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    Predefinito Governo, si alla fiducia!

    dalla redazione de IlGiornale.it - Le ultime notizie, attualità, politica, economia, meteo di mercoledì 29 settembre 2010, ore 209

    Roma - L’Aula della Camera ha confermato la fiducia al Governo con 342 sì mentre i voti a sfavore sono stati 275 e tre gli astenuti.
    I votanti, ha comunicato il vicepresidente di Montecitorio Bindi, sono stati 617 su 620 presenti.
    Raccogliendo 342 voti favorevoli contro 275 contrari, il governo ottiene sette voti in più rispetto ai 335 della prima fiducia che ottenne dalla Camera dei deputati il giorno dell’insediamento

    Granata convocato da Fini.
    I no alla fiducia alla Camera sono stati complessivamente 275.
    Attesi quelli di Pd, Idv, Udc, Api, del repubblicano La Malfa, del liberale Guzzanti e di Nicco dell’Union valdotaine.
    Contro anche i Liberaldemocratici Melchiorre, Tanoni e Grassano, che in un primo momento erano stati indicati come possibili sostenitori del governo.
    Due voti in dissenso rispetto al gruppo anche nel Fli: Mirko Tremaglia e Fabio Granata hanno pronunciato il loro no durante la chiama.
    Contro le indicazioni del gruppo di Fli, Fabio Granata ha votato no alla fiducia posta dal premier Silvio Berlusconi sulle risoluzioni.
    Per questo motivo il presidente della Camera ha convocato subito Granata nell’ufficio di Montecitorio.

    E lui:"Una reazione simbolica".
    "Ho votato contro la fiducia come reazione simbolica agli attacchi vergognosi a cui in questi mesi stato sottoposto il Presidente Fini sul piano politico e personale.
    Mi riconosco e condivido pienamente le posizioni del gruppo Futuro e Libert per lItalia, come espresse oggi in aula dal capogruppo Bocchino".
    Lo dichiara Fabio Granata.

    Il discorso del premier.
    Silvio Berlusconi, dopo il Cdm che autorizza la fiducia, si presenta puntuale a Montecitorio deciso a riscuotere il consenso per concludere la legislatura.
    In 54 minuti appelli alla "coesione nazionale" e a "mettere da parte l'odio".
    Tra i risultati in due anni e mezzo di governo e i cinque punti per il futuro.
    Con i capisaldi del federalismo, della diminuzione delle tasse, della riforma della giustizia (separazione delle carriere, processo breve, lodo Alfano), un piano per il Sud.
    Poi la mano tesa ai finiani ("Amarezza per le critiche aprioristiche" e "Legittimo il dibattito nella maggioranza") e un tentativo di convergenze con l'Udc (quoziente familiare, richiami alla bioetica e giustizia).

    "Troppo odio in Italia" .
    "Signor presidente (uno sguardo fugace a Fini, seduto dietro di lui) e signori deputati oggi il governo che ho onore di presiedere si rivolge al parlamento che è il luogo in cui la sovranità popolare trova la sua più alta espressione. I governi democratici traggono il loro buon agire dal consenso, tra parlamento e il governo non possono esserci contrapposizioni".
    Lo afferma il premier Silvio Berlusconi, nel corso del suo intervento in aula alla Camera.
    "C’è una simbiosi tra il governo e il parlamento sia pur nella distinzione dei ruoli. La minoranza deve avere rispetto per la legittiità della maggioranza e del governo".
    Poi un messaggio alla sua maggioranza:
    "Dobbiamo ripartire senza compromessi al ribasso. Si deve ripartire per dare un senso a questa legislatura che negli auspici di molti era considerata costituente. Ciascuno deve fare la sua parte, con senso di responsabilità e praticando il rispetto avversario al posto della faziosità. Lo dissi anche ad Onna: dobbiamo lasciarci alla spalle i residui della guerra fredda e degli schieramenti ideologici".
    Poi un'analisi della situazione politca:
    "C’è ancora troppo odio, l’Italia è vittima di un passato che non passa. E' indispensabile ritessere il filo della coesione nazionale. Finora si è vista un'opposizione spesso preconcetta, un linguaggio intriso di odio. In giro vedo troppo odio e la storia ha insegnato che spesso l’odio ha armato le mani delle persone. Tutti dovremmo esserne consapevoli e preoccupati".

    Due anni di riforme.
    Quindi il discorso del premier tocca i due anni di governo.
    "Abbiamo evitato i licenziamenti di massa, tutelato i lavoratori maggiormente colpiti rendendo più flessibile lo strumento della cassa-integrazione, esteso gli ammortizzatori ai lavoratori precari e a tanti altri come gli apprendisti, gli interinali. Il governo ha merito di non aver compiuto l’errore di aumentare il deficit con la spesa pubblica nell’illusione che questo avrebbe fatto ripartire la spesa pubblica - spiega il premier -. L’Italia aveva bisogno di rigore e lo abbiamo fatto tenendo in regola i conti pubblici".

    Federalismo e tasse.
    Il premier elenca i cinque punti del programma da attuare nei prossimi due anni e mezzo di legislatura. A partire dal federalismo fiscale.
    "Il federalismo fiscale è stato votato nel suo percorso non solo dalla maggioranza, ma da quasi tutte le forze di opposizione e non prevede la benchè minima ipotesi di divaricazione tra Sud e Nord: è vero il contrario. Il federalismo sarà la cerniera unificante del Paese e a vantaggio di tutte le aree e soprattutto del Sud".
    Quindi le tasse.
    "L’obiettivo del governo è ridurre la pressione fiscale e disboscare la grande giungla di un sistema fiscale rimasto invariato nelle sue parte fondamentali, fin dalla riforma dei primi anni 70, tenendo conto delle esigenze del bilancio pubblico e sulla base della lotta evasione: senza creare deficit il governo intende intervenire entro la legislatura al varo di norme con revisione su famiglie lavoro, ricerca. Resta fondamentale l’obiettivo del quoziente familiare, che si sta parzialmente sperimentando in una rete di comuni tra cui la Capitale".

    La giustizia.
    La riforma della giustizia è "una priorità per il Paese" continua Silvio berlusconi in aula.
    "Occorrerà intervenire sul Csm con la separazione delle carriere e l’introduzione della normativa sulla responsabilità dei magistrati che sbagliano.
    Occorrerà intervenire con la riforma costituzionale del Csm, con due organi giudicanti: uno per i magistrati inquirenti e uno per quelli giudicanti, con conseguente rafforzamento della separazione delle carriere. La giustizia è un pilastro fondamentale dello Stato di diritto. L’uso politico della giustizia è un elemento di squilibrio tra ordini e poteri dello Stato ed è dovere della politica ristabilire il primato che viene non da privilegi di casta, ma dalla volontà popolare. Intendiamo completare tutti i punti di una riforma complessiva della giustizia sia civile sia penale per dare efficienza al servizio ai cittadini affinchè sia assicurata parità tra accusa e difesa e affichè in un processo ci sia la tutela per le vittime che la garanzia per gli indagati".
    A proposito del "tema della ragionevole durata dei processi", che rappresenta una "piaga" per troppi cittadini in attesa di un giudizio definitivo, "il governo presenterà a breve un piano straordinario per lo smaltimento dei processi" e la "delega" per la riforma della magistratura ordinaria.
    In questo contesto "riteniamo indifferibile un ulteriore aumento delle risorse della giustizia".
    Poi il presidente del Consiglio caldeggia un lodo Alfano costituzione e sottolinea come "la Consulta ha riconosciuto che il sereno svolgimento" delle funzioni delle alte cariche dello Stato "costituisce un interesse apprezzabile che può essere tutelato in armonia con i pilastri" della Costituzione.

    Criminalità e sicurezza.
    Standing ovation dei deputati della Lega e del Pdl quando il presidente del Consiglio parlando della lotta alla mafia ha elogiato i risultati ottenuti dalla "squadra Stato".
    I deputati della maggioranza, a eccezione di quelli di Futuro e Libertà, si sono alzati in piedi e hanno fatto un lungo applauso che ha suscitato i dissensi dell’opposizione: dai banchi del Pd si è levato un sonoro "buu" e le proteste più animate sono state quelle del deputato Furio Colombo che è stato anche richiamato dal presidente della Camera.
    Poi il premier parla del futuro. Il governo varerà "un piano carceri" per "l’umanità della pena e la rieducazione" dei detenuti.
    E sul fronte della criminalità "non vanno dimenticati molti provvedimenti sul diritto sostanziale per meglio contrastare criminalità, in particolare quello sulla corruzione".
    Quindi il capitolo immigrazione:
    "Abbiamo ottenuto un grande risultato sull’immigrazione clandestina, con sbarchi ridotti dell’88%. Intendiamo proseguire nell’azione già intrapresa e intesificarla, favorendo nel contempo l’integrazione degli immigrati regolari".

    La situazione della maggioranza
    "Siamo convinti che il nostro governo in questi tre anni ha lavorato sodo e con risultati positivi, ecco perché, visti i risultati, viene da chiedersi perché sono sorte dentro la maggioranza distinzioni e divergenze che hanno portato deputati della maggioranza a staccarsi e fare un nuovo gruppo.
    Io ho sempre sostenuto che fermo restando l’intangibilità del programma tutto si può dibattere e migliorare. Sui problemi nuovi ci può essere un necessario e legittimo dibattito nei partiti della maggioranza" afferma Berlusconi intervenendo in aula.
    "È indubbio - aggiunge il Cavaliere - che la dialettica interna ha superato i limiti. Si è assistito a critiche aprioristiche al governo. La mia amarezza deriva soprattutto - osserva il premier - dal fatto che uno degli obiettivi più importanti del mio progetto politico è stato quello di riunire i moderati italiani in una unica grande forza politica".

    Andare avanti.
    "È assoluto interesse del nostro paese non rischiare in un periodo di instabilità una crisi. Occorre fare uno sforzo perché ciò non accada e moltiplicare l’impegno comune per portare a termine legislatura.
    Questo governo ha operato bene e non ci sono le condizioni per un’ alternativa adesso nell’interesse dei cittadini e di quello che è stato il loro mandato elettorale.
    Oggi è un passaggio delicato per la vita politica italiana che è affidato alla responsabilità di tutti.
    Per questo mi rivolgo all’intero parlamento al di là degli schieramenti". Berlusconi conclude così con un "appello a tutti moderati e riformatori e a chi condivide una visione di libertà della persona, dell’economia, della famiglia e del lavoro" il suo intervento in aula alla Camera, durato un’ora.
    Il premier si è rivolto in particolare a "tutte le forze più responsabili dell’opposizione" chiedendo che "valutino il programma senza pregiudizi".

    Quattro mozioni identiche.
    Sono quattro le risoluzioni presentate nell’aula della Camera sulle comunicazioni del presidente del Consiglio.
    Tutti e quattro i testi sono identici nel contenuto.
    Una risoluzione è firmata dal capogruppo Pdl, Fabrizio Cicchitto, una dal presidente dei deputati leghisti Marco Reguzzoni, la terza, a firma congiunta è di Italo Bocchino (Fli) e Carmelo Lo Monte (Mpa), la quarta di NoiSud.
    Su uno dei documenti verrà posta la fiducia.
    Il presidente del Consiglio deve ancora indicare su quale.
    I testi, comunque, molto probabilmente verranno votati insieme. Le risoluzioni recitano: "La Camera, ascoltate le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, le approva".

    La replica.
    "Abbiamo saputo tenere dritta la barra e mettere in sicurezza i conti pubblici" sottolinea ancora una volta Berlusconi nel corso della sua replica.
    "Malgrado tutto non abbiamo mai messo le mani nelle tache degli italiani" afferma il Cavaliere.
    "Mantenere le promesse per noi è una questione morale.
    La crisi economica non è completamente superata, il picco è alle nostre spalle. Per mandare avanti la nave Italia - osserva - dobbiamo remare tutti nella stessa direzione".
    Il presidente del Consiglio parla anche delle conferederazioni sindacali: "Non ci sono mai state discriminazioni".

    Appello ai moderati.
    Berlusconi non ha dubbi sul voto dei deputati della maggioranza e si appella a Pd e Udc: "Mi aspettavo e mi aspetto - dice - qualcosa di più dall’opposizione. Due grandi partiti come l’Udc e il Pd hanno il dovere politico e morale di dare una risposta all’altezza della gravità del momento. Se si limiteranno a slogan e sarcasmo, se faranno prevalere la tattica e non la responsabilità - aggiunge - verranno meno al compito di un’opposizione democratica. Mi auguro che non sia così".

    Nessuna compravendita.
    "È veramente paradossale che quando qualche parlamentare passi in un altro partito, questo sia eticamente valido e plausibile e quando invece qualche altro decide di votare questo governo si possa vendere tutto questo come calcio mercato.
    È inaccettabile e paradossale" afferma Berlusconi.
    "Il presidente del Consiglio - prosegue - si è permesso di telefonare solo a una parlamentare che partiva per la Russia. All’interno dell’Udc si è determinata una scissione di alcuni parlamentari che non si sono riconosciuti nella linea del partito ed sono andati da un notaio a costituire un nuovo gruppo.
    Questi parlamentari, se daranno il loro voto - conclude - non avranno un premio né un posto da sottosegretari".

    saluti

  2. #2
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    Predefinito Rif: Governo, si alla fiducia!

    Di Pietro a testa bassa: "Democrazia stuprata"!

    Roma - Già quando Fini annuncia il prossimo titolato a parlare, Antonio Di Pietro, l’aria si surriscalda, si temono show da Bagaglino.
    E il timore è azzeccato: dopo due parole la terza è un insulto. «Lei è uno spregiudicato illusionista, anzi un pregiudicato illusionista».
    Inizia un testo-contumelia, degno di un’osteria di Campobasso, che Tonino ha messo a punto durante gli interventi che lo hanno preceduto, testa bassa sul foglio per limare il fine ragionamento.
    Man mano che il climax di improperi procede, l’attenzione dai banchi del Pdl e Lega si sposta da Tonino a Fini.
    «Fai qualcosa! Fallo smettere!» urlano anche i leghisti.
    Di Pietro continua, come se fosse al Vaffa-Day di Grillo, non a Montecitorio.
    Si arriva all’altra trovata di Tonino, «lei è uno stupratore della democrazia», che rappresenta una novità nell’eloquio anti-Cav di Di Pietro.
    Gli aveva dato del nazista, del fascista, del dittatore sudamericano, del corruttore, del magnaccia, ma quella dello stupratore non gli era ancora venuta in mente («ma lo stupro della democrazia è quello che ha fatto Di Pietro», commenta il vicepresidente della Camera Antonio Leone).
    Un suggerimento di Franco Barbato, il pasdaran del dipietrismo che siede alla spalle del leader Idv e che è il nuovo ideologo del dipietrismo off limits?
    Forse. Allo «stupratore della democrazia» insorge l’Aula, ma non l’opposizione che pure è ancora indignata dalle battute di Bossi su SPQR. Solo i leghisti solo volgari, per Pd e dintorni.

    Ancora si urla al presidente della Camera di fare qualcosa.
    «Onorevole Di Pietro la prego di usare un linguaggio consono a quest’aula», dice Fini, al primo avviso.
    Quell’altro va avanti e vira sulla storia antica: «Fuori c’è un Paese che muore di fame, e lei è venuto qui a suonarci l’arpa della felicità, come faceva il suo predecessore Nerone mentre Roma bruciava.
    Quella stessa Roma che rideva come ride lei mentre i suoi amici barbari padani vogliono mandare al rogo l’unità nazionale».
    La storia dell’umanità secondo Tonino produce l’inevitabile: fischi, buuu, muggiti, urla di disgusto.
    Berlusconi lo guarda e unisce le mani come a dire: ma questo è fuori.
    Poi, sempre rivolto a Tonino, gli fa segno del matto, battendo il dito indice sulla sua tempia.

    Intanto il Tonino-Show va avanti. La gag successiva è questa:
    «Lei, signor Berlusconi, è un vero maestro. Intendo dire un maestro di massoneria deviata, un precursore della corruzione e della collusione di Stato». Altri boati, scampanellii di Fini, poi Di Pietro attacca sull’informazione, che il Cav controllerebbe «in modo criminale».
    Qui Fini è costretto a dare il secondo cartellino giallo: «La prego di usare termini che siano consoni al luogo in cui si trova, è ammessa ogni espressione non può essere tollerata l’ingiuria».
    Ma per la maggioranza è fin troppo morbido.
    Basta aspettare qualche secondo perché tutto crolli ancora in più basso.
    Di Pietro tocca il capitolo Montecarlo, Tulliani-gate e società off shore.

    Ovviamente, un’inchiesta promossa dai servizi deviati del Cavaliere, nella vulgata paranoica di Tonino, e che per giunta fa finta di scandalizzarsi di giochini con le società off-shore, di cui invece dovrebbe sapere tutto «l’imputato Berlusconi».
    È l’apoteosi, il Parlamento come l’Arena di Domenica in, come una puntata del Processo del lunedì, è troppo.
    Berlusconi si alza e si gira verso Fini. Gli dice qualcosa facendo un gesto con le mani che si può tradurre così: ora basta, digli qualcosa.
    Intanto l’aula è sommersa dalle urla e grida, tra leghisti e pidiellini molti scattano in piedi e dicono qualcosa all’indirizzo di Di Pietro.
    Una baraonda.
    Fini interviene, ma non contro Tonino: «Vi ricordo che siamo in diretta televisiva, vi invito, a partire dall’onorevole Di Pietro, ad usare un linguaggio consono. E prego la parte destra dell’emiciclo di mantenere la calma».
    Altro che calma, siamo prossimi alle mazzate.
    Anche perché Di Pietro, invece che calmarsi, si scalda ulteriormente.
    Parla di parlamentari «disperati» che Berlusconi avrebbe «chiamato a casa sua per offrire prebende e minacciare imbarazzanti rivelazioni», Fini interrompe e lo richiama all’ordine per la seconda volta, mentre per la seconda volta Berlusconi si gira verso di lui protestando.
    Il Di Pietro-show si chiude, l’osteria riapre domani.

    Paolo Bracalini a pg. 5 de ilgiornale.it 30 09 2010

  3. #3
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    Predefinito Rif: Governo, si alla fiducia!

    Di Pietro, c'è un teppista alla Camera.

    Massimo de Manzoni

    Poi, alle 17,24, nell'emiciclo della Camera si alza dallo scranno un invasato che, leggendo dei fogli spiegazzati e incespicando nelle parole, sbavando, strabuzzando gli occhi e gesticolando come fosse in osteria, sputa insulti e contumelie che blandemente il presidente Fini finge di stigmatizzare, lasciandolo comunque blaterare. E mentre Di Pietro si avvia a concludere la sua esagitata concione, ti chiedi come a qualcuno possa essere venuto in mente di farne
    l'unico alleato del principale partito d'opposizione.
    E come qualcuno, anche oggi, possa essere disposto a partecipare con lui a un governo; tecnico,balneare, a scadenza, scaduto o come diavolo volete chiamarlo.

    Poco dopo le fatidiche cinque del pomeriggio, ieri in Parlamento si è esibita non l'antipolita, ma la negazione della politica.
    Lo spettyacolo di un uomo spaventato che urla più che può per non far percepire agli altri la sua paura.
    Di un padroncino di partito che finora ha campato, e bene, grazie alla evanescenza del resto della opposizione, spacciandosi, con grande sprezzo del ridicolo, per il custode unico della legalità.
    Adesso si vede insidiato da due degni compari che, a loro volta senza averne nessun titolo, minacciano di scippargli la ragione sociale.
    Stretto tra Grillo da una parte e Fini dall'altra, il trattorista molisano fiuta il pericolo e fa quel che sa fare meglio: strilla ed insulta.
    Tanto glielo lasciano fare.

    a pg. 5 de ilgiornale.it 30 09 2010

    saluti











































































































    ica

 

 

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