Quando l'Io si separò da Dioniso


«Se vogliamo definire con una parola la nostra specie, il suo nome è Io.»
Qualcuno chiederà: serve a qualcosa?
In teoria serve a conoscere la realtà che ci circonda. A tutto e a nulla.
Ognuno di noi muore dalla voglia di ammirare l'Io. In tutte le altre occupazioni siamo dei dilettanti, ma ciascuno di noi in questo è uno specialista eccellente. Il sentimento morale come effetto dell'amore di Sé e quindi del più radicato e permanente egoismo: questa è la deplorevole situazione nella quale ci troviamo da molte migliaia di anni.

Quando comincia la storia dell'uomo occidentale, accanto all'Io entra in scena anche Dioniso. Arriva dalla Tracia, al di là dell'Ellesponto, dove i cavalli del Sole cominciano il loro sfrenato galoppo lungo la curva del cielo. Dioniso è una regressione e insieme un'anticipazione al di qua dell'uomo e al di là di esso, è colui che vive tutte le vite, sangue pulsante, forgia e nostalgia dell'Essere dal quale fummo separati quando l'Io emerse dalla natura.
È sempre stato così? Non credo, ci deve essere stata un'epoca in cui eravamo ben poco diversi dalle altre specie. Noi siamo in realtà la bestia che pensa, il pensiero che erompe dal corpo, lo sovrasta e lo frusta perché si adegui ai suoi comandi, mentre i veleni della vecchiezza irrigidiscono i tessuti.

Voi temete la morte, chi non la teme? Cercate di scordarvene, cadono accanto a voi le vite degli altri; che importa? L'umana pietà vi commuove appena un istante se avete un tempo vuoto. Noi lottiamo con la morte durante tutta la vita. Non c'è istante che l'immagine di lei ci abbandoni. Quando ci agita un'ansia di cui non ci diamo ragione, è lei che incombe. Questo Io compatto, questo Io governante, è sempre a rischio. Lo insidia continuamente il sospetto di essere un'illusione o piuttosto una sovrastruttura, un luogo dove si incontrano e si esprimono forze sottostanti.

Scrive Ingeborg Bachmann in una delle sue Lezioni di Francoforte: «Che cosa è l'Io, che cosa potrebbe essere? Un astro la cui posizione e orbita non sono mai state del tutto individuate e il cui nucleo è composto di sostanze ancora sconosciute. Potrebbe essere questo: miriadi di particelle che formano un "Io", ma al tempo stesso potrebbero essere un nulla».
Una forma pura: ecco una definizione che coglie l'essenza di Io come meglio non si potrebbe. Forma pura costruita dal pensiero. Del resto, nessuno lo ha definito meglio di Descartes: «Penso, dunque sono», tre parole che chiudono questa vicenda intellettuale.
«Da dove può venire l'idea che l'uomo è libero? O l'altra per cui non lo è? Non so se a cominciare questa controversia sia stata la filosofia o la polizia» (Paul Valéry).
«Libertà e uguaglianza sono tra gli scopi primari perseguiti dagli esseri umani per secoli, ma libertà totale per lupi significa morte per gli agnelli, una totale libertà dei potenti, dei capaci, non è compatibile col diritto che anche i deboli e meno capaci hanno a una vita decente» (Isaiah Berlin).



Eugenio Scalfari, Repubblica.it
01.12.2020