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Discussione: Brexit svizzera?

  1. #371
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Citazione Originariamente Scritto da Conte Oliver Visualizza Messaggio
    ma se i bilaterali ci sono dal 1999
    E dunque? Nessuna parte dei bilaterai ha reso obsoleto l'accordo del '72.
    Citazione Originariamente Scritto da Conte Oliver Visualizza Messaggio
    qui concordiamo
    Almeno una...
    Citazione Originariamente Scritto da Conte Oliver Visualizza Messaggio
    Nel mondo globalizzato, se devi il tuo benessere al fatto che esporti prodotti di qualità, devi trovare dei compromessi coi paesi che rappresentano i tuoi mercati base di accesso; sovranismo è una parola vuota e priva di significato. Non dimenticare che l'unico paese veramente sovrano al mondo è la Corea del Nord e non a caso sono tutti poveri
    Riguardo ai compromessi è anche ovvio; quando si chiede una facilitazione commerciale alla controparte si deve essere pronti pure a concederle le facilitazioni commerciali che desidera. O quantomeno una buona via di mezzo, come in quasi tutti i negoziati.
    Quando si chiedono facilitazioni commerciali e in cambio si deve concedere controllo politico, controllo delle leggi, sottomissione dei futuri accordi a queste leggi, risoluzione dei conflitti affidato ai tribunali della controparte, accettazione di misure ritorsive se non si applicano queste leggi e infine svilimento di tutta una serie di strumenti democratici, si va abbondantemente oltre quello che si può chiamare un compromesso. Tu stesso hai detto di non conoscere accordi comerciali di questo tipo, e che con ogni probabilità non esistono proprio, dunque qui non si parla né di Corea del Nord, né di mondo globalizzato, né di sovranismo, ma di puro buonsenso.
    Citazione Originariamente Scritto da Conte Oliver Visualizza Messaggio
    Citazione Originariamente Scritto da Conte Oliver Visualizza Messaggio
    ma dai,sai bene che quell'accordo ha vantaggi pure per CH e non vale per i prodotti alimentari
    come tu possa pensare che la Svizzera accetti il vino al metanolo, solo perché in EU impazziscono e lo rendono lecito, mi lascia basito
    La derrate alimentari prodotte secondo prescrizioni tecniche straniere, devono essere approvate dall’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria, prima di essere commercializzate in Svizzera secondo il principio Cassis de Dijon.
    Alla luce dei risultati emersi dalla consultazione, il Consiglio federale ha deciso di realizzare la procedura di notifica elettronica, esaminando la possibilità di semplificarla. Il Consiglio federale valuterà inoltre l’ipotesi di introdurre nuove deroghe al principio Cassis de Dijon per quanto concerne le derrate alimentari. L’obiettivo è garantire per i generi alimentari il livello di sicurezza svizzero, soprattutto quando nell’UE mancano prescrizioni uniformi al riguardo.

    https://www.svizzeri.ch/2019/07/10/s...ssis-de-dijon/
    Direi che vale eccome per i prodotti alimentari, per quanto possano esserci eccezioni.

    « 1. A partire dal 1° luglio 2010, tutte le derrate alimentari di fabbricazione europea saranno introdotte nel mercato svizzero senza essere controllate?
    No. Le derrate alimentari autorizzate e importate secondo il principio Cassis de Dijon devono corrispondere alle prescrizioni di sicurezza comunitarie o del rispettivo Stato membro dell'UE o dello SEE. L'USAV ne esige la prova. Se sussistono dubbi in materia di sicurezza, le domande sono respinte. Una decisione negativa viene presa tramite decisione unica e comunicata al richiedente.
    2. Quali derrate alimentari sottostanno al principio Cassis de Dijon?
    Di norma, le derrate alimentari provenienti dall'UE o dallo SEE che non adempiono alle prescrizioni svizzere sottostanno al principio Cassis de Dijon. Per esse è necessaria l'autorizzazione dell'Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria USAV, rilasciata sotto forma di autorizzazione generale e valida anche per le derrate alimentari dello stesso genere. Una derrata alimentare importata che adempie alle prescrizioni svizzere può continuare a essere importata senza sottostare al principio Cassis de Dijon (ad es. la pasta proveniente dall'Italia).
    3. Quando l'USAV rilascia un'autorizzazione per derrate alimentari non conformi alle prescrizioni tecniche svizzere?
    L'autorizzazione viene concessa sotto forma di decisione di portata generale se la derrata alimentare in questione non costituisce in nessun caso un pericolo per la salute e se è regolarmente in circola-zione nello spazio UE/SEE.
    »

    Che siano abbastanza pazzi da accettare il vino al metanolo non credo proprio... così come sono certo che la Corea del Nord non è un buon esempio di Stato sovrano.

  2. #372
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    La Svizzera e il declino nei rapporti con l’UE
    di Tito Tettamanti

    Vivacissimo ed intenso nelle settimane precedenti la decisione il dibattito sull’accettazione o meno dell’Accordo Istituzionale (AI) con l’UE. Massiccia l’attività dei favorevoli all’AI che si opponevano a quella che ormai era una delibera scontata. Una iperattiva presidentessa della Commissione degli affari esteri del Nazionale che chiedeva a getto continuo informazioni e quintali di carta da parte del Consiglio federale convocando nel contempo ben cinque dei sette membri del Governo in Commissione. Personaggi un tempo critici sull’intervento popolare che cambiando repentinamente orientamento reclamavano imperiosamente che la decisione doveva essere presa in una votazione nazionale con l’unico scopo di ottenere una dilazione.

    La Consigliera federale Amherd, in palese contrasto con il presidente del suo partito, presenta all’ultimo momento un’estemporanea soluzione per evitare una decisione negativa. Proposta abbastanza confusa e ci si interroga sulle ragioni della mossa.

    La Televisione pubblica, dalla ben chiara tendenza eurofila, in associazione con alcuni media diffonde e commenta documenti che sarebbero stati segreti (da qui una denuncia penale per violazione di segreto d’ufficio da parte del Consiglio federale) che preannunciavano un pericoloso atteggiamento punitivo dell’UE che ci avrebbe dovuto spaventare e far riflettere sulle conseguenze di un rifiuto della firma. Un parlamentare europeo germanico con delicatezza teutonica ci rendeva attenti che la maggioranza degli svizzeri è favorevole all’AI. Se lo dice lui…

    Potremmo continuare con altri esempi dei tentativi di impedire al Consiglio federale di prendere la decisione che i fatti imponevano. Tutto sommato, pure se con qualche eccesso, niente di male, sono i riti della democrazia. Purtroppo però lo scontro non si è fermato e gli interventi successivi alla decisione del Consiglio federale sono molto più pericolosi perché non fanno che creare confusione e distrarre dal vero tema.

    Parlamentari che propongono l’adeguamento autonomo alle norme dell’UE, altri che sollecitano dei piani «B» dei quali però non si ha alcuna idea precisa, vi è infine l’Operazione Libero che propone un’iniziativa popolare per decidere sui rapporti con l’UE. Idea fumosa e piuttosto strampalata, dalla non facile formulazione, che ci farebbe perdere un paio d’anni.

    Più coerenti i giovani socialisti che propongono un’iniziativa per aderire all’UE, proposta che non penso trovi l’adesione dei compagni sindacalisti che pragmaticamente hanno constatato che in Svizzera ci sono i salari, le condizioni di lavoro e la socialità migliori, invidiati dai lavoratori delle nazioni UE. Il Presidente del PS Wermuth propone una politica di avvicinamento all’Europa basata su un massiccio aumento dei miliardi per il contributo al fondo di coesione ed una serie di trattati preliminari ad una adesione all’UE. Vi sono poi gli allarmi interessati di singoli settori dell’economia preoccupati per i propri legittimi interessi di bottega, dimenticando però che gli interessi del Paese sono multipli, possono essere divergenti e non solo economici. Tutto questo purtroppo non fa che confondere le idee e indebolire la futura posizione negoziale della Svizzera.

    Infine, vi è chi è preoccupato perché la decisione ha creato uno shock a Bruxelles che non si attendeva un atteggiamento tanto determinato da parte del Governo svizzero. La reazione stupisce ed è simile a quella nelle trattative Brexit, indizio dell’arroganza della burocrazia UE che non concepisce che si possa agire fuori dai suoi schemi, e nel contempo, come si chiede Markus Somm sul Nebelspalter, permette di interrogarsi su cosa ci sta a fare una costosa ambasciata UE a Berna se non si rende neppure vagamente conto di quanto succede da noi.

    Dobbiamo prendere atto che la molto equivoca politica dei due forni, più che conciliante e quasi complice con i rappresentanti dell’UE, evanescente e confusamente rassicurante in Patria, che ha improntato l’azione del Consiglio federale negli ultimi decenni e che può aver portato qualche vantaggio e qualche comprensibile irritazione da Bruxelles, si è esaurita. Ai futuri passi con l’UE deve precedere la soluzione di un dilemma: la Svizzera vuole essere nei suoi rapporti europei una nazione terza del tutto indipendente, oppure – vista la sua collocazione e l’intensità dei rapporti – preferisce una situazione di semi-partecipazione? In altre parole: l’indipendenza, che ha il suo prezzo, o il vassallaggio, concetto medievale teso alla speranza di ottenere protezione e tranquillità.

    Io sono per l’orgoglio ed i valori dell’indipendenza rendendomi conto che ciò comporterà qualche sacrificio e impegno, quello stesso impegno che ha aiutato il nostro Paese a uscire da momenti difficili anche se in realtà non uguali.

    Il dibattito è inevitabile perché il Consiglio federale per poter fissare la strategia per i rapporti necessari ed importanti con l’UE deve sapere a quale futuro il Paese tende. Vediamo di non perdere tempo e di trovare le vie del confronto democratico che ci permettano di fissare una politica definitiva e vincolante superando la lacerazione attuale. Qualsiasi decisione avrà un costo ma sempre minore di quello di continuare a volare a vista, esercizio estremamente pericoloso in condizioni di turbolenza ed in zone montagnose.
    https://www.ticinolive.ch/2021/06/13...porti-con-lue/

  3. #373
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Citazione Originariamente Scritto da Halberdier Visualizza Messaggio
    E dunque? Nessuna parte dei bilaterai ha reso obsoleto l'accordo del '72.

    Almeno una...

    Riguardo ai compromessi è anche ovvio; quando si chiede una facilitazione commerciale alla controparte si deve essere pronti pure a concederle le facilitazioni commerciali che desidera. O quantomeno una buona via di mezzo, come in quasi tutti i negoziati.
    Quando si chiedono facilitazioni commerciali e in cambio si deve concedere controllo politico, controllo delle leggi, sottomissione dei futuri accordi a queste leggi, risoluzione dei conflitti affidato ai tribunali della controparte, accettazione di misure ritorsive se non si applicano queste leggi e infine svilimento di tutta una serie di strumenti democratici, si va abbondantemente oltre quello che si può chiamare un compromesso. Tu stesso hai detto di non conoscere accordi comerciali di questo tipo, e che con ogni probabilità non esistono proprio, dunque qui non si parla né di Corea del Nord, né di mondo globalizzato, né di sovranismo, ma di puro buonsenso.
    Come ti ho detto prima continui ancora ad ignorare l'elefante nella stanza, la Svizzera non ha un accesso paragonabile al mercato comune che ha ad esempio il Canada o il Giappone, se vuoi evitare i problemi che hai citato dovresti limitarti a un accordo simile a quelli che ho citato come esempio, ma scommetto che questa cosa da parte Svizzera non verrà mai fatta, dall'altra parte la UE pian piano vi tratterà come un qualsiasi altro paese terzo e magari starai qua a lamentarti della malvagia UE che punisce la Svizzera.

  4. #374
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Citazione Originariamente Scritto da Alexandri Magni Visualizza Messaggio
    Come ti ho detto prima continui ancora ad ignorare l'elefante nella stanza, la Svizzera non ha un accesso paragonabile al mercato comune che ha ad esempio il Canada o il Giappone, se vuoi evitare i problemi che hai citato dovresti limitarti a un accordo simile a quelli che ho citato come esempio,ma scommetto che questa cosa da parte Svizzera non verrà mai fatta, dall'altra parte la UE pian piano vi tratterà come un qualsiasi altro paese terzo e magari starai qua a lamentarti della malvagia UE che punisce la Svizzera.
    Il ché significherebbe tanti passi verso l'adesione all'UE annullati dalla stessa UE. Tanti sforzi da parte dei suoi sostenitori di allineare la Svizzera all'UE distrutti dalla stessa UE. Tanti piagnistei e truffe per "salvare i bilaterali" resi inutili dalla stessa UE. In definitiva, una montagna d'ipocrisia e di falsità spazzate via da chi ne ha politicamente beneficiato (e ne avrebbe ancora beneficiato).
    Al netto delle conseguenze pratiche potrebbe pure essere divertente da vedere, altro che lamentarmi.

  5. #375
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Citazione Originariamente Scritto da Halberdier Visualizza Messaggio
    Il ché significherebbe tanti passi verso l'adesione all'UE annullati dalla stessa UE. Tanti sforzi da parte dei suoi sostenitori di allineare la Svizzera all'UE distrutti dalla stessa UE. Tanti piagnistei e truffe per "salvare i bilaterali" resi inutili dalla stessa UE. In definitiva, una montagna d'ipocrisia e di falsità spazzate via da chi ne ha politicamente beneficiato (e ne avrebbe ancora beneficiato).
    Al netto delle conseguenze pratiche potrebbe pure essere divertente da vedere, altro che lamentarmi.
    Mi sa che queste illusioni in sede UE sono finite da parecchio tempo, ho l'impressione che il campo proUE in Svizzera non ha alcun seguito fra la popolazione ed è minoritario anche nell'arena politica.

    Quindi perché mai sostenere un gruppo di politicanti che non ha nemmeno il supporto della popolazione? Semmai la dimostrazione è che hanno fatto un lavoro molto pessimo nel presentare sotto una buona luce l'UE quindi sono anche inutili.

    Saranno i primi ad essere investiti sotto un bus man mano che le relazioni fra Svizzera e UE cambieranno in peggio.

  6. #376
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Citazione Originariamente Scritto da Alexandri Magni Visualizza Messaggio
    Mi sa che queste illusioni in sede UE sono finite da parecchio tempo, ho l'impressione che il campo proUE in Svizzera non ha alcun seguito fra la popolazione ed è minoritario anche nell'arena politica.
    Che abbia ben poco seguito nella popolazione ormai è abbastanza chiaro, nella politica invece penso che abbia ancora buoni numeri, ma certamente in calo mano a mano che il tempo passa. Ma è difficile saperlo, dato che oramai pochi lo dichiarano apertamente.
    Proprio per questo hanno bisogno di muoversi con cautela e camuffando i propri obiettivi, come con l'accordo quadro.
    Citazione Originariamente Scritto da Alexandri Magni Visualizza Messaggio
    Quindi perché mai sostenere un gruppo di politicanti che non ha nemmeno il supporto della popolazione? Semmai la dimostrazione è che hanno fatto un lavoro molto pessimo nel presentare sotto una buona luce l'UE quindi sono anche inutili.
    Saranno i primi ad essere investiti sotto un bus man mano che le relazioni fra Svizzera e UE cambieranno in peggio.
    La cosa non mi intristirà per nulla. Anzi, potrebbe persino essere uno scenario positivo.

  7. #377
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Visto che a dicembre dell'anno scorso discutevo con Conte dei vantaggi economici degli accordi bilaterali...
    Svizzera-UE: il mito del decennio perduto
    L'affermazione ritualistica secondo cui l'economia svizzera ha sofferto molto prima dall'inizio del percorso bilaterale verso l'integrazione europea nel 2002 è gravemente errata.
    (Testo pubblicato su Le Matin Dimanche del 6 giugno 2021 e ispirato da un precedente (e lungo) articolo di blog: https://blogs.letemps.ch/francois-sc...ion-dun-mythe/)

    Non è facile mandare a pascolare Germania, Francia e i loro storici alleati all'interno dell'Unione Europea. Soprattutto quando ti ritrovi piantato nel mezzo del continente. La fobia dello strangolamento prende rapidamente il sopravvento. Gli europei, che soffrono della stessa sindrome riguardo al resto del pianeta, lo hanno capito da tempo. E agitano copiosamente minacce e rappresaglie, finché gli svizzeri non si degneranno di subordinare il loro diritto economico, sociale e ambientale alle direttive di Bruxelles.

    Un clima catastrofista e deprimente è pure mantenuto in Svizzera da certi ambienti economici e accademici. A che serve mantenere le distanze, a rischio di contrariare il nostro principale fornitore e cliente? I rapporti di forza sono quelli che sono, non finirà sempre per avere l'ultima parola? Tanto vale dire di sì subito, e a tutto.

    Le basi reali di questo spirito di sottomissione sono scarsi. Il principale consiste nel ricordare che l'ultima volta che gli svizzeri hanno giocato in modo intelligente, hanno dovuto subire dieci anni di calvario. Era il 1992. Si trattava dell'adesione allo Spazio economico europeo (SEE), respinta dal voto popolare. Il risultato: una profonda depressione. Si è conclusa solo nel 2002, quando gli svizzeri hanno intrapreso la santa “via bilaterale”. Questa autostrada particolare verso la graduale integrazione a livello dello SEE. Ogni passaggio è irreversibile e ne rende essenziale un altro.

    A forza di ripetere, la narrazione del decennio perduto ha assunto la consistenza del marmo da cui si ricavano le tombe. È, tuttavia, un mito. Le date non coincidono affatto. Ci sono stati solo due anni di (lieve) declino. Il primo… più di un anno prima del voto sullo SEE (-0,9%). Il secondo, l'anno successivo (-0,1%!). Per il resto, solo una parte degli anni '90 ha visto una crescita relativamente debole. Dal 1997, e durante i cinque anni precedenti l'inizio del percorso bilaterale, la crescita del PIL si è già normalizzata su livelli tornati invidiabili: +2,4% in media annua, con un picco del 3% nel 1998!

    Ancor di più: dopo l'applicazione parziale degli Accordi Bilaterali I, nel 2002, la media è scesa al 2%. Dopo la loro piena applicazione nel 2007, era solo dell'1,4% fino al 2019. Queste variazioni possono sembrare insignificanti, ma rappresentano decine, centinaia di migliaia di posti di lavoro. Negli ultimi trent'anni la popolazione svizzera è cresciuta di due milioni di persone.

    In realtà, il decennio presumibilmente perso è stato causato dagli effetti della crisi immobiliare e bancaria del 1990. In gran parte specifico della Svizzera e notoriamente brutale. Con il senno di poi, possiamo anche dire che questi anni sono stati molto utili. Il rifiuto dello SEE ha aggiunto uno shock psicologico a ciò, spingendo il paese a riorganizzare il suo ambiente legislativo, e in particolare le sue società. Internazionalizzandoli a un livello tale da rendere la Svizzera uno dei grandi vincitori della globalizzazione. La dipendenza delle esportazioni dal mercato europeo è scesa dal 66% del 1992 al 47% di oggi. Grazie alla tenacia dei sindacati e della sinistra, questa formidabile apertura non avvenne a discapito dei salari e dei benefici sociali. La remunerazione in Svizzera non resta tra le più alte e attraenti del mondo?
    https://blogs.letemps.ch/francois-sc...ds-bilateraux/
    (originale in francese, traduzione di Google e mia)

    ... appena posso traduco anche il secondo articolo citato, risalente al settembre scorso.

  8. #378
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    La decostruzione di un mito
    L'idea che il rifiuto del SEE nel 1992 sarebbe stato catastrofico per l'economia fino all'inizio della via bilaterale nel 2002 è completamente sbagliata. I meriti economici di questo percorso bilaterale di integrazione della Svizzera nell'UE possono essere misurati in quattro periodi ben distinti. Il risultato è poco convincente.

    La politica europea della Svizzera si basa su una doppia convinzione: le esportazioni verso l'UE sono vitali per la prosperità nazionale, il che è ovvio. E questa dipendenza val bele nal rinuncia a interi settori di sovranità. Questo blog ha passato un anno a mostrare come l'equazione si sia rivelata sbagliata, gli Accordi Bilaterali I essendo in realtà ridicoli in termini di accesso al mercato europeo.
    Tuttavia, a partire dagli anni 1990, si è via via costruita una narrazione sui successi dovuti a questa scelta fondamentale, e sui loro progressi: il periodo prima degli Accordi Bilaterali I (2002) è stato un inferno, perché gli svizzeri non avevano voluto aderire allo Spazio Economico Europeo (SEE) dieci anni prima. La via bilaterale, sostitutiva del SEE, è stata allora una liberazione. Grazie agli Accordi Bilaterali I, la Svizzera è tornata sulla strada della crescita negli anni 2000. L'esame dei dati macroeconomici disponibili mostra che si tratta in senso stretto di un mito, senza alcun fondamento se non politico. La sua decostruzione è facilmente realizzabile con i dati e mezzi dell'analisi macroeconomica di primo grado (regole del tre).

    I quattro periodi

    Fase 1 - 1991-1996: profonda crisi immobiliare, finanziaria ed economica in Svizzera, causata dall'inversione di tendenza dei tassi di interesse.
    6 dicembre 1992: voto popolare negativo sull'adesione della Svizzera allo Spazio economico europeo (SEE).
    Crescita media annua del PIL: 0,66% (vedi sotto “Tradimenti della crescita"…).

    Fase 2 - 1997-2001: solida ripresa economica e normalizzazione in Svizzera.
    Effetti della crisi asiatica, della crisi russa e dell'11 settembre 2001 sulla crescita mondiale.
    Crescita media in Svizzera: 2,4%.

    Fase 3 - 2002-2006: applicazione graduale degli Accordi Bilaterali I.
    Effetti della crisi tecnologica sulla crescita nel mondo.
    Crescita media in Svizzera: 2%.

    Fase 4 - 2007-2019: piena applicazione degli Accordi Bilaterali I.
    Immigrazione media annua corrispondente alla popolazione di San Gallo (73.000 persone, di cui 48.000 europei) .
    Effetti della crisi finanziaria del 2008 sulla crescita mondiale.
    Crescita media: 1,4%.

    Dipendenza globale

    Come amava ripetere il consigliere federale Jean-Pascal Delamuraz, all'epoca capo del Dipartimento dell'economia, «la Svizzera guadagna più di un franco su due all'estero». In un Paese dalla cultura economica profondamente mercantilistica, nel senso classico e non spregiativo del termine (la vera prosperità deriva dalla capacità di esportare), tutti capiscono cosa significhi. Non è però così evidente.
    Se facciamo riferimento ai dati compilati dalla Banca Mondiale, accessibili in due click, la quota delle esportazioni di beni e servizi sul PIL della Svizzera nel 1992 era infatti solo del 41%. Non è stato fino al 2000 che ha superato la soglia del 50%. Tra il 1997 e il 2001 questa quota è aumentata in media di 4 punti base all'anno. Dal 2002 al 2006 (periodo di applicazione per tappe della Bilaterale I), l'incremento medio sul prodotto interno è stato del 4,4%.
    Dal 2007 al 2018, vale a dire dodici anni, la quota delle esportazioni sul PIL è aumentata solo del 6,7% in totale. L'incremento medio annuo è stato addirittura negativo del -0,6%. Gli anni 2009 (recessione), 2014 e 2015 hanno improvvisamente ridotto l'importanza delle vendite all'estero. Ovviamente, il mercato interno ha sostenuto la crescita del PIL in questo periodo.
    Sappiamo anche che questo scenario, sconosciuto dagli anni '60, è diventato improvvisamente di nuovo possibile grazie alla creazione massiccia di posti di lavoro nei settori della sanità, della formazione, del lavoro sociale e della pubblica amministrazione. Quindi grazie all'immigrazione, europea in particolare. Il fenomeno non è stato ancora misurato con precisione da questo punto di vista.
    In ogni caso, la quota delle esportazioni sul PIL è oggi... 65%. Questo per dire se la storia ha dato pienamente ragione a Delamuraz. Il tribuno radicale ha inventato un po', ma è stato esemplare nel sostenere gli enormi sforzi di riorganizzazione e dispiegamento delle aziende a livello internazionale negli anni difficili dal 1991 al 1996: crisi immobiliare, finanziaria ed economica di sinistra memoria.
    Questa fase cruciale, che inizia due anni prima dello storico voto del 6 dicembre 1992 contro l'adesione allo Spazio economico europeo (SEE), appare oggi come il fulcro e il punto di partenza della spettacolare globalizzazione dell'economia svizzera.

    La dipendenza europea

    L'altra liturgia quantistica è consistita per tre decenni nel proclamare che l'Unione Europea ha assorbito più del 60% delle esportazioni svizzere. L'esame delle serie statistiche dell'Amministrazione federale delle dogane (AFD) conferma questa predominanza nel 1992: 66,5% appunto. La percentuale ha continuato a diminuire da allora in poi. Era solo il 63% alla vigilia della graduale applicazione degli Accordi Bilaterali I. Nel 2018 la stessa serie dava... 44,4%.
    In una recente pubblicazione intitolata Svizzera e UE in cifre , molto evasiva su questo tema, il Dipartimento degli affari esteri (DFAE) scrive tuttavia che la dipendenza dalle esportazioni nel grande mercato europeo è (ancora) del 52% in beni (i servizi non sono interessati da accordi bilaterali). Questa è la cifra ufficiale. Tuttavia, merita qualche spiegazione.
    Ci sono in realtà due statistiche di esportazione. Uno, detto “ciclico” (quello del 52%), esclude le opere d'arte ei metalli preziosi. Questi segmenti sono in gran parte globalizzati, ma molto speculativi e poco significativi quando si tratta di prestazioni economiche. L'altro, detto “generale” (quello del 44,4%), li include ed è conforme all'uso nei confronti internazionali.
    Tuttavia, con il Regno Unito fuori dell'Unione il 1° febbraio si può dire in entrambi i casi che le esportazioni svizzere verso l'UE non sono più la maggioranza. In termini “ciclici”, questo effetto “perimetro” li ha ridotti a circa il 48,5%. E al 41% nel confronto internazionale.
    La dipendenza dell'economia svizzera dal continente europeo è addirittura diventata più debole di quella del Regno Unito (45% da diversi anni). Molto più avanti l'Italia (56%). Gli altri pesi massimi dell'export europeo restano infatti strettamente legati all'Ue di cui fanno parte: Belgio al 73%, Paesi Bassi al 71%, Germania al 68%, Svezia e Francia al 60% (Eurostat).
    Non dovrebbe quindi sorprendere che il DFAE preferisca insistere oggi su tutto il commercio estero della Svizzera legato all'Unione europea. Cioè esportazioni e importazioni. La retorica della dipendenza rimane quindi più o meno intatta: il commercio estero non proviene per il 60% dall'Unione europea? Il totale dei franchi "guadagnati" dall'esportazione e dei franchi "persi" dall'importazione...

    Bilancia commerciale insistente

    Un altro fronte statistico molto sensibile in questi giorni, e sul quale l'Amministrazione federale non si sbottona, riguarda il saldo commerciale cronicamente negativo con l'Unione Europea. Uno squilibrio per ovvie ragioni strutturali, che non toglie che la Svizzera sia citata con un saldo commerciale ampiamente positivo con… la Cina. Quindi cos'è esattamente?
    Le cose sono in realtà piuttosto incoraggianti. Secondo le statistiche generali e comparative, il deficit commerciale con l'Ue è aumentato del 37% dal 2002. Ma nel 2012 sono state incluse valute, lingotti d'oro e d'argento, accentuando la differenza.
    Escludendo i beni speculativi, il saldo negativo è comunque migliorato di 4,5 miliardi a -17 miliardi di franchi (2019). Questo fatto ha comunque beneficiato dal punto di vista contabile degli allargamenti del perimetro dell'Unione negli anni 2000: tredici adesioni tardive di Stati in transizione, molto esigenti in termini di macchinari e attrezzature. Questi nuovi membri hanno anche aumentato la demografia dell'UE di circa il 20%.

    Esportazioni lente verso l'Europa

    Laddove i dati sugli scambi con l'Unione diventano preoccupanti (sempre escludendo i beni speculativi), è dalla parte dell'evoluzione delle esportazioni dalla fine della crisi del 1990-1996. È un eufemismo dire che non parlano a favore degli accordi bilaterali.
    L'aumento delle esportazioni tra il 1997 e il 2001 è stato del 27% in totale in 5 anni. Vale a dire un robusto incremento medio annuo del 7,4% (media aritmetica degli incrementi annui). Dalla graduale applicazione degli Accordi Bilaterali I nel 2002, 18 anni fa, la crescita media delle consegne in Europa non ha superato il 2,3%. Nonostante gli allargamenti dell'Unione.
    La crisi finanziaria del 2008 è stata infatti seguita da sei annate notoriamente negative in termini di esportazioni verso l'UE. Tuttavia, l'economia svizzera ha vissuto solo un anno di recessione (2009), seguito da tassi di crescita del PIL piuttosto rispettabili (1,7% in media).
    Nei sette anni di Bilaterali I che hanno preceduto la crisi economica mondiale, dal 2002 al 2008, le esportazioni non hanno fatto meglio degli anni precedenti i bilaterali. Anche un po' peggio: 7,1% di crescita media annua. Si sono poi comportate in maniera poco dimostrativa a partire dal 2016: solo il 3,2% in media. Questo è dove siamo.

    Tradimenti di crescita e produttività

    Argomento comune da dieci anni per convincere a non correre rischi con gli Accordi Bilaterali I: la crescita del PIL era misera prima della loro graduale applicazione nel 2002, e molto più robusta dopo il 2007 (piena applicazione). Che cos'è esattamente?
    La crescita media annua del PIL è stata in realtà solo dello 0,66% negli anni della crisi economica in Svizzera (1991-1996). Con due anni di recessione (1991 e 1993), e un anno di crescita zero (quello del voto popolare contro lo SEE nel dicembre 1992).
    La crescita media è stata poi del 2,4% tra il 1997 e il 2001, prima della graduale applicazione degli Accordi Bilaterali I. È scesa al 2% durante il periodo transitorio 2002-2006. Il 2003 è stato un anno di crescita zero (crisi economica globale), ma il 2004 quello dell'allargamento dell'Unione Europea.
    Una volta attuata la piena applicazione del Bilateral I nel 2007, e fino al 2018, la crescita media del PIL si è ulteriormente indebolita: 1,4%. È stato tuttavia durante questo periodo che l'immigrazione è stata di gran lunga la più alta: migrazione netta annua media di 73.000 persone, di cui 48.000 europei.
    Va notato che la crescita economica media in Svizzera è sempre stata inferiore alla crescita media degli Stati OCSE dalla ripresa del 1997. 20% tra 1997 e 2001, 16,5% tra 2002 e 2006 e 18,6% tra 2007 e 2018. Il divario è quindi poco diminuito nell'ultimo periodo.
    Va anche notato - e questo è spesso menzionato dai conservatori nazionali - che la crescita annua della produttività del lavoro (PIL per residente) è stata del 50% inferiore in Svizzera rispetto alla zona euro dal 2007. È stata del 50% superiore nella fase precedente (2000-2007), prima del “massiccio” aumento dell'immigrazione europea e dell'occupazione transfrontaliera. Anche il sito web dell'Ufficio federale di statistica non ne fa più un segreto. Da parte loro, gli oppositori dell'argomento della "produttività stagnante" generalmente sostengono che ha anche rallentato in tutti gli Stati membri dell'OCSE.
    https://blogs.letemps.ch/francois-sc...ion-dun-mythe/
    (originale in francese, traduzione di google e mia)

  9. #379
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Notizie sulla Brexit: l'insider dell'UE ammette che l'affronto svizzero è grave quanto la Brexit - il potere del blocco sta diminuendo | Politica | Nuovo

    L'ex funzionario della Commissione europea Georg Riekeles ha scritto che il ritiro di Berna dai litigi di lunga data su un nuovo "accordo quadro" ha innescato una "profonda crisi nelle relazioni bilaterali" per Bruxelles. Il governo svizzero ha abbandonato i colloqui con Bruxelles, temendo che siano state fatte troppe concessioni, compresa la giurisdizione della Corte di giustizia europea, per accedere al mercato unico del blocco. I suoi principali politici hanno affermato che gli elettori alla fine rifiuteranno qualsiasi accordo che dia troppa sovranità agli eurocrati nella capitale belga.
    Riekeles, un membro chiave dell'ex squadra negoziale dell'UE sulla Brexit, ha sostenuto che lo sganciamento potrebbe spingere la Svizzera a "ripensare il suo rapporto con il blocco fondamentale quanto quello del Regno Unito dopo il referendum sulla Brexit del 2016".
    Scrivendo per il sito Project Syndicate, ha affermato che, sebbene non sia un membro dell'UE, le relazioni della Svizzera con Bruxelles "si stavano avvicinando".
    “Grazie a circa 120 accordi bilaterali, la Svizzera è membro dello spazio Schengen senza frontiere, è strettamente integrata con l'UE in settori come i trasporti, la ricerca e il programma Erasmus per lo scambio di studenti e beneficia del pieno accesso al mercato unico nei settori finanziamenti ai prodotti farmaceutici", ha aggiunto.

    Uno dei principali punti critici nelle discussioni su una nuova relazione commerciale Svizzera-UE è stato il controllo delle sovvenzioni statali. È qui che Riekeles sostiene che le discussioni sono entrate in collisione con i colloqui separati della Commissione su un accordo commerciale post-Brexit con la Gran Bretagna. Dei negoziati svizzeri, ha scritto: “I colloqui erano stati resi difficili a causa di disaccordi sulle regole sugli aiuti di Stato."
    “Nell'ambito dell'ACI, l'UE ha proposto un accordo a due pilastri in base al quale le regole dell'UE si applicherebbero in Svizzera ma sarebbero attuate attraverso un meccanismo di vigilanza svizzero autonomo con poteri equivalenti a quelli della Commissione europea. "Ma quando l'UE ha negoziato le sue relazioni post-Brexit con il Regno Unito, alcuni in Svizzera pensavano che il Regno Unito avesse ricevuto un accordo di aiuti di Stato" migliore.
    Riekeles, tuttavia, ha affermato che "l'invidia della Brexit è assolutamente ingiustificabile" perché la Gran Bretagna ha lasciato il mercato unico dell'UE, mentre la Svizzera sarebbe rimasta lì. Secondo l'ex negoziatore della Brexit, l'UE ha fatto importanti concessioni per incoraggiare la Svizzera a firmare l'accordo quadro istituzionale. Ha suggerito che il fatto di concedere vittorie ancora più grandi per incoraggiare il Berna a tornare al tavolo potrebbe indurre altri paesi a ripensare alla loro adesione all'UE.
    “L'UE non potrebbe concedere di più. Proprio perché queste delicate questioni non riguardano solo la Svizzera, l'UE non può dare un lasciapassare agli svizzeri ", ha scritto Riekeles. "Trattare tutti i paesi allo stesso modo è importante non solo per l'integrità del mercato unico, ma anche per la vitalità politica dell'UE. Se l'UE concedesse ai non membri privilegi che nemmeno i membri hanno, alcuni potrebbero essere diretti all'uscita."

    "L'UE e la Svizzera devono trovare soluzioni all'interno di un quadro comune di regole, non al di fuori di esse". Ha affermato che molti in Svizzera non riconoscono "i loro privilegi esorbitanti nei confronti dell'UE". Ha aggiunto: “Questa selezione non può continuare dopo la Brexit."
    "Nel complesso, il governo svizzero ha mostrato scarso interesse per un equo accordo sul mercato unico con l'UE e, dopo aver interrotto i colloqui, ora deve affrontare conseguenze economiche immediate". Riekeles, ora membro del think tank European Policy Center con sede a Bruxelles, ha affermato che l'UE deve fare "scelte difficili" sulle conseguenze economiche che la Svizzera deve affrontare a seguito del suo sganciamento. Ha detto: “L'UE dovrà presto fare altre scelte difficili, soprattutto per quanto riguarda la partecipazione della Svizzera al programma di ricerca Horizon Europe del blocco. “La cooperazione nella ricerca è ovviamente reciprocamente vantaggiosa. Ma con gli svizzeri che ritardano i loro contributi finanziari e rifiutano i loro sforzi per trovare soluzioni istituzionali praticabili, l'UE apparentemente non ha altra scelta che puntare i piedi." L'ex eurocrate ha concluso che sono in gioco anche i "partenariati economici più ampi" dell'UE, quasi come se Bruxelles dovesse agire per garantire che non sia visto come un tocco morbido.
    “La rottura UE-Svizzera arriva mentre il governo del Regno Unito affronta sfacciatamente l'Unione allontanandosi dalle disposizioni chiave del protocollo Irlanda-Irlanda del Nord e chiedendo all'UE di adattarsi. Con il sostegno norvegese allo SEE sempre più volatile, sono in gioco molti dei più ampi partenariati economici dell'UE ", ha affermato Riekeles.
    https://www.marseillenews.net/brexit-news-un-initie-de-lue-admet-que-le-camouflet-suisse-est-aussi-mauvais-que-le-brexit-le-pouvoir-du-bloc-diminue-politique-nouvelles.html
    (originale in francese, traduzione di google e mia)

    Qualche nota:
    - La Svizzera NON partecipa a Erasmus dal 2014, quando non ha accettato di raddoppiare i contributi finanziari a pochi giorni dalla scadenza del termine per l'accesso.
    - La partecipazione svizzera a Horizon Europe è stata "declassata" lo scorso settembre 2020.

  10. #380
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Fatti ampiamente conosciuti, però vorrei far notare che l'adesione o meno dei paesi europei extra-UE al mercato comune non è essenziale per il successo della UE come progetto politico, ciò che potrebbe essere realmente dannoso è concedere a quei paesi gli stessi privilegi dei paesi membri senza chiedere in cambio gli stessi doveri, è questo il problema reale di fondo.

 

 
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