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    Predefinito Rif: La crisi della politica europea

    L'articolo di Rinascita non è male.

  2. #12
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    Predefinito Rif: La crisi della politica europea

    Citazione Originariamente Scritto da Midgard Visualizza Messaggio
    L'articolo di Rinascita non è male.
    Già, l'ultimo Sarkozy sui rom e contro le delocalizzazioni non è male - per non parlare del ritorno alla politica estera 'gollista' con i russi e il viaggio in Cina. Comunque continuiamo a sperare nell'ascesa del Front National della figlia di Le Pen. Interessante anche il dibattito tedesco sull'islam (sono 4 milioni fra arabi e turchi in Germania) innescato dal caso Sarrazin e che, tra la nascita di un partito modello Wilders e le dichiarazioni filo-islamiche di Wulff contestate dagli esponenti più conservatori di Cdu e Csu, sta scuotendo fortemente il centro-destra... La crisi della politica europea è evidente, anche se d'altra parte quel 'movimento' che vi si erge contro sembra ancora piuttosto confuso e frammentato.

    carlomartello
    Ultima modifica di carlomartello; 14-04-11 alle 22:02

  3. #13
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    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

  4. #14
    Bushidō
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    Predefinito Rif: La crisi della politica europea



    Austria: destra avanza, si stinge il rosso di Vienna


    Haeupl vince ma dovrà cercarsi alleati. Il vero vincitore e' l'ex braccio destro di Haider


    VIENNA - Vienna la 'rossa' si tinge di blu, il colore della destra in Austria. Per la città-stato si conferma il trend in atto Europa di forte avanzata dei partiti estremisti sull'onda di problemi e paure degli elettori legati all'immigrazione, la sicurezza e la crisi economica. Superando tutti i pronostici, il leader della Fpoe di estrema destra, Heinz-Christian Strache, ex braccio destro di Joerg Haider, è il vero vincitore delle regionali oggi a Vienna, la capitale tradizionalmente 'rossa'. Il partito socialdemocratico Spoe del sindaco Michael Haeupl ha difeso il primo posto ma ha perso la maggioranza assoluta che aveva finora: per continuare a governare dovrà ora cercarsi degli alleati.

    Secondo i risultati provvisori, la Spoe ottiene il 44,12% dei voti perdendo il 4,9% rispetto alle regionali nel 2005 (49,1%). Il risultato allora le aveva assicurato la maggioranza assoluta in seggi che le consentiva di governare da sola nel Land. Adesso sarà necessaria una coalizione e l'alleato più probabile è la Oevp (popolari), su modello della grande coalizione federale. Hauple ha sottolineato comunque che parlerà con "tutti" i partiti, Fpoe inclusa, in vista della formazione del nuovo governo regionale. Per lui comunque, nell'incarico dal '94, questa e' l'ultima corsa al comando di Vienna. Al secondo posto, scalzando i popolari, è arrivata la Fpoe che ha raggiunto un risultato storico: 27,05%, un aumento del 12,22% rispetto alle regionali cinque anni fa. La Oevp arriva terza con il 13,24% (-5,53%), ultimi i Verdi col 12,23% (-2,4).

    In seggi, dei 100 del parlamento regionale, la Spoe ne ottiene 49, contro i 55 finora, la Fpoe 29 (+16), la Oevp 12 (-6), i Verdi 10 (-4). Due partiti minori non ce l'hanno fatta a entrare in parlamento: la Bzoe - di estrema destra più moderato, fondato da Haider nel 2005 dopo una scissione dalla Fpoe - arrivata all'1,4% , e i comunisti della Kpoe, arrivati all'1,1%. Nella campagna Haeupl aveva fissato il suo obiettivo nella difesa della maggioranza assoluta e escluso intese con la Fpoe. In un primo commento si è detto "rincresciuto" dell'esito. Strache si è autodefinito il vincitore delle elezioni affermando che ora si socialdemocratici dovranno "porre fine all'esclusione" della Fpoe e allungare la mano: "E' necessario che la Spoe avvii colloqui con noi", ha detto. Quella di Vienna é l'ennesima elezione dove la Spoe subisce perdite e l'effetto del voto si risentirà anche nel governo federale guidato dal cancelliere Spoe Werner Faymann. Stasera ha detto che aveva "sperato di piu" ma ha rinnovato la sua fiducia a Haeupl e definito "rispettabile" il risultato di quasi il 45%.

    Esperti prevedono che ora Faymann virerà a sinistra dando filo da torcere all'alleato Oevp, in particolare il vice cancelliere e ministro delle finanze Josef Proell e i suoi piani di austerità e tagli. In vista del voto a Vienna, era stata rinviata la finanziaria: ora il boccone amaro arriverà e saranno dolori nelle trattative fra alleati di governo. Il pessimo risultato della Oevp a Vienna non consentirà a Proell nemmeno di alzare molto la testa. Il partito dell'ex cancelliere Wolfgang Schuessel, che nel 2000 si alleò con la Fpoe di Haider provocando le sanzioni Ue contro l'Austria, con la capolista Christine Marek ha battuto il suo record storico negativo nella capitale del 1996 (15,26%). Dai risultati manca ancora lo spoglio degli oltre 100.000 voti per lettera che saranno scrutinati in seguito. Ma alla debacle socialdemocratica e al trionfo dell'estrema destra non cambieranno nulla.

    STRACHE, EX ODONTOTECNICO AMICO HAIDER - Da ex odontotecnico e ex amico e braccio destro di Joerg Haider, a vincitore delle elezioni a Vienna la 'rossa': Heinz-Christian Strache, 41 anni, non ha certo il carisma del suo ex mentore, col quale si bisticcio', e tanto meno la sua intelligenza. Ma ha lo stesso fiuto per captare gli umori popolari e l'abilita' di mischiarsi fra la gente e presentarsi come uno di loro. Per questo la sua ascesa gli ultimi anni e' dovuta anche grazie al voto di molti elettori di sinistra delusi dal partito socialdemocratico (Spoe). Le sue munizioni si chiamano stranieri, immigrazione, l' Islam, la crisi economica, i privilegi dei potenti: il tutto con le armi di un populismo elementare che fa appello allo scontento e alle paure della gente per il posto di lavoro e la sicurezza. Anche durante la campagna elettorale ha surriscaldato il clima con una serie di trovate propagandistiche di sapore razzista. Come un videogioco contro la costruzione di moschee in cui il giocatore deve fare il tiro a segno contro i minareti.

    Un fumetto dove un bambino mira con la fionda contro un musulmano detto ''Mustafa'' in allusione all'assedio dei turchi a Vienna nel 1683. O lo slogan provocatorio ''Mehr Mut fuer unser Wiener Blut'' (piu' coraggio per il nostro sangue viennese), che evoca una famosa operetta. All'ultimo comizio Strache si e' presentato davanti alla cattedrale di Santo Stefano, illuminata in blu, il colore della Fpoe, con seguito di 1.500 simpatizzanti. Sul palco a forma di ring ha sciorinato i suoi slogan: ''Pummerin invece di Muezzin'' (in allusione al nome della campana del Duomo), ''Via il velo, simbolo dell'oppressione della donna'', ''troppe culture diverse in Austria e troppi bambini stranieri nelle nostre scuole''. La sua campagna e' stata accompagnata anche da numerose accuse di corteggiare gli elettori neonazisti. Lui stesso nel 2007 fu al centro di polemiche dopo che una foto lo ritraeva da giovane a un campo per tirocinio paramilitare. Al comando della Fpoe, Strache e' arrivato nel 2005 dopo la fuoriscita di Haider, fino ad allora leader, che se ne ando' e fondo' la Bzoe. Tre anni dopo, l'11 ottobre 2008, Haider e' morto in un incidente d'auto in Carinzia.
    ANSA.it
    Ultima modifica di Hagakure; 10-10-10 alle 23:47

  5. #15
    Bushidō
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    Predefinito Rif: La crisi della politica europea




    Dall'embargo anti-austriaco di Chirac alle espulsioni anti-rom di Sarkozy


    Vi erano principi sui quali non si poteva transigere


    Una decina d’anni or sono l’Unione Europea insorse contro l’Austria per l’alleanza dei conservatori con l’estrema destra di Jörg Haider. Oggi i partiti di estrema destra reggono gli esecutivi in Olanda e Danimarca



    Quando una decina di anni or sono (febbraio 2000), in Austria i conservatori si allearono con la formazione d’estrema destra Fpö (Partito della libertà austriaco) di Jörg Haider, l’intera Europa dei Quattordici (allora tanti erano i Paesi membri dell’UE) insorse. Israele ritirò il proprio ambasciatore da Vienna. L’Austria venne posta in quarantena. Furono adottate sanzioni politiche molto dure, specie se si pensa che erano dirette contro un Paese dell’Unione Europea. Unanimi furono i governi a sottolineare come l’articolo 6) del Trattato di Amsterdam sottolineasse che “L’Unione è fondata sui principi della libertà, della democrazia, del rispetto dei diritti dell’Uomo, e delle libertà fondamentali, nonché dello Stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri“.

    Quanto mai deciso apparve l’allora presidente francese Chirac che riassunse la posizione di condanna francese nei confronti dell’Austria con un lapidario: “Vi sono principi sui quali non si può transigere“.

    “I Quattordici hanno detto chiaramente che certe ideologie non hanno posto nell’Unione Europea. Questo vale per i membri presenti della UE e per quelli futuri” dichiarò il portavoce dell’Eliseo.

    In questi dieci anni i movimenti d’estrema destra, hanno sempre goduto di buona salute, sono anche cresciuti, un po’ ovunque, e non solo nell’Unione Europea, visto che la Svizzera non ne fa parte. Anche quest’anno hanno ottenuto eccellenti risultati in Belgio, in Svezia (dove per la prima volta sono entrati in Parlamento) in Ungheria, in Austria (dove, pur perdendo, restano comunque al 18%). E poi in Olanda.

    Ecco nei Paesi Bassi il nuovo governo uscito dalle elezioni anticipate del giugno scorso si regge appunto sull’appoggio esterno del Partito della Libertà (ancora una volta: è sintomatico come a fregiarsi di tanto valore sia chi invece ne fa strame) che è quello di Geert Wilders. Un sostegno non dato a titolo gratuito: il biondo platinato Wilders ha già ottenuto la proibizione del burqa, la promessa di una significativa riduzione dell’immigrazione, specie dai paesi musulmani, la revoca del passaporto ai naturalizzati in caso di crimini commessi nei primi cinque anni dal rilascio del documento, ma anche la creazione di un corpo di polizia interamente dedicato al benessere degli animali, (immagino senza distinzione fra indigeni e stranieri), abolizione del divieto di fumo nei bar, ma proibizione del consumo di droghe leggere nei locali dove oggi ne è consentito l’uso.

    Caso unico questo dell’Olanda. Mentre Wilders (forte del suo 29% di consensi, una percentuale da brivido) detta le condizioni al governo, deve presentarsi in tribunale dove è processato per incitamento alla discriminazione e all’odio razziale. In aula ha affermato che sotto processo non è lui, ma la libertà d’espressione, ha proclamato il proprio diritto ad esprimere ad alta voce i suoi convincimenti.

    Nessuna capitale ha però alzato la voce per denunciare l’alleanza governativa venuta a crearsi in Olanda. Gli impegni di dieci anni oro sono dimenticati. Occupate nei respingimenti dei clandestini, nell’allontanamento dei rom, nella stesura di leggi e ordinanze sempre più discriminatorie, le cancellerie europee (e non) non hanno tempo per trastullarsi con i “principi”, sui quali, invece “si transige”.
    Ticinolibero.ch
    Ultima modifica di Hagakure; 11-10-10 alle 00:02

  6. #16
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    Predefinito Rif: La crisi della politica europea

    Ottimo segnale. Schuessel ci aveva visto lungo ma i tempi non erano maturi. Ora speriamo che Francia e Austria diano vita a governi di coalizione 'modello Berlusconi': l'unico modo a nostro vedere per inserire certe istanze sane nel dibattito politico europeo.
    Comunque, oltre a Thilo Sarrazin, segnaliamo un altro 'caso teutonico': l'esponente della Cdu Erika Steinbach, che lo scorso settembre ha messo fine all'autocolpevolizzazione lesionista del popolo tedesco accusando la Polonia [cfr. “Polonia colpevole quanto Hitler”, deputata Cdu tedesca nella bufera | C.S. CURSUS HONORUM ] di corresponsabilità nello scoppio della Seconda guerra mondiale.



    Erika Steinbach, un rompicapo "storico" per il cancelliere Merkel

    Erika Steinbach è una signora di 66 anni, alta, slanciata, sorridente e dai capelli biondi. Nulla lascia pensare che per i polacchi sia il "nemico numero uno", o quasi, e che per il cancelliere democristiano Angela Merkel sia un intricato problema politico che conferma quanto la guerra continui a pesare sui rapporti tra Germania e Polonia. La signora Steinbach è il presidente della BdV, l'associazione dei profughi tedeschi della seconda guerra mondiale (i Vetriebenen in tedesco). L'organizzazione, nata negli anni 50, è una lobby influente, soprattutto nelle file democristiane. In queste settimane la BdV è al centro di una doppia diatriba, di politica estera e di politica interna. Oggetto dello scontro è la creazione di un nuovo museo a Berlino dedicato all'esperienza dei rifugiati durante il conflitto. L'associazione della signora Steinbach deve nominare un proprio rappresentante nella fondazione che gestirà l'istituzione. Il nuovo ministro degli Esteri, il liberale Guido Westerwelle, ha ammonito la BdV di non scegliere la signora Steinbach, una figura troppo controversa in Polonia. La vicenda così attuale affonda le sue radici nella seconda guerra mondiale. Dinanzi all'avanzata dell'Armata Rossa negli ultimi anni della guerra, circa 12 milioni di tedeschi abbandonarono le loro terre secolari nei territori orientali del Reich per rientrare nel cuore della Germania. Molti dei Vertriebenen morirono di fame, di freddo e di violenze nel lungo viaggio attraverso la steppa polacca.

    Arrivati a Berlino o a Monaco, a Francoforte o a Colonia, si sono riuniti in un'associazione che fin dal dopoguerra ha difeso i loro interessi, trovando nella CDU e nella CSU dell'allora cancelliere Konrad Adenauer una sponda politica. Nell'ultimo decennio la BdV ha chiesto al governo federale di creare un museo per ricordare la loro drammatica esperienza. L'iniziativa è stata criticata dalla Polonia, preoccupata all'idea che i tedeschi vogliano trasformarsi in vittime del conflitto e che i Vertriebenen tentino di recuperare le loro vecchie proprietà, caduto il Muro di Berlino. Da deputata democristiana, la signora Steinbach, nata in Pomerania nel 1943 da un padre militare nella Luftwaffe, non ha forse votato contro la nuova frontiera polacco-tedesca sull'Oder-Neisse? Qualche anno fa la rivista Wprost ha pubblicato in copertina un fotomontaggio di Erika Steinbach a cavalcioni sulla schiena del cancelliere Gerhard Schroeder e in uniforme da SS. Secondo un recente sondaggio del quotidiano Rzeczpospolita, il presidente della BdV, una ex violinista, è la figura straniera più temuta in Polonia dopo il premier russo Vladimir Putin. La vicenda è un rompicapo per la signora Merkel. Da un lato il cancelliere non vuole creare tensioni nei rapporti con Varsavia e nel governo democristiano-liberale a Berlino; dall'altro non può ignorare un'associazione molto vicina alla CDU. Per ora sta prendendo tempo, nella speranza - afferma velenosa la Sueddeutsche Zeitung - che la situazione si risolvi da sola senza che lei debba prendere posizione.

    GermaniE - Erika Steinbach, un rompicapo "storico" per il cancelliere Merkel


    carlomartello
    Ultima modifica di carlomartello; 11-10-10 alle 02:50

  7. #17
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    Predefinito Rif: La crisi della politica europea


  8. #18
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    Predefinito Rif: La crisi della politica europea

    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

  9. #19
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    Predefinito Rif: La crisi della politica europea

    Ultima modifica di carlomartello; 06-07-11 alle 17:04

  10. #20
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    Predefinito Rif: La crisi della politica europea



    Com'era verde il Surrey senza Ue


    «Mi creda, non ho mai abbandonato il sistema imperiale». Le crediamo miss Pamela, ottant'anni portati con spavalderia, mente acuta, cementata nei ricordi. Siamo certi che pollice e piede, oncia e libbra addolciscano ancora la sua vita infestata da centimetri e metri, grammi ed etti. Al Sovereigns, pub di Woking, aggregato urbano schiacciato fra Londra e la campagna del Surrey, vanno anche oltre. «E quando c'era lo scellino?», Tim e Robin hanno gli occhi umidi. «Io, purtroppo, non c'ero». L'anagrafe nega emozioni proustiane a Robert, il più giovane, 37 anni, ex poliziotto oggi attivista dell'Ukip, United Kingdom independence party che fra queste contee del sud-est ha trovato tanto consenso da mandare due deputati a Strasburgo. Partito che si espande e si restringe a seconda dell'urna. Alle europee arrivano al 16 %, alle politiche crollano al tre.
    Seduti al tavolo, Pamela e Robert, Tim (69 anni) e Robin (72) sono il micromondo dell'Ukip, fatto, per lo più, di anziani, middle class, afflitti dalla passione per quanto sta al di sopra di Dover, barriera all'«alito denso di aglio con cui i francesi avvolgeranno le nostre donne» come disse un deputato inglese, atterrito dall'idea, già ottocentesca, di unire le due sponde della Manica con qualche diavoleria ingegneristica. Un ex agente, un ingegnere, un commerciante, un'infermiera incarnano, così, l'unico populismo ragionevolmente possibile a Londra. L'antieuropeismo innalzato a ideologia, prologo di un'affannosa ricerca del passato, è il collante di una forza che si vuole distinguere dai neofascisti del British national party. È lontano, l'Ukip, dagli slogan razzisti del Bnp, ma si va radicando nel pensiero di questi onesti benpensanti, solidamente disinformati, il fastidio per un'immigrazione rampante che, credono, Bruxelles veicoli qui, per svaligiare il welfare britannico. «L'Europa caccia gli zingari - sbotta Pamela - ora verranno da noi». Quell'«Europa» è un recinto culturale che sentono lontano. «Ci ricordiamo bene come si stava, prima», aggiungono dandosi di gomito. Prima degli anni 70 quando Londra non era nell'Unione. «La verità - incalza Tim - è che ci accusa di populismo chi non conosce il partito. Se essere populisti significa dire come stanno le cose, bene, allora lo siamo».
    Il condensato ideale del partito qui riunito toglie, così, il velo al margine, lasso, fra politiche populiste e politiche popolari. Tocca a David Campbell Bannerman, 50 anni, ex conservatore, eurodeputato dell'Ukip in corsa per la leadership, tracciare il confine. «Populismo - dice dagli uffici di Pall Mall - significa annusare dove tira il vento. Noi siamo un partito di principi che ascolta la gente, forte di parole d'ordine pragmatiche e di politiche basate sul buon senso». Dire che 40 milioni di sterline al giorno se ne vanno da Londra a Bruxelles, senza aggiungere quanto fa da corollario ai numeri, resta esercizio ad alto tasso di populismo. Campbell Bannerman glissa e insiste che per la Gran Bretagna l'adesione resta un pessimo affare. «Il mio modello è la Svizzera: ampia cooperazione commerciale con i paesi dell'Ue, ma liberi dall'adesione al progetto. E credo che sia modello per tutto il Paese, se è vero il sondaggio della Bbc secondo cui il 55% della popolazione vuole uscire dall'Unione». Ammette di guardare con simpatia ai Tea party negli Usa per quella «forte passione popolare» che, a suo avviso, sanno sprigionare. Non si adegua all'agenda degli amici americani, ma confessa che l'urlo della base lo commuove.
    Per l'Ukip, in realtà, il problema non è guadagnare consenso, ma rappresentarlo. «È essenziale cambiare il sistema elettorale. Il 12 ottobre - aggiunge Campbell Bannerman presenteremo la nostra proposta, il cosiddetto AV plus, ovvero una correzione proporzionale all'alternative voting suggerito da laburisti. Con quel meccanismo avremmo almeno venti deputati». Con il maggioritario secco all'inglese non vanno da nessuna parte, come pure il Bnp: non sfonderanno mai la resistenza di laburisti, tories, libdem. «Il meccanismo elettorale first past the post ha reso la vita di Ukip e Bnp estremamente difficile. Sono votati alle europee perché il proporzionale li premia e gli elettori lo sanno». Tony Travers, politologo alla London School of Economics scinde con nettezza l'immagine del populismo inglese. «L'Ukip è nella tradizione prevalente della politica nazionale, il Bnp no. Sono entrambe forze che vanno a occupare quegli spazi ideologici lasciati vuoti da partiti che in realtà si muovono entro alternative programmatiche molto strette. Le differenze fra Miliband e Cameron sono poca cosa rispetto a quelle fra democratici e repubblicani in America. In quest'area trovano ossigeno partiti molto diversi fra loro. L'Ukip ha un solo focus: portare Londra fuori dall'Ue, di recente ha virato sull'immigrazione e su temi globali, ma sempre in chiave antieuropea. Le sue fortune, di conseguenza, sono inversamente proporzionali a quelle del dibattito sull'Unione. Più l'Europa si avvicina, più cresce il consenso per l'Ukip ma se, come oggi, Bruxelles è ai margini del dialogo interno, il consenso si affievolisce».
    S'allontana la "minaccia" e s'abbassano le armi. Un sillogismo che la crisi economica inglese potrebbe rendere d'improvviso imperfetto se, sull'onda dei tagli alla spesa, il malcontento popolare suggerisse di porre sotto la lente il contributo britannico all'Ue. L'Ukip ci conta e spera di apparire sempre più attraente agli occhi dei deputati conservatori. Le defezioni aiutano - due Lord sono passati dai ranghi Tory all'Ukip - quando il sistema elettorale nega un posto a Westiminster.


    OBIETTIVI E LEADER

    Diciassette anni di vita
    L'Ukip nasce nel 1993 dopo la cacciata della sterlina dal meccanismo di cambio europeo. Se Alan Sked, storico di fama, ne è stato il fondatore, Nigel Farage, 46 anni, eurodeputato è il profeta oggi più conosciuto, in lotta per la leadership con il compagno di partito David Campbell Bannerman. Farage, più che l'obiettivo di assemblare una forza politica compiuta, ha quello di portare Londra fuori dall'Unione
    Com'era verde il Surrey senza Ue - Il Sole 24 ORE
    Ultima modifica di carlomartello; 06-07-11 alle 16:55

 

 
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