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Discussione: Brexit svizzera?

  1. #411
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Citazione Originariamente Scritto da Halberdier Visualizza Messaggio
    Visto che il thread "Notizie dall'Europa" è stato da tempo chiuso con una curiosa motivazione, non mi rimane che postare qui questo articolo:
    Non c’è libertà senza uno Stato nazionale
    In tempi di globalizzazione viene considerato obsoleto. Il pensiero nazionale è persino considerato pericoloso. Eppure lo Stato nazionale e il federalismo sono a tutt’oggi i migliori presupposti per tutelare la libertà individuale.
    Giuseppe Gracia*

    Quando Donald Trump fu eletto presidente degli Stati Uniti nel 2016, anche in Europa occidentale molti inorridirono. In particolare, la promessa di Trump di «America first» fu causa di agitazione. Non era pericoloso che la prima potenza militare ed economica del mondo, in un’epoca globalizzata e digitalizzata, fosse improvvisamente ricaduta nel pensiero nazional-egoistico? Che cosa avrebbe significato per la diplomazia internazionale la riapparizione sulla scena mondiale di un patriottismo autoritario e isolazionista?
    Indipendentemente da come ci si pone nei confronti di Trump o circa il pericolo del populismo di destra, perché è così scandaloso quando il rappresentante eletto di un popolo ritiene il suo compito principale servire gli interessi dei suoi elettori e del suo Paese? Quale sarebbe il pericolo per le relazioni internazionali, se i politici democraticamente eletti di uno Stato di diritto rappresentassero prima di tutto gli interessi del loro Paese e della loro cultura, anche in Europa? «Italy first», «France first» o «Switzerland first».

    La grande sfiducia nell’entità nazionale

    Il pensiero nazionale e il patriottismo sono da tempo sospettati di mettere in pericolo la coesistenza pacifica dei popoli. Dalla Seconda guerra mondiale, a causa della paura di un nuovo fascismo, la sfiducia nello Stato nazionale è stata una compagna costante della politica. Non pochi intellettuali e opinionisti occidentali individuano la causa del razzismo, dell’imperialismo e del totalitarismo nel pensiero nazionale. Ecco perché vedono il superamento delle identità nazionali come un mezzo per superare la guerra e il fascismo.
    Un mondo globalizzato, si suggerisce, non ha più bisogno di nazioni sovrane con la propria cultura, bensì tutto si muove verso un multilateralismo su un piede di parità, con sfide transnazionali e frontiere aperte. In linea con questo, i progressisti contemporanei si sentono oggi più cittadini del mondo.

    Il mondo dei (ricchi) cittadini globali

    È la visione di un nuovo mondo multiculturale. Ciò che colpisce è che i suoi sostenitori sono di solito persone privilegiate. Solo i ricchi, che possono permettersi case e imprese in diversi continenti, e i lavoratori ben istruiti, che sono richiesti a livello
    internazionale, possono godere del piacere di sentirsi cittadini del mondo. Ma la maggioranza della popolazione non è tra questi eletti. Miliardi di persone rimangono legate alla loro patria e non possono semplicemente cambiarla quando declino, povertà o guerra incombono. Dipendono dalla coesione della loro famiglia, dal potere integrativo della loro cultura e religione.
    In questo contesto, il giornalista inglese David Goodhart parla addirittura di una nuova lotta di classe tra i cosiddetti « anywheres » e « somewheres » . I privilegiati sono gli « anywheres » perché beneficiano delle frontiere aperte e dei mercati globali e possono teoricamente vivere « ovunque » , mentre i « somewheres » - artigiani, panettieri, operatori sanitari - sono legati a un luogo specifico. Hanno bisogno di una politica che li protegga, di una comunità forte in un Paese che crede in sé stesso.

    I sogni di un’Europa post-nazionale

    Il fatto che la Germania in particolare stia attualmente spingendo la visione di un’Europa post-nazionale all’interno dell’UE ha ragioni storiche. Il trauma del nazionalsocialismo ha apparentemente avuto un effetto tale che la gente desidera che la nazione tedesca si diluisca in un insieme più grande, in modo da non più rappresentare un pericolo per i Paesi vicini.
    Tuttavia questo non è un motivo per cui altri Paesi debbano seguire questa strada. Una società di cittadini liberi e uguali ha bisogno di uno Stato nazionale forte che sia in grado di agire e assumersi le proprie responsabilità. Così come lo Stato di diritto, analogamente, ha bisogno di cittadini leali, rispettosi della legge, che amino il loro Paese e che possano contare sul fatto che il governo, nonostante tutto il suo cosmopolitismo, pensi prima di tutto al proprio popolo e soprattutto non dimentichi la maggioranza dei «somewheres».

    Il centralismo e l’internazionalismo limitano

    Uno Stato sovrano come la Svizzera è creato per permettere una vita in libertà e uguaglianza, con gli strumenti della democrazia diretta e del federalismo. Più prevalgono il centralismo e l’internazionalismo, meno margine di manovra ci sarà a livello locale, meno libertà e compartecipazione. Il sogno degli «anywheres » come cittadini globali - o anche il sogno della cittadinanza europea potrebbe giocoforza essere realizzato solo al prezzo di meno federalismo e democrazia. In definitiva, la cittadinanza globale richiede un governo globale.
    Una cultura dell’autodeterminazione e dell’autoresponsabilità è una cultura federalista. E questa prospera solo sotto la protezione di una nazione forte e identitaria.
    Naturalmente, il nazionalismo e il razzismo rimangono problemi che riguardano ogni società cosmopolita. Ma questo non è un argomento contro lo Stato nazionale, bensì piuttosto a favore di uno Stato nazionale particolarmente buono, sicuro di sé e autocritico.
    Né la globalizzazione né la digitalizzazione devono portare i singoli Paesi a sottomettersi al primato degli attori globali e della tecnologia, ma devono rendere chiaro che la politica non è l’attuazione parlamentare o giuridica di sviluppi tecnico-economici che arrivano su di noi come una forza della natura e dettano il modo di vivere insieme, bensì è la formazione della volontà comune e il servizio alle persone.
    A questo riguardo, il pensatore francese Alexis De Tocqueville disse già nel XIX secolo: «Le nazioni dei nostri giorni non possono più cambiare l’uguaglianza delle condizioni sociali; ma dipende da loro se l’uguaglianza le porta alla servitù o alla libertà, all’educazione o alla barbarie, alla prosperità o alla miseria.» Queste sono parole cui si dovrebbe fare riferimento anche nel 21. secolo. Man mano che il mondo diventa più interconnesso e dinamico, non solo aumentano le possibilità di progresso comune, ma anche i pericoli del livellamento e dell’uniformizzazione delle nazioni. E più le condizioni di vita a New York, Roma, Singapore o Zurigo convergono, più diventa importante non cadere in un conformismo passivo di tendenze e abitudini. È perciò ancora più importante intendere la politica come un compito superiore, come uno strumento di gestione consapevole.

    * dalla NZZ del 30.11.2021 - Giuseppe Gracia è scrittore, giornalista e consulente in comunicazione.
    Traduzione di Eros Mellini
    www.cdt.ch

  2. #412
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Il Governo del 1991 spaccato sull'Europa
    È venuta meno la segretezza dei dossier della Confederazione nell'anno del 700mo. I sette saggi erano divisi come non mai

    Con l'inizio dell'anno è scaduto il periodo di protezione - quindi di segretezza - dei dossier della Confederazione del 1991. Un anno fulcro caratterizzato dalle guerre nell'ex Iugoslavia, dalla guerra del Golfo e dal crollo dell'Unione Sovietica, eventi che hanno segnato la politica estera elvetica dell'epoca. "Sono documenti molto interessanti, perché mostrano un certo disincanto rispetto al 1990, che era stato un anno di forti speranze dopo la fine della Guerra fredda", afferma lo storico Sacha Zala ai microfoni della RSI. Per la Svizzera, però, è soprattutto "l'anno del 700esimo con Flavio Cotti presidente e l'anno in cui si pone in maniera molto forte la questione dell'adesione allo Spazio economico europeo".

    Nel Governo chiamato a decidere sulla conclusione dell'accordo fra i membri della Comunità europea e quelli dell'AELS non regnava decisamente l'unanimità: "I documenti mostrano dibattiti molto animati all'interno del Consiglio federale, spaccato su tutte le opzioni possibili e immaginabili", racconta il direttore del Centro di ricerca Documenti diplomatici svizzeri. "Una parte voleva concludere l'intesa il prima possibile e inoltrare una richiesta di adesione, una parte - e fra questi Flavio Cotti- optava per un'adesione diretta alla Comunità europea", racconta Zala.

    Emblematica la seduta del 17 aprile, in cui il responsabile della diplomazia René Felber difese il testo, per quanto svantaggioso per la Confederazione, il suo compagno socialista Otto Stich sostenne che "un cattivo trattato non può mai essere considerato un passo nella buona direzione" e il liberale-radicale Kaspar Villiger era dell'idea che il Paese si avviasse ad essere "uno Stato vassallo" dell'allora CE (prese il nome di Unione Europa solo in seguito, con il Trattato di Maastricht).

    Un dibattito che ricorda un po' la situazione vissuta nel 2021 con l'accordo quadro? "Le discussioni in Governo sull'accordo quadro le conosceremo fra 30 anni quando cadrà il segreto", ride Zala, "ma da quello che è trapelato sulla stampa sembra palese che il dibattito fosse complesso e il Consiglio federale non proprio unito".

    Il 22 ottobre 1991 Felber e Jean-Pascal Délamuraz - dopo che Berna aveva più volte manifestato il suo malcontento - accettarono i risultati dei negoziati e dichiararono che l'adesione era un obiettivo strategico. In novembre la Commissione di politica estera degli Stati avvertì che la votazione popolare "non era ancora vinta".

    Il finale della storia già lo conoscevamo: il 6 dicembre del 1992 si andò alle urne e il popolo disse "no" nella misura del 50,3%, con uno scarto di soli 14'000 voti. Dei sette Paesi dell'Associazione europea di libero scambio coinvolti nel trattato di allora, la Svizzera scelse la via bilaterale che oggi sta mostrando i suoi limiti. Islanda, Liechtenstein e Norvegia restano membri dello SEE, mentre Austria, Finlandia e Svezia hanno nel frattempo aderito all'UE.
    https://www.rsi.ch/news/svizzera/Il-...-14985300.html

    Mi sa che i documenti diplomatici in questione saranno interessanti... anche se Felber e Delamuraz sono nomi noti, tra gli euroforici...
    Citazione Originariamente Scritto da Halberdier Visualizza Messaggio
    - Jean Pascal Delamuraz, Consigliere federale e coniatore dell'espressione "domenica nera" quando il popolo svizzero rifiutò lo SEE, studente del "Dipartimento studi europei" dedicato a Jean Monnet.
    [...]
    - René Felber, consigliere federale, premiato dalla « Fondation Jean Monnet pour l’Europe » per i suoi meriti nella costruzione degli "Stati Uniti d'Europa". (e, aggiungo ora, sostenirore dell'ingresso nello SEE)

  3. #413
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Svizzera esclusa da due gremi europei
    Berna non è stata invitata a partecipare alla riunione dei ministri dell’istruzione e a quella dell’ambiente, alle quali partecipava in passato. L’esclusione sarebbe legata alla Francia, che non avrebbe digerito la decisione sui jet

    La Svizzera è stata esclusa da due importanti gremi dell’Unione Europea. Al contrario di quanto avveniva in passato, Berna non ha ricevuto l’invito a partecipare né al consiglio informale dei ministri dell’istruzione, formazione e innovazione, né alla riunione dei ministri dell’ambiente e dell’energia, che si sono svolti negli scorsi giorni. Stando a quanto riportano oggi i giornali del gruppo Tamedia, il vento è cambiato da quando la Francia detiene la presidenza del Consiglio europeo e quindi decide quali Stati terzi invitare alle riunioni. Il motivo per cui la Confederazione non è stata invitata a sedere ai tavoli non è stato dato, ma secondo i quotidiani Tamedia la Francia non avrebbe ancora digerito la scelta svizzera di optare per il jet statunitense F-35 invece che per quello francese Rafale lo scorso giugno.

    In genere non vengono prese decisioni durante le riunioni ministeriali informali. Tuttavia gli incontri sono importanti per lo scambio personale e i contatti tra collaboratori, evidenziano i quotidiani d’Oltralpe.
    https://www.ticinonews.ch/svizzera/s...opei-AC5114750


  4. #414
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    E se lo sanno i quotidiani Tamedia perché la Francia non ha invitato la Svizzera siamo a posto, e sono a posto soprattutto i svizzeri che credono a queste belinate.

  5. #415
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Citazione Originariamente Scritto da Alexandri Magni Visualizza Messaggio
    E se lo sanno i quotidiani Tamedia perché la Francia non ha invitato la Svizzera siamo a posto, e sono a posto soprattutto i svizzeri che credono a queste belinate.
    Ultimamente mi sembra tu abbia perso un po' di smalto...

  6. #416
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    ma sto vostok c'è ancora?
    no, per chiedegli cosa c'entri la brexit con la "cacciata degli stranieri"...

    questi sono i ministri del sovrancazzaro anti-UE borijohnson...

    PATRIMONIALE PROGRESSIVA SU IMMOBILI, DEPOSITI, PRODOTTI FINANZIARI, RENDITE E SUCCESSIONI!

  7. #417
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Stick to Science
    Una campagna di firme online per uno Spazio europeo della ricerca aperto e inclusivo

    L'iniziativa Stick to Science è stata istituita dalla Comunità della Ricerca Europea chiedendo una collaborazione aperta e senza ostacoli tra gli attori europei della ricerca e dell'innovazione (R&I), che condividono tutti gli stessi valori. L'iniziativa è una risposta attiva alla progressione ritardata degli accordi di associazione con la Svizzera e il Regno Unito (Regno Unito), che sono ostacolati da barriere politiche che non hanno nulla a che fare con la scienza.

    I firmatari chiedono che il Consiglio europeo, il Parlamento, la Commissione, nonché gli Stati membri dell'Unione europea (UE) e i governi del Regno Unito e della Svizzera riconoscano che il progresso nella ricerca e innovazione si ottiene al meglio quando tutti gli attori della scienza e dell'innovazione lavorano insieme attraverso i confini geografici. Questo non è mai stato così importante come adesso, poiché il mondo deve affrontare gravi sfide globali (ad esempio mitigare le pandemie, i cambiamenti climatici e affrontare la sicurezza alimentare). Consentire alle differenze politiche di impedire la collaborazione scientifica è contrario agli interessi della società in generale.

    I firmatari esortano l'UE, il Regno Unito e la Svizzera a raggiungere rapidamente accordi di associazione in modo che i due paesi possano contribuire scientificamente e finanziariamente alla forza di Orizzonte Europa e a uno Spazio europeo della ricerca veramente aperto, inclusivo e guidato dall'eccellenza.
    https://stick-to-science.eu/

    Science Europe sostiene il movimento "Stick to Science".

    Science Europe sostiene l'invito per una collaborazione scientifica aperta e senza barriere tra i paesi europei, tra cui Svizzera e Regno Unito, come presentato nell'iniziativa Stick to Science di recente lancio.
    Gli accordi di associazione non dovrebbero essere ostacolati da discussioni politiche che hanno poco a che fare con la scienza. A beneficio dei suoi cittadini, l'Europa deve anteporre la collaborazione scientifica alla politica.
    Lanciata l'8 febbraio 2022, l'iniziativa Stick to Science invita a una collaborazione aperta e senza ostacoli tra gli attori europei della ricerca e dell'innovazione che condividono tutti gli stessi valori. È stato istituito dalla comunità di ricerca europea come risposta attiva al ritardo nella progressione degli accordi di associazione con la Svizzera e il Regno Unito. Al momento del lancio, l'iniziativa era già firmata da oltre 300 importanti organizzazioni e individui provenienti da tutta la comunità europea della ricerca e dell'innovazione, tra cui Science Europe.

    La Svizzera e il Regno Unito sono necessari in Horizon Europe

    Science Europe e l'intera Comunità Europea della Ricerca e dell'innovazione chiedono da oltre un anno l'associazione a pieno titolo di Svizzera e Regno Unito a Horizon Europe. Nonostante le valide argomentazioni a favore di questa associazione, la progressione degli accordi è stata ritardata, frenata da discussioni politiche che poco hanno a che fare con la scienza.
    Conoscendo l'importanza della collaborazione internazionale per lo sviluppo di scienze eccellenti, Science Europe ha accolto favorevolmente l'associazione di altri paesi, in particolare Norvegia e Islanda. Deplora tuttavia che i disaccordi politici impediscano all'UE di collaborare con la Svizzera e il Regno Unito.

    L'UE ha una lunga storia di collaborazione stretta, affidabile e di successo nel campo della ricerca e dell'innovazione con questi due paesi. La forza e l'eccellenza di innumerevoli partenariati hanno fornito enormi vantaggi all'Europa affrontando questioni di ricerca essenziali e alcune delle sfide più urgenti del mondo, stimolando la creazione di conoscenza, la cultura, la competitività economica e la crescita.
    Un forte programma quadro dell'UE per la ricerca e l'innovazione è essenziale affinché l'Europa rimanga un polo scientifico di successo e un'area competitiva nel panorama mondiale della ricerca e dell'innovazione. I giovani ricercatori dovrebbero trovare nello Spazio europeo della ricerca un ambiente favorevole e senza soluzione di continuità per sviluppare le loro carriere. Inoltre, la competitività strategica e l'autonomia dell'Europa richiedono la collaborazione con i partner più vicini dell'UE nella ricerca e nell'innovazione.

    Per non danneggiare ulteriormente il sistema di ricerca e innovazione europeo, Science Europe esorta le autorità politiche a raggiungere, senza ulteriori indugi, accordi di associazione che tutelino e incoraggino collaborazioni scientifiche preziose e strategiche, in linea con la visione del movimento Stick to Science. È necessario un trattamento eccezionale per la ricerca e l'innovazione a beneficio della società in generale.
    https://www.scienceeurope.org/news/stick-to-science/

    Tanto per ribadire quanto l'UE è dispostissima a danneggiare ciò che proclama di promuovere, quando deve vendicarsi di chi non accetta di obbedire...

  8. #418
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Citazione Originariamente Scritto da Robert Visualizza Messaggio
    ma sto vostok c'è ancora?
    no, per chiedegli cosa c'entri la brexit con la "cacciata degli stranieri"...

    questi sono i ministri del sovrancazzaro anti-UE borijohnson...

    eccomi

    ho postato solo un articolo t'è chiaro o no?
    in europa c'è chi paga e chi prende....


    http://www.europarl.europa.eu/news/i...i-stati-membri

  9. #419
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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    «Horizon Europe» e prodotti medtech, La Svizzera consolida il suo “Piano B”
    dal dott. iur. Marianne Wuthrich
    In modo completamente arbitrario e in violazione degli accordi, Bruxelles sta attualmente negando alla Svizzera i diritti stabiliti in due accordi bilaterali I. L'accordo di ricerca consente ai ricercatori svizzeri di partecipare su un piano di parità ai programmi quadro di ricerca europei; La Svizzera è un Paese associato dal 2004, il che le conferisce il diritto di partecipare a tutti i programmi. L'accordo sull'eliminazione degli ostacoli tecnici al commercio (Accordo di Mutuo Riconoscimento, MRA) consente agli imprenditori che desiderano vendere prodotti industriali all'estero di dover effettuare le necessarie procedure di certificazione o approvazione una sola volta. Ciò consente di risparmiare tempo e denaro e garantisce che gli spiedini siano della stessa lunghezza.

    In quanto luogo di ricerca e produzione di alta qualità, la Svizzera è molto interessata a unire eventuali modifiche alle normative dell'UE nell'area di questi due accordi. I burocrati di Bruxelles lo sanno, ovviamente, ed è per questo che iniziano qui le loro vessazioni, anche se – come vedremo – alcuni Stati membri dell'UE stessi subiscono perdite se la ricerca e il commercio con la Svizzera vengono resi più difficili. I piani svizzeri B sono già operativi. Qual è lo stato oggi?

    Emigrazione di bravi ricercatori in altri paesi?

    Poco dopo che il Consiglio federale ha interrotto i negoziati con l'UE su un accordo quadro nel maggio 2021, la Commissione UE (CE) ha classificato la Svizzera – immediatamente e senza alcun nesso giuridico – come "Paese terzo non associato" per quanto riguarda la partecipazione al programma di ricerca «Horizon Europe». Il Consiglio federale ha criticato, almeno implicitamente, l'esclusione della Svizzera: "La partecipazione della Svizzera ai programmi quadro dell'UE per la ricerca e l'innovazione fa parte dell'Accordo bilaterale I tra la Svizzera e l'UE del 2002. Si pone la questione dell'associazione della Svizzera con 'Horizon Europe' dall'UE alla luce delle relazioni complessive tra la Svizzera e l'UE.» “Alla luce delle relazioni complessive”? Strana comprensione del rispetto del contratto!
    Il 23 gennaio i tre presidenti dell'associazione universitaria swissuniversities e del Consiglio dei PF nonché di science-industries (associazione di categoria per le scienze chimiche, farmaceutiche e della vita) hanno approvato una delibera che esorta il Consiglio federale a "prendere tutte le misure necessarie" affinché che la Svizzera "sarà nuovamente associata a 'Horizon Europe' nel 2022". Senza la piena associazione con "Horizon", "la Svizzera come luogo perderà gran parte del suo fascino", secondo la risoluzione. E ancora: "C'è il rischio che sia i ricercatori che gli spin-off migrino all'estero, dove possono richiedere finanziamenti dell'UE".
    Migrare all'estero? Non ci credono loro stessi. Il fatto è che dalla libera circolazione delle persone con l'UE è avvenuto il contrario: a causa delle generose condizioni di lavoro e dell'ottima reputazione della ricerca svizzera, da vent'anni si riversano in Svizzera molti più professori e studenti che il contrario. Come riportato di recente da Radio SRF , è così anche oggi (cfr. riquadro "I giovani ricercatori restano in Svizzera nonostante allettanti finanziamenti dell'UE"). E le società in outsourcing (spin-off) che sono sostenute dalle nostre università – centinaia solo dal Politecnico di Zurigo, ovvero dalla Confederazione! – A quanto pare ottengono finanziamenti altrettanto bene in Svizzera.

    Piano B per la partecipazione a «Horizon Europe»

    La mia ricerca ha messo in luce: il piano B per la partecipazione della Svizzera ai programmi quadro "Horizon" è pronto per l'uso e sono disponibili i finanziamenti della Confederazione.

    - Finanziamento: nel dicembre 2020 il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati hanno approvato ben 6 miliardi di franchi per la partecipazione della Svizzera ai programmi di ricerca dell'UE (2021-2027).

    Quando ho chiesto informazioni sull'organizzazione del "Piano B", il consigliere nazionale Franz Grüter , divenuto recentemente presidente della "Commissione politica estera del Consiglio nazionale (APK-N)", mi ha informato quanto segue: "Attualmente si stanno compiendo sforzi a vari livelli nel senso di misure integrative e sostitutive per la non associazione temporanea con 'Horizon Europe'.» Ha fatto riferimento al comunicato stampa del Consiglio federale del 20 ottobre 2021 dal titolo "Pacchetto Horizon 2021-2027: il Consiglio federale consente il finanziamento diretto ed esamina ulteriori misure". Regola:

    - Partecipazione a programmi di ricerca: i ricercatori svizzeri possono partecipare a circa due terzi del programma dato lo status attuale della Svizzera di "Paese terzo non associato".
    - Misure transitorie e sostitutive: sono esaminate dalla "Segreteria di Stato per l'Istruzione, la Ricerca e l'Innovazione" (SERI).
    - Finanziamento diretto dei progetti di ricerca: i ricercatori svizzeri non ricevono fondi dalla Commissione Europea (CE), ma direttamente dalla SERI o dal Fondo Nazionale Svizzero per la Scienza. Il finanziamento di ben 400 milioni di franchi all'anno "copre tutte le componenti del pacchetto Horizon 2021-2027. Questi includono "Horizon Europe", il programma Euratom, il programma Europa digitale DEP e la partecipazione all'infrastruttura di ricerca ITER."

    Commento: Perché la Svizzera preferisce rimanere senza l'integrazione nell'UE

    A quanto pare, la Commissione Ue non ha altro obiettivo se non quello di molestare la Svizzera - la chiamiamo "zleidwerche". Ma non lasceremo che questo ci abbatta: finora ci siamo trovati molto bene con i vari Plan B, che sono sempre originali e adatti all'uso quotidiano.
    Diamo la parola all'organizzazione imprenditoriale "autonomiesuisse", che, insieme a tante altre, ha contribuito alla chiusura delle trattative sull'accordo quadro: "La Svizzera come luogo di lavoro è tra i primi nei confronti internazionali - grazie al nostro cosmopolitismo, libertà e forza innovativa. Con uno stretto legame istituzionale con l'UE e soggetto alla Corte di giustizia europea la Svizzera dovrebbe adottare in gran parte il diritto dell'UE. Dal punto di vista economico e politico, la Svizzera verrebbe sempre più allineata all'UE. La democrazia diretta e il federalismo verrebbero gradualmente indeboliti."( https://www.autonomiesuisse.ch/de/ )

    Supplemento a proposito del cosmopolitismo

    Ci sono molti altri paesi nel mondo con cui i ricercatori svizzeri possono e vogliono lavorare. Il consigliere nazionale Franz Grüter: "Oltre a queste misure, il rafforzamento della cooperazione internazionale in materia di ricerca e innovazione con altri importanti centri di ricerca è una priorità per il nostro Dipartimento di Economia, Istruzione e Ricerca (DEFR)." Ha richiamato la mia attenzione sulla dichiarazione di intenti tra Svizzera e Stati Uniti per ampliare la loro cooperazione: firmata il 19 novembre 2021 dalla Fondazione nazionale svizzera per la scienza (FSNS) e dalla Fondazione nazionale americana per la scienza (NSF), alla presenza di Il presidente svizzero Guy Parmelin.
    Nel rintracciare questo messaggio, mi sono imbattuto nel fatto che ricercatori svizzeri stanno conducendo progetti di ricerca congiunti con partner in numerosi altri paesi, ad esempio in America Latina, Africa e Asia : "Nel periodo dal 2017 al 2020 [con la partecipazione dello Stato Segreteria dell'economia e Fondazione nazionale svizzera per la scienza ] ha sostenuto più di 100 progetti di ricerca congiunti. Sulla base del loro successo fino ad oggi, i programmi bilaterali proseguiranno nel 2021-2024”. (SERI. Programmi di cooperazione bilaterale) È bene ricordare che esiste anche un mondo al di fuori dell'Unione Europea.

    Nonostante gli attraenti finanziamenti dell'UE, i giovani ricercatori soggiornano in Svizzera

    Nel programma "Rendez-vous" del 1° febbraio 2022, Radio SRF ha presentato, insieme ad altri 26 ricercatori in Svizzera, due giovani scienziati che hanno recentemente ricevuto l'ambito "ERC Starting Grant" per il loro lavoro di ricerca. Si tratta di una sovvenzione fino a 1,5 milioni di euro (a persona!) per un periodo di cinque anni dal programma di ricerca "Horizon Europe", che viene assegnato dall'ERC ( European Research Council ). Poiché la Svizzera è stata esclusa da "Horizon", i ricercatori svizzeri non ricevono i soldi da Bruxelles, ma dal tesoro federale.
    In un'intervista radiofonica con due dei vincitori, viene confermato che l'espulsione della Svizzera da "Horizon" non è un motivo per cui i giovani emigreranno in un paese dell'UE. La neurobiologa Anissa Kempf , assistente professore presso il Biozentrum dell'Università di Basilea, ha ricevuto lo Starting Grant per la sua ricerca sulle basi molecolari del sonno. Il fatto che Bruxelles non le paghi il prezzo non la infastidisce: "L'unica cosa che cambierà è da dove vengono effettivamente i soldi". Ecco perché Anissa Kempf ha deciso di rimanere in Svizzera e aggiunge: "Se non avessi avuto la posizione al Biozentrum qui e l'ambiente di ricerca al Biozentrum non fosse stato così fantastico, allora avrei potuto cambiare idea".
    Anche l'avvocato ed economista statunitense Elliot Ash , titolare di una cattedra presso il Center for Law & Economics dell'ETH e ricercatore sull'intelligenza artificiale, vuole rimanere in Svizzera. È felice che "il suo progetto sia sostenuto dal Fondo nazionale svizzero per la scienza con lo stesso budget e la stessa durata ".
    "Ma la soluzione svizzera presenta anche degli svantaggi", afferma l'intervistatrice Irène Dietschi. Una borsa di studio ERC offre a un ricercatore l'opportunità di "muoversi a livello internazionale". In realtà, sia Anissa Kempf che Elliot Ash hanno ricevuto diverse offerte da università straniere, quindi avrebbero potuto facilmente "trasferirsi all'estero" e ritirare la borsa nel corrispondente paese dell'UE, ad esempio in Svezia, che cerca di attirare nelle sue università i vincitori di premi svizzeri . I passeri lo fischiano dai tetti: i migliori ricercatori svizzeri e i loro progetti sono ancora richiesti - tutte le azioni punitive della Commissione europea non possono impedirlo.
    Solo due dei 15 vincitori di borse di studio contattati da Irène Dietschi vogliono trasferirsi in un paese dell'UE. Esatto: puoi trovare infrastrutture e colleghi simpatici anche in Svizzera. È bello quando si rendono conto che tutto il clamore sul "prestigio maggiore" nei paesi dell'UE è una bufala e che le "risorse" sotto forma di 100 franchi non sono peggio delle banconote in euro.

    Riconoscimento tedesco dei prodotti svizzeri della tecnologia medica: il gatto di Bruxelles si morde la coda

    Altrettanto contraria al contratto - e altrettanto imbarazzante - quanto il futile tentativo di escludere la Svizzera dalla comunità di ricerca europea è la vessatoria decisione della Commissione Ue del 26 maggio 2021, secondo la quale i certificati per i prodotti di tecnologia medica emessi in Svizzera sarebbero non sono più rilevabili con effetto immediato - anche retroattivo. Anche qui il gatto di Bruxelles si morde la coda. Perché tali violazioni degli accordi bilaterali con la Svizzera danneggiano anche alcuni paesi dell'UE, inclusa la nostra grande vicina Germania. Al fine di garantire la fornitura di prodotti medtech di alta qualità dalla Svizzera per il sistema sanitario tedesco, le massime autorità sanitarie statali hanno analizzato il nuovo regolamento UE sui dispositivi medici (MDR) e sono giunte alla conclusione che, secondo il diritto dell'UE, le certificazioni svizzere sono valide fino al 24 maggio 2024. I prodotti svizzeri potrebbero quindi continuare ad essere venduti in Germania. Lo hanno annunciato alle associazioni di settore tedesche interessate il 25 gennaio 2022, con grande dispiacere della Commissione europea. Quest'ultimo insiste sul fatto che le importazioni tedesche sono "non conformi". In ogni caso, questa lettera è "solo una bozza di una lettera di un gruppo di lavoro degli Stati federali". Questa "non è una lettera vincolante", secondo il portavoce principale della Commissione Ue.
    Abbastanza arrogante, la gente nella burocrazia di Bruxelles! Una lettera ufficiale delle massime autorità sanitarie degli stati federali tedeschi viene liquidata come una semplice "bozza di un gruppo di lavoro"? Al contrario, la “Neue Zürcher Zeitung” critica, in modo rinfrescante, “che Bruxelles, nel suo atteggiamento sempre più dogmatico nei confronti della Svizzera, sta perdendo sempre più di vista gli interessi economici degli Stati membri”. Ma a un certo punto, avverte l'autore, gli Stati membri "rifiuterebbero di seguire le direttive". Gli Stati membri dell'UE "continuano ad avere un interesse vitale a relazioni economiche stabili con la Svizzera" e "non servirebbe a nessuno se i pazienti dell'UE dovessero fare a meno di un'assistenza sanitaria ottimale a causa di nuovi ostacoli burocratici".

    BDI: Mantenere e rafforzare il tradizionalmente ottimo rapporto con il vicino meridionale

    Anche l' Associazione federale dell'industria tedesca(BDI) non vuole e non può fare a meno di buone relazioni economiche con la Svizzera. Nella sua brochure "Redesigning the partnership with Switzerland" del 19 gennaio 2022, sottolinea le già notevoli interruzioni economiche negli scambi con la Svizzera, attualmente nei prodotti medici, sono prevedibili ulteriori menomazioni nell'ingegneria meccanica. La BDI ricorda: "Molte PMI, ma anche grandi aziende tedesche e svizzere intrattengono da molti anni intensi rapporti commerciali". La Germania è il partner economico più importante della Svizzera, che è il quarto partner commerciale più importante dell'UE. "È quindi di particolare interesse per l'economia tedesca che questo rapporto tradizionalmente molto buono con il vicino meridionale sia mantenuto e rafforzato".
    Fin qui tutto bene. Tuttavia, il BDI invita quindi entrambe le parti a "riprendere rapidamente i colloqui costruttivi", per cui è insostituibile un "pacchetto di soluzioni", che non deve "ignorare le questioni istituzionali fondamentali".
    Mi viene in mente l'osservazione del consigliere nazionale Franz Grüter, che qualche mese fa ha visitato Bruxelles con altri membri della Commissione Affari Esteri del Consiglio Nazionale per parlare con i membri del Parlamento Ue. I turbo europei tra i consigli nazionali sono tornati piuttosto sobri. Franz Grüter mi ha descritto la sua impressione come segue: "La maggior parte delle persone non comprende il nostro sistema, in cui le persone decidono. A loro non importa del miliardo di coesione che è stato sborsato, insistono che ci occupiamo della legge e dell'amministrazione della giustizia. Non capiscono che noi svizzeri vogliamo qualcos'altro".
    Come spiegare ai nostri vicini che la Svizzera ha una propria cultura politica?
    https://www.zeit-fragen.ch/archiv/20...-produkte.html
    (originale in tedesco, traduzione di google e mia)


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    Predefinito Re: Brexit svizzera?

    Citazione Originariamente Scritto da Halberdier Visualizza Messaggio
    Stick to Science
    Science Europe sostiene il movimento "Stick to Science".
    Tanto per ribadire quanto l'UE è dispostissima a danneggiare ciò che proclama di promuovere, quando deve vendicarsi di chi non accetta di obbedire...
    Meanwhile, piccoli Quisling crescono...
    Horizon: professore invita a resistenza passiva contro governo



    Resistenza passiva contro il Consiglio federale, con la rinuncia ai mandati della Confederazione.
    È questa, secondo il politologo Gilbert Casasus, la via che devono abbracciare i ricercatori scientifici, per protestare contro l'esclusione della Svizzera dai programmi Ue Horizon. Prendersela con Bruxelles o lanciare appelli non ha senso, il problema è tutto domestico, dice.
    La campagna "Stick to Science" lanciata ieri dagli atenei è sbagliata, afferma il professore di studi europei all'Università di Friburgo in un'intervista diffusa stamani dalla radio romanda RTS. "La campagna è controproducente, il destinatario è scelto male".
    A suo avviso i ricercatori dovrebbero rivolgersi al governo inglese (per via della Brexit) e al Consiglio federale. Se gli studiosi elvetici sono esclusi da Horizon è infatti perché l'esecutivo a Berna ha deciso, in modo unilaterale, di non firmale l'accordo quadro con Ue.

    Casasus critica anche le dichiarazioni della segretaria di stato per la formazione, la ricerca e l'innovazione Martina Hirayama, che aveva invitato l'Ue a non mischiare il tema con la questione istituzionale. "Mi fa pensare al pompiere-piromane che fa scoppiare un incendio, chiama i vigili del fuoco e che prende la parola davanti ai media dicendo: sono veramente scandalosi, tutti questi piromani".
    "Se i ricercatori svizzeri sono oggi esclusi dalla ricerca europea è per colpa unicamente del governo federale", insiste il direttore del Centro per gli studi europei dell'Università di Friburgo. "Se c'è una parola che riassume perfettamente il sentimento a Bruxelles nei confronti della Svizzera, questa è esasperazione".

    Casasus si mostra anche sconcertato per la recente intervista a un domenicale in cui il presidente della Confederazione Ignazio Cassis ha parlato di un possibile pacchetto di accordi bilaterali. "Almeno dal 2008 l'Ue dice che l'era dei bilaterali è terminata, proponeteci qualcosa d'altro". "E se si propone qualcosa che non è accettabile a pagare il prezzo sono appunto, in parte, i ricercatori svizzeri", chiosa il 67enne.
    Per Casasus occorre ora fare pressione sul Consiglio federale. "Personalmente sono favorevole a una forma di resistenza passiva: tutti i ricercatori dovrebbero rifiutare di assumere mandati che vengono offerti dal governo federale", dice. "Evidentemente è un'arma a doppio taglio, ma oggi serve una mobilitazione degli studiosi svizzeri contro la posizione anti-scienza del loro esecutivo", argomenta. "Ci vuole un po' di coraggio".
    Il professore ha citato anche le parole dell'ex ambasciatore dell'Ue in Svizzera Michael Matthiessen: "quando non si siede alla tavola dei convitati, non si ha diritto al menu". "Non è l'Unione europea" - prosegue Casasus - "che deve avere la responsabilità della mancanza di ingegnosità e degli errori del Consiglio federale":

    "Chiedo ai ricercatori di assumere il ruolo di cittadini scontenti e furiosi contro l'attitudine del governo federale, evitando di prendersela con Bruxelles, è troppo facile", afferma. "Non sarà a Bruxelles che la soluzione sarà trovata: dovrà essere trovata dapprima a Berna".
    La Confederazione deve a suo avviso uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciata: "i cittadini e i ricercatori svizzeri sono vittima della blocherizzazione dello spirito elvetico", conclude il professore facendo riferimento all'azione politica di Christoph Blocher, l'ex consigliere federale che nel 1992, in qualità di presidente dell'UDC zurighese e presidente dell'Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI), ebbe un ruolo centrale nella decisione del popolo svizzero di opporsi all'adesione allo Spazio economico europeo (SEE).
    https://www.swissinfo.ch/ita/horizon...verno/47334084

    ... ma nonostante crescano, mancano comunque di cervello e fantasia...
    Ma darà il buon esempio, rinunciando al mandato di professore e relativo stipendio?

 

 
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