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Discussione: Brexit svizzera?

  1. #491
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Considerazioni sul nuovo libro di Paul Widmer "La Svizzera è diversa - o non è più la Svizzera"
    di Erika Vogeli

    Paul Widmer non lascia dubbi sul fatto che la Svizzera è un caso speciale, è diversa dagli altri paesi, ha subito uno sviluppo speciale – e come tale è stata percepita dall'esterno sin dai suoi inizi e fino ad oggi.
    L'autore - storico, ex ambasciatore e docente - lo mostra storicamente sulla base di un'ampia conoscenza della storia e della letteratura, ma in una forma che accompagna il lettore in una divertente passeggiata attraverso i secoli. Chiunque metta da parte il libro dopo averlo letto è felice che l'autore abbia messo in pratica il suo piano, nonostante il suo scetticismo sulle possibili reazioni a "un altro saggio sulla Svizzera". Certo, molto è già stato detto sulla Svizzera, ma la voce di Paul Widmer è speciale a modo suo, perché combina ancora una volta, e forse un po' più chiaramente del solito, un atteggiamento etico di base nei confronti della questione del potere con il suo ampio background storico, politico e filosofico.
    Sono sei gli aspetti che Paul Widmer riprende per spiegare lo sviluppo particolare della Svizzera, la sua differenza: la Svizzera come modello, in termini di nome, come concetto, nazione, come Stato e in termini di neutralità.

    La provocazione del percorso indipendente

    Come modello, la Svizzera è "un testimone idiosincratico di possibilità alternative di esistenza statale" (p. 11), la cui "indipendenza è provocatoria" (p. 12). È affascinante come Paul Widmer respinga le affermazioni dispregiative sul presunto mito della Svizzera sulla base di un'ampia varietà di percezioni esterne: dalla sua formazione e nel corso di tutti i secoli di esistenza della Confederazione, filosofi, politici, storici, poeti e pensatori hanno commentato questa struttura, sostenitori e oppositori. Ciò che li accomuna, nonostante i pareri opposti, è la tenacia con cui la Svizzera ha difeso e mantenuto la sua indipendenza; più libertà, meno asservimento. Dove alcuni, come Hegel, che liquidavano la sovranità popolare come una "idea selvaggia", altri la definivano una "anomalia" o non avevano una grande opinione degli svizzeri perché erano "animali per natura, ostili ai principi, ribelli che hanno a lungo disobbedito ai padroni", altri sono rimasti colpiti dalla società democratica e dalle libertà che preservava. I grandi dell'Illuminismo: Voltaire, Diderot, Montesquieu, Rousseau – tutti le hanno reso omaggio. Lo hanno fatto senza esagerazione entusiastica e non per fasto o grandezza esteriore, ma proprio per la sua differenza: per più libertà, più restrizioni sulle strutture di potere. Per il fatto che non era uno stato dominante, ma un'alternativa cresciuta dal basso, tenuta insieme dalla volontà di libertà. "Certamente", scrive Widmer, "chiunque idolatra i grandi, i potenti e gli elitari, sarà deluso dalla Svizzera". (p. 14) Al contrario, si potrebbe concludere che coloro che apprezzano il coraggio di essere diversi, coloro che preferiscono servire la gente e servire il bene comune, difficilmente saranno presi dalla stupidità disprezzando la mancanza di gloria.

    Nomi - non la cosa più importante

    La Svizzera si distingue anche per la sua denominazione, per così dire: nessun paese manifesta una tale incoerenza nella sua denominazione come Svizzera - sebbene "la" Svizzera (per favore con l'articolo!) sia ben nota in tutto il mondo, il suo nome ufficiale è Confederazione Svizzera o Conféderation suisse, Confederazione Svizzera o Confederaziun svizra. “Certo, non c'è posto dappertutto per così tante lettere. Pertanto, nel 1848, la designazione latina «Confoederatio Helvetica» fu creata come compromesso linguistico neutro. Helvetia, la designazione storica di epoca romana derivata dal nome della tribù degli Elvezi, fu sovraccaricata dal dettame di Napoleone, ma si trova poi come designazione del paese per francobolli che non recano Svizzera, Suisse, Svizzera, Svizra,
    Anche qui si affermarono la democrazia, il federalismo e l'importanza del multilinguismo. L'attenzione non era su una dimostrazione centralistica del potere o sull'imposizione di esterni, ma sul mantenimento del comune: "La cosa principale", riassume Widmer, "è che lo stato faccia ciò per cui è stato creato: sicurezza e prosperità per i suoi cittadini". (p. 38) O ancora più chiaramente: “I nomi sono fumo negli occhi. Qualcosa per esseri ossificati, qualcosa per coloro che vogliono assicurarsi il loro potere in declino con la protezione del brevetto.» (pag. 38)

    La libertà richiede responsabilità personale

    Nelle sue osservazioni sul concetto di Svizzera – che “evoca certe idee” a cui si associa un certo corpo di pensiero (p. 47) – Widmer si occupa più in dettaglio del concetto di Confederazione: fa così da contrappunto ai resoconti storici decostruttivisti, secondo i quali la storia della fondazione della Confederazione è un mito. La storia del termine mostra che il termine Confederazione – un singolare collettivo, come spiega Widmer – doveva esistere già nel 1370. Tale singolare collettivo non sorge a breve termine, ma solo dopo l'origine di ciò che si intende con esso. E anche qui si riferisce allo speciale che è anche coperto dal termine. “Quello che è successo intorno al 1300 nelle Alpi svizzere è stato estremamente sorprendente. In tutta Europa, i principi estesero la loro sovranità e formarono stati dinastici dall'alto. Nella Svizzera originaria, invece, accadde esattamente il contrario. I contadini si unirono per difendere le loro libertà. Queste non erano libertà individuali, ma privilegi collettivi acquisiti come comunità". (p. 51) La comunità ebbe un ruolo decisivo, perché "non si usava il giuramento per rendere omaggio a un nobile sovrano, come altrove. Era per la tua stessa comunità". (p. 52) Circostanza che, però, significava anche responsabilità personale di ciascuno: Prendere in mano il destino richiede anche la partecipazione responsabile di ciascuno. Invece della subordinazione, "nello Stato cooperativo-municipale deve necessariamente entrare in gioco il principio di classificazione, la volontà generale di condividere la responsabilità", Widmer cita a questo punto Adolf Gasser. (p. 53) Se questa volontà di assumersi la responsabilità di se stessi e la disponibilità a partecipare attivamente diminuiscono, Paul Widmer ci avverte, altrettanto inequivocabilmente, che pagheremo in una valuta diversa, perché: “Dove il cittadino abdica, il burocrate si espande – e un pezzo di libertà se ne va”. (pag. 113)

    Svizzera – la nazione della volontà come contrappunto

    La Svizzera è anche un'alternativa provocatoria di nazione: Widmer la definisce come un gruppo più ampio di persone che si sentono collegate tra loro attraverso somiglianze e differiscono dagli altri. Paul Widmer la descrive come una nazione ‹avant la lettre›, nata come nazione prima dell'introduzione di questa designazione: «Molto prima che il termine ‹nazione› nascesse come legame tra Stato e popolo, era costituita come nazione attraverso un forte sentimento di unione. Avant la lettre. Ma il loro elemento unificante non è il linguaggio, ma la volontà di libertà» (p. 60) - la volontà di mantenere il cammino indipendente, tenuto insieme dal «desiderio di governarsi in libertà» (p. 61). La Svizzera quindi doveva e deve offrire ai suoi cittadini maggiore libertà e autodeterminazione, che poteva garantire rispetto alle monarchie circostanti, ma anche grazie ai diritti democratici diretti e alle strutture federaliste. Tuttavia, aggiunge l'avvertimento: "Se la Svizzera un giorno perdesse questo plus in libertà, il suo diritto di esistere come nazione sarebbe in cattive condizioni". (p. 61) Svizzera – come cita Max Huber, “grande esperto di diritto internazionale e per molti anni Presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa(ICRC)», – è una nazione politica, basata né su una lingua comune né su un'etnia, «ma su esperienze comuni e sulla volontà di dominare insieme il presente e il futuro». (p. 62) Una nazione di volontà. O riferendosi al francese Ernest Renan “un plébiscite de tous les jours” – un referendum quotidiano. "Il fatto che la Svizzera sia sopravvissuta come nazione di volontà" - lo riferisce anche Widmer riferendosi alla storia più antica e più recente - "è tutt'altro che scontato". Ripetutamente minacciate dall'esterno e dall'interno, la loro esistenza è stata spesso appesa a un filo sottile. Widmer menziona diverse sfide critiche sulla strada per lo stato odierno. Ma una cosa gli è chiara: «Sbagliano quegli avvocati che spiegano principalmente la Svizzera moderna in termini di spirito della Rivoluzione francese, e anche quegli storici che sottolineano principalmente la discontinuità tra la Costituzione federale del 1848 e la vecchia Confederazione svizzera. La Svizzera deve la sua coesione nazionale a un misto di idee illuministiche e della vecchia concezione svizzera della libertà». (pag. 68)

    Dichiara di sì, ma per favore non troppo

    Vale la pena considerare anche le osservazioni di Widmer sulla Svizzera come stato - si potrebbe anche dire il rapporto tra i confederati svizzeri e il loro stato: nel loro atteggiamento nei confronti dello stato in generale mostrano una peculiare miscela di patriottismo e sobrietà. Amano il loro paese, ma non necessariamente lo stato". (p. 79) Lo stato nel senso di potere regolatore è considerato piuttosto un "male necessario" (p. 73). Fin dalla sua creazione, qualsiasi concentrazione di potere è stata vista con sospetto e scetticismo ed evitata quando possibile. Da un lato, il potere è stato diviso verticalmente tra Confederazione, Cantoni e Comuni, cercando sempre di mantenere il maggior margine di manovra possibile al livello inferiore, più direttamente accessibile ai cittadini, e di delegare al Cantone o alla Confederazione solo ciò che non poteva essere risolto al livello inferiore. Inoltre, con l'emergere dello Stato federale, anche il potere a livello politico è stato suddiviso orizzontalmente nei ben noti poteri statali di legislativo, esecutivo e giudiziario. Ma non è tutto: a livello comunale, cantonale e federale, gli organi governativi agiscono come consiglieri - non è un solo individuo che può decidere, anche qui il potere è condiviso.
    La forma svizzera del federalismo è certamente un aspetto centrale di questa divisione del potere, e Paul Widmer si riferisce qui anche al contesto storico interno: il federalismo come principio di ordine è relativamente giovane. “Vecchio, invece, è l'autonomia comunitaria, l'autogoverno nelle piccole comunità. È il substrato su cui crescono le idee federaliste». (p. 78) E questo ha anche accresciuto ciò che gli svizzeri “considerano essere l'essenza del loro stato: un massimo di libertà e indipendenza. Sono orgogliosi di questo, della democrazia vissuta”. Il potere dello Stato, invece, tende a provocare disagio. Tuttavia, questo scetticismo di stato deve essere considerato insieme alla consapevolezza della responsabilità personale. In effetti, siamo tutti lo stato. O eravamo noi? Anche qui Paul Widmer vede la necessità di pensare e riflettere. "La comprensione scettica dello stato, che cerca di rallentare l'attivismo statale con responsabilità personale, si è indebolita ma non si è ancora estinta". (pag. 82)

    Considerazioni sulla neutralità

    Widmer vede anche la neutralità come una "storia di successo in pericolo". La sua importanza risulta evidente, tra l'altro, nel mandato della Dieta ai delegati svizzeri per il Congresso di Vienna del 1815: essi dovevano garantire la neutralità della Svizzera, «base della sua indipendenza politica e della sua sicurezza militare» (citato a p. 86). Come mostra un passaggio di storia da allora, il concetto di neutralità è stato più volte messo in discussione: dalle grandi potenze perché ostacola il loro cammino, in casa da chi si sente limitato nell'esercizio del proprio potere. Sì, la neutralità "limita il margine di manovra della politica estera del governo" (p. 15).
    Nonostante tutte le difficoltà, Widmer sostiene che è “ovvio che la neutralità come mezzo per proteggere l'indipendenza nazionale ai sensi del diritto internazionale nei conflitti tra paesi terzi non è giunta al termine. Il frequente fallimento delle organizzazioni mondiali nel risolvere i conflitti legittima ancora e ancora la neutralità". (p. 95) L'unico capitale della neutralità è la “credibilità. Devi acquisirlo in tempo di pace con una politica prevedibile per averlo in guerra". (p. 99) Tuttavia, né l'adesione al Partenariato per la Pace né considerazioni più recenti come quelle formulate nel rapporto integrativo al rapporto del Bundesrat sulle questioni di politica di sicurezza servono a questo scopo. Esercitazioni congiunte con la NATO o il loro diritto a verificare l'interoperabilità dell'esercito svizzero, non sono misure di rafforzamento della fiducia per la neutralità svizzera. "Alla fine, rimarrebbe solo il nome."
    Paul Widmer replica ai propagandisti di una politica di “neutralità” attivista – partigiana – che alla Svizzera non è stato affidato un ruolo giudiziario nella politica mondiale dagli altri Stati. Piuttosto, dovrebbero "scendere dall'alto piedistallo della superiorità morale" (p. 99). E ricorda che la Svizzera era ed è ben consapevole del suo grande privilegio di essere stata risparmiata dai conflitti militari. Ha sempre cercato di compensare questo privilegio con un impegno speciale: nell'area del diritto internazionale sostenendo il CICR, politicamente attraverso i buoni uffici e a livello umanitario attraverso generose misure di aiuto in situazioni di calamità o di guerra.
    Paul Widmer vede ancora oggi un'opportunità per "conciliare gli interessi legittimi di un piccolo stato con i requisiti strategici per la pace in una politica affidabile di neutralità, anche nel 21° secolo".
    Il bene comune, la popolazione non solo nel proprio paese, sarebbe servito al meglio in questo modo, perché, secondo Widmer in un altro luogo: "La gente ha avuto il desiderio di assicurare la pace con abili precauzioni statali da tempo immemorabile". (pag. 23)

    Essere diversi: una prospettiva in cui vale la pena vivere

    Paul Widmer non si preoccupa di mettere in risalto la Svizzera: la modestia gli si addice di più. Un pudore, però, che si basa su una sana immagine di sé. I suoi scritti ci ricordano che noi stessi dobbiamo sapere cosa abbiamo nella nostra democrazia, nel nostro federalismo, nella nostra neutralità, nella nostra cultura politica. Il riconoscimento è bello, se si basa sul rispetto per l'indipendenza dell'altra persona. Ma se ti concentri solo sull'essere riconosciuto dagli altri, ti mancheranno la stabilità interiore e la fermezza nelle prime avversità della vita.
    Il saggio di Widmer è un inequivocabile appello alla Svizzera, alla sua conservazione, ma anche un chiaro promemoria del fatto che non abbiamo semplicemente ciò che abbiamo ottenuto, ma dobbiamo preservarlo se vogliamo conservarlo. La Svizzera non esiste solo così: dobbiamo volerla e dobbiamo fare qualcosa al riguardo.
    Più coraggio per essere diversi, ciò significa rimanere se stessi, meno sforzi per l'armonizzazione e il plauso, cittadinanza più impegnata - che non danneggia né l'individuo né la comunità. Non dobbiamo spacciare quello che abbiamo sulla nostra terra in modo missionario. Ma consapevoli di ciò che la Svizzera ha significato nella storia semplicemente per la sua esistenza - una confederazione dal basso, in cui il principio giuridico ha potuto affermarsi sul principio del potere - nella consapevolezza del perché questi inospitali "macigni" (Voltaire) hanno acquisito un posto nella storia del mondo, il coraggio di essere diversi è una prospettiva più che vivibile. Anche se alla Svizzera mancano le apparenze esteriori di grandi potenze basate sulla violenza, esiste come messaggio inequivocabile: un'alternativa è possibile.
    Paul Widmer (1949), ex ambasciatore, diplomatico dal 1977 al 2014, con incarichi tra cui a New York, Washington, Berlino, Zagabria e la Santa Sede, Docente di Relazioni Internazionali all'Uni-St. Gallen (2011-2018), editorialista ospite per NZZ am Sonntag (2016-2021). Autore di diversi libri politici e storici, tra cui La legazione svizzera a Berlino (1997), La Svizzera come caso speciale (2007), Diplomazia. Un manuale (2a edizione 2018) e il consigliere federale Arthur Hoffmann. Rise and Fall (2017), tutti pubblicati da NZZ Libro.
    https://www.zeit-fragen.ch/archiv/20...zum-anderssein
    (originale in tedesco)

    « Dove il cittadino abdica, il burocrate si espande – e un pezzo di libertà se ne va. »

  2. #492
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    L'Unione europea va oggi ristrutturata?

    Di questo avviso sono i Governi di Germania e Francia che all’inizio dell’anno hanno incaricato 12 loro esperti di analizzare le inefficienze della struttura europea e proporre possibili rimedi.
    Che l’UE sia inefficiente non penso sia da dimostrare. Comunque per non venir accusati di partito preso elenco due esempi macroscopici.

    Il primo richiamando le mete prefissate dal Consiglio europeo di Lisbona nel 2000. Gli eurocrati assistiti dai loro Paesi e sotto la presidenza di Barroso decretano che l’UE deve diventare in 10 anni la zona economica più efficiente per la concorrenzialità, essere all’avanguardia nella scienza, contando su un incremento annuale dell’economia del 3% in un quadro di piena occupazione. Il desolante risultato dopo vent’anni, sotto gli occhi di tutti, è fallimentare sia per la pretesa di dominare il settore della scienza, dove siamo a traino, con una concorrenza sempre più ostacolata dai voleri della burocrazia europea, dimentichiamo poi lo sviluppo economico e la piena occupazione. Credo fosse di Mina la canzone: “Parole, parole, parole….”.
    L’inefficienza, con i contrasti, la mancanza di una politica unitaria e condivisa e che dia soprattutto risultati in materia di immigrazione, alla base del caos odierno, riempie le pagine dell’attualità. Qualcosa di inaspettato, talmente inatteso da non potersi preparare? Sicuramente no, ho partecipato ad un convegno su questo tema tenutosi a Venezia nel 1992, trent’anni fa!

    Quando non sanno risolvere i problemi, governi e burocrazia finché possibile li ignorano (magari con una patina di spocchiosa sufficienza), poi cercano di procrastinarli, rinviandoli alle generazioni future. Germania e Francia riconoscono apertamente che l’UE è inefficiente e va ristrutturata ma la circostanza non deve illudere. L’inefficienza alla quale vogliono porre rimedio non è quella sotto gli occhi di tutti, ma quella che non permette loro di comandare senza ostacoli.

    Chi si fosse illuso che alla base delle preoccupazioni vi fossero riflessioni a proposito di un’istituzione profondamente divisa su problemi centrali, che ha mortificato la concorrenza tra i sistemi, ignora la sussidiarietà, privilegia la burocrazia centralizzata rispetto ad aspetti di legittima sovranità, ha preso una cantonata.
    La ristrutturazione alla quale Germania e Francia aspirano è sostanzialmente volta a creare le premesse perché esse possano comandare meglio e imporre più facilmente le loro volontà.

    Le due nazioni sul piano mondiale hanno perso peso e autorevolezza. Già De Gaulle aveva capito che per avere una certa influenza internazionalmente si deve guidare e parlare a nome dell’intero Continente europeo. A questo tende la modifica presentata nell’interesse dei due Stati proponenti ed evita per contro di riesaminare i sostanziali errori della struttura, partita bene con il Trattato di Roma ma deformatasi sempre più negli anni.

    Con la loro proposta vogliono l’abolizione del principio di unanimità, unica difesa dei piccoli Stati, anche se talvolta usata pretestuosamente. Ridurre il numero di Commissari, e qui hanno ragione anche se si presentaun problema di equilibrio. Infatti da una prima lettura sembra che con un gioco di commissioni importanti e meno importanti, quest’ultime finiranno nelle mani degli Stati meno influenti.
    Ad un primo esame si desume che lo studio si schiera a favore di un’Europa a più velocità e cerchi. Vale a dire con un gruppo di Stati molto integrati, uniti, e pronti a rinunciare a notevoli spazi di autonomia e sovranità a favore dell’Unione. Altri legati ma in modo meno stretto e meno pronti a cedere competenze, ma interessati a collaborare istituzionalmente in alcuni campi ed infine un giro di membri associati.

    Questa apparente spinta federalista è illusoria, perché gli Stati che non intendono far parte del nucleo centrale, saranno ammessi negli altri cerchi a condizione di accettare e rispettare i valori istituzionali fissati da Bruxelles, e la possibilità di sanzionare Stati renitenti viene facilitata. Infine il bastone e la carota: sussidi a Stati più deboli sì, ma a condizione che aderiscano e rispettino principi e valori fissati dal potere centrale.

    Un’occasione persa di dare al Continente europeo una struttura che rispetti le autonomie ancorate nelle profonde radici storiche, quelle diversità che costituiscono un valore, quella competizione che nel passato ha permesso i successi della nostra cultura, che eviti il ritorno, sia pure in versione moderna, a mentalità di dimensione imperiale.

    La Storia d’Europa è caratterizzata dal succedersi del tentativo di una delle grandi potenze europee di ottenere l’egemonia sul Continente. Dal 1500 via, prima la Spagna, poi la Francia, poi la Germania (e Austria), con interventi della Russia degli Zar e comunista, si sono battute, con una serie di conflitti, per dominare il Continente. Sia pure con scadenze secolari queste mire imperiali sono tutte fallite.

    Peccato che Germania e Francia non sappiano staccarsi da concezioni (anche se aggiornate) di un imperialismo politico. Il tentativo fallirà come quelli che lo hanno preceduto.
    https://www.cdt.ch/opinioni/commenti...tturata-329996

  3. #493
    Disilluso cronico
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    .
    L'ultimo uomo ad essere entrato in Parlamento con intenzioni oneste.

    Non basta negare le idee degli altri per avere il diritto di dire "Io ho un'idea". (G. Guareschi)

  4. #494
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Non più di quel tanto, i numeri sono simili a quelli del 2015. Ma in effetti il momento è ben più delicato, l'UE ed i suoi sostenitori stanno cercando di riproporre l'accordo quadro bocciato due anni fa, quando gli euroforici disponevano di numeri ben più alti in Parlamento...

    P.s.: ho aperto un thread "elettorale", se t'interessa.

  5. #495
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    meno che zero!
    cercheranno di dare l'ossicino al Popolo con qualche sconto sulla cassa malati e nulla piu'!
    Ed il Ticino sara' sempre piu' la gruviera della Svizzera con strade da quarto mondo e centinaia di cantieri a carico del contribuente!
    Possiamo concludere che tutto il peggio che succede in Italia e' dovuto alle elites PD ed al vaticano?
    Stupri, attentati, invasione, fallimenti, disoccupazione, emergenza sociale, denatalita',violenza verbale , suicidi, omicidi....

  6. #496
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Negoziati con l'UE e protezione dei salari: i sindacati sono preoccupati
    I primi colloqui tra Svizzera e Unione Europea per rilanciare gli accordi bilaterali inquietano i sindacati svizzeri, che temono una riduzione della protezione dei salari.

    Dopo la rottura da parte della Svizzera dei negoziati sull'accordo istituzionale nel 2021, Berna e Bruxelles stanno esplorando delle strade negoziali per rinnovare i trattati esistenti e completarli con un nuovo pacchetto, al fine di uscire dallo stallo attuale.
    L'andamento delle discussioni con la Commissione europea è però fonte di preoccupazione per i sindacati. Secondo l'Unione sindacale svizzera (USS) e Travail.Suisse si sta delineando un programma di liberalizzazione.

    Nei colloqui preliminari, hanno sostenuto in una conferenza stampa lunedì a Berna, l'Amministrazione federale ha accettato una riduzione della protezione dei salari e un indebolimento del servizio pubblico.
    I lavoratori e le lavoratrici distaccate in Svizzera dall'estero non riceveranno più il rimborso delle spese previsto dalla Confederazione. Gli strumenti sanzionatori, come la cauzione e il divieto di fornire servizi, perderebbero il loro effetto. I sindacati chiedono al Governo federale di correggere questi errori. Inoltre, criticano il fatto che le aziende e i dipendenti svizzeri si troverebbero in una situazione di svantaggio competitivo e che quelli stranieri verrebbero discriminati.

    Il principio della "parità di retribuzione per lo stesso lavoro nello stesso luogo" rischia di essere annacquato, ha dichiarato Vania Alleva, presidente del sindacato Unia, secondo la versione scritta del suo discorso. E non si tratta affatto di "noccioline", ma di quote salariali molto consistenti per gli interessati. Ancora oggi, i lavoratori distaccati devono spesso guadagnarsi da vivere in condizioni molto precarie: "Non vogliamo un ritorno alle condizioni dei tempi dello statuto dei lavoratori stagionali", ha aggiunto.
    Secondo il capo economista dell'USS, Daniel Lampart, se il principio di proporzionalità definito dall'UE si applicasse ora alla protezione dei salari, questa sarebbe più subordinata all'accesso al mercato. Sotto vari aspetti, anche i meccanismi di controllo e di sanzione svizzeri contro il dumping salariale risulterebbero indeboliti.

    Non solo salari

    I sindacati temono anche una minore offerta di elettricità e di trasporto ferroviario alla popolazione. Secondo loro, l'adozione della legge europea in questi settori, come richiesto dalla Commissione europea, significherebbe la completa liberalizzazione del mercato dell'elettricità per i piccoli clienti e l'accesso al mercato per le compagnie ferroviarie come Flixtrain nel trasporto internazionale di passeggeri.
    Gli elettori e il parlamento svizzeri hanno ripetutamente chiarito che vogliono mantenere l'attuale sistema di trasporto pubblico", ha dichiarato Matthias Hartwich, presidente del Sindacato del personale dei trasporti (SEV). In Europa, la liberalizzazione delle ferrovie ha generalmente portato a servizi più scadenti, a condizioni di lavoro peggiori, a scarsa puntualità e a inaffidabilità: "La gente non vuole condizioni come quelle presenti in Germania".
    Il Consiglio federale dovrebbe presentare il suo mandato negoziale a dicembre o gennaio e inviarlo ai due comitati di politica estera e ai Cantoni per la consultazione. A seconda dell'esito, i negoziati potrebbero iniziare il prossimo febbraio o marzo.
    https://www.tvsvizzera.it/tvs/negozi...upati/48956778

    « Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi. »
    Albert Einstein

  7. #497
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    L'ostilità reiterata dell'Unione europea

    Vi è ostilità tra due poteri istituzionali, due nazioni, quando uno di questi o entrambi hanno pretese nei confronti dell’altro che, se accettate, porterebbero pesanti conseguenze negative per la parte soccombente.
    Le motivazioni delle richieste dell’UE nei confronti della Svizzera sono facilmente intuibili. Al centro dell’UE c’è un Paese che più europeo di così non si può ma che non vuole farne parte. La Svizzera interessa molto all’UE. Paese poco indebitato, a differenza della maggior parte dei suoi membri, un’interessante aggiunta alle poche nazioni contribuenti, di fronte alle numerose pesantemente sussidiate, un’oasi per coloro che aspirano a lavorare in condizioni salariali e sociali invidiabili, infine un mercato molto importante. La collaborazione economica sarebbe risolvibile con un accordo tipo quello tra l’UE e il Canada (CETA) ma ciò è impossibile per il rifiuto di Bruxelles che pretende una soluzione nella quale vigono le leggi da lei emanate e in sostanza direttamente o indirettamente la giurisdizione del proprio tribunale.

    Poi il tutto è accompagnato da contorcimenti lessicali con plurinterpretazioni e pseudo schermi ma il nocciolo è di obbligare la Svizzera a piegarsi. L’UE a tal fine mette in atto le sue ostilità. Dal 2018 l’UE ridicolmente nega l’equivalenza alla Svizzera vietando ad operatori europei di comprare e vendere titoli elvetici o esteri alla Borsa di Zurigo. La Confederazione ha reagito con opposte misure. In conclusione, un autogol che non ha comportato perdite per la nostra Borsa. Ciò non importa al burocrate UE, non si sente impegnato a fare l’interesse delle economie degli Stati membri, ma ad imporre le proprie decisioni e regolamenti. L’UE ha poi escluso le università svizzere dal fondo di ricerca Horizon. Dal 2021 non si possono più dirigere progetti europei o ottenere borse di studio per la ricerca. L’esclusione di istituti accademici svizzeri che figurano ai primi posti nelle classifiche mondiali impoverisce Horizon. Ciò non impensierisce Bruxelles. Per i prodotti Biotech una ditta svizzera deve avere un EUREP (rappresentante) in uno Stato dell’UE. Può essere una filiale o un ufficio che esercita tali funzioni. Un voluto intralcio burocratico che crea costi per tutti, consumatori inclusi. Le ostilità sono spesso figlie dell’acredine piuttosto che dell’intelligenza.

    Oltre a ciò l’UE batte cassa. I 2,6 miliardi di franchi versati negli ultimi 20 anni non bastano. L’UE esige un fisso annuale per l’accesso al mercato comune che è stato ipotizzato nell’ordine di 400 milioni di franchi. Da discutere, ma preoccupa meno una «taglia» che la rinuncia ai propri diritti.

    Spesso si soccombe per debolezza del fronte interno. Da noi le multinazionali, società con sede in Svizzera ma con azionisti in maggioranza stranieri e dirigenti spesso pure stranieri, fanno i loro interessi, sono meno sensibili agli aspetti istituzionali, alla rinuncia di indipendenza. Da qui l’atteggiamento pro UE di Economiesuisse. Contraria e di resistenza la posizione di ditte radicate in Svizzera e di famiglie svizzere quali quelle riunite nella Autonomiesuisse.
    Arrendevoli in maggioranza le strutture del Dipartimento degli Esteri e della burocrazia federale. I burocrati di tutto il mondo parlano la stessa lingua, aspirano ad entrare nelle stanze di Bruxelles dalla porta principale. I nostri accademici sono preoccupati di perdere finanziamenti per la ricerca, ma ancor di più di perdere l’occasione di pubblicazioni scientifiche (che influiscono sulla carriera).

    Infine, vi sono gli idealisti che da sempre sognano un’Europa pacifica e unita. Convinzione rispettabilissima ma che ignora gli sviluppi intervenuti e idealizza l’insoddisfacente struttura odierna dell’UE dimenticando insuccessi, fratture e debolezze.
    Una Svizzera mortificata e sostanzialmente obbligata ad accettare le leggi emanate da un’istituzione straniera, con l’interpretazione del diritto applicabile da parte di un Tribunale straniero. Si considera che chi si oppone alle richieste UE sia condizionato da una visione mitizzata e superata della Confederazione.

    Si potrebbe obiettare che i favorevoli all’Accordo ad ogni prezzo siano influenzati da esagerati timori per presunte perdite. Anni fa il presidente della Roche si preoccupava del fatto che senza l’Accordo istituzionale la sua ditta avrebbe avuto una perdita di 100 milioni di franchi. Con un fatturato annuo di oltre 60 miliardi e un utile nell’ordine di 13 miliardi di franchi 100 milioni non mi paiono un sacrificio eccessivo.

    Infine, perché tanta fretta? Si può capire l’urgenza di una Commissione in scadenza tra pochi mesi. Ma a noi non converrebbe attendere la nuova Commissione, con la quale dovremo comunque convivere per cinque anni? Senza dimenticare le difficoltà e possibili cambiamenti in tre delle maggiori nazioni europee: Germania, Francia e Spagna.
    Dopo lo schiaffo all’UE con la votazione del 1992 i rapporti compromessi con le Nazioni europee sono stati abilmente ristabiliti, merito in particolare di Ogi e Cotti, due europeisti che con oggettività hanno saputo spiegare i sentimenti svizzeri. L’uno è riuscito a entrare in simpatia a Mitterrand, Kohl si recava a casa di Cotti a Locarno per gustare il risotto. Altri tempi.
    https://www.cdt.ch/opinioni/commenti...europea-343675

  8. #498
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Citazione Originariamente Scritto da Halberdier Visualizza Messaggio
    Non più di quel tanto, i numeri sono simili a quelli del 2015. Ma in effetti il momento è ben più delicato, l'UE ed i suoi sostenitori stanno cercando di riproporre l'accordo quadro bocciato due anni fa, quando gli euroforici disponevano di numeri ben più alti in Parlamento...
    ...
    Probabile ma diamo un po' di tempo al tempo, non si sa mai.
    Ma quanti figli del Perozzi in giro...
    Travel is fatal to prejudice, bigotry, and narrow-mindedness...
    Chi abbandona gli animali è un bastardo!

 

 
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