posto dove venderle. Arriverà presto un’epifania simile a quella immaginata dalla maggior parte degli ucraini oggi: “L’Europa ci ha traditi!”
Due o tre mesi, e il malcontento dei bielorussi non sarà più basato su restrizioni semi-mitologiche a diritti e libertà politiche o frodi elettorali, ma su uno più reale: il frigorifero vuoto. È un frigorifero vuoto che può portare nelle strade della Repubblica non cinque o diecimila persone insoddisfatte, quanto quelle che protestano attualmente, ma molte di più. E Mosca alimenterà pazientemente questo malcontento, mentre mostra ai bielorussi come vivere in un Paese davvero grande che si prende cura dei suoi cittadini. Ma per questa coltivazione competente, c’è bisogno di più tempo, almeno da sei mesi a un anno. È così che resta “l’ultimo dittatore d’Europa” a portare a termine i suoi affari. Ha sbagliato troppe volte. Le accuse di ingerenza russa e la detenzione dei “wagneriani” possono essere attribuite a timori pre-elettorali e false informazioni. Ma non l’intervista all’ucraino Gordon, dove ha pubblicamente versato un secchio di merda sul Cremlino e sullo stesso Putin. Questo è imperdonabile.
Ora, anche con i giuramenti più rumorosi e pubblici al Cremlino, dopo tutto quello che è successo, è quasi impossibile che gli stringano la mano a Mosca. Certo, ci saranno ancora delle strette di mano, il protocollo obbliga, ma nel menu delle cene congiunte il primo piatto sarà ora e sempre “porridge annacquato”. Perché Putin può essere ingannato solo una volta.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
Bielorussia: luce alla fine del tunnel ? Aurora