di Ugo La Malfa – Intervento del 6 febbraio 1946 al I congresso nazionale del Partito d’azione svoltosi a Roma nel teatro Italia. Pubblicato con questo titolo sull’«Italia Libera» n. 32 del 7 febbraio 1946, ripubblicato in «Archivio Trimestrale» 2/1979 […] e ora anche in Giancarlo Tartaglia (a cura di), “I congressi del Partito d’azione, 1944-1946-1947”, Ed. Archivio Trimestrale, Roma 1984.
Il congresso si concluse con la scissione del partito. Le correnti democratiche e liberali, infatti, sotto la guida di Parri e La Malfa, abbandonarono il Pd’A per dare vita a una nuova formazione politica.
Mi scuso in via preliminare se vi prenderò un po’ di tempo, ma avendo vissuto la vita del Partito d’azione dalla sua nascita, avendo girato l’Italia, essendo stato molto tempo a Milano, dove il partito nacque, ed essendo vissuto a Roma, potrò dirvi delle cose che qualcuno di voi ancora non conosce.
Non parlerò della nobiltà e dei sacrifici del partito, ne hanno parlato Ferruccio Parri ed Emilio Lussu e non ne parlerò anche perché se parlo della nobiltà e dei sacrifici di un partito se ne accresce il valore morale, non lo si sottrae alle sue responsabilità politiche. Un giovane compagno, con cui ho parlato stamane, mi chiedeva cosa pensassi della situazione e io gli dicevo che l’atmosfera di questo congresso è un’atmosfera di grande sofferenza, è un travaglio determinato da questa ragione: che noi dobbiamo trovare la nostra definitiva strada.
Questo travaglio è una espressione della vita nazionale. Io direi che attraverso la crisi del Pd’A, attraverso la sua ricerca di una via definitiva, è la democrazia italiana che esprime le sue esigenze, le sue aspirazioni, le sue disillusioni, le sue speranze.
Affermo intanto che per orientarci sulla posizione politica e storica del nostro partito dobbiamo avere una concezione e una visione totale della crisi italiana; concezione e visione che il fascismo, cioè l’esperienza del fascismo, ci deve rendere chiara.
Noi non possiamo dire che il fascismo sia stato un fenomeno qualunque della vita italiana; se il fascismo è nato, è nato su contraddizioni e su situazioni di debolezza della società italiana; oggi esso è un fenomeno che è nel passato ma che può essere di nuovo nell’avvenire. Quando i paesi iniziano queste esperienze politiche, essi rivelano una malattia la quale va diagnosticata e curata.
La società italiana nella sua struttura prefascista ha mostrato delle debolezze che, a mio parere ed a vostro parere, sono date dalla diversità di clima economico, di clima politico e di clima sociale non solo in senso geografico e in senso territoriale ma in senso storico. La società italiana cioè si stratifica secondo, non solo posizioni territoriali, ma secondo epoche storiche per cui noi abbiamo in questa società fenomeni di economia e di organizzazione sociale moderna accentuata, fenomeni di arretratezza sociale, fenomeni di cultura arretrata; noi abbiamo posizioni sociali differenziate sia in seno al proletariato, sia in seno alla borghesia avanzata, cioè i piani su cui si svolge o si è svolta la vita della società italiana non sono armonici.
La società italiana ha una struttura classista, per queste ragioni, molto frazionata. Se noi vogliamo isolare i due estremi di questa società italiana, per usare un linguaggio che in questo congresso corre un po’ spesso, se noi vogliamo isolare il nucleo capitalista e quello operaio e poi su questo identificare interessi permanenti di grandi partiti politici, noi troviamo tra queste due posizioni, che non rappresentano posizioni di maggioranza del popolo italiano, una infinità di altre posizioni; chiamatele come volete, chiamatele posizioni di operai e di lavoratori che non sono dell’alta industria, chiamatele posizioni di contadini che non sono braccianti, o di agricoltori, chiamatele posizioni di piccola borghesia o di media borghesia, chiamatele di intellettuali, chiamatele come volete, ma voi avete un’enorme estensione di interessi che penetrano l’un nell’altro e che dal punto di vista classista non sono definiti.
Voi avete cioè un insieme di particelle, di situazioni, di interessi, di idee, di posizioni che di per sé ciascuna non rappresenta che una piccola parte del mondo politico e sociale italiano, ma che nel loro complesso rappresentano e possono rappresentare l’orientamento politico fondamentale della società italiana. Il problema della rottura dello Stato prefascista è il problema per cui questa estensione di piccoli interessi non ha trovato più una espressione politica o non ha trovato un’espressione politica di ordine democratico ed è finita in una esperienza di carattere antidemocratico.
Questa posizione, che è determinata dalla struttura stessa fondamentale della società italiana, si può riprodurre in ogni momento e questo costituisce il problema della società democratica che si tenta di ricostituire dopo il fascismo e questo determina la responsabilità piena, di carattere politico, dei partiti della democrazia in Italia. Se questa grande varietà di interessi si sposta a destra, come purtroppo da qualche tempo a questa parte sta avvenendo, o si sposta su un terreno anti-democratico, come purtroppo sta avvenendo per altra parte, le sorti della democrazia italiana sono segnate.
Il vero problema politico della democrazia è questo. Io debbo dire che se l’Italia rappresenta – e il fascismo ce lo insegna – il punto più debole della civiltà occidentale su questo terreno, questo quadro e questa debolezza di una struttura democratica sono un’espressione europea che va dalla Francia alla Germania, dall’Italia al Belgio e forse ad altri paesi. Ecco dunque che il problema politico di carattere nazionale voi lo potete immediatamente inquadrare in un problema politico di carattere internazionale, di civiltà occidentale e potete avere il senso dei problemi che la nostra epoca storica porta con sé.
Ciò posto la sola giustificazione politica, che il Partito d’azione ha, è questa: la sua riflessione politica su questa situazione. Il Partito d’azione cioè non può avere altra giustificazione politica che il suo interesse per questa debolezza intrinseca della società italiana e, in quanto il Partito d’azione abbia degli interessi internazionali, il suo interesse deve essere rivolto alla debolezza che si nota nella costituzione attuale o nella ricostruzione della società europea.
Quando il Partito d’azione si definì nel 1942 come partito politico, noi individuammo precedenti in Giustizia e Libertà, in una posizione ed in una corrente che proveniva dal Partito repubblicano, noi la individuammo nei liberali socialisti, in una posizione democratica.
Ma l’esperienza di queste correnti non era la puntualizzazione del problema politico italiano, così come con precedenti parole l’ho posto.
Solo di fronte a tutta la crisi politica fascista, solo nel corso della guerra, noi abbiamo potuto fissare lo scopo politico del Partito d’azione ed inserirlo in un compiuto quadro della situazione italiana.
E questo per me è fondamentale, è fondamentale cioè che nel momento in cui il Partito d’azione nacque esso nacque con aderenza immediata ad un realtà politica.
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