עקדת ('Aqedah') si traduce dall'ebraico più o meno come "legame stretto": in fondo, è proprio quello che vado cercando a causa di un "rottame" che da troppo tempo prende polvere in uno dei miei tanti cassetti.
Eccolo qua:
Il rottame è costituito da una lamina di rame, alta 18 centimetri e che si allarga dai cinque centimetri in alto fino a otto centimetri in basso.
Sul recto compaiono frammenti di decorazione floreale a lacca, sopra una vignetta con figure che rappresenta una nota scena biblica, ma con vastissime perdite di colore e di laccatura provvisoriamente sostituita da stucco bianco. Sul verso c'è una lacca nera in parte riverniciata per coprire le mancanze.
L'oggetto è talmente malmesso da pregiudicare qualsiasi tentativo di restauro professionale, anche se ne valesse la pena una volta scoperto di cosa si tratta e a che epoca risale.
Però, ingrandendo i pochi particolari che restano del disegno, mi è venuta voglia di approfondire la questione e vedere se è possibile recuperarne, anche solo virtualmente, l'aspetto che poteva avere in origine per capire da cosa e da quando potrebbe provenire.
Nonostante l'assenza del personaggio principale (Abramo), e di un comprimario importante (il montone "sostitutivo") non è stato difficile identificare il soggetto del disegno: "Il sacrificio di Isacco", quello che appunto la Bibbia chiama "Itzak 'Aqedah" e gli anglosassoni traducono più letteralmente di noi con "Binding of Isaac".
Per la sua fortissima carica simbolica, il padre che sacrifica il figlio e quindi quello di Isacco prefigura il sacrificio di Cristo, è un soggetto molto utilizzato dagli artisti più famosi: Raffaello, Tiziano, Caravaggio, Rembrandt, ecc.: ognuno dispone dispone la scena con la sua immaginazione, ma nessuno di questi maestri sembra essere stato preso come modello dall'artigiano che ha dipinto il mio rottame.
Tuttavia, all'inizio del '600, la composizione usata per quella scena era abbastanza famosa da essere oggetto di una incisione di Petrus de Jode il Vecchio o Pieter de Jode I (Anversa, 1570 – Anversa, 9 agosto 1634) un incisore, editore e pittore fiammingo attivo principalmente ad Anversa.
Petrus de Jode, sempre secondo Wikipedia, era a Roma negli anni '90 del '500, dove realizzò incisioni copiando opere di Tiziano, Giulio Romano e Jacopo Bassano. Le sue incisioni da dipinti dei grandi maestri italiani divennero la fonte di Karel van Mander. Soggiornò anche a Venezia come documentato da una serie di incisioni da disegni di Maarten de Vos realizzate a Venezia e pubblicate da Crispijn van de Passe.
In quell'incisione, de Jode è accreditato di aver disegnato e stampato il soggetto ("invenit et excudit") mentre il lavoro di incisione ("excudit")è di Egbert van Panderen; tuttavia, vista la dimestichezza con la copia dei grandi pittori, non è da escludere che de Jode abbia copiato a sua volta quella composizione da qualcun altro.
In ogni caso, usando l'incisione di de Jode, una prima ipotesi di restauro virtuale sarebbe questa:
Nonostante il puzzle venga completato e dia un'idea generale di come doveva essere in origine, il risultato è del tutto insoddisfacente.
Quindi non resta che cercare se c'è un dipinto da cui è stata tratta quella scena per vedere se si può migliorare l'effetto.
E resta comunque aperto il mistero dell'oggetto che aveva quella decorazione: uno specchio da mano, con quella strana forma oblunga? una spazzola per capelli, un po troppo lunga? e perché oggetti tanto legati alla vanità femminile li avrebbero mai decorati con quella drammatica scena biblica?