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    Predefinito Senza l’aiuto degli Ebrei Colombo non avrebbe scoperto l’America?

    Senza l’aiuto degli Ebrei Colombo non avrebbe scoperto l’America?



    Simon Wiesenthal è un buon esempio di quel che si può considerare un uomo ossessionato dal passato e dalla sete di vendetta; nonostante che egli rifiutasse sdegnosamente una tale definizione, affermando, nel titolo di un suo libro del 1999 (Milano, Mondadori), di cercare «Giustizia, non vendetta»
    Non è questa la sede per occuparci del Wiesenthal più noto, il “cacciatore di nazisti”, che riuscì a portare sul banco degli accusati sia grossi nomi, come Adolf Eichmann (operazione in cui, peraltro, egli svolse un ruolo controverso), poi giustiziato in Israele nel 1962, sia anonime casalinghe newyorkesi, come Hermine Braunsteiner-Ryan, che durante la guerra aveva supervisionato l’esecuzione di donne e bambini nei campi di concentramento tedeschi.
    Basti dire, cha a un certo punto, la sua febbre crescente di autonominato giustiziere finì per disgustare perfino uomini come il socialista Bruno Kreisky, cancelliere austriaco dal 1970 al 1983 ed ebreo egli stesso, che definì Wiesenthal con l’appellativo di «Nestbeschumtzer» («colui che sporca il proprio stesso nido»), ossia come un cattivo cittadino che infanga la nazione nella quale vive e che gli dà il lavoro per mantenersi; e ciò per i suoi reiterati tentativi di far incriminare, per il loro passato nazista, decine di membri del governo austriaco.
    Ad ogni modo, qui vogliamo parlare di un altro aspetto della multiforme personalità di Simon Wiesenthal, ossia del suo interesse per la storia e, in modo particolare, per il celebre viaggio di Colombo che portò alla scoperta dell’America, nel 1492.
    Ne suo libro «Operazione Nuovo Mondo», del 1973, scritto in mezzo ai suoi molteplici impegni presso il cosiddetto Centro di documentazione ebraica di Linz, che era - in effetti - un centro di intelligence per la ricerca internazionale dei criminali di guerra nazisti, egli sostenne che Colombo, probabilmente, era egli stesso di origine ebraica; che fu solo grazie al sostegno finanziario e all’assistenza tecnica degli Ebrei, se egli poté raggiungere l’America; che molti dei suoi marinai erano ebrei, i quali furono costretti a salpare dall’editto di espulsione dei Re Cattolici Ferdinando e Isabella che scadeva, guarda caso, il 2 agosto 1492, vigilia della partenza delle tre caravelle da Palos per la loro grande avventura oceanica.
    In effetti, Wiesenthal non è stato affatto l’inventore del “filone ebraico” nella biografia colombiana, dal momento che lo storico spagnolo Salvador De Madariaga aveva già ventilato l’ipotesi di una ascendenza ebraica per il nostro navigatore; quel che appare nuova, in Wiesenthal, è la pretesa di inscrivere tutta l’impresa di Colombo in un contesto ebraico o prevalentemente ebraico, arrivando a sostenere che solo gli Ebrei, suoi protettori, erano in grado di esercitare la necessaria influenza sui sovrani di Castiglia e d’Aragona, affinché si decidessero ad autorizzare il suo viaggio di scoperta nel mare di Occidente.
    Strano argomento, visto che quegli stessi sovrani si accingevano, appunto, ad espellere gli Ebrei dalla Spagna: il che fa per lo meno dubitare che gli Ebrei spagnoli avessero un tale potere presso la corte; per non dire che è tutto da dimostrare come i principali sostenitori di Colombo fossero ebrei, e una leggenda vera e propria è quella delle origini ebraiche di Colombo: a meno di voler cadere nel ridicolo, come quando si adduce a “prova” la capigliatura rossa del genovese.
    Piuttosto, non è affatto strano che Colombo possa essersi rivolto a degli usurai ebrei, quando venne a trovarsi in ristrettezze economiche, come facevano, all’epoca, innumerevoli cristiani; ma l’ideologia di Colombo è integralmente cristiana, anzi, addirittura cristiana medievale, se è vero - come è vero - che egli voleva “buscar el Levante por el Poniente” onde procurare ai sovrani d’Europa e al Papa le ricchezze della Cina e del Giappone, allo scopo ben preciso di finanziare una nuova e decisiva crociata contro i Turchi per liberare la Terra Santa.
    Ha scritto, dunque, Simon Wiesenthal nel suo libro «Operazione nuovo mondo» (Milano, Garzanti, 1991, pp. 9-12):

    «Le tre caravelle, che dovevano portare nelle “contrade dell’India” Cristoforo Colombo, erano all’ancora nel porto di Palos. È la sera del 2 agosto 1492. Colombo si trova sul molo e osserva l’andirivieni in coperta degli ultimi marinai e di altri partecipanti alla spedizione. Per suo ordine tutti devono trovarsi a bordo puntualmente alle undici di sera.
    Dalla storia sappiamo che le tre caravelle salparono solo il giorno dopo e cioè il 3 agosto. Perché Colombo ordinò alla sua ciurma di trovarsi a bordo ancor prima di mezzanotte? Perché sorvegliò personalmente l’operazione? L’ordine è decisamente contrario a ogni consuetudine dei marinai che di solito, prima di un viaggio tanto lungo, si trattengono fino all’ultimo momento con la famiglia e salgono a bordo solo pochi minuti prima della partenza.
    Perché questa deroga alla tradizione? L’ordine impartito da Colombo è forse legato alla data? È il 2 agosto 1492, giornata memorabile; secondo un decreto dei re Ferdinando e isabella, nessun ebreo deve posare più piede su suolo spagnolo dopo la mezzanotte di questo giorno. Anche i partecipanti ala spedizione sono colpiti n qualche modo da questo decreto? Si trovano ebrei sulle caravelle di Colombo? C’è una relazione trai suo viaggio e la cacciata degli ebrei? E infine, il viaggio è forse una conseguenza della persecuzione ebraica? Tutte queste domande si affacciano ala mente dello studioso e pretendono di essere soddisfatte:. Ma prima di cerare noi una risposta, asciamo parlare Colombo:
    “Dopo che le Vostre Sacre Maestà ebbero espulso gli ebrei dai loro territori, nel medesimo mese di gennaio le Altezze Vostre mi inviarono on una flotta nelle Indie”.
    Così comincia il diario propriamente detto. Questi due avvenimenti sono posti all’inizio della sua relazione sulla scoperta dell’America.
    A un primo esame si è portati a credere che Colombo abbia confuso qui le date storiche poiché, com’è noto, l’editto di espulsione degli ebrei è datato 31 marzo e l’autorizzazione al viaggio di Colombo era stata concessa tre mesi prima, in gennaio. D’altronde il contratto tra Colombo e il re fu sottoscritto solo il 17 aprile. Come spiegare dunque questa evidente confusione di date? Non c’è altra risposta che la seguente: i preparativi per l’espulsione degli ebrei erano già talmente avanzati in gennaio da essere a conoscenza delle persone che vivevano a corte e Colombo, come i suoi protettori, ne era al corrente. Confluiscono così le date: gennaio, autorizzazione al viaggio di Colombo; marzo, decreto di espulsione; 2 agosto, termine ultimo per la permanenza degli ebrei in Spagna e vigilia del viaggio per le Indie.
    Con il proverbiale istinto del grande, che Colombo mostrò anche in altre occasioni, egli collega qui i due avvenimenti. Gli storici che si occupano di questo periodo, concordano sul fatto che entrambi gli eventi - la scoperta dell’America e la cacciata degli ebrei - ebbero le più ampie e remote conseguenze per la Spagna.
    La notte del 2 agosto segna una svolta storica. Finisce un capitolo e ne inizia uno nuovo, un capitolo che avrà ripercussioni sulla storia del mondo intero. La circostanza che Colombo abbia voluto a bordo il suo equipaggio per le undici di sera, un’ora prima, dunque, dell’entrata in vigore dell’editto famoso per il quale nessun ebreo poteva trattenersi più su suolo spagnolo, rappresenta uno dei numerosi enigmi che Colombo e i suoi viaggi ci hanno proposto. Colombo sa che, esattamente un’ora dopo, la polizia spagnola, la milizia cittadina e i “familiares” dell’Inquisizione si metteranno alla caccia degli ebrei eventualmente rimasti in Spagna, a dispetto del decreto reale. Il fatto che egli voglia tutti i suoi uomini a bordo per le undici non può non essere visto in questo contesto.
    Ci sono parecchi elementi che appaiono piuttosto misteriosi. Dobbiamo quindi considerare nel loro insieme tutte le questioni e gli avvenimenti che possono essere storicamente documentati, ma per i quali non esiste ancora una spiegazione soddisfacente. Lo stesso personaggio di Colombo, che ci appare ricco di contraddizioni, non può contribuire a chiarire l’enigma. […]
    La relazione Colombo-ebrei non è casuale, ma voluta da entrambe le parti. Già da tempo era balzato agli occhi a più di uno studioso, e fu oggetto di parecchie indagini per chiarirne appunto le ragioni. Le risposte però a tutt’oggi non sono soddisfacenti. Questo studio riuscirà forse a offrire una nuova interpretazione suffragata dagli avvenimenti di allora.
    Numerosi storici si erano accorti che la cerchia dei personaggi che appoggiarono i viaggi di Colombo era formata in maggioranza da ebrei e da ebrei battezzati. […]
    Non c’è dubbio, e su ciò concordano tutti, che senza la collaborazione di personaggi di questa cerchia, senza il loro intervento presso il re, senza l’aiuto finanziario e i consigli scientifici e nautici da loro elargiti, la spedizione di Colombo non sarebbe mai avvenuta.
    Il nuovo continente sarebbe stato scoperto anche senza di lui, poiché il tempo era maturo, e altre nazioni si preparavano a esplorare l’ignoto, ma ripetiamolo ancora una volta: senza l’aiuto degli ebrei il viaggio di Colombo non si sarebbe realizzato.»

    In realtà, tutto il ragionamento di Wiesenthal si basa su un sofisma, o meglio, prende le mosse da un sofisma: il 2 agosto scadeva il termine fissato per l’espulsione degli Ebrei dalla Spagna ai sensi del decreto reale; e la sera del 2 agosto, un’ora avanti la mezzanotte, l’ammiraglio genovese volle a bordo tutto l’equipaggio, per salpare poi le ancore solo il giorno dopo.
    Wiesenthal fa presente che la consuetudine, per i lunghi viaggi di mare, era quella di consentire agli equipaggi di imbarcarsi all’ultimo minuto, onde potersi trattenere il più possibile con le proprie famiglie, nell’imminenza di una prolungata assenza.
    Wiesenthal, evidentemente, non tiene in alcun conto il fatto che gli equipaggi delle tre caravelle di Colombo erano reclutati praticamente a forza, d’ordine reale, tra i riluttanti abitanti di Palos e dintorni. Nonostante l’aiuto dei frati francescani della Ràbida e dei fratelli Pinzon, fu estremamente difficile arrivare a completare gli equipaggi; tanto è vero che, alla fine, si dovette procedere all’imbarco di quattro criminali, ai quali il re aveva rimesso la condanna, a condizione - appunto - che partissero con gli altri.
    Quanto alla coincidenza fra il viaggio di Colombo e l’espulsione degli Ebrei, essa non fu l’unica di quel periodo e qualunque storico sa che una mera coincidenza, di per sé, non significa nulla, tanto meno un rapporto di causa ed effetto tra due eventi: a meno che tale rapporto non venga provato da ben altre risultanze che la semplice consequenzialità cronologica.
    Ad esempio, il 2 gennaio 1492 i sovrani spagnoli fecero il loro solenne ingresso a Granada, nell’Alhambra del sultano Boabdil, ultimo re moro di Spagna; episodio che pose termine alla “Reconquista” e che sancì la definitiva estromissione della presenza araba dalla Penisola Iberica, dopo una serie di lotte secolari fra Cristiani e Musulmani. In base al criterio adottato da Wiesenthal, poiché il viaggio di Colombo sull’Oceano occidentale venne autorizzato da Ferdinando il Cattolico e Isabella di Castiglia in quello stesso mese di gennaio, bisogna quanto meno sospettare che tra i due fatti esista una stretta relazione.
    E allora, perché non ipotizzare che i Mori di Spagna, sentendo prossima la fine (in effetti, i termini della resa di Granada erano stati stipulati circa due mesi prima), abbiano in qualche modo “incaricato” Colombo di cercare per essi una nuova terra ove avrebbero potuto rifugiarsi, dopo l’imminente espulsione dal suolo iberico? Oppure, addirittura, che Boabdil o qualche suo emissario lo abbia segretamente finanziato, gli abbia fornito consigli scientifici e assistenza tecnica, tanto più che il viaggio avrebbe dovuto stabilire la tappa iniziale nelle Isole Canarie, non lontano dalla costa marocchina: vale a dire in acque che i viaggiatori e i mercanti musulmani del Nordafrica dovevano conoscere piuttosto bene.
    Si ha l’impressione, davanti al libro di Wiesenthal su Colombo, di trovarsi in presenza di una caratteristica contraddizione, quasi una schizofrenia.
    Da un lato, Wiesenthal è fra coloro i quali ritengono che la politica antisemita degli Stati europei, culminata nel genocidio hitleriano, sia stata il frutto di una autentica paranoia relativa al “complotto giudaico”: non esisteva alcun complotto, per il semplice fatto che gli Ebrei erano cittadini d’Europa come gli altri, e che ogni ipotesi di considerarli come un tutto omogeneo, che rifiutava l’assimilazione e deteneva un grosso potere finanziario, culturale e mediatico, non sia altro che una manifestazione di irragionevolezza razzista.
    Dall’altro lato, si direbbe che Wiesenthal soffra di una sorta di «horror vacui», di un terrore del vuoto, intendendo per “vuoto” una pagina di storia in cui gli Ebrei non abbiano svolto un ruolo da registi o da supervisori dietro le quinte, precisamente in quanto gruppo compatto e omogeneo, mirante ad esercitare una egemonia occulta sui non Ebrei; ed ecco che, secondo le sue precise parole, «la cerchia dei personaggi che appoggiarono i viaggi di Colombo era formata in maggioranza da ebrei e da ebrei battezzati» e che «senza l’aiuto degli ebrei il viaggio di Colombo non si sarebbe realizzato».
    Strano atteggiamento, invero.
    Da una parte si depreca la tendenza dei Cristiani a considerare gli Ebrei non in quanto singoli cittadini, ma in base ad un pregiudizio che li vuole tenacemente legati l’un l’altro da un vasto disegno di potere occulto; dall’altro, si vuol dimostrare, e si rivendica con orgoglio, il fatto che non vi sarebbe stato evento significativo, nella storia dell’Occidente, dietro il quale non si via stata la regia del denaro e delle competenze tecniche degli Ebrei, intesi proprio come gruppo solidale e mosso da un’unica volontà.
    Bisognerebbe decidersi.
    O gli Ebrei sono sempre stati una minoranza che agiva alla luce del sole, leale nei confronti dei Paesi che li ospitavano e aliena da ogni idea di esercitare una influenza concertata e inconfessabile sulla loro politica, sulla finanza e sulla cultura; oppure sono sempre stati presenti, dietro le quinte, ogni volta che si presentava una importante svolta dell’Occidente e specialmente nel contesto della moderna secolarizzazione (Illuminismo, Massoneria, Risorgimento, ecc.), al fine di indirizzarla, orientarla e, in qualche modo, dirigerla.
    Altrimenti, perché non riconoscere - ad esempio - che Colombo appartiene in tutto e per tutto alla cultura dell’Europa cristiana e medievale; perché questo bisogno di evocare oscuri scenari, nei quali il grande navigatore non sarebbe stato che lo strumento, se non proprio la marionetta, di un disegno ebraico estremamente raffinato, la “risposta” giudaica all’espulsione decretata dai sovrani di Spagna nel 1492?


    Senza l’aiuto degli Ebrei Colombo non avrebbe scoperto l’America?, Francesco Lamendola
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    Gli umori corrodono il marmo

  2. #2
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    Predefinito Rif: Senza l’aiuto degli Ebrei Colombo non avrebbe scoperto l’America?

    Di colombo si è visto questo :
    " le origini di Colombo, mai chiare, aggiungono mistero, la sua firma, un crittogramma con X(cristo) M(maometto)Y(jaweh) e la frase: lo spirito santo è presente in cristiani, musulmani ed ebrei - non facilita il compito "

    Archeomisteri - È TEMPO DI RISCOPRIRE L'AMERICA - FIRMA DI COLOMBO - FOTO
    Non è una frase che , alla luce dell'ecumenismo odierno hefico: , lascia ben sperare ...
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

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    Predefinito Rif: Senza l’aiuto degli Ebrei Colombo non avrebbe scoperto l’America?

    Citazione Originariamente Scritto da Freezer Visualizza Messaggio
    Di colombo si è visto questo :
    " le origini di Colombo, mai chiare, aggiungono mistero, la sua firma, un crittogramma con X(cristo) M(maometto)Y(jaweh) e la frase: lo spirito santo è presente in cristiani, musulmani ed ebrei - non facilita il compito "

    Archeomisteri - È TEMPO DI RISCOPRIRE L'AMERICA - FIRMA DI COLOMBO - FOTO
    Non è una frase che , alla luce dell'ecumenismo odierno hefico: , lascia ben sperare ...
    Quoto....anzi mi sembra di aver letto da qualche parte che forse lo stesso Colombo aveva origini ebraiche...:giagia:

    In ogni caso sembra che ci fossero parecchi ebrei a bordo delle tre caravelle partite da Palos dirette all'India...diciamo che molti fra i suoi assistenti erano di razza non propriamente ariana. hefico:

    Questo episodio se confermato darebbe una luce ancor piu' sinistra a quella offerta dalla storiografia ufficiale sulla scoperta dell'America.

    Scoperta che, piaccia o meno, dovrebbe attribuirsi ai vichinghi del nord Europa i quali pare avessero toccato le coste del Canada molti secoli prima dello stesso navigatore genovese...:giagia:
    “Non vi è socialismo senza nazionalizzazione e socializzazione delle industrie” STANIS RUINAS

  4. #4
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    Predefinito Rif: Senza l’aiuto degli Ebrei Colombo non avrebbe scoperto l’America?

    Ecco spiagata la nocività della scoperta dell' America per gli indios.
    Una sinistra analogia con i palestinesi.

  5. #5
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    Predefinito Rif: Senza l’aiuto degli Ebrei Colombo non avrebbe scoperto l’America?

    Citazione Originariamente Scritto da stanis ruinas Visualizza Messaggio
    Quoto....anzi mi sembra di aver letto da qualche parte che forse lo stesso Colombo aveva origini ebraiche...:giagia:

    In ogni caso sembra che ci fossero parecchi ebrei a bordo delle tre caravelle partite da Palos dirette all'India...diciamo che molti fra i suoi assistenti erano di razza non propriamente ariana. hefico:

    Questo episodio se confermato darebbe una luce ancor piu' sinistra a quella offerta dalla storiografia ufficiale sulla scoperta dell'America.

    Scoperta che, piaccia o meno, dovrebbe attribuirsi ai vichinghi del nord Europa i quali pare avessero toccato le coste del Canada molti secoli prima dello stesso navigatore genovese...:giagia:
    E testimonia un loro pensare in modo " globale " , loro giocano su un campo da gioco che è il pianeta intero , appunto per questo penso che dietro ogni avvenimento , ovunque e quandunque avvenga , non bisogna mai abbassare la guardia hefico: .
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

  6. #6
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    Predefinito Rif: Senza l’aiuto degli Ebrei Colombo non avrebbe scoperto l’America?

    Citazione Originariamente Scritto da Freezer Visualizza Messaggio
    E testimonia un loro pensare in modo " globale " , loro giocano su un campo da gioco che è il pianeta intero , appunto per questo penso che dietro ogni avvenimento , ovunque e quandunque avvenga , non bisogna mai abbassare la guardia hefico: .
    Qualcuno, non ricordo più chi adesso :gratgrat:, sottolineò che tutte le rivoluzioni sono più o meno eterodirette da forze invisibili....

    Io penso che, per quanto riguarda la rivoluzione francese, i vari risorgimenti cosiddetti 'nazionali' del XIXmo secolo e soprattutto la rivoluzione russa, ci siano pochi dubbi su chi furono i reali direttori d'orchestra e i principali fruitori di quei rivolgimenti storici che modificarono - in negativo - l'assetto di potenze destinate a contare e influire sulla scena europea.

    Francia e Russia sono due delle nazioni - assieme e dopo USA e Inghilterra - massicciamente 'occupate' dall'elemento ebraico ed i risultati si vedono...hefico:

  7. #7
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    Predefinito Rif: Senza l’aiuto degli Ebrei Colombo non avrebbe scoperto l’America?

    Citazione Originariamente Scritto da Legionario Visualizza Messaggio
    Francia e Russia sono due delle nazioni - assieme e dopo USA e Inghilterra - massicciamente 'occupate' dall'elemento ebraico ed i risultati si vedono...hefico:
    Forse la Russia ci sta provando a cambiare, ma lì per me c'è bisogno della Divina Provvidenza :giagia: e di metodi non politicamente corretti hefico: .
    Il Silenzio per sua natura è perfetto , ogni discorso, per sua natura , è perfettibile .

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    Predefinito Rif: Senza l’aiuto degli Ebrei Colombo non avrebbe scoperto l’America?

    Citazione Originariamente Scritto da Freezer Visualizza Messaggio
    Forse la Russia ci sta provando a cambiare, ma lì per me c'è bisogno della Divina Provvidenza :giagia: e di metodi non politicamente corretti hefico: .
    I russi hanno il nemico in casa. hefico:
    “Non vi è socialismo senza nazionalizzazione e socializzazione delle industrie” STANIS RUINAS

  9. #9
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    Lightbulb Re: Senza l’aiuto degli Ebrei Colombo non avrebbe scoperto l’America?

    12 OTTOBRE 2018: SAN SERAFINO, CONFESSORE; NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA DEL PILAR, REGINA DELLA HISPANIDAD…



    «QUARTO ABEUNTE SAECULO.
    EPISTOLA ENCICLICA
    S. S. LEONE XIII
    Ai Venerabili Fratelli Arcivescovi e Vescovi di Spagna, d’Italia e delle Americhe.
    Il Papa Leone XIII. Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione. (...)»
    https://w2.vatican.va/content/leo-xi...e-saeculo.html



    https://www.agerecontra.it/2018/10/c...e-uomo-nostro/


    ?Colombo è uomo nostro? - Centro Studi Giuseppe Federici
    http://www.centrostudifederici.org/c...o-uomo-nostro/
    «Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza Comunicato n. 77/18 del 12 ottobre 2018, Nostra Signora del Pilar.
    “Colombo è uomo nostro” Enciclica “Quarto Abeunte Saeculo” di Leone XIII, 16 luglio 1892.»
    http://www.centrostudifederici.org/w...columbus01.jpg


    Ottobre , mese del Santo Rosario - Centro Studi Giuseppe Federici
    http://www.centrostudifederici.org/o...santo-rosario/




    San Serafino - Sodalitium
    http://www.sodalitium.biz/san-serafino/
    “12 ottobre, San Serafino Confessore (Montegranaro, 1540 – Ascoli Piceno, 12 ottobre 1604).

    “Ad Ascoli, nel Piceno, san Serafino Confessore, dell’Ordine dei Minori Cappuccini, illustre per la santità della vita e per l’umiltà. Dal Sommo Pontefice Clemente decimoterzo fu ascritto nel catalogo dei Santi”.
    «Via, state cheto, state cheto, santino, perché non sono stato io, ma è stato questo Cristo e la tua fede che ti ha guarito! (E a chi lo mortificava): Ah, santino, santino, ti sia dato un pan bianco. Foss’io degno del purgatorio! Io son peccatore. Non ho nulla: ho soltanto il crocifisso e la corona; ma con questi spero di giovare ai frati e di farmi santo!»”
    http://www.sodalitium.biz/wp-content...no-191x300.png










    http://tradidiaccepi.blogspot.com/

    https://www.facebook.com/catholictradition2016/
    «Sancti et Sanctae Dei, orate pro nobis.»
    https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net...11&oe=5C5DB81E





    “NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA DEL PILAR, REGINA DELLA HISPANIDAD
    Doppio di I classe.
    Paramenti bianchi.
    Il Martirologio Romano oggi ricorda: «Cæsaraugustæ in Hispania Citeriori Tarraconensi (hodie Aragonia Hispaniæ), festum beatæ Mariæ Virginis de Columna, cœlestis apud Deum Hispaniarum patronæ, quae dum esset adhuc in via ex Epheso illic advenit ad Iacobum Maiorem Apostolum visitandum eiusque animum roborandum in Hispania evangelizanda. - A Saragozza nella Spagna Tarragonese (oggi Aragona di Spagna), la festa della Madonna del Pilar, patrona celeste delle Spagne, la quale, essendo ancora nello stato di viatrice, vi venne da Efeso per visitare l’Apostolo Giacomo il Maggiore e confortare il suo animo nell’opera dell’evangelizzazione della Spagna».
    Il Pilar, che si conserva nella omonima chiesa di Saragozza, è quella colonnina di alabastro che la Vergine Santissima, ancora vivente in Efeso (o a Gerusalemme), consegnò all'Apostolo san Giacomo che evangelizzava le Spagna, apparendogli in bilocazione presso Saragozza, il 2 gennaio dell'anno 40. Poiché nel giorno della festa della Virgen del Pilar, 12 ottobre 1492, Cristoforo Colombo, agli ordini dei Re Cattolici delle Spagne, scopriva il Nuovo Mondo, aprendo la porta della Fede a una moltitudine di pagani, Pio XII stabilì la medesima Virgen del Pilar Patrona della Hispanidad.
    • La festa «pilarica» del 12 ottobre è la giornata della hispanidad: la giornata della Spagna e di tutte le nazioni di lingua e cultura spagnola.
    Il più antico santuario non solo della Spagna, ma probabilmente della cristianità tutta è quello della «Beata Vergine del Pilar»
    a Saragoza, che da secoli chiama milioni di pellegrini.
    La tradizione vuole che la cappella primitiva venisse costruita da san Giacomo il Maggiore verso il 40 d.C. in memoria della prodigiosa apparizione della Vergine, giunta in bilocazione da Gerusalemme a Saragoza per confortare l’apostolo molto deluso dei risultati della sua predicazione. Il «Pilar» è la colonna di alabastro sulla quale la Madonna avrebbe posato i piedi.
    Alcuni mistici, come la venerabile Maria d’Agreda, confermarono questa antica narrazione attraverso le loro visioni e rivelazioni.
    Storicamente, comunque, è provato che la chiesa di «Sancta Maria intra muros» a Saragoza esisteva ancora prima dell’invasione araba, avvenuta nel 711. Il monaco Aimoinus, giunto in Spagna nell’anno 855 alla ricerca delle reliquie di san Vincenzo, scrisse che «la chiesa dedicata alla Vergine a Saragozza era la madre di tutte le chiese della città, e che san Vincenzo vi aveva esercitato le funzioni di diacono al tempo del vescovo Valerio». Nel 1118 Saragoza, liberata dal dominio musulmano, ritornò capitale del Regno di Aragona e nel 1294 «Santa Maria del Pilar» venne restaurata ed ampliata.
    Al tempo dell’unificazione della Spagna, avvenuta nel XV secolo, per opera del re di Aragona Ferdinando il Cattolico e della regina Isabella di Castiglia, sua sposa, il culto della «Madonna del Pilar» si affermò in campo nazionale e con la scoperta dell’America il culto raggiunse anche il Nuovo Mondo. Nel 1492, infatti, avvenne la cacciata definitiva dei Saraceni dalla Spagna mentre Cristoforo Colombo si avviava, alla sua stessa insaputa, alla scoperta dell’America con le tre caravelle di cui una si chiamava proprio Santa Maria. Ma non basta, la terra del Nuovo Mondo venne trovata il 12 di ottobre, festa della Madonna del Pilar.
    Nel 1640 un miracolo eccezionale. Un giovane di 17 anni, Miguel-Juan Pellicer di Calanda, conducendo un giorno un carro aggiogato a due muli, cadde dalla cavalcatura andando a finire sotto una ruota del carro che gli spezzò la tibia della gamba destra. Soccorso immediatamente si ritenne urgente l’amputazione della gamba stessa a circa quattro dita dalla rotula. Prima dell’operazione il giovane si era recato al Santuario del Pilar per fare le sue devozioni e ricevere i sacramenti; subito dopo l’intervento era ritornato a ringraziare la Madonna per averlo tenuto in vita. Non potendo più lavorare si unì agli altri mendicanti che domandavano l’elemosina fuori dalla chiesa; intanto, ogni volta che veniva rinnovato l’olio delle 77 lampade d’argento accese nella Cappella della Vergine, egli si strofinava con quell’olio la sua piaga, benché il medico avesse sconsigliato quel procedimento perché avrebbe ritardato la cicatrizzazione del moncherino. Miguel-Juan tornò a Calanda e con una gamba di legno ed una gruccia mendicò anche nei paesi limitrofi.
    Il 29 marzo 1640 rientrò a casa e dopo aver invocato la Madonna del Pilar si addormentò. Al mattino, svegliandosi, si ritrovò con due gambe: la gamba destra, amputata da due anni e cinque mesi era segnata al polpaccio dalle stesse cicatrici presenti già prima dell’infortunio. Venne subito istituita una Commissione d’inchiesta, nominata dall’arcivescovo e nel corso di accurati accertamenti la gamba sepolta nel cimitero dell’ospedale non fu più trovata. La fama dell’eccezionale miracolo fu causa della realizzazione del grandioso Santuario attuale, iniziato nel 1681 e consacrato il 10 ottobre 1872.
    All’inizio della navata centrale è situata la «Santa Cappella», dove si venera una piccola statua della Vergine con il Bambino del XIV secolo, la quale poggia i piedi sul «Pilar» ricoperto di bronzo e argento, e che viene rivestita con manti diversi a seconda dei tempi liturgici e delle circostanze. Tale immagine fu incoronata il 20 maggio 1905 con una corona tempestata da circa diecimila perle preziose e fu solennemente benedetta da papa san Pio X.
    Il Museo del Pilar, custodito nella Sacristia de la Virgen è ricco di oggetti preziosi fra cui i manti della statua, che spesso sono stati richiesti da illustri moribondi che desideravano morire sotto il manto come avvenne per re Alfonso XIII, morto in esilio a Roma nel 1941.
    Una devozione tutta speciale alla Madonna del Pilar di Saragozza appartenne al presbitero francese Guillaume-Jospeh Chaminade. (...) Nel 1797 venne arrestato e condannato all’esilio, fu così che decise di trasferirsi a Saragozza grazie all’intensa devozione che lo legava alla Madonna. Per vivere modellava statuette e il resto del tempo lo trascorreva in preghiera inginocchiato davanti all’immagine miracolosa della Vergine del Pilar. Proprio in una di tali meditazioni la Madonna lo illuminò sulla sua nuova missione: la fondazione, che avverrà nel 1817, di un nuovo Ordine religioso chiamato la «Società di Maria».
    Autore: Cristina Siccardi
    PROPRIUM MISSÆ PRO REGNIS HISPANIARUM
    (Proprio della Messa per i Regni delle Spagne)”
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    «NOVENA AL CUORE IMMACOLATO DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA DI FATIMA, REGINA DEL SACRATISSIMO ROSARIO
    in occasione del 101° anniversario dell'ultima apparizione del Cuore Immacolato di Nostra Signora Beata Vergine Maria Santissima in cui avvenne il miracolo del sole.»
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    «MESE DI OTTOBRE: MESE DEL SACRATISSIMO ROSARIO DI NOSTRA SIGNORA BEATA VERGINE MARIA SANTISSIMA.»
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    «Carlo Di Pietro - Sursum Corda
    12 ottobre, S. Vergine del Pilar, venerata a Saragozza, patrona della Spagna e di tutta l' 'Hispanidad".
    Dalla bacheca di don Ugo Carandino.»
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    «“Colombo è uomo nostro”. Enciclica Quarto Abeunte Saeculo di Leone XIII, 16/7/1892. Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza - Comunicato n. 77/18 del 12 ottobre 2018, Nostra Signora del Pilar.»







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    «Il 12 ottobre, già dedicato al Pilar di Saragozza, la Santissima nostra Signora è pure venerata sotto il titolo dell’Immacolata Concezione di Aparecida, la cui Effigie fu ripescata dal mare dai tre pescatori Domingos Garcia, Filipe Pedrosa e João Alves nel 1717. San Pio X nel 1904 decretò che la statua fosse solennemente e canonicamente incoronata. Pio XI, Pontefice Massimo, il 16 luglio 1930, la costituì e proclamò speciale Patrona del Brasile. Nossa Senhora da Conceição Aparecida è anche Generalissima dell'Esercito del Brasile.»

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    “12 ottobre, si celebra la Festa del Pilar di Saragozza. Luogo miracolosissimo dove avvenne la prima apparizione mariana della storia (addirittura prima dell’Assunzione).
    Himno de la Virgen del Pilar de Zaragoza:

    Virgen Santa - Madre mía
    luz hermosa - claro día
    que la tierra - aragonesa
    te dignaste visitar.
    Este pueblo que te adora,
    de tu amor favor implora
    y te aclama y te bendice
    abrazado a tu Pilar.
    Pilar sagrado, faro esplendente,
    rico presente de caridad.
    Pilar bendito, trono de gloria,
    tú a la victoria nos llevarás.
    Cantad, cantad
    himnos de honor y de alabanza
    a la Virgen del Pilar."
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    «Quando la Madonna del Pilar restituì la gamba a Miguel Juan Pellicer
    https://www.radiospada.org/2018/10/q...juan-pellicer/
    Il 12 ottobre si festeggia Nostra Signora del Pilar (della Colonna), Patrona della Hispanidad.

    Il 2 gennaio dell’anno 40 di Gesù Cristo, la Vergine Maria ancora in vita, apparve “en su carne mortal”all’Apostolo san Giacomo Maggiore presso Saragozza. Confortò Ella l’Apostolo del suo Figlio, deluso per lo scarso esito della sua predicazione, e gli consegnò una colonnina di alabastro che tuttora si venera presso la meravigliosa Basilica del Pilar a Saragozza, nella Camera Angelica (uno speciale Angelo presiede infatti alla sua custodia). La Madonna nel consegnare il Pilar promise: “L’eccelso Re ha prescelto questo posto affinché in esso gli innalzi un tempio, dove sotto il titolo del mio nome il suo sia magnificato e dove i suoi tesori siano comunicati con abbondanza; egli darà libero corso alle sue antiche misericordie a vantaggio dei credenti e questi per mezzo della mia intercessione le otterranno, se le domanderanno con autentica confidenza e pia devozione. Da parte sua prometto loro enormi favori e la mia protezione, perché questa deve essere mia abitazione e mia eredità. In testimonianza di ciò, questo Pilastro con sopra la mia immagine resterà qui e durerà con La Santa Fede sino alla fine dei tempii”. E la storia conferma questa promessa materna: grazie infinite e miracoli insigni si operarono e tuttora si operano! Tra questi portenti, eccelle senza alcun dubbio il miracolo di Calanda – ossia la gamba di Juan Miguel Pellicer, amputata nel 1637 e reintegrata il 29 marzo 1640 – il cui decreto di riconoscimento di seguito riportiamo per propagare la potenza della Madre di Dio e Madre nostra, Onnipotente per grazia.
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    SENTENZA DELL’ARCIVESCOVO DI SARAGOZZA,
    DON PEDRO APAOLAZA RAMIREZ,
    DETTATA IL 27 APRILE DEL 1641,
    CON LA QUALE SI DICHIARA MIRACOLOSA
    E OTTENUTA PER INTERCESSIONE DI NOSTRA SIGNORA
    DEL PILAR
    LA RESTITUZIONE A MIGUEL JUAN PELLICER,
    DI CALANDA, DELLA GAMBA DESTRA
    AMPUTATA E SEPOLTA
    DA DUE ANNI E CINQUE MESI.
    https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net...3b&oe=5C464F6E





    IN NOMINE DOMINI. AMEN

    Sappiamo tutti che il giorno 27 aprile dell’anno 1641 dalla Nascita del Signore, nella città di Saragozza, innanzi all’Illustrissimo e Reverendissimo signor Don Pedro Apaolaza, per Grazia di Dio e della Sede Apostolica Arcivescovo di Saragozza, Consigliere del Re etc., in un processo e causa innanzi al suddetto Illustrissimo e Reverendissimo Arcivescovo, pendente, presso la Curia, ed avente per titolo “Processo degli Illustrissimi Signori Giurati del Consoglio e dell’Università della Città di Saragozza ai fini di accertare un miracolo”, su istanza e supplica dei dottori Felipe Bardaxì e Gil Fuster, dottori in utroque jure e di Miguel Ciprés, notaio causidico, persone nominate dai succitati Illustrissimi Signori Giurati e dal Consiglio di questa Città per istruire questo processo; il detto Illustrissimo e Reverendissimo Arcivescovo, mio Signore, ha redatto per iscritto, letto e promulgato una sentenza del seguente tenore:
    CHRISTI AC BEATAE VIRGINIS MARIAE DE PILARI
    NOMINIBUS INVOCATIS
    Noi, Don Pedro de Apaolaza, per grazia di Dio e della Sede Apostolica Arcivescovo di Saragozza, Consigliere del Re etc., abbiamo preso visione di tutto il procedimento che si è svolto ad istanza degli Illustrissimi Signori Giurati del Consiglio e dell’Università di questa Città di Saragozza, prestando attenzione, indagando con diligenza e ricercando con maturità le questioni dal processo riguardate.
    Consta dal suddetto processo che Dio Ottimo Massimo, che è glorioso nei Suoi Santi e meraviglioso nella Sua Maestà; le Cui ineffabili altezza e prudenza non hanno limiti, né possono essere circoscritte entro alcun termine, e che con il Suo retto giudizio dirige le realtà celesti e quelle terrene; e che, sebbene innalzi tutti i Suoi servi, li copra di grandi onori o li immetta nel possesso della beatitudine celeste, tuttavia, per dare a chi ne è degno ciò che ha meritato, innalza con maggiori onori, remunera con più ricchi premi chi riconosce più degno e chi è raccomandato dalla maggiore eccellenza dei meriti: volle che Colei che è esaltata sopra i cori degli Angeli, il cui trono è posto accanto a quello di Dio, e alla Cui destra è assisa vestita d’oro, cioè la Vergine Maria Sua Madre, fosse onorata con un miracolo avvenuto ai nostri giorni.
    Risulta infatti che nell’Ospedale Generale di Santa Maria della Grazia, sito in questa città, a Miguel Juan Pellicer, nativo di Calanda, di questo Arcivescovado, a causa di un infortunio, fu recisa e amputata la gamba destra, poi affidata alla terra del cimitero del detto Ospedale due anni e vari mesi prima delle deposizioni dei detti testimoni, come dichiararono i testimoni 1, 5 e 7 in merito agli articoli 11 e 12.
    Risulta anche, dalle dichiarazioni di cinque testimoni chiamati a deporre, e precisamente i testi 8, 9, 10, 12 e 13, in merito agli articoli 21 e 22, che la stessa notte in cui si dice che sia avvenuto il miracolo, che era uno degli ultimi giorni di marzo dell’anno scorso 1640, un’ora prima che il detto Juan Miguel Pellicer si ritirasse a dormire per terra, i detti testimoni videro la cicatrice della gamba tagliata e con le proprie mani la toccarono e la palparono.
    Consta che, poco dopo che il citato Miguel Juan andò a coricarsi, i testi 8 e 13, che sono i genitori del detto Miguel, entrando nella stanza lo trovarono addormentato, con due gambe, e pieni di meraviglia gridarono per risvegliare il detto Miguel, e al loro urlo il testimone 12, che era rimasto fuori accanto al fuoco, ivi entrando trovò il detto Miguel che poco prima aveva visto con una sola gamba, con due gambe; e che, interrogato il detto Miguel dai suoi genitori su come ciò fosse potuto accadere, rispose che non lo sapeva.
    Tuttavia [rispose] che non appena si fu adagiato sul suo giaciglio, preso da un sonno profondo, sognava di essere nella cappella della Vergine Maria del Pilar, e di ungersi con l’olio di una lampada, e credeva che ciò fosse avvenuto ad opera della Vergine, a cui si era affidato pienamente, e veramente di cuore, mentre si stava coricando. Ciò visto, il teste 12 (come afferma egli stesso in merito all’articolo 23) chiamò i testi 9 e 10, che erano i vicini (di casa) e che con lui e i genitori del detto Miguel avevano visto che questi aveva una sola gamba e gli avevano toccato la cicatrice della gamba amputata; costoro, tornando a casa di Miguel, lo videro con due gambe, e ne rimasero meravigliati, come essi stessi attestano nelle loro deposizioni sui detti articoli, dalle quali deposizioni degli otto testimoni risulta nel modo più assoluto sia la mancanza della gamba di Miguel, sia la sua reintegrazione.
    Risulta anche l’identità della sua persona, attestata dalla maggior parte dei testi escussi in merito all’art. 29; nonché l’identità della gamba, che è la stessa che gli fu amputata, come si evince dai segni indicati dal detto Miguel e dai testimoni, e ritrovati sulla stessa gamba; come appare dalle deposizioni dei testimoni 8, 10, 13 sull’art. 24, e testimoni 5, 8, 11 e 13 sull’art. 30.
    Consta anche dalla deposizione di numerosi testimoni che il giorni seguente vi fu un grande afflusso di popolo per vedere la gamba restituita in modo miracoloso al detto Miguel; e che per ringraziare Dio lo accompagnarono in chiesa, ove fu celebrato il Sacrificio della Messa in ringraziamento; e dove tutto il popolo vide il detto Miguel che camminava e che lodava Dio, che confessò i suoi peccati e che riceveva il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia; e che si riempirono di stupore e di meraviglia per ciò che gli era accaduto, perché riconoscevano che quegli era il giovane con una gamba sola che fino a poco tempo fa chiedeva l’elemosina; come si narra negli Atti degli Apostoli di quello storpio dalla nascita guarito miracolosamente da san Pietro.
    Risultano inoltre, da numerose testimonianze in merito all’art. 6 e altri, la virtù e i buoni costumi dello stesso Miguel; la sua carità, tale che per aiutare i suoi genitori bisognosi si trasferì da questa città di Saragozza a Calanda; a cui giunse con grande fatica e ivi e per i luoghi d’intorno, raccoglieva elemosine per sostenere sé e i suoi genitori; e tutto ci dà ragione di un sì grande beneficio che il Signore gli ha concesso: poiché Dio dà la grazia agli umili.
    Risulta, infine, l’affetto, la fede e la speranza del detto Miguel nei riguardi della Madre di Dio e Vergine del Pilar; come si evince dalla deposizione del medesimo sull’art. 9, ove afferma che, non appena giunto in questa città per ottenere la guarigione della sua gamba, si diresse nella chiesa di Santa Maria del Pilar, e lì confessò i suoi peccati e ricevette il salutare sacramento dell’Eucaristia prima di presentarsi all’Ospedale Generale per cercare di essere risanato. E in merito all’art. 11 afferma che, nel dolore e nei momenti dell’amputazione e della cauterizzazione della gamba, invocava sempre e con tutto il cuore la suddetta Vergine, si affidava a Lei e implorava il suo aiuto.
    E, con riguardo all’art. 13, afferma che, induritasi un poco la cicatrice della ferita, ancor debole di forze tanto da non poter provvedere a se stesso, camminando con una gamba di legno, giunse, mosso dalla devozione alla Vergine a quel tempio del Pilar; e ringraziò per aver recuperato la salute, e offrì di nuovo alla Vergine se stesso e la sua vita.
    E sull’art. 15, in modo conforme a quanto deposto dal primo teste, disse che, per il dolore che pativa nel moncone della gamba amputata, andava alla cappella della Vergine del Pilar e si ungeva con l’olio di una delle lampade lì presenti; e che, avendo riferito ciò al Professor Estanga, maestro chirurgo del detto Ospedale, primo teste in questo processo, questi gli rispose che tale unzione nuoceva alla guarigione della sua ferita per via dell’umidità dell’olio, fatta salva la fiducia in quanto poteva operare la Vergine; ma non per questo il detto Miguel smise di ungersi, ogni qualvolta gliene si offriva l’occasione.
    E sebbene alcune delle surriportate cose si evincano dalla sola deposizione di Miguel , è tuttavia da reputare che siano degne di fede, perché depone su di un fatto proprio e non si tratta di una questione da cui può derivarne danno a qualcuno, ancor più quando si tratta di un miracolo, che, come tale, talora può essere provato anche mediante la testimonianza di una sola persona: circostanza che comunque non si dà in questo caso, in quanto il fatto, da cui risulta il miracolo, è provato da più testi concordi.
    Da tutto ciò risulta che, nella questione qui trattata, sia possibile ritrovare tutti gli elementi che si richiedono per la natura e l’essenza di un vero miracolo. Si tratta invero di un fatto, opera di Dio su preghiera della Beata Vergine del Pilar a cui si affidò di cuore il detto Miguel Juan, che trascende l’ordine di tutta la natura creata. Questa non è in grado infatti di reintegrare una gamba recisa e amputata. Ed è anche per rafforzare la nostra fede, poiché, ancorché siamo (già) fedeli, la fede può aumentare, come dice San Luca nel cap. 17: “Adauge nobis fidem”, e san Marco nel cap. 9 “Credo, Domine, sed adiuva incredulitatem meam”. Ha predisposto (Dio) un simile fatto per accrescere la carità dei fedeli e per aumentare la devozione del popolo cristiano, perché si conservi nella stessa fede. E questo ancorché sia opinione di molti che non faccia parte dell’essenza del miracolo che questo produca un aumento di fede. E, infine, il fatto fu operato in un istante; invero, in un tempo così breve, come è stato dimostrato nel processo, il detto Miguel fu visto prima senza una gamba e poi con questa; quindi non si vede come si possa dubitare di ciò.
    Ne a ciò osta quanto il detto Miguel e la maggior parte dei testimoni hanno deposto in merito all’art. 26, e cioè che il detto Miguel non fu in grado di rendere stabile immediatamente il suo piede. Aveva infatti i nervi e le dita dei piedi contratti e quasi inservibili, e non si sentiva il normale calore nella gamba, che appariva di colore cadaverico e non era né lunga né grossa quanto l’altra: tutte cose che sembrano ripugnare l’essenza del miracolo, sia perché non avvenne in un istante, sia perché una realtà così imperfetta non sembra poter venire da Dio, che non conosce opere imperfette.
    Allora, a ciò si risponde che l’istantaneità fa parte del miracolo solo in quelle cose che la natura compie a poco a poco. È il caso, ad esempio, della guarigione di un febbricitante; che, per sapere se sia stata miracolosa, si può dire che non vi è altro segno che la sua istantaneità; infatti, la natura può ottenere ciò anche con il decorso del tempo, senza miracolo; e, nel dubbio, bisogna giudicarla una guarigione naturale, perché il miracolo deve essere oltre le possibilità di tutta la natura creata.
    Ma quando la natura non può compiere un’operazione né in un istante né a poco a poco, allora, ancorché il fatto non sia avvenuto in un istante, lo si deve ritenere un miracolo, come nel nostro caso. È invero certo che la natura non può in alcun modo reintegrare nella sua pristina situazione chi è stato amputato di una gamba, poiché non si può ritornare dalla privazione all’originario stato di natura.
    Pertanto, se fu visto il detto Miguel con una gamba sola, mentre ora ne ha due, ciò è avvenuto per miracolo, perché era naturalmente impossibile; e se non fu (subito) perfetto lo stato di salute della gamba reintegrata, ciò non ripugna alla essenza del miracolo, perché ciò che era miracoloso (e cioè la restituzione della gamba al detto Miguel) avvenne in modo perfetto ed istantaneo. Per quanto concerne le altre cose, ossia il calore, l’estensione e la scioltezza nello sforzo, il recupero delle energie e della forza, non era necessario che ciò avvenisse miracolosamente. Infatti, la natura può fare tutto ciò, e così, anche se non avvennero in un istante, non per questo si può dire che non vi sia stato un miracolo. Oppure si può dire che, anche se Dio onnipotente e misericordioso poteva restituire in un istante e in perfette condizioni la gamba, tuttavia, come dice la glossa al capitolo VIII di San Matteo (in realtà San Marco, ndr): Chi poteva essere guarito con una sola parola è sanato poco a poco (si parla del cieco nato) per rendere manifesta la profondità dell’umana cecità, che a malapena, e quasi con passi successivi, ritorna alla luce, e ci mostra la Sua Grazia, con la quale sostiene ogni aumento della nostra perfezione. Oppure diciamo che in questo caso non vi fu una successione di miracoli, ma una pluralità: infatti, così come nel cap. VIII di Matteo (Marco) Cristo Signore ha voluto con un solo miracolo ridare la vista in modo confuso al cieco, e con un altro miracolo volle perfezionare la vista di costui, affinché potesse vedere in modo chiaro, così che ciò che si poteva con un primo miracolo fu compiuto per mezzo di due miracoli; non diversamente nel nostro caso, Dio avrebbe ben potuto concedere nel medesimo istante al detto Miguel una perfetta guarigione; ma tuttavia volle con un miracolo restituirgli la gamba, ancorché debole e più corta dell’altra, e con un altro miracolo, dopo tre giorni, volle che alla gamba così reintegrata si estendesse il calore naturale, che i nervi e le dita si distendessero, e infine che divenisse uguale all’altra. Così che non vi fu una successione temporale di miracoli, ma una sorta di divisione, o di moltiplicazione del miracolo, di modo che ciò che poteva farsi con uno solo, fu compiuto con due o più di due; forse, per manifestare che era avvenuto su preghiera della Beata Vergine del Pilar, in quanto solo dopo che il detto Miguel andò a visitarla, la salute gli fu restituita nel pristino stato, mettendo così in evidenza la fede e devozione del detto Miguel, e così favorendo (anche) la nostra.
    Né infine è di ostacolo il fatto che al detto Miguel sia rimasto qualche dolore, poiché non è contrario alla natura del miracolo se nella liberazione (dal male) appaia un dolore, o che questo rimanga in colui che è stato miracolosamente guarito: come ben si evince dal cap. IX di San Marco, ove lo spirito [immondo], a un comando del Signore, esce da una persona sorda e muta, gridando e scuotendola fortemente, tanto da ridurla a così mal partito da sembrare morta, e morti dicevano che fosse morta. Per cui, non è contrario all’essenza del miracolo né il fatto che in colui che è guarito rimanga una debolezza del corpo o di qualche suo membro, un gonfiore o un qualche indurimento; né che ciò avvenga anche per mezzo o con l’aiuto della natura, o con qualche medicina umana.
    Perciò considerate tutte queste e altre cose, con il consiglio degli infrascritti illustrissimi Dottori sia di Sacra Teologia, sia di Diritto Pontificio, affermiamo, pronunziamo e definiamo che a Miguel Juan Pellicier, nativo di Calanda, di cui si è trattato in questo processo, fu restituita miracolosamente la gamba destra che in precedenza gli era stata amputata; e che non è stato un fatto operato dalla natura, ma opera mirabile e miracolosa; e che si deve giudicare e tenere per miracolo, concorrendo tutte le condizioni richieste dal Diritto perché si possa parlare di un vero prodigio. Pertanto lo ascriviamo tra i miracoli e come tale lo approviamo, dichiariamo e autorizziamo e così diciamo.
    PETRUS, ARCHIEPISCOPUS
    Don Antonio Xavierre, Priore di Santa Cristina
    Dottor Virto de Vera, Arciprete di Saragozza
    Dottor Diego Chueca, Canonico Magistrale di Saragozza
    Dottor Martin Iribarne, Canonico Lettore di Saragozza
    Dottor Felipe de Bardaxì, Professore primario di Sacri Canoni
    Dottor Juan Perat, Canonico della Santa Chiesa Metropolitana e Vicario Generale e Ufficiale
    Dottor Juan Plano del Frago, Ufficiale
    Fra Bartolomè Foyas, Provinciale dell’Ordine di san Francesco
    Dottor Domingo Cebriàn, Cattedratico Primario di Teologia
    E questa definitiva sentenza, così emanata e promulgata, fu accettata, lodata e approvata dai sopra citati, lodati e approvati dottori Felipe de Bardaxì e Miguel Ciprès, a istanza e supplica dei quali, l’Illustrissimo e Reverendissimo Signore, l’Arcivescovo, concesse loro copia e lettere di notifica della suddetta sentenza. Con tutta e ognuna delle anzidette cose fu composto questo documento pubblico alla presenza di Bartolomè Claudio e di Francisco Aznar, sacerdoti residenti a Saragozza, chiamati e scelti come testimoni di tutto quanto sopra riportato
    Firmato da me, notai ANTONIO ALBERTO ZAPORTA, domiciliato in Saragozza, e, per autorità apostolica, ovunque occorra pubblico ufficiale e del processo soprascritto, al quale fui presente, notaio attuario.
    (A cura di Giuliano Zoroddu. Da Vittorio Messori, Il Miracolo, Milano, 2010 (I ed. 1998), pp. 247-254)»





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    http://www.corriere.it/foto-gallery/...bcdc6c35.shtml
    "Il 12 ottobre è l'anniversario della scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo. Il 3 agosto 1492 Colombo, nato a Genova nel 1451, lascia il porto spagnolo di Palos, con 3 barche: la Niña, la Pinta e la Santa Maria."


    https://it.wikipedia.org/wiki/Cristoforo_Colombo
    https://upload.wikimedia.org/wikiped...drid%29_06.jpg

    «Cominciai a navigare per mare ad un'età molto giovane, e ho continuato fino ad ora. Questa professione crea in me una curiosità circa i segreti del mondo. Durante gli anni della mia formazione, studiai testi di ogni genere: cosmografia, storie, cronache, filosofia e altre discipline. Attraverso questi scritti, la mano di nostro Signore aprì la mia mente alla possibilità di navigare fino alle Indie, e mi diede la volontà di tentare questo viaggio. Chi potrebbe dubitare che questo lampo di conoscenza non fosse l'opera dello Spirito santo?»
    (Cristoforo Colombo, Libro delle profezie, 67).
    “Cristoforo Colombo (in latino: Christophorus Columbus, in spagnolo: Cristóbal Colón, in portoghese: Cristóvão Colombo; Genova, fra il 26 agosto e il 31 ottobre 1451 – Valladolid, 20 maggio 1506) è stato un esploratore e navigatore italiano, cittadino della Repubblica di Genova prima e suddito del Regno di Castiglia poi. È stato tra i più importanti navigatori che presero parte al processo di esplorazione delle grandi scoperte geografiche a cavallo tra il XV e il XVI secolo. (...)
    Secondo le poche testimonianze del suo aspetto aveva dei capelli biondi ardenti, carnagione chiara leggermente lentigginosa, alto più di 1,80 m, con occhi chiari, azzurri o grigi. All'esposizione mondiale di Colombo del 1893 vennero messi in mostra 71 suoi ritratti, rappresentanti Colombo con capelli rossi o biondi, che nella realtà diventarono brizzolati relativamente presto, occhi chiari e un colorito della pelle chiaro reso rosso dalla prolungata esposizione al sole.(...)"
    https://upload.wikimedia.org/wikiped...o_Columbus.jpg





    https://w2.vatican.va/content/leo-xi...e-saeculo.html
    «QUARTO ABEUNTE SAECULO
    EPISTOLA ENCICLICA
    SI S.S. LEONE XIII
    Ai Venerabili Fratelli Arcivescovi e Vescovi di Spagna, d’Italia e delle Americhe.
    Il Papa Leone XIII. Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.

    Allo spirare del quarto secolo dal giorno in cui, auspice Iddio, un uomo Ligure approdò, primo fra tutti, di là dell’Oceano Atlantico a lidi sconosciuti, i popoli sono lieti di celebrare con sentimenti di gratitudine la memoria di quel fatto, e di esaltarne l’autore. Certamente non si saprebbe trovare agevolmente un motivo più degno di questo d’infervorare gli animi e destare entusiasmo. Infatti, l’impresa in se stessa è la più grande e meravigliosa di quante mai se ne videro nell’ordine delle cose umane: e colui che la portò a compimento non è paragonabile che a pochi di quanti furono grandi per tempra d’animo e altezza d’ingegno. Un nuovo mondo sorse per merito suo dall’inesplorato grembo dell’Oceano: centinaia di migliaia di creature vennero dall’oblio e dalle tenebre a integrare la famiglia umana; dalla barbarie furono condotte alla mansuetudine ed alla civiltà: e quel che infinitamente più importa, da perdute che erano, furono rigenerate alla vita eterna mercé la partecipazione dei beni che Gesù Cristo procurò.
    L’Europa, percossa allora dalla novità e dal miracolo dell’inatteso portento, a poco a poco si rese conto di quanto essa doveva a Colombo allorché le colonie stabilite in America, le comunicazioni incessanti, la reciprocità dei servizi e l’esplicarsi del commercio marittimo diedero impulso poderosissimo alle scienze naturali, alle ricchezze comuni, con incalcolabile valorizzazione del nome Europeo.
    Fra così varie manifestazioni onorifiche e in questo concerto di rallegramenti non conviene che la Chiesa rimanga muta, dato che essa, secondo il suo costume e il suo carattere, approva volentieri e si sforza di promuovere tutto ciò che appare onesto e lodevole. Vero è che la Chiesa serba i suoi particolari e massimi onori all’eroismo delle più eminenti virtù morali in quanto ordinate alla salvezza eterna delle anime, ma non per questo misconosce né tiene in poco conto gli altri eroismi: ché anzi si compiacque sempre di tributare onore con grande volontà ai benemeriti della società civile, e a quanti vivono gloriosi nella memoria dei posteri. Infatti Iddio è bensì mirabile soprattutto nei suoi santi: ma il marchio del divino valore rifulge anche in coloro nei quali brilla una certa forza superiore d’animo e di mente, in quanto la luce del genio e la sublimità d’animo giungono agli uomini soltanto da Dio Padre e Creatore.
    Ma oltre a queste ragioni di ordine generico, abbiamo motivi del tutto particolari di voler commemorare con riconoscenza l’immortale impresa. Infatti Colombo è uomo nostro. Per poco che si rifletta al precipuo scopo onde si condusse ad esplorare il mar tenebroso, e al modo che tenne, è fuor di dubbio che nel disegno e nella esecuzione dell’impresa ebbe parte principalissima la fede cattolica: in modo che in verità per questo titolo tutto il genere umano ha obbligo non lieve verso la Chiesa.
    Impavidi e perseveranti esploratori di terre sconosciute e di più sconosciuti mari, prima e dopo di Cristoforo Colombo, se ne contano parecchi. Ed è giusto che la fama, memore delle opere benefiche, celebri il nome loro, in quanto riuscirono ad allargare i confini delle scienze e della civiltà, a crescere il pubblico benessere: e ciò non a lieve costo, ma a prezzo di faticosi sforzi di volontà e sovente di gravissimi pericoli.
    C’è tuttavia gran differenza fra essi e l’uomo di cui parliamo. La nota caratteristica che distingue Colombo sta in questo, che nel solcare e risolcare gli spazi immensi dell’Oceano, egli mirava a cose maggiori e più alte degli altri. Non che egli non fosse spinto dal nobilissimo desiderio di conoscere, né di bene meritare della famiglia umana; non che egli disprezzasse la gloria, i cui stimoli di solito sono più acuti nel petto dei grandi, o che tenesse in poco conto la speranza di propri vantaggi; ma sopra tutte queste ragioni umane prevalse il lui il sentimento della religione dei padri suoi, dalla quale egli prese senza dubbio l’ispirazione e la volontà dell’impresa e spesso, nelle supreme difficoltà, trasse motivo di fermezza e di conforto. Risulta infatti che egli intese e volle intensamente questo: aprire la via al Vangelo attraverso nuove terre e nuovi mari.
    Tale cosa può sembrare poco verosimile a coloro che, concentrando ogni loro pensiero entro i confini del mondo sensibile, rifiutano di credere che si possa guardare a cose più alte.
    Ma, al contrario, a méta più eccelsa amano per lo più aspirare le anime veramente grandi, perché sono meglio disposte ai santi entusiasmi della fede divina. Colombo aveva certamente unito lo studio della natura allo zelo della pietà, e aveva profondamente formati mente e cuore secondo i princìpi della fede cattolica. Perciò, persuaso per argomenti astronomici e antiche tradizioni, che al di là del mondo conosciuto dovevano pure estendersi dalla parte d’occidente grandi spazi terrestri non ancora esplorati, immaginò popolazioni sterminate, avvolte in tenebre deplorevoli, perdute dietro cerimonie folli e superstizioni idolatriche. Riteneva estremamente penoso che si potesse vivere secondo consuetudini selvagge e costumi feroci; peggio ancora in quanto non conoscevano cose della massima importanza e ignoravano l’esistenza del solo vero Dio. Onde, pieno di tali pensieri, si prefisse più che altro di estendere in occidente il nome cristiano, i benefìci della carità cristiana, come risulta evidentemente da tutta la storia della scoperta. Infatti, quando ai re di Spagna, Ferdinando ed Isabella, propose la prima volta di voler assumere l’impresa, ne chiarì lo scopo spiegando che “la loro gloria vivrebbe imperitura ove consentissero di recare in sì remote contrade il nome e la dottrina di Gesù Cristo”. E non molto dopo, soddisfatto nelle proprie richieste, dichiara che egli “domanda al Signore di far sì che con la divina sua grazia i re [di Spagna] siano perseveranti nella volontà di propagare il Vangelo in nuove regioni e nuovi lidi”. A mezzo lettera chiede dei missionari al Pontefice Massimo Alessandro VI: “al fine — come egli stesso scrive — di diffondere in tutto il mondo, con l’aiuto di Dio, il sacrosanto nome di Gesù Cristo e il Vangelo”. Riteniamo dovesse sovrabbondare di giubileo allorché, reduce dal primo viaggio dalle Indie, scriveva da Lisbona a Raffaello Sanchez: “Doversi rendere a Dio grazie infinite per avergli largito sì prospero successo. Che Gesù Cristo s’allieti e trionfi qui sulla terra, come s’allieta e trionfa nei cieli, essendo prossima la salvezza di tanti popoli, il cui retaggio sino ad ora fu la perdizione”.
    Che se a Ferdinando e ad Isabella egli suggerisce di non permettere se non a cristiani cattolici di navigare verso il nuovo mondo e avviare commerci con gli indigeni, la ragione è che “il disegno e l’esecuzione della sua impresa non ebbe altro scopo che l’incremento e l’onore della religione cristiana”.
    E ciò comprese appieno Isabella, ella che assai meglio di ogni altro aveva saputo leggere nella mente del grande: è anzi fuor di dubbio che quella piissima regina, di mente virile e di animo eccelso, ebbe ella stessa il medesimo scopo. Aveva scritto infatti di Colombo che egli avrebbe affrontato coraggiosamente il vasto Oceano “al fine di compiere un’impresa di gran momento per la gloria di Dio”. E a Colombo medesimo, reduce dal secondo viaggio, scrive: “essere egregiamente impiegate le spese che ella aveva fatte per la spedizione delle Indie, e che farebbe ancora, in quanto ne seguirebbe la diffusione del cattolicesimo”.
    Dall’altro canto, se si prescinde da un motivo superiore alle cose umane, donde avrebbe potuto egli attingere perseveranza e forza per affrontare e sostenere tutto ciò che fu obbligato a sopportare e a soffrire fino all’ultimo? Intendiamo le opposizioni dei dotti, i rifiuti da parte dei prìncipi, i rischi dell’Oceano in tempesta, le veglie incessanti, fino a smarrirne più d’una volta la vista; aggiungansi le battaglie coi selvaggi, i tradimenti di amici e compagni, le scellerate congiure, le perfidie degli invidiosi, le calunnie dei malevoli, le immeritate catene. All’enorme peso di tante sofferenze egli avrebbe dovuto senz’altro soccombere, se non lo avesse sostenuto la consapevolezza della nobilissima impresa, feconda di gloria alla cristianità, di salute a milioni d’anime.
    Impresa, intorno alla quale fanno splendida luce gli avvenimenti successivi. Infatti Colombo scoprì l’America mentre una grave procella veniva addensandosi sulla Chiesa: sicché, per quanto è lecito a mente umana di congetturare dagli eventi le vie della divina Provvidenza, l’opera di quest’uomo, gloria della Liguria, sembra fosse particolarmente ordinata da Dio a ristoro dei danni che la cattolicità avrebbe poco dopo patito in Europa.
    Chiamare gl’Indiani al cristianesimo era senza fallo opera e compito della Chiesa. La quale, fin dai primordi della scoperta, pose mano al suo ininterrotto compito d’amore, e continuò e continua tuttora a farlo, come ultimamente fino all’estrema Patagonia.
    Nondimeno persuaso di dover precorrere e spianare la via all’evangelizzazione e tutto compreso da questo pensiero, Colombo coordinò ogni suo atto a tal fine, nulla quasi operando se non ispirandosi alla religione e alla pietà. Rammentiamo cose a tutti note, ma preziose a chi voglia penetrare ben addentro nella mente e nel cuore di lui. Costretto ad abbandonare, senza avere nulla concluso, il Portogallo e Genova e voltosi alla Spagna, fra le pareti di un monastero egli viene maturando l’alto disegno, confortato da un monaco Francescano. Dopo sette anni, giunto finalmente il giorno di imbarcarsi per l’Oceano, prima di partire si preoccupa di fare le cose necessarie per purificarsi l’anima: supplica la Regina del cielo che protegga l’impresa e guidi la rotta: e non comanda di sciogliere le vele se non dopo avere invocato la Santissima Trinità. Avanzatosi quindi in alto mare, fra l’infuriare dei marosi e il tulmutuare dell’equipaggio, mantiene inalterata la serenità del suo animo confidando in Dio. Attestano il suo proposito gli stessi nuovi nomi imposti alle nuove isole: in ciascuna di esse, appena postovi il piede, adora supplichevole Iddio onnipotente, e non ne prende possesso che in nome di Gesù Cristo. Dovunque approdi, il primo suo atto è di piantare sulla spiaggia la Croce: e dopo aver tante volte, al rombo dei flutti muggenti, inneggiato in alto mare al nome santissimo del Redentore, lo fa risuonare egli per primo nelle isole da lui scoperte: e perciò alla Spagnuola dà inizio alla costruzione di una chiesa cominciando le feste popolari con cerimonie religiose.
    Ecco dunque ciò che Colombo intese e volle nell’avventurarsi, per tanto spazio di terra e di mare, in regioni inesplorate e incolte fino a quel giorno: esse però in fatto di civiltà, di notorietà e di forza salirono poi velocemente a quell’alto grado di progresso che ognuno vede.
    La grandezza dell’avvenimento e la potenza e la varietà dei benefìci che ne derivarono impongono il ricordo grato e la glorificazione del personaggio. Ma è doveroso, innanzi tutto, riconoscere e venerare singolarmente gli alti decreti di quella mente eterna alla quale ubbidì, consapevole strumento, lo scopritore del nuovo mondo.
    Per celebrare degnamente e in armonia con la verità storica le solennità Colombiane, è dunque opportuno che allo splendore delle pompe civili si accompagni la santità della religione. Per cui, come già al primo annuncio della scoperta furono rese a Dio immortale, provvidentissimo, pubbliche grazie prima di tutti dal Pontefice Massimo, così ora nel festeggiare la memoria dell’auspicatissimo evento stimiamo doversi fare la stessa cosa.
    Perciò disponiamo che il giorno 12 ottobre, o la domenica susseguente, se così giudicherà opportuno l’Ordinario del luogo, nelle Chiese Cattedrali e collegiate di Spagna, d’Italia e delle Americhe, dopo l’ufficio del giorno, sia cantata solennemente la Messa de Sanctissima Trinitate.
    Confidiamo che, oltre alle popolazioni sopra nominate, per iniziativa dei Vescovi si faccia la stessa cosa nelle altre, essendo conveniente che tutti concorrano a celebrare con pietà e riconoscenza un avvenimento che tornò utile a tutti.
    Intanto come auspicio dei divini favori e pegno della Nostra paterna benevolenza a voi, Venerabili Fratelli, al clero e al popolo vostro impartiamo affettuosamente la Benedizione Apostolica.
    Dato a Roma, presso San Pietro, il 16 luglio 1892, anno decimoquinto del Nostro Pontificato.
    LEONE PP. XIII»





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