La classifica dei migliori ex presidenti americani: Clinton ora piace a tutti. Più di Obama.
di Christian Rocca
Bill Clinton è tornato. Ed è forse il migliore degli ex presidenti degli Stati Uniti dell'era moderna. Assieme a George W. Bush, che se ne sta tranquillo nel suo attico a Dallas. La rivista Foreign Policy ha stilato una classifica dei migliori ex presidenti mondiali (primo Nelson Mandela), ma come se la cavano gli ex presidenti americani?
Dopo le dimissioni per il Watergate, Richard Nixon è stato un paria della società, riabilitato soltanto dopo la sua morte. Gerald Ford non si è mai ripreso dalla decisione di graziare Nixon. Ronald Reagan era troppo anziano e malato, negli anni post Casa Bianca. George Bush senior ha passato il testimone a suo figlio, una volta persa la rielezione nel 1992.
Clinton è un ex presidente diverso. La sua Clinton Global Initiative è considerata più prestigiosa della spenta e ormai screditata Onu. Ancora oggi offre ricette a Barack Obama per fermare i repubblicani. I democratici si affidano a lui per evitare l'annunciata sconfitta del 2 novembre. Hillary Clinton è la più apprezzata del team Obama, l'unica del gruppo di collaboratori a non aver creato problemi alla Casa Bianca. E' sempre più simpatico, spiritoso, a suo agio. Quando era in carica si tratteneva, anche se a volte no. Era sciolto, un natural, un talento naturale, ma doveva anche governare il mondo libero ed essere rieletto. Si preoccupava di piacere a tutti, aveva l'ossessione della legacy, dell'eredità politica che avrebbe lasciato al paese. Ora è più libero.
Il peggiore ex presidente è senza dubbio Jimmy Carter. I suoi quattro anni alla Casa Bianca (1976-1980) sono stati bocciati dagli elettori e dalla storia. Da ex presidente, se possibile, è anche peggio. Rancoroso, soprattutto. Un modello di come non si interpreta il ruolo. Nel 2002 ha vinto il Nobel per la Pace, ma non sempre i premiati sono stati scelti in modo lungimirante. Nessuno dei suoi successori, nemmeno quelli democratici, l'ha mai sopportato. Nessuno pensa di coinvolgerlo in operazioni umanitarie o bipartisan come è capitato ai due Bush e a Clinton. Carter ha spesso agito di testa sua, incontrando Hamas, frequentando Damasco e volando in Corea del Nord. Ha imbarazzato Bush senior e Clinton, Bush junior e Obama. Ha fatto politica estera, diversa da quella ufficiale, sfruttando il suo status di ex presidente, facendo irritare i suoi successori, facendosi strumentalizzare dai nemici dell'Ameroca.
Carter ha accusato gli americani di essere razzisti, costringendo Obama a ricordare che era nero anche prima di essere eletto. Ora si è addirittura scagliato contro Ted Kennedy, regolando vecchi conti tra avversari di partito. Kennedy è stato celebrato da Obama come il campione della riforma sanitaria in America, ma Carter sostiene che il senatore scomparso nel 2009 in realtà è il responsabile principale dell'assenza di un sistema sanitario pubblico.
George W. Bush, il secondo Bush, rappresenta il modello di ex presidente opposto a quello di Carter. Non interviene, non fa politica, non rilascia interviste. Obama e i suoi lo accusano di ogni male possibile, ma lui resta fedele al principio della non interferenza: il presidente è un altro, spetta a lui. L'ex è soltanto un ex. Non intralcia il lavoro del successore. A novembre uscirà il suo libro, ma Bush ha avuto cura di programmarne la pubblicazione a dopo le elezioni di metà mandato. Secondo le anticipazioni non sarà neanche un saggio storico utilizzabile nel confronto politico, ma un manuale sull'esercizio della leadership.
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