Venere e Marte
L'aedo iniziò sulla cetra a cantare con arte
gli amori di Ares e di Afrodite dal bel diadema,
come in segreto si unirono nelle case di Efesto
la prima volta.
(Odissea, Libro VIII, vv. 266-269)
Paolo Veronese, Venere e Marte legati da Amore, c. 1578
New York, Metropolitan Museum of Art
Ares per i romani, Marte per i greci, nato dall'unione di Zeus-Giove e Era-Giunone, è una delle dodici divinità che abitano l'Olimpo. Inizialmente identificato come dio della primavera, viene in seguito connotato come dio della guerra a causa della sua indole aggressiva, che rende difficili i rapporti con le altre divinità. La raffigurazione iconografica di Marte è solitamente quella di un dio guerriero, con elmo e scudo come attributi. Più che presso i greci, Marte è molto popolare presso i romani: venerato in Campidoglio, il mese di marzo è così chiamato in suo onore, come pure il terreno dedicato alle esercitazioni militari a Roma, il Campo di Marte.
Nell'Olimpo greco, l'unica dea in armonia con il focoso guerriero è Afrodite-Venere, il cui amore per lui è narrato nell'Odissea e nelle Metamorfosi di Ovidio. La storia è nota: c'è un marito zoppo e beffato (Efesto-Vulcano), una moglie seducente (Afrodite-Venere), un amante prestante (Ares-Marte) e, naturalmente, il pettegolo di turno: nientemeno che il Sole. Costui sorprende i due amanti durante uno dei loro incontri e corre a comunicarlo al marito di Afrodite, che nella sua fucina costruisce una sottile rete dorata per intrappolare i due amanti durante un amplesso, così da poterli esibire alla vista degli dei... i quali, naturalmente, accorrono per gustarsi la scena. Ma le dee no, ci fa sapere Omero, poiché si trattengono per pudore.
Tiziano, Marte, Venere e Amore, c. 1530
Vienna, Kunsthistorisches Museum
Di solito, nei quadri del Cinquecento il tradimento di Venere e Marte viene punito orgogliosamente da Vulcano nel modo illustrato sopra. Ma Tintoretto, in uno dei suoi capolavori, racconta una storia un po' diversa...
Jacopo Tintoretto, Venere e Marte sorpresi da Vulcano, c. 1551
Monaco di Baviera, Alte Pinakothek
Nel quadro di Tintoretto vediamo Vulcano entrare nella camera da letto dei due amanti, dove trova la consorte nuda, distesa sul letto... e Marte? Aguzzando la vista, si vede il prestante dio della guerra che, molto poco dignitosamente, è accuccciato sotto un mobile per nascondersi, mentre osserva un cagnolino che che gli abbaia contro:
L'abbaiare del cagnolino dev'essere abbastanza rumoroso, ma Vulcano sembra non sentirlo perché, ammaliato dalla nudità di Venere, rimane come incantato ad osservarle il pube. Alcuni critici, tuttavia, sostengono che vuole solo coprire il corpo nudo della consorte.
Venere, intanto, ha un braccio alzato a reggere il lenzuolo nel quale è avvolta; lo sguardo imbambolato sembra non esprimere vergogna né preoccupazione...
E Cupido? Disteso su una panca, il dio dell'amore dorme beato (o finge?), ignaro di tutto. In sostanza, è assente. Forse, Tintoretto vuole dirci che, in un caso di adulterio, l'amore non esiste?
Inoltre, a confondere maggiormente la scena, c'è - alle spalle di Vulcano - uno specchio che riflette il marito tradito, ma in una posizione diversa da quella che si vede in primo piano: Vulcano non ha soltanto il ginocchio destro appoggiato sul letto, ma entrambi. Perché?
Nel disegno preparatorio esposto al Museo di Berlino la storia raccontata da Tintoretto confonde ancora di più, perché è completamente diversa: Marte, Cupido e il cagnolino non ci sono. Vulcano non è più un compassionevole marito tradito, ma quasi un violentatore, troppo attratto dalla sua consorte nuda per coprirla con cura. E Venere, non più imbambolata e passiva, cerca di dimenarsi per sfuggire alle avances di Vulcano...
Jacopo Tintoretto, Studio per Venere e Marte sorpresi da Vulcano, 1551
Berlino, Staatliche Museen