Originariamente Scritto da
Blue
E la poesia?
Fior di poeti hanno dedicato al cibo liriche famose: da Giuseppe Parini (ne "Il giorno") a Jorge Luis Borges, che dedica un sonetto al vino (... il vino fluisce rosso lungo mille generazioni come il fiume del tempo e nell'arduo cammino ci fa dono di musica, di fuoco e di leoni); da Kahlil Gibran, che "poeteggia" con una mela (... e quando addentate una mela, ditele nel vostro cuore: i tuoi semi vivranno nel mio corpo e i tuoi germogli futuri sbocceranno nel mio cuore, la loro fragranza sarà il mio respiro, e insieme gioiremo in tutte le stagioni), fino a Guido Gozzano, che - seduto al tavolino di un caffè - osserva le dame ottocentesche lanciare occhiate golose alle paste esposte nelle confetterie. Persino nel "Cantico dei Cantici" vengono tessute le lodi del cibo (Sostenetemi con focacce d'uva passa, rinfrancatemi con le mele, perché io sono malata d’amore...). Dulcis in fundo, il mio poeta preferito: Pablo Neruda, che cede spesso alla tentazione di inserire cibi e bevande nelle sue liriche, dedicando ad alcuni di questi addiritture odi e sonetti (per esempio al pane o al pomodoro). Qui ne propongo una, famosissima, dedicata al carciofo...
Ode al carciofo
II carciofo
dal tenero cuore
si vestì di guerriero,
eretto, costruì
una piccola cupola,
si mantenne
impermeabile
sotto
le sue brattee,
al suo lato
i pazzi vegetali
si incresparono,
diventarono
viticci, biondi,
bulbi commoventi,
nel sottosuolo
dormì la carota
dai baffi rossi,
la vigna
inaridì i sarmenti
da dove sale il vino,
il cavolo
si mise
a indossare gonne,
l'origano
a profumare il mondo,
e il dolce
carciofo,
là nell'orto,
vestito da guerriero,
lucido
come una melagrana,
orgoglioso,
e un giorno
l'un con l'altro
in grandi cesti
di vimini, andò
per il mercato
a realizzare il suo sogno
militaresco.
In fila
mai fu tanto marziale
come al mercato,
gli uomini
fra i legumi
con le loro camicie bianche
erano
marescialli
dei carciofi,
le fila serrate,
le voci autoritarie
e il fracasso
di una cassa che cade,
ma
in quella
si fa avanti
Maria
con il suo cesto,
sceglie
un carciofo,
non lo teme,
l'esamina, l'osserva
contro luce come se fosse un uovo,
lo compra,
lo confonde
nella borsa
dove sono anche un paio di scarpe,
un cavolo cappuccio e una
bottiglia
d'aceto,
finché,
entrata in cucina,
l'immerge nella pentola.
Così termina
in pace
la carriera
del vegetale armato
che si chiama carciofo,
poi
brattea dopo brattea
spogliamo
la delizia
e mangiamo
la pacifica pasta
del suo cuore verde.