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    Predefinito Aria pesante tra Pechino e Tokyo

    Aria pesante tra Pechino e Tokyo



    In seguito alle crescenti pressioni esercitate da Pechino, il governo giapponese ha alla fine rilasciato il capitano del peschereccio cinese arrestato dopo uno scontro tra imbarcazioni avvenuto nelle acque di un arcipelago conteso tra i due paesi. La rapida escalation del confronto, provocato da un episodio apparentemente di scarso rilievo, ha però improvvisamente fatto emergere tutte le tensioni latenti tra i due vicini, nonostante la loro sempre più stretta interdipendenza economica.
    L’episodio scatenante la diatriba risale al 7 settembre scorso, quando il peschereccio del capitano cinese, Zhan Qixiong, sarebbe entrato in collisione con due pattuglie nipponiche nelle acque delle isole Diaoyu (Senkaku per i giapponesi), situate a poco meno di duecento chilometri a est di Taiwan, controllate da Tokyo e rivendicate dalla Cina. In seguito all’incidente, le autorità giapponesi avevano arrestato lo stesso capitano e i membri dell’equipaggio. Mentre questi ultimi sarebbero stati rilasciati poco più tardi, il primo è rimasto agli arresti, provocano sdegnate reazioni cinesi.
    Secondo Pechino, i giapponesi non potevano trattenere né processare un cittadino cinese arrestato in acque che la Cina ritiene rientrino nella propria sovranità. Da qui la richiesta di immediata scarcerazione. Per tutta risposta, una corte giapponese aveva emesso un ordine di custodia che prolungava la detenzione del capitano Zhan Qixiong di altri dieci giorni. I cinesi hanno allora alzato il livello dello scontro, affidando ad alcuni alti ufficiali una serie di dichiarazioni minacciose che preannunciavano possibili “serie contromisure” all’inflessibilità di Tokyo.
    A conferma della gravità del confronto, la Cina ha successivamente sospeso ogni contatto a livello governativo con il vicino, mentre il premier Wen Jiabao si è esplicitamente rifiutato di incontrare il primo ministro giapponese, Naoto Kan, nel corso dell’Assemblea dell’ONU della scorsa settimana. In ritorsione alla detenzione del capitano cinese, Pechino ha poi anche arrestato quattro cittadini giapponesi, accusati di aver filmato un’installazione militare nella provincia settentrionale di Hebei. Ancora più grave è stato infine, anche se negato da Pechino, il blocco delle esportazioni verso il Giappone delle cosiddette terre rare, minerali impiegati nella fabbricazione di sistemi elettronici fondamentali per l’industria aeronautica e bellica.
    Alle minacce cinesi, il governo nipponico ha risposto con dichiarazioni volte a gettare acqua sul fuoco, invitando il potente vicino a seguire la strada del dialogo per la risoluzione della crisi diplomatica. Pochi giorni più tardi è giunta così la liberazione del capitano cinese che ha potuto fare ritorno in patria. Quest’ultimo provvedimento, tuttavia, non ha posto fine al confronto, dal momento che la Cina ha rilanciato chiedendo le scuse ufficiali da parte del governo giapponese che si è però rifiutato di fare ulteriori concessioni a Pechino.
    L’intera vicenda esemplifica a sufficienza il dilemma nel quale si dibattono i vertici politici giapponesi nel fronteggiare il crescente peso cinese sulla scena asiatica e planetaria. La recente sfida interna al Partito Democratico giapponese tra il primo ministro Naoto Kan e l’ex segretario Ichiro Ozawa, ad esempio, si è giocata in gran parte proprio sull’atteggiamento da tenere nei confronti della Cina e sull’eventuale revisione dei rapporti con l’alleato storico, gli Stati Uniti.
    Il Giappone da qualche settimana ha perso ufficialmente il secondo posto nella graduatoria delle potenze economiche mondiali a beneficio della Cina, con la quale mantiene ormai intensissimi legami economici. Questa nuova realtà spinge dunque ampi strati dell’élite politica ed economica giapponese a chiedere un avvicinamento diplomatico a Pechino, a discapito delle relazioni con Washington.
    Parallelamente, rimangono fortissime le resistenze di quanti puntano a consolidare la tradizionale alleanza con gli Stati Uniti, senza cedere terreno all’allargamento dell’influenza cinese nel continente. D’altra parte, è estremamente probabile che l’irrigidimento giapponese sulla detenzione del capitano del peschereccio cinese sia stato in qualche modo appoggiato, se non suggerito, da Washington. Un’ingerenza quella americana che rientrerebbe in un disegno teso a esercitare pressioni sulla Cina su più fronti, all’interno di un’altra crescente rivalità che mette di fronte le prime due potenze economiche del pianeta.
    Se ufficialmente l’amministrazione Obama dichiara di voler mantenere ottimi rapporti sia con Tokyo che con Pechino, nei confronti cinesi sono state sollevate recentemente numerose questioni che hanno causato non pochi attriti. In primo luogo c’è la polemica attorno alla manipolazione della moneta cinese da parte delle autorità di Pechino per mantenere competitive le proprie esportazioni. A ciò va aggiunto il polverone diplomatico sollevato da alcune esercitazioni militari condotte dagli USA assieme alla marina sudcoreana nelle acque al largo della costa cinese e l’appoggio fornito dal Dipartimento di Stato americano ai paesi del sud-est asiatico nella contesa con Pechino di alcune isole nel Mar Cinese meridionale.
    Così, mentre nell’incontro all’ONU tra Obama e il premier cinese Wen Jiabao è stata sollevata con toni più o meno minacciosi la questione valutaria, che danneggia le esportazioni americane, il cordiale faccia a faccia con il capo del governo giapponese non ha nemmeno preso in considerazione l’intervento delle autorità monetarie di Tokyo che avevano appena provocato la svalutazione dello yen nei confronti del dollaro USA.
    Come ha ricordato lo stesso presidente Obama, l’alleanza tra Stati Uniti e Giappone rappresenta d’altronde “uno dei fondamenti della pace e della sicurezza mondiale”. In altre parole, Tokyo rimane un alleato fondamentale per gli obiettivi egemonici di Washington in Asia. Ciò, nonostante la saldezza dei rapporti fosse stata messa temporaneamente in discussione lo scorso anno, dopo la sconfitta elettorale del Partito Liberal-Democratico che aveva governato il Giappone praticamente in maniera ininterrotta per oltre mezzo secolo, assicurando la costante presenza americana in estremo oriente.
    Da parte sua, la Cina non sembra in ogni caso disposta a cedere sulle questioni relative ai propri interessi strategici, della sicurezza nazionale o dell’integrità territoriale. Una situazione che rischia così di alimentare ulteriori tensioni tra le prime tre potenze economiche mondiali in un’area tanto delicata per gli equilibri di potere dell’intero pianeta.



    Aria pesante tra Pechino e Tokyo, Michele Paris
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    Gli umori corrodono il marmo

  2. #2
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    Predefinito Rif: Aria pesante tra Pechino e Tokyo

    Quando u$rael vorrà attaccare la cina , manderà avanti il giappone , probabilmente .
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

  3. #3
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    Predefinito Rif: Aria pesante tra Pechino e Tokyo

    Citazione Originariamente Scritto da Freezer Visualizza Messaggio
    Quando u$rael vorrà attaccare la cina , manderà avanti il giappone , probabilmente .
    per scatenare l 'incidente tale da giustificare la guerra

 

 

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