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    Predefinito La vera natura di Radio Spada


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    Predefinito Re: La vera natura di Radio Spada

    Editoriale

    Cari Amici di Sodalitium, la reclusione forzata che abbiamo vissuto in seguito alla diffusione dell’influenza proveniente dalla Cina, ha messo tutti a dura prova. Confinati nelle nostre case, abbiamo dovuto interrompere per alcuni mesi il nostro apostolato, il che ci ha permesso di occuparci della rivista, da troppo tempo silente. Sono tanti gli avvenimenti lieti, accaduti dopo l’ultimo numero, che vorremmo condividere o ricordare con voi, e che la rubrica “Vita dell’Istituto” elenca – per necessità di cose – troppo brevemente: penso alle ordinazioni sacerdotali, ai voti religiosi, ai pellegrinaggi, agli esercizi spirituali, alle colonie estive, alla vita quotidiana, infine, del seminario, e a quella festiva dei nostri oratori e centri di Messa, che crescono sempre di più. Ma il ricordo che personalmente mi tocca di più, è quello del pellegrinaggio dei sacerdoti, dei seminaristi e dei religiosi che l’Istituto ha fatto ad Assisi e Perugia dal 12 al 14 febbraio 2019: già lontano nel tempo, ma ancora vicino al cuore e alla mente. Nel n. 69 di Sodalitium (luglio 2018), annunciavamo ai nostri lettori, a p. 4, un avvenimento per noi davvero importante: l’aver ritrovato, grazie ad un nostro lettore, studente all’Università di Perugia, la tomba di Mons. Umberto Benigni, collaboratore fedele di San Pio X e fondatore del Sodalitium Pianum che dà il nome alla nostra rivista. Da anni ne cercavamo le tracce: a Roma, dove Mons. Benigni era morto, e non a Perugia, dov’era nato. Quando un nostro caro fedele si è trasferito a Perugia per motivi di studio, don Carandino gli ha chiesto di cercare anche nel capoluogo umbro le sue spoglie, che furono quindi da lui ritrovate nel cimitero monumentale di quella città.

    Si decise allora di recarci tutti a Perugia, e di unire al nostro viaggio un pellegrinaggio sulle tracce di san Francesco d’Assisi, di cui la Chiesa canta: “Franciscus vir catholicus, et totus apostolicus, Ecclesiæ teneri fidem romanæ docuit, presbyterosque monuit præ cunctis revereri” (“Francesco, uomo cattolico e tutto apostolico, insegnò a mantenere integra la fede della Chiesa romana ed esortò a onorare, prima di tutti gli altri, i sacerdoti”, prima antifona dei primi vespri del 4 ottobre nel breviario romano-serafico; ne è autore Giuliano da Spira). L’Istituto si è quindi riunito, anche se non al completo: a quelli della casa di Verrua e di San Martino dei Mulini si sono aggiunti don Trauner dall’Austria e don Steenbergen dal Belgio; tutti assieme, abbiamo vissuto delle ore indimenticabili, in particolare recitando la diecina per l’Istituto e le litanie della Madonna del Buon Consiglio nei luoghi più significativi che abbiamo visitato. Martedì 12 abbiamo fatto tappa alla Verna, dove san Francesco ha ricevuto le sante stimmate, e la sera abbiamo recitato tutti assieme le litanie della Madonna del Buon Consiglio, per l’Istituto, davanti alla Basilica d’Assisi ormai chiusa. Mercoledì 13 abbiamo pregato al mattino nella basilica di san Francesco e nelle camerette dove visse san Giuseppe da Copertino; il pomeriggio ci siamo recati a San Damiano (dove abbiamo nuovamente pregato per l’Istituto), Rivotorto, S. Maria degli Angeli con la Porziuncola e la cappella del Transito di s. Francesco, s. Chiara e san Rufino. Il giorno seguente abbiamo lasciato Assisi per recarci all’Eremo delle Carceri, ove è vivo il ricordo non solo di san Francesco e dei suoi compagni, ma anche di tanti altri santi francescani dell’Osservanza. La mattinata di quel 14 febbraio è terminata a Perugia, meta del nostro viaggio, emozionati davanti alle spoglie mortali di Mons. Benigni. I 21 pellegrini, accompagnati da Lorenzo (lo studente che ha ritrovato la tomba di famiglia del monsignore umbro) si sono riuniti ancora in preghiera per l’Istituto, pensando a chi ci ha preceduti nella lotta per l’integrità della Fede contro la somma di tutte le eresie, che sta facendo strage di anime e che ha dato colpi terribili, mai visti finora, alla Chiesa. E vorrei adesso come in quel giorno, in quel luogo, fare una pressante raccomandazione a tutti i membri del nostro Istituto: rimanere fedeli, nel suo spirito originario, a Cristo, alla sua Chiesa, all’esempio di san Pio X, ma anche a quanto ci ha insegnato, con la parola, gli scritti e la vita, Mons. Umberto Benigni, e quanti con lui affiancarono san Pio X contro tutti i nemici interni ed esterni della Chiesa. Questa fedeltà sarà la garanzia del fatto che l’Istituto persevererà nel suo spirito originario. Pregato di prendere la parola in quel luogo, davanti ai nostri sacerdoti e seminaristi, ho rivolto loro questo appello come un mio testamento. Lo rifaccio adesso su queste pagine. Mi perdonerete se parlo un attimo di me. Pochi libri hanno avuto su di me una profonda e duratura influenza come Intégrisme et catholicisme intégral. Un réseau secret international antimoderniste: La ‘Sapinière’ (1909-1921) di Emile Poulat, pubblicato nel 1969 ma che lessi in seminario nel 1978. Avevo già ‘conosciuto’ Mons. Benigni prima di entrare in seminario, con Alleanza Cattolica, ma grazie a quel libro potevo conoscerlo direttamente nel pensiero e nell’opera; un libro che può urtare qualcuno, e affascinare altri, come me. Galeotto fu quel libro… anche perché mi spinse a scrivere un dossier in difesa del Sodalitium Pianum e degli integrali, che inviai, col permesso del mio confessore di allora, all’abbé Aulagnier, direttore della rivista della FSSPX Fideliter. Un collaboratore di quella rivista, sacerdote anch’egli della Fraternità, aveva scritto una serie di articoli su san Pio X nei quali presentava come fedeli interpreti del suo pontificato chi invece gli fu ostile (Grandmaison, Batiffol e altri), condannando invece il cattivo spirito e lo zelo amaro dei cattolici integrali (modello ed esemplare di chi, nella Fraternità e fuori di essa, sosteneva le tesi più intransigenti). “Stia tranquillo, non dovrà andare a Canossa”, mi rassicurò l’abbé Aulagnier; ed invece a Canossa dovetti andarci in quanto l’autore di quegli articoli (r.i.p.) tanto fece che ottenne, nel 1981, la mia espulsione dal seminario e dalla Fraternità. Riabilitato nel frattempo (fui anzi ordinato in anticipo nel 1982 da Mons. Lefebvre che, se non parlava di Mons. Benigni, conosceva almeno bene gli scritti dell’abbé Barbier, fondatore de La critique du libéralisme), suggerii allora che la rivista della Fraternità che volevamo fondare nel 1983 si chiamasse Sodalitium, in onore del Sodalitium Pianum di Mons. Benigni.

    È la rivista che avete tra le mani, e le memorie di un ormai vecchio combattente vi servano a capire l’importanza, anche nella mia vita e nella vita di questa rivista e del nostro Istituto, che ha avuto, ha ed avrà sempre (bisogna che sia così) il pensiero e la memoria di Mons. Benigni. Cari lettori: potete facilmente comprendere, dopo queste mie “confessioni” (nel senso agostiniano) il dolore profondo che ho sentito nel leggere – nel 2010 su Sì sì no no – e in questi giorni sul sito dell’autore e quello di Una vox, una lunga serie di articoli ingiuriosi e gravemente diffamatori nei confronti dei cattolici integrali in generale e di Mons. Benigni in particolare; un dolore tanto più grande che l’autore di questa lunga serie di articoli (ancora in corso al momento) ha iniziato a scrivere proprio su questa rivista dedicata a Mons. Benigni, dal 1984 fino al 2006: ventidue anni! Una serie di articoli dove viene ripresa la tesi di fondo di una “storica francese” (una francese che, ci si dimentica di dire, studia il cattolicesimo integrale con borse di studio della Fondation pour la mémoire de la Shoah, nel 2014-2015, del Center of Jewish History di New York, nel 2016-2018, e per la ricerca in studi ebraici alla Forhdam University) che, volendo sostituire i suoi studi, documentati ma partigiani, a quelli, documentati ed obbiettivi di Poulat, descrive Benigni come un rancoroso paranoico. Che l’antigiudaismo sia una “fobia” è tesi che non stupisce negli scritti di chi lavora con uno scopo determinato come la Valbousquet; che una interpretazione “rancorosa” del fedele collaboratore di san Pio X venga da un cattolico tradizionalista, e non uno qualunque, proprio non lo posso comprendere, se non pensando al rancore di chi – quello sì – attraverso Mons. Benigni vuol colpire un altro bersaglio.

    In un prossimo numero mi propongo di rispondere a queste accuse, che inoculano tra i ranghi degli antimodernisti la mentalità che portò al trionfo dei modernisti, che è sotto gli occhi di tutti, e che non è spuntata dal nulla l’8 dicembre 1965. Per ora, invece, mi rivolgo a chi, in questo Istituto, su questa rivista, più giovane di me, dovrà continuare domani la battaglia di oggi e di ieri: quello che accadde all’inizio del ‘900 sotto san Pio X fu il prodromo di quello che poi si disvelò durante il Vaticano II.

    Studiate la giovinezza di Angelo Giuseppe Roncalli o di Giovanni Battista Montini, e vedrete che la simpatia per il modernismo, celata sotto una troppo superficiale ortodossia, era già presente: quel piccolo seme – in loro come in tanti altri – divenne pianta al Concilio. Quante anime si sono perse a causa di questo piccolo seme (all’inizio) che ha portato frutti così amari? Vi invito quindi ad appassionarvi agli scritti e all’azione di Mons. Umberto Benigni, di don Paolo de Töth, dell’abbé Paul Boulin e dei loro amici e sodali, eredi anch’essi di chi li aveva preceduti, al fine di poter non solo ricevere, ma anche trasmettere a vostra volta una bandiera ben spiegata che deve passare di generazione in generazione, di mano in mano: la bandiera di Cristo Re e della Fede cattolica integrale. La nostra rivista ed il nostro Istituto sono stati i soli a difendere ieri e oggi la figura di Mons. Benigni: tanti altri che si riempiono la bocca di questi nomi se ne stanno zitti di fronte alle accuse che vengono non dal nemico dichiarato, ma dagli amici di ieri (e, per loro, ancora di oggi): anche questo serva da discernimento tra i veri ed i falsi cattolici integrali. Chiedo quindi a tutti voi, con l’intercessione di san Pio V e san Pio X, di conoscere, amare e trasmettere questo tesoro che non deve andare perduto, ma deve passare alle future generazioni.

    don Francesco Ricossa

  3. #3
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    Predefinito Re: La vera natura di Radio Spada


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    Predefinito Re: La vera natura di Radio Spada


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    Predefinito Re: La vera natura di Radio Spada

    pagg. 173



    Il mondo cattolico "tradizionalista" (la 'Tradizione' del titolo) è piccolo, ma di vitale importanza per la Chiesa. Quando - tra il 2012 ed il 2013 - è nata Radio Spada (sito e casa editrice), si è data un programma ambizioso: il rinnovamento del mondo "tradizionalista" "in uscita" dagli angusti spazi finora occupati. "In uscita" dalle divisioni dottrinali legate a motivi di Fede, certo, proponendo temi e battaglie capaci di ottenere il consenso di tutti, promovendo ad esempio processioni di riparazione contro le sfilate omosessualiste. Ma "in uscita" anche negli interessi letterari ed artistici. Le pagine culturali di Radio Spada presentano e propongono al lettore e militante cattolico quel decadentismo al quale Mario Praz consacrò un libro che ha segnato un'epoca: La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica. Per aver messo in guardia da questa temeraria apertura culturale, l'autore di questo saggio è stato definito da Radio Spada "lapidatore incallito dalla pessima mira". Giudichi il lettore, da queste pagine, se la mira era davvero sbagliata, o se invece abbiamo colto il bersaglio. Bersaglio che per noi non sono gli uomini (non siamo lapidatori), ma solamente le idee.

  6. #6
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    Predefinito Re: La vera natura di Radio Spada

    Radio Spada o Radio Rosa?

  7. #7
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    Predefinito Re: La vera natura di Radio Spada

    “Radio Spada”: un parere e un consiglio

    26 febbraio 2016



    Numerosi fedeli ci hanno chiesto informazioni e valutazioni su “Radio Spada”.

    “Radio Spada” si presenta come un “sito di controinformazione” cattolico (dal 2012) e una casa editrice (dal 2013); di fatto è qualche cosa di più, giacché si parla di uno “spirito radiospadista”, e di una “visione e missione” di Radio Spada, che è infatti una associazione alla quale si può aderire diventando Soci mediante tesseramento a pagamento.



    L’Istituto “Mater Boni Consilii” non avrebbe motivo di occuparsi e preoccuparsi delle attività di “Radio Spada” (in vari casi anche degne di approvazione) più di quanto non lo faccia per numerosissimi altri siti o case editrici nati in questi ultimi anni nel variegato mondo “tradizionalista”, se non fosse per una peculiarità di “Radio Spada”. L’associazione in questione conta infatti, tra i fondatori e i più attivi collaboratori, numerosi amici che notoriamente condividono la posizione dell’Istituto “Mater Boni Consilii” sulla situazione attuale dell’Autorità nella Chiesa (Tesi detta di “Cassiciacum”, di Mons. M.-L. Guérard des Lauriers o.p.). Questa collaborazione ha fatto credere a molti, e fa credere ancora ad alcuni, che possa esistere, tra “Radio Spada” e il nostro Istituto, una qualche collaborazione o amicizia o identità di vedute. Un articolo recente di “Radio Spada” ha d’altronde pubblicamente posto il problema delle “collaborazioni interne al ‘movimento di resistenza’ al neomodernismo”, collaborazioni che non dovrebbero escludere i difensori della Tesi di Cassiciacum, come pure, tra i “sedevacantisti”, quelli avversi alla Tesi di Mons. Guérard des Lauriers.

    Al fine di evitare ogni possibile equivoco, e di consigliare quei fedeli che hanno fiducia nel nostro Istituto (sia quelli che hanno aderito a “Radio Spada”, sia quelli che potrebbero farlo in futuro), dopo ripetuti tentativi fatti in privato alle persone interessate, siamo giunti alla conclusione che sia opportuna e inderogabile una pubblica presa di posizione.

    L’Istituto “Mater Boni Consili” dichiara dunque di non avere nulla a che vedere con “Radio Spada”, di non condividerne i principi, e di sconsigliare pertanto a chi condivide la nostra posizione l’iscrizione a “Radio Spada” o la collaborazione con la medesima associazione.

    Il motivo principale di questa decisione risiede nel programma stesso di “Radio Spada”, sia in quanto casa editrice cattolica, sia in quanto sito di controinformazione:

    “Questo progetto editoriale nasce dalla collaborazione di un gruppo di giovani, dall’unione polifonica di energie e sensibilità differenti, per la difesa e la diffusione della comune Fede cattolica, dei principi e dei valori della Civiltà cristiana” (dalla presentazione delle Edizioni Radio Spada).

    “Radio Spada non è espressione di un solo punto di vista, ma è gestito da più persone – più voci che vogliono rappresentare sensibilità ecclesiali diverse, sempre nell’alveo della bimillenaria Tradizione della Chiesa. Chi legge RS, lo può notare chiaramente: è un esperimento felice e ben riuscito (e speriamo continui così). Poi ognuno – negli ambiti di propria pertinenza ecclesiale – agisce iuxta propria principia. Non si tratta di pluralismo, ma di pluralità: più voci che vogliono tendere ad un unico Fine, la maggior gloria di Dio e la salvezza delle anime” (dalla presentazione del sito Radio Spada).

    Un esponente del consiglio direttivo di “Radio Spada” esemplificava così detto programma, nel quadro di un ipotetico coordinamento dei siti cattolici:

    “Radio Spada” è gestito da più persone e non è espressione di un solo punto di vista. Ci scrivono cattolici “generici”, tradizionalisti di varie obbedienze, cani sciolti, amici del Motu Proprio, ratzingeriani, lefebvriani, sedevacantisti et ultra. Chi lo legge, lo può notare chiaramente: è un’esperimento felice e ben riuscito e speriamo continui così. Poi ognuno negli ambiti di propria pertinenza agisce iuxta propria principia” (sul blog di Messa in Latino, 10 gennaio 2013).

    A prima vista, il proposito manifestato da “Radio Spada” sembra apprezzabile, invitando alla concordia, alla collaborazione e all’amicizia tutti i cattolici di sensibilità “tradizionale” in vista di finalità comuni. Un esame più attento mette in evidenza, però, l’applicazione pratica di un metodo che non esiteremmo a considerare “ecumenista” e “modernista”, se i collaboratori di “Radio Spada” non si dichiarassero per l’appunto avversari dell’ecumenismo e del modernismo. Per l’ecumenismo, bisogna guardare a ciò che unisce piuttosto che a ciò che divide, anche in materia di fede; e per il modernismo, le differenze dottrinali sono questione di sensibilità e di sentimento religioso. Divisioni che toccano la fede e la morale sono ridotte a mere questioni di “sensibilità”, come se fosse questione di sensibilità, per un cattolico, riconoscere o meno una data persona come Romano Pontefice, accogliere o meno il suo magistero, assistere o meno alla liturgia da lui promulgata. Nell’unione polifonica organizzata da “Radio Spada” può suonare il sedevacantista, il lefebvriano, il ratzingeriano e persino la militante (nel passato) del dialogo ecumenico e interreligioso che non rinnega nulla (nel presente) del suo passato. Né vale obiettare che, finito il concerto radiospadista, ognuno può rientrare negli “ambiti di propria pertinenza ecclesiale” ed agire secondo i propri principi (iuxta propria principia). Senza voler fare paragoni infondati, anche nelle Logge massoniche i fratelli possono conservare i propri principi religiosi, a condizione di rispettare quelli degli altri.

    Poiché però ogni società ha nell’autorità la causa della sua unità, e ogni ente ha una sua precisa finalità, anche “Radio Spada” non può sfuggire a queste leggi. La “polifonia” programmatica di “Radio Spada” diventerebbe cacofonia anarchica, senza una precisa finalità, in assenza di un “direttore d’orchestra” che, al di là della pluralità degli orchestrali, diriga i vari collaboratori in una ben precisa direzione. Qual è la musica che il direttore fa suonare a così diversi orchestrali? Non lo sappiamo con certezza: potrebbe essere quella dei movimenti Ecclesia Dei-Summorum Pontificum o della Fraternità San Pio X (il che è lo stesso dopo che la Fraternità è stata canonicamente riconosciuta dal “vescovo” di Buenos Aires), della quale sono fedeli dichiarati, o di altre entità, o di “Radio Spada” stessa, finalizzata pertanto a sé stessa. Una cosa è certa: questa “musica” non è quella del nostro Istituto, che fin dalla sua fondazione ha fatto della dottrina comune a tutti i suoi membri la base indispensabile di un comune lavoro.

    Consigliamo quindi quei fedeli che nel passato hanno mostrato amicizia e fiducia nel nostro Istituto, e che ora sostengono “Radio Spada”, a non proseguire in un cammino che – seguendo un lento ma sicuro “trasbordo ideologico”, rischia di portarli come tanti altri prima di loro – sulla sponda opposta a quella di partenza.

    Verrua Savoia 12 giugno 2015,

    festa del S. Cuore di Gesù

 

 

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